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Vecchio 22-09-2008, 09.55.27   #11
RedWitch
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Originalmente inviato da Uno Visualizza messaggio
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In questo ultimo caso, purtroppo piuttosto frequente, si instaura un effetto molla, solo che la molla è bloccata almeno in parte dal bisogno altrui. Intendo dire che nel momento in cui il donante si sente esaurire, cerca inconsciamente di riprendersi energia, e qui gioca un ruolo fondamentale l'ambiente circostante. Se c'è un ambiente favorevole, il donante può assorbire energia, sotto forma di attenzioni e altro, un pò da tutti, altrimenti cerca di avere un ritorno dallo stesso soggetto a cui ha donato, sotto forma di riconoscenza, gratitudine etc...
Queste due alternative aprono diversi scenari... ma per ora mi fermo.
Mi riconosco in pieno, in tutto quello che hai scritto, a dire la verità sono anni ormai che sto cercando di guardare sta cosa in me è talmente radicata che parte in automatico ancora oggi, nonostante spesso riesca a vederla, nonostante faccia resistenza .. perchè mi rendo conto benissimo che mi svuoto in quel modo, tu hai parlato di una situazione "importante", in cui l'altro ha bisogno in tutto e per tutto, e in quei casi, ci si annulla completamente verso l'altro, ma se poi non si ha da dove ricaricarsi, inconsciamente comunque lo si cerca, e se non si trova alla fine si crolla.. pero' posso capire se un nostro caro ha bisogno effettivo e urgente, si perde completamente di vista sè stessi e si guarda all'altro per il periodo in cui l'altro ha necessità, poi pero' alla fine di quel periodo si rimane soli con sè stessi.. e iniziano i "guai", perchè ci siamo allontanati troppo da noi stessi e non ci si trova più (e allora in genere si cerca qualcun altro da "aiutare" per colmare quel vuoto). Il problema vero per come lo vivo su di me è se questo bisogno (perchè è un bisogno mio mica dell'altro..) si riflette su ogni rapporto e su ogni cosa che si fa. Il fare in funzione dell'altro, fa perdere di vista completamente sè stessi. Quello che si fa per l'altro non è certo bontà d'animo , ma è un non saper fare diversamente (e anche altro, ma lasciamo stare).. "mi metto a tua disposizione sempre e comunque qualunque cosa io stia facendo non importa, sai dove trovarmi". Ecco che si instaurano rapporti malsani in cui l'altro sa bene che potrà rivolgersi a me in qualunque momento ed io qualunque cosa stia facendo mollo tutto per "aiutarti". Solo che poi mi svuoto facendolo con molte persone , e alla fine mi ritrovo senza energie per me , per le cose che comunque devo fare (che so lavorare, ma anche.. semplicemente vivere la mia vita). Il circolo che si crea è micidiale, perchè per uscirne poi bisogna fare forza, imparare a dire di no quando gli altri chiedono (e se chiedono è perchè noi li abiamo abituati alla nostra disponibilità immensa..), tagliare i rami secchi, chiudere i rubinetti e... tenersi l'energia che si ha a disposizione per sè stessi e per le proprie attività quotidiane, almeno finchè non si impara a dosare.... Che detta così a me sembrava una mostruosità di egoismo, a ben guardare l'egoismo era nel voler aiutare tutti senza avere la possibilità di farlo, senza amare e aiutare me stessa, pretendevo di amare e aiutare gli altri. Ora probabilmente mi "ameranno" un po' di meno.. ma pazienza io sto meglio (fintanto che non mi riaddormento ciclicamente e ricomincio il giro ogni volta.. ma penso che l'importante sia accorgersi e chiudere i rubinetti quando serve) e chissà una volta imparato bene a conoscere me stessa, ad aiutare me, un giorno non possa aiutare davvero chi ho intorno, con questo non dico che bisogna diventare eremiti e non concedersi mai.. ma farlo consci che le proprie possibilità sono molto molto più basse di quanto non crediamo e che si ha bisogno dell'energia che abbiamo a disposizione per noi stessi..

A me interesserebbe vedere bene gli scenari che aprono le due alternative che dicevi Uno, la seconda, la vedo bene su di me, la riconosco, e in effetti quando facevo facevo facevo per l'altro, e poi l'altro inevitabilmente se ne fregava di me, sentivo la rabbia bruciare, "ma come ioioio ho fatto tutto questo, ti ascolto sempre, ti do questo e quell'altro e per una volta che ho bisogno io tu non ci sei? egoista!!!" Insomma, il ritorno che conosco , che cerco è quello dell'affetto in cambio di quello che riesco a dare/fare, i motivi che ho visti nel tempo spaziano da un'insicurezza di base che mi portavano a cercare l'approvazione dell'esterno per potermi sentire "qualcosa", per potermi sentire amata, per non essere lasciata sola (se io ti do tantissimo, tu non puoi lasciami sola, non puoi abbandonarmi..), ed in effetti ancora oggi quando faccio resistenza per esempio cerco di non rendermi immediatamente disponibile verso le persone la pressione che sento è una specie di "vocina" che mi dice: "guarda che se non le rispondi subito si arrabbia", magari si preoccupa, va in ansia etcetc che mi spinge alla disponibilità immediata proprio per evitare di sentire quella tensione che mi fa stare male , se la soddisfo immediatamente mi pare di stare meglio in realtà aprendo il rubinetto all'altro non sto certo facendo il mio bene... (questo credo che sia lo stare male a cui si riferiva Gibbi, la risposta di Ray è corretta per come la vedo io, la pressione che si genera crea tensione ed è quella che non si regge, se si è abituate a dare tutto, l'illusione è che ci faccia stare bene dare in quella maniera assurda..)

Aspetto per il resto, l'argomento mi interessa molto (si vede? ), mi piacerebbe capire se ci sono altri motivi che mi spingono verso il daredaredare per (putroppo) avere il ritorno...

Se l'ambiente è sfavorevole, cioè se anche nell'ambiente in cui si vive non si riesce a prendere, se ci si svuota oltre un certo limite, e costantemente , alla fine è possibile che il risultato siano problemi nervosi? Attacchi di panico? Come dire.. se non mi accorgo dei mille segnali che il corpo mi invia per chiedermi di fermarmi di smetterla di guardare solo fuori invece che dentro ad un certo punto mi fa fermare lui con la forza... è possibile?

grazie
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