Discussione: Diapason 432 HZ
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Vecchio 03-03-2010, 00.36.31   #5
Ray
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Originalmente inviato da 'ayn soph Visualizza messaggio
Una domanda se posso, il nome delle note non lo abbiamo dato noi? Cioè può avere senso parlare i frequenze di diapason e metterci in mezzo il nome?
Faccio un esempio: che io suoni delle note che vibrano a frequenza 265 quindi 280 e 320 (ho messo dei numeri a caso) e che le stesse le chiami do, re e fa oppure sol, la e do cosa cambierebbe in sostanza?
Non sono certo di inquadrare la tua domanda... a me sembrano due: una che riguarda la scelta delle frequenze e l'altra la scelta di dare questo o quel nome ad una data frequenza. Intendevi questo?

In ogni caso butto là due informazioni, se non c'entrano fa nulla, se c'entrano approfondiamo.
Come ho detto prima la frequenza da associare alla nota di partenza, il La, è cambiata nel tempo, ma in realtà non è cambiata di granchè se consideriamo lo spettro sonoro. Ma allora da dove deriva? Da tempi antichissimi, su questo c'è certezza. Pare che Pitagora avesse stabilito l'esatta lunghezza e spessore della corda che genera la base di riferimento e pare che egli abbia arguito la notizia da conoscenze ancora più antiche, in parte orientali, e forse ci ha messo del suo. Se volessimo dare uno sguardo esoterico alla cosa non sarebbe difficile immaginare la quantificazione di un qualche Suono Basilare, anche se riferito all'orecchio umano e all'umana voce... in ogni caso la nota centrale sulla voce è basata: pare sia emissibile da tutti i timbri.

I nomi delle note sono invece molto successivi e frutto di una convenzione. Quando si è reso necessario aggiungere una notazione letterale a quella musicale si è partiti dalla nota centrale (il nostro La) e la si è chiamata A e di seguito le altre note in cui è divisa un'ottava (B, C, ecc). Questa notazione è ancora largamente usata in molti paesi.
Nel medioevo - e forse qui c'è qualche altro zampino esoterico - si sono dati dei nomi latini alle note: ut, re, mi, fa, sol, la, si. Dobbiamo questi nomi a Guido d'Arezzo e rappresentano la prima sillaba dei primi versetti di un inno. Nel XVII secolo la prima nota fu cambiata in do a causa forse della difficoltà di pronuncia.
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