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Vecchio 14-11-2007, 00.14.43   #6
jezebelius
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Originalmente inviato da Ray Visualizza messaggio
Ma siamo sicuri che 13 anni sia un'età troppo bassa per sapere cosa si vuol fare da grandi?
Se guardiamo al passato e ai trend di "sviluppo" (haha) della società, vediamo in questo campo come in tutti gli altri, un sempre maggiore aumentare del tempo in cui siamo adolescenti, bambini... beh diciamo pure bambocci.

Si può sapere cosa si vuol fare anche da piccoli... e se questo corrisponde a ciò che fa mio padre (per esempio) beh, che c'è di male? Quello è l'esempio vicino al quale sono cresciuto.

Oggi ci si preoccupa molto delle scelte che devono fare gli altri... o che ci sembra di dover fare per gli altri (indirizzare ci raccontiamo), ma ci preoccupiamo se abbiamo messo i nostri figli nella migliore condizione possibile per poter scegliere (ed eventualmente sbagliare) con la loro testa?
Attenzione che per "condizione migliore possibile" intendo qualcosa di specifico all'individuo in questione, non in assoluto.

O siamo noi che, con la nostra scarsa capacità di scegliere e di reggere la scelta, indeboliamo chi ci circonda?

Anche tutto questo preoccuparsi delle predisposizioni (psicologi addirittura che le studiano nei ragazi e quant'altro)... come se seguire la nostra più spiccata predisposizione fosse la miglior scelta... come se fosse possibile non seguirla (perchè per forza nel lavoro?)...

Ma ormai siamo talmente tanto condizionati dal denaro che guai al solo pensare di non sfruttare una predisposzione per guadagnare e/o vivere il più agiatamente possibile.
Una volta si faceva ciò che era necessario e solo dopo ciò che ci riusciva meglio...
Credo che l'accento vada posto sul fatto che molto spesso, i genitori, sono " condizionati " da condizioni esterne per cui concordo con Ray.
E' ovvio, seguendo per altro il suo ragionamento, che io, in quanto genitore, cercherò al meglio di indirizzare ( e se non ci riuscirò da solo chiederò aiuto in giro anche a persone cosi dette " competenti" sia pure per farmi un idea ) o la scelta di mio figlio oppure, addirittura, mio figlio in quella scelta in cui la condizione mi ha portato.
Che sia condizione sociale od economica, e questa sicuramente in prospettiva del futuro, di solito si guardano queste per formulare un percorso più o meno, che perlatro potrebbe essere valido o anche no.
Il più delle volte, però, neanche si tiene conto delle " inclinazioni " ( predisposizioni mi sa di qualcosa che va più nel profondo ed un genitore, di solito, per il sol fatto di essere " papà o mamma " è convinto di ciò che per il figlio può andare bene, quando invece è una scelta dettata anche e soprattutto, come detto, da fattori esterni oltre che fuoriviata forse da una visione unilaterale ).
Poi, continuando, se da un lato esiste la preoccupazione per il figlio soprattutto per il suo futuro in conseguenza delle scelte che questo si accinge a percorrere e dall'altro il ragazzo che è chiamato a sopportare un peso, in quel momento forse, non sopportabile, entra in gioco ( e come non potrebbe ) quel fattore per il quale si è disposti ad alleviarlo da tale peso.
Non dico che sia anormale come modo di fare e men che meno che bisogna catapultare il giovane in un territorio che ancora non conosce ma semplicemente che un comportamento siffatto andrebbe calibrato durante la vita del ragazzo ovvero studiati i momenti in cui queste responsabilità devono venir fuori.
In sostanza , oltre ad essere " papà o mamma " va insegnato a come addossarsi gli oneri della vita e questo della scelta della scuola, perchè no, potrebbe essere un buon inizio.
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Dr. Marc Haven
“Non deve essere l’alba di luce che deve iniziare ad avvisare la tua anima di tali doveri giornalieri e dell’ora in cui gli incensi devono bruciare sui fornelli; è la tua voce, solo lei che deve chiamare l’alba di luce e farla brillare sulla tua opera, alfine che tu possa dall’alto di questo Oriente, riversarla sulle nazioni addormentate nella loro inattività e sradicarle dalle tenebre in cui versano.”
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