Discussione: non fare del bene..
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Vecchio 02-03-2008, 22.13.53   #9
Ray
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Originalmente inviato da jezebelius Visualizza messaggio
Sono dello stesso parere che avete espresso.

Mi pare che si possa però prendere anche per un altro lato e cioè, nella maggior parte delle volte, il fatto stesso di " fare " un qualcosa ( in questo caso, del bene ) comporta inevitabilmente da chi lo riceve, e come, una risposta che può essere, anche, ingratitudine nello specifico; come se fosse una regola.
Che ne pensate?
Quindi si potrebbe anche vederla come esortazione nel senso che proprio perchè non si è " preparati" a ricevere una probabile ingratitudine, in risposta quale conseguenza di un fare - si può pensare allora a Gesù che ha " fatto " ma solo pochi hanno Compreso - bisognerebbe esimersi dal mettere in campo un " bene " che va al di la della nostra competenza, forse anche malato o come dice Red " sporco ", poichè potrebbe divenire leva che aziona una risposta negativa forse pure in termini di proporzionalità.
Centellinare dunque sempre, nella misura in cui si è preparati anche a sopportare una reazione, a ricevere.
Poi in campo devono essere considerati i vari aspetti del perchè si fa o si vuole fare del bene poichè è da li che qualcosa potrebbe venir fuori come per indicare un percorso. Quindi l'attenzione, secondo me, oltre che essere posta su " chi " fa del bene, dovrebbe essere accompagnata anche dallo studio di chi lo riceve.
Io sono d'accordo con Red, non vedo la frase come un'esortazione a non fare del bene ma come un avviso a non occuparsi dell'ingratitudine, nel senso che può benissimo arrivare.

D'altra parte se faccio del bene sono io che lo faccio, se l'altro è ingrato è lui che lo è... paradossalmente la sua ingratitudine dipende da me solo in minima parte, in certi casi proprio per nulla, insomma è un problema dell'ingrato. E' una cosa su cui, semmai, deve lavorare lui, e che non deve impedirmi di fare del bene nella misura in cui sono capace (quindi con anche un po' di male... non siamo capaci di bene "puro").

Insomma la frase insegna a distinguere l'azione dall'altrui immediata reazione (immediata perchè magari domani si accorge e non è più ingrato... quindi non vale più?) e a decidere quindi l'azione nostra sulle nostre considerazioni e non sull'aspettativa, sul ritorno immediato.
In fondo, tollerare l'atrui ingratitudine, reggerla dentro se (e magari "trasformarla") è fare altro bene.
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