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Vecchio 15-01-2008, 22.14.09   #7
jezebelius
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Queste statistiche, in un certo senso, sfondano delle porte da molto tempo aperte.
Mi riferisco al divario che esiste tra chi " lavora" nel settore pubblico e chi in quello privato.
Ormai è consuetudine la notizia per cui l'azienda del settore privato oltre a contare sul dipendente " chiede " a questo qualche sacrificio ( in più ) rispetto al normale, quindi anche la mancanza di assenze dal lavoro; sicuramente non in maniera esplicita dato che non potrebbe!.
Mi è capitata una cosa simile infatti, quando per un periodo avrei dovuto assentarmi dal lavoro per motivi di salute. Mi fu chiesto di " rimandare " ( di circa sei mesi ) anche se avevo avvertito l'azienda qualche mese prima.
Ad ogni modo sto divario tra pubblico e privato perchè esiste e nello specifico nella parte che riguarda le presenze o le assenze dal lavoro?
Secondo me, pur non avendo alcuna pretesa di formulare una ipotesi assoluta e presupponendo che entrambe le categorie di lavoratori hanno e soffrono gli stessi problemi, direi che esiste una tendenza a che il lavoro ( quello pubblico ) viene visto come un fine da raggiungere, un " posto fisso", se ci si arriva, dove mettersi al sicuro dai problemi e dove non bisogna preoccuparsi più di tanto una volta raggiunto, in quanto i sindacati - da se e quando esistono nel loro modo di operare - mettono in campo le contrattazioni o rivendicazioni di sorta.
All'opposto il lavoro ( quello privato ) viene visto come mezzo per la sussistenza, dove la flessibilità entra prepotentemente e dove se non si produce, ciò può generare qualche problema.
Quello che voglio dire è che c'è la particolare tendenza ad un comportamento, anche di poco interesse verso il lavoro che si fa nel pubblico ( alienazione forse, che naturalmente compete ad entrambi i settori ma dalla parte dello Stato si attua la politica del " fin che la barca va...lasciala andare " ).
Viceversa nel settore privato " bisogna produrre " poichè se non ciò non si verifica, il sistema non si muove, cosa che, molto probabilmente, non potrebbe verificarsi nel pubblico.
Ragioni come la burocrazia ed interminabili passaggi di competenze, ne rallenterebbero, forse, il blocco.
Le ore di " assenza " quindi, posto che si possa parlare di malattia - ed abbiamo visto come il caso del magistrato sia lampante nel descrivere questo modo di fare - sono " prese" come dovuto ( ed infatti per certi versi lo sono ) ma la cosa che bisogna ponderare è che talvolta l'utilizzo di questi giorni, poichè è appunto dovuto, risulta come contropartita da " prendere " al datore di lavoro/Stato.
Per contro, nelle aziende private, anche se qui, comunque, è presente un monte di ore, come nel pubblico, da " destinare " alla malattia, queste talvolta, forse, non vengono utilizzate totalmente.
C' è insomma, in forza di una protezione maggiore - e non credo che si possa negare - del pubblico rispetto al privato una richiesta di ciò che spetta al lavoratore.
Della serie: cosa mi spettano 100 ore, ok me le piglio tutte diversificate nell'anno!
Non so forse sono drastico ma un po anche no.
Che ne dite?
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Dr. Marc Haven
“Non deve essere l’alba di luce che deve iniziare ad avvisare la tua anima di tali doveri giornalieri e dell’ora in cui gli incensi devono bruciare sui fornelli; è la tua voce, solo lei che deve chiamare l’alba di luce e farla brillare sulla tua opera, alfine che tu possa dall’alto di questo Oriente, riversarla sulle nazioni addormentate nella loro inattività e sradicarle dalle tenebre in cui versano.”
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