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Vecchio 22-02-2006, 23.09.42   #25
ticol
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Originalmente inviato da Ray
scusate, sta diventando una discussione sulla possibilità di azione, sulla libertà, su quanto siamo preda degli eventi e bla bla... per carità, tutto interessante... ma l'idea era di parlare di COSA si può fare nell'ambito di quel che si può fare, non di parlare dell'ambito.

Quindi chiarifico cosa intendevo con il titolo. L'idea era quella di sviare l'attenzione da quel che c'è tra il dire e il fare... la battuta con la quale ho sostituito "mare" con "e il" voleva sottendere che non ha molta importanza che cosa c'è tra il dire e il fare... ma che l'importanza veniva posta sul dire e, soprattutto, sul fare.

Quindi tornerei alla ragazzina che butta in mare la catenina.. lo so, che solfa... fermo e considerato che la sua situazione cambia radicalmente dopo che ha effettivamente buttato la catenina rispetto a quando aveva solo l'intenzione di buttarla o, ancora prima, quando aveva l'intenzione confusa di liberarsi dell'ingombrante presenza interiore dell'ex-moroso... la domanda è:

come ha fatto a pensare ad un'azione risolutiva... com'è che le è venuto in mente il da farsi?

Perchè se capiamo questo meccanismo potremmo avere (forse) in mano un metodo per costruire azioni risolutive anche per questioni più complesse e difficili... non vi sembra?
Ti chiedo scusa per aver deviato la discussione, mi sembrava che che non si potesse capire o trovare un metodo per risolvere se non si vede cosa ci ostacola, ma forse tu conoscerai un altro modo, ti ascolto. Non mi dire però che salti il mare.
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