Discussione: Pena di morte
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Vecchio 11-09-2007, 02.16.22   #22
jezebelius
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Originalmente inviato da Faltea Visualizza messaggio

ora.. la pena di morte è discutibile se non foss'altro per il motivo che ha infliggerla è un'essere umano per cui imperfetto, limitato e che magari ne ha combinate di peggio.... Di conseguenza pessimo giudice.
Ma... quando ci si trova di fronte ad una situazione dove psicologi, farmaci, amputazioni, ecc.. non hanno risolto lo stimolo alla violenza, che alternativa rimane?
Lavori forzati, certo, concordo e sottoscrivo ma allo stato costa di più far "lavorare " un detenuto che tenerlo al chiuso nella sua bella cella.

Se vicino a casa c'è un cantiere che brullica di assassini, ergastolani, seviziatori, violentatori..... Si vivrebbe bene, si sarebbe così comprensivi?
O si preferirebbe tenerli chiusi in una bella gabbietta a non disturbare nessuno?

Ritengo che lo stato non stia facendo altro che quello che la gente vuole...
Tenerli lontani dagli occhi, rendendoli innocui. Impossibilitati a nuocere

concentrarsi sulla prevenzione sarebbe la cosa più logica.
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Originalmente inviato da Faltea Visualizza messaggio
da buon stato civile, le varie associazioni non permetterebbero l'incatenamento del detenuto, nemmeno il privarlo dei diritti del lavoratore..

Ora non dico che questo sia giusto o ingiusto, nemmeno io so prendere una posizione in merito. Un ladro non merita lo stesso trattamento di un omicida, di un violentatore o di un serial killer.....

Ripeto, la pena di morte non è una soluzione, ma sono confusa sull'escluderla come pena in determinati casi.
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Originalmente inviato da cassandra Visualizza messaggio
A volte rifletto sul fatto che se si volessero risolvere davvero alcuni problemi del nostro mondo,della societa', si potrebbe fare, ma manca la voglia piu'che le possibilita'...

Bisognerebbe non rassegnarsi mai e credere fermamente che anche la piu'grande utopia (in senso pratico), puo' realizzarsi...VOLENDO...
Secondo me si è messa molta carne al fuoco e non sarebbe il caso di non parlarne. Al momento però mi limito a toccare, più o meno, riprendendo alcuni interventi, quelli che mi sembrano i punti cardine.
E' vero che bisognerebbe trovare una giusta " sistemazione " per i detenuti. Non escluderei forme di lavoro che peraltro gia sono in esperimento avanzato in alcune carceri ( mi sa che sta cosa gia l'abbiamo affrontata da qualche altra parte qui in forum ma non fa male ripetere qualcosa di utile ) come ad esempio San Vittore a Milano, dove esiste un call center della telecom, o anche presso il carcere di Latina dove si produce vino tra l'altro esportato anche all'estero. Per quest'ultimo luogo " di lavoro" i proventi servono non solo alla ristrutturazione/mantenimento della struttura carcere ma anche alla retribuzione degli operai/detenuti i quali vedono scalato, dallo stipendio, il " soggiorno " in carcere. In pratica " Volere è potere " e per di più gli si fa pagare l'hotel.
Però voglio soffermarmi sul concetto di pena capitale partendo da ciò che Faltea ha lasciato e sul quale, credo, non ci siano obiezioni. L'uomo è un essere imperfetto e va da se che le sue decisioni, soprattutto in quest'ambito, anche se risultato delle leggi che si è dato( tra l'altro anche queste non proprio perfette ), possono risultare passibili di ritocco.
Il pensiero predominante della società, nei confronti dei detenuti è quello per il quale questi rappresentano lo scarto di quella; rappresentano, in sintesi, la polvere da mettere sotto il tappeto.
E' vero che ci sono reati i quali creano scie indelebili nella vita di chi li ha subiti e dei parenti di questi ma il solo pensare alla pena di morte come possibilità anche se per taluni delitti, sinceramente non fa altro, secondo me, che rispecchiare un " volere " collettivo dove la punizione esprime, in un piano differente, la ricerca di una utilità per la società la quale è in grado di purificarsi da ciò che ne mina le fondamenta solo utilizzando metodi estremi in quanto in questi, secondo tale pensiero, riposa il concetto di armonia.
Non è inusuale, insomma, venire a contatto con un pensiero collettivo dove nel soddisfacimento, ed anche bisogno per carità, di sicurezza si cerca di esorcizzare il tutto gettando il condannato nella fossa dei leoni. In un certo qual modo ci vedo anche una sorta di godimento per certi versi nascosto dal bisogno stesso, come quando nel medioevo si metteva al rogo la ( probabile ) strega e per farla soffrire il rogo stesso era preparato con legna fresca, anzicchè secca, proprio per prolungarne la sofferenza.
Qualcosa di analogo accade, mi pare, anche nel braccio della morte.
Lascio a voi.
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Dr. Marc Haven
“Non deve essere l’alba di luce che deve iniziare ad avvisare la tua anima di tali doveri giornalieri e dell’ora in cui gli incensi devono bruciare sui fornelli; è la tua voce, solo lei che deve chiamare l’alba di luce e farla brillare sulla tua opera, alfine che tu possa dall’alto di questo Oriente, riversarla sulle nazioni addormentate nella loro inattività e sradicarle dalle tenebre in cui versano.”
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