Discussione: Sofferenza
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Vecchio 26-07-2006, 10.29.42   #51
Uno
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Originalmente inviato da coccinella
Non so se la sofferenza mi trasformerà da bruco a farfalla. Il punto è che spesso e volentieri sento che ciò non è più importante per me. Anzi niente è più così importante. Io credo, rispondendo a Kael, che il lasciar andare possa avvenire, ma non senza sofferenza, alla cui base, riferendomi alla perdita di un figlio, c'è sicuramente un attaccamento che è nella naturalità delle cose, che è, non so come dire, di tipo genetico-fisico(avete letto "Il gene egoista?") che nella madre poi è sicuramente diverso (e sicuramente centuplicato)da ciò che può essere per il padre. Non è che al figlio la madre ha dato tutto, è che il figlio è della stessa sostanza (..non vi ricorda qualcosa?) ...della madre e la sua morte diventa, proprio dal punto di vista fisico, anche la morte della madre.
Questo è un tipo di ragionamento che in forme più raffinate (come il tuo) o più grezze sento fare spesso alle donne, sia punto di vista genetico che sia nella sua forma più materiale o meno, vi sono le stesse possibilità di attaccamento ai figli, la differenza principale sostanziale è in quei nove mesi di stretto contatto corporeo e nella culturalizzazione delle dinamiche, ma potenzialmente anche un padre potrebbe soffrire 100 volte più di una madre.
E' vero (discorso culturalizzazione) che per milleni dal patriarcale in poi la donna si è creata il suo "impero" sotterraneo, ha allevato figli accudendoli più di quello che la natura gli chiedeva, ha tenuto fuori l'uomo da tutte le faccende filiative, in maniera da poter sperare di non rimanere isolata e senza appigli in una società che dava spazio solo all'uomo.
Come dici tu Coccinella, è normale, non sto criticando tali comportamenti, sono nell'ordine delle cose e sono stati necessari per una tappa, però se è vero che ancor oggi il condizionamento (voluto e perpretato spesso dalla donna per i motivi di cui sopra) è molto forte nello staccare i padri da tutto ciò che è figli, si sta invertendo la rotta e comunque anche nei periodi più oscurantisti non è possibile affermare con sicurezza che nelle madri c'è un maggiore attaccamento/affetto/amore che nei padri verso i figli.
Quello che voglio dire è che l'attaccamento naturale, fisiologico, sacrosanto e giusto è presente in misura variabile in entrambi i sessi, nelle donne spesso (ma non faccio di tutta l'erba un fascio come è mio uso sempre) diventa innaturale, a volte sostituisce perfino alcune cose del rapporto coniugale, parlo di affetto e attenzione, che non sia capita male, tant'è che nella "normalità" spesso si parla di fare figli per aggiustare il matrimonio, si vive in semi-ipnosi per 20 o 30 anni e se questi figli poi riescono a trovar la forza di farsi una propria vita contro tutte le comodità che appositamente vengono loro donate, di colpo il "risveglio"... triste risveglio.
Se un lutto interrompe prima questo meccanismo rimane un vuoto incolmabile del "non c'è neanche la speranza remota che tutto possa rimanere così", se l'idea era che per determinati motivi questo sarebbe dovuto durare per sempre il taglio è ancora più doloroso.

Citazione:
Io conosco la morte perchè mi è entrata dentro, per questo ho la presunzione di aver capito la vita.
Sono diventata cinica, ma una cinica, non so come, ancora in grado di amare, tuttavia senza aspettarmi alcunchè, e senza dare alcuna importanza al mio amore, al vivere o al morire, al diventare questo o quello.
La vita per me ora è una sfida che però, allo stesso tempo, non mi interessa di vincere o perdere.
In questo sono molto in sintonia con Don Juan, e UG che guarda caso, pure avevano perso un figlio.
Attenta (scusa se mi permetto) a non usarli come anestetico, soprattutto il secondo, che pur dandoci molto come esperienza vissuta, non ha mai saputo cosa gli è successo veramente, è uno dei guru moderni, necessari oggi per scuotere una certa parte di massa, ma deleterio se usato come bibbia alternativa, se ci si ferma a lui, per quanto abbia detto di non insegnare, lui e l'altro "compare" J.K. alla fine è ciò che hanno fatto ed in maniera subliminale e non completa (non cattiva intendiamoci) di un don Juan che non lo ha mai negato e che ha dato riferimenti esatti su tutto quello che ha toccato, come pensiero.
Incontro spessimo ricercatori moderni che utilizzano il distacco non come mezzo ma come fine, un post non è sufficiente per descrivere tutte le problematiche, l'intero forum ancora non è sufficiente, ma stiamo attenti anche al fatto che siamo europei e prima di passare all'altro lato della medaglia dovremmo conoscere il nostro... oppure se ci sentiamo di fare diversamente possiamo partire con il resto ma tornando a casa dopo per integrare, allargheremo il discorso con chi ne ha interesse, qualcuno forse può già capire cosa intendo.

Citazione:
Io ho scelto di far vivere quella parte bambina di me stessa, che ne ha il sacrosanto diritto e che(rispondendo a Uno) non è nè madre, nè figlia, nè moglie, nè amica: è il mio sè primordiale, che fondamentalmente è un essere naturalmente FELICE e per il quale ora, mi autorizzo a vivere con tutta me stessa, osservandomi nel dolore sempre presente, ma da cui intendo(anche se sempre non ci riesco) fargli prendere le distanze.
Coraggio!
Ci facciamo una canna? (scherzo)
Che significa prendo le distanze dal dolore? Vuoi dimenticarlo?
Questa è l'anestesia di cui parlavo sopra.... ne godiamo già di nascita in questo nostro occidente, al contrario di quello che sembra abbiamo una coscienza corporea che fa ridere i gatti, una concentrazione che si limita alla ricezione di stimoli e alla loro messa in opera, però andiamo in cerca di addormentarci sempre peggio....
Ah se fosse qui lo zio Gurdi... si metterebbe le mani sui capelli, non li aveva? Ah ecco perchè


Coccinella sempre un
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