Discussione: Aiutare gli altri
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Vecchio 17-02-2008, 16.08.29   #4
jezebelius
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Originalmente inviato da RedWitch Visualizza messaggio
Sono d'accordo con tutto quel che ha scritto Sole, e credo che 9 volte su 10, finchè non conosciamo perfettamente noi stessi, sotto all'aiuto che crediamo di dare, ci sia un bisogno nostro (di esserci, di aiutare, di sentirci indispensabili etc), anche quando l'intenzione è buona, anzi, se crediamo di aiutare, l'intenzione è quasi sempre buona, non pensiamo ad un eventuale ritorno, ma inconsciamente lo cerchiamo e ci nutriamo con esso.

La forma più bella dell'aiuto che possiamo dare a noi stessi e agli altri pero' è l'osservazione di noi stessi e la condivisione con altri di quello che puo' essere la nostra esperienza e non intendo che si debbano andare a raccontare i fatti propri a destra e a manca, ma che una vera condivisione aiuta, almeno da quello che ho visto finora su di me.

Tanto per fare un esempio che mi viene in mente, scrivere una propria dipendenza e affrontarla con altri aiuta su tanti fronti: si condivide, ci si impegna con altri che hanno lo stesso problema (e questo fa sentire meno soli), ci si incoraggia, ecco l'aiuto reciproco.

Se ci viene chiesto un consiglio , sarebbe bello cercare di mettersi nei panni dell'altro e dirgli cosa faremmo al suo posto, senza cercare di convincerlo a fare come noi vediamo meglio.. se il consiglio non ci viene proprio richiesto , sarebbe bene tacere.


Chiediamoci sempre se prima di osservare/aiutare l'altro siamo capaci di farlo con noi stessi.. prima di aiutare un altro a smettere di zoppicare, dovremmo smettere di zoppicare noi stessi, ma fino ad allora, possiamo sostenerci a vicenda e migliorare.. ecco che lo scambio diventa aiuto..
Red, in effetti concordo su tutto.
Però pensavo a quel nerettato, quella " vera condivisione ", che forse è difficile da trovare/avere.
Se vado dal partner/amico/etc e chiedo un consiglio, anche implicitamente, poi dovrei sapere che quello che mi vien dato - ecludendo per un attimo chi lo sta dando e perchè - può essere preso come anche no, come anche potrebbe far male o anche no e che di solito, anzi spesso, la risposta che vien data è un tantino differente rispetto a quello che si vorrebbe sentirsi dire.
Forse allora, pensandoci, bisogna stare attenti anche al " come " si da, ed in questo, come in tanto altro, ho difficoltà, per portare un attimo l'attenzione su quel faccio o credo di fare a volte, ad inserirmi in un " parametro" di riferimento.
Ad esempio mi accorgo che non è una reale richiesta di aiuto, anzi pure lo è ma questa maschera altro e che in fondo se dal mio lato, inconsciamente, può essere richiesto un ritorno, dall'altro, nello stesso modo, non è richiesto un aiuto quanto, invece celata, la voglia di sfogo, come si dice, succhiando.
Non voglio portare il discorso su altro ma solo prendere anche in esame chi e come riceve aiuto ( sempre se di aiuto si può parlare ), se lo riceve, ma soprattutto se " vuole " veramente riceverlo anche per quella minima parte che in fondo pure c'è.
Questo mi pare che possa essere riferito a quella " condizione di condivisione " di cui parli che tra l'altro, dici, " aiuta" come per dire che potrebbe anche non essere necessaria. Dici che come l'ho messa ci sta?
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Dr. Marc Haven
“Non deve essere l’alba di luce che deve iniziare ad avvisare la tua anima di tali doveri giornalieri e dell’ora in cui gli incensi devono bruciare sui fornelli; è la tua voce, solo lei che deve chiamare l’alba di luce e farla brillare sulla tua opera, alfine che tu possa dall’alto di questo Oriente, riversarla sulle nazioni addormentate nella loro inattività e sradicarle dalle tenebre in cui versano.”
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