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Vecchio 10-04-2005, 20.16.22   #43
seleparina
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Detto, fatto.

Il gatto, perché gioca sempre, è un coccolone che prende sempre e dà molto meno, però dà e quando lo fa mi suscita una tenerezza (e amore) che solo un ruffianazzo come lui (il gatto) potrebbe farmi provare. È simpatico per com’è, sempre intento a curiosare e a cacciarsi nei guai. Riesce a essere indipendente come non farebbe un cane, se gli venisse a mancare il sostegno del padrone riuscirebbe comunque a cavarsela da solo.

Il gatto: perché ha degli istinti primordiali mantenuti nel tempo nonostante i cambiamenti sociali e di vita, è autosufficiente e riesce scavarsi il suo mondo ovunque si trovi, si adegua alle situazioni sfoggiando quegli istinti, appunto, tenuti nascosti solo se le circostanze lo richiedono. È forte e deciso. E soprattutto sincero, cosa che non è il cane (il mio ex secondo animale preferito) che a costo di essere leale verso il padrone annulla tutte le sue volontà a favore del piacere che può dare. Almeno il gatto fa le cose solo se gli va di farle, che non vuol dire che non le fa, ma significa che vuole dare anche perché sente di volerlo fare e non solo perché gli viene chiesto. (devo dire che questa -tutta la risposta-mi è nuova, forse per questo non riuscivo a capire quale fosse il mio secondo animale)

Il sole mi piace all’ombra e nelle ore in cui è meno forte, rispetto a quindici anni fa è diventato troppo caldo per essere fruito nell’arco di tutta la giornata…da piccola potevo stare al sole sempre, ora non ne sopporto il calore eccessivo, quasi bruciante.

Il mare mi ha sempre suscitato emozioni contrastanti: mi piace da impazzire per la sua maestosità e per la sua forza, ma al contempo queste caratteristiche mi provocano terrore, perché se il mare decide di irrompere niente e nessuno lo può fermare. Il sublime, insomma.

La foresta è fitta ma non buia, comincia laddove finisce un percorso erboso illuminato dal sole e ci entro, anche se con un po’ di ansia. Guardo a terra, per vedere se trovo qualcosa di strano ma che potrebbe esserci (funghi, asparagi selvatici, carogne di animali, escrementi lasciati dagli abitanti della foresta che sarebbero indice di vita e che non sono l’unica lì).

Il muro: basso, un muro a secco messo più per delimitare che per chiudere, non ha inizio né fine ma oltre c’è il sole. Lo oltrepasso anche perché non sarebbe possibile continuare, altrimenti.

La tigre: la osservo, lei osserva me. Nel mio sguardo cerco di inserire il messaggio: “io devo andare dall’altra parte, se per te non è un problema, non ti faccio nulla anche perché non mi servi, quindi…cerchiamo di non danneggiarci”? Cerco di passare attenta alle sua mosse.

La tazza: la giro, guardo cosa c’è, la rimetto com’era. Se sono in casa mia la metto a posto se asciutta, la asciugo per metterla a posto se è bagnata.


Ora sono cavoli miei!
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