Un frase di un film di cui ho visto un piccolo pezzetto ieri sera ci può introdurre il discorso.
Due donne parlavano di come un vestito poteva essere preso andando a messa. Una si poneva il problema di cosa avrebbero pensato le appunto benpensanti (parola molto ironicamente creata bisogna dirlo). L'altra le risponde qualcosa tipo: "se diamo tanto spazio ai pensieri altrui non ne rimarrà più per i nostri".
Non male per un film non particolarmente impegnato, serioso.
Certo a seguire il concetto c'è anche il pericolo di sentirsi dei dio in terra che non ascoltano nessuno, però una giusta proporzione è d'obbligo per creare veramente un nostro pensiero e non solo in senso figurato.
Qui ci sta il tanto famoso concetto del vuoto orientale (ad occidente è meno reclamizzato prende altre forme e metodi non sempre facili da esprimere, comunque poi ci proverò) se ogni tanto mi ritiro e faccio, trovo, il vuoto ho lo spazio per pensare realmente.
Non ho sbagliato, ho usato faccio e trovo appositamente, anche se sono due cose diverse in questo caso convergono pur rimanendo due cose diverse. É qualcosa di simile al gesto artistico dello scultore, togliere dal marmo quello che nasconde l'opera. Faccio qualcosa che non c'era e trovo qualcosa che già c'era.
Le interpretazioni delle filosofie orientali che vanno per la maggiore invece escludono il "faccio", ma a noi che ci interessa? Bisogna provare per vedere quale funziona.
Fa caldo, più di questo non posso scrivere per adesso