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Originalmente inviato da Uno
Non può essere sentirsi minacciato dagli altri, forse questo in seconda battuta, sarebbe normale sentirsi minacciati se io popolo sto in una nazione e arriva l'invasore.
Chi invade (uso queste parole per l'immediatezza, però non le consideriamo per forza in negativo) va a cercare nuove risorse... [ .... ]
Il discorso diventa assurdo, ma naturale se l'istinto vince, se nel paese dove vai ti accoglierebbero pacificamente e con amore e tu invece cerchi lo stesso di strappare con le unghie.
Di fondo c'è una fame (che può essere di vari tipi, non solo alimentare), però non siamo capaci, non sempre almeno, di avvicinarci a chi ha cibo chiedendolo con rispetto visto che comunque questi avranno lavorato per avere questo benessere.
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Originalmente inviato da Ray
La differenza, ossia la presenza o meno del rispetto, dipende dalla consapevolezza di quella fame. Se (mi) nego di averla istintivamente pretenderò, se la ammetto busserò (e se c'è buon cibo mi sarà dato).
Se pretenderò cercherò di mostrarmi sopra, se ammetterò mi avvicinerò più umile...
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Originalmente inviato da loryland
No,io non ci vedrei nessuna paura,forse solo quella di perdere del tempo,
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Originalmente inviato da loryland
...anche solo un modo di dire"eccomi sono qui e sono forte",una forma leggera di razzismo figlia del sudore e di sacrifici e di rinunce,che deplora i non pari di grado e impedisce di sfidarli a singolar tenzone perchè sarebbe come sparare sulla croce rossa e non da neanche gusto nel ferirli.
Solo ad un degno avversario nella lotta puoi riuscire a rubargli il segreto delle sue mosse.Sì credo sia la fame e non alimentare a far scattare la molla.
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Condivido, Solo ad un degno avversario!
Però anche chi si trova in posizione di vantaggio, sa più di tutti, che alla base non vi può essere alcuna forma di razzismo. Questa, come dici, può generarsi da un certo tipo di percorso e a sto punto mi chiederei cosa è che la genera, la produce e perchè.
Non parlo di considerare tutti allo stesso livello ma di partire da un presupposto comune per tutti ossia il rispetto. Per chi sta sopra, per chi sta sotto, insomma a prescindere dalla posizione che occupa.
Non capisco poi perché "rubare" le mosse, al degno avversario, quando glie le si può chiedere. Allora, mi viene da pensare, considerando che l'istinto svolge continuamente la sua azione, incide comunque sul comportamento, non sia poi del tutto, come dire, sotto controllo.
Pensavo per questo discorso ad una storia thai che riguarda un guerriero, il quale era talmente forte che andava in giro per il Paese a sfidare quelli che lui considerava di " pari grado" o che quanto meno avessero una buona fama di "combattente".
Ovviamente vinceva sempre e uno ad uno li eliminava tutti. Quando poi un nobile del tempo, avendone sentito parlare sia per le sue gesta e sia per la sua abilità di usare qualsiasi arma, lo cercò e trovò gli chiese se voleva seguirlo per la difesa del paese minacciato dagli invasori che di li a poco avrebbero controllato la Nazione. Li per li non gli interessava poi tanto, anzi pensava che quel nobile poteva essere un'altra " vittima" del suo modo di combattere. Ma quel Conte gli disse che poteva scegliere: mettere la sua Arte a disposizione e per la difesa dell'Impero minacciato - quindi a disposizione di tutti - e per questo evitare di eliminare validi guerrieri ma anzi consentire a questi di definire le proprie potenzialità o continuare a fare quel che stava facendo, cercando di misurare le sua capacità.
Ma in questo modo cosa avrebbe potuto ottenere alla fine se non " tacche"?
Riuscì, allora, a mettere da parte quel che stava cercando, nella presunzione forse che quello era il modo di misurare se stesso, anche perchè forse si rese conto che attraverso quel mezzo, quel comportamento, non sarebbe poi andato tanto lontano, e seguì il nobile. Questi anche grazie al suo aiuto, divenne il successivo Imperatore.
Il guerriero, oltre a divenire capo delle sue guardie personali " passò " quel che sapeva a chi, nel rispetto, voleva avvicinarsi alla sua Arte della guerra.
Le sue gesta, ancora oggi, sono festeggiate in Thailandia, poichè seppe mettere l'Arte al servizio, soprattutto di quello che seguì come suo Imperatore. Si suicidò quando l'Imperatore che ormai seguiva da anni morì, dicendo, prima di togliersi la vita che sicuramente il suo Re aveva bisogno di lui e non poteva abbandonarlo.
Trovo che sia adattabile al discorso, anche se forse con qualche forzatura ma in buona sostanza c'è qualche analogia col pistolero.