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Vecchio 01-08-2009, 16.39.57   #3
logos
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Data registrazione: 17-07-2009
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Mi colpisce molto la "magmatica saggezza" contenuta in "Desiderio, la vita".

L'inerzia la si potrebbe vedere come tipica di un Io contento del suo stagno interno, cioè caratteristica di un Io che ha messo dei paletti netti tra sè e il mondo. Capita allora di chiudersi nelle proprie credenze, capita di minare, a volte quasi inconsapevolmente, i confini del proprio territorio. E quando ci si sente separati dal mondo, separati dagli altri, si cade in una sorta di immobilità. E la staticità è una forma di non vita.
Tant'è vero che anche il concetto di anima, di animare, hanno a che fare con il movimento. Correre è vita, correre verso gli altri (più facile a dirsi che a farsi), muoversi per se stessi, desiderare...., tutto questo è vita.
Mi pocurano un po' di diffidenza quelle dottrine che hanno come fine l'estinzione delle passioni, come se il desiderio diventasse una sorta di "nuovo peccato" in cui si cade e ricade diventandone schiavi. Certo che esistono desideri e desideri, e saper discernere tra quelli indotti e quelli che invece realmente ci appartengono è vitale. Si potrebbe dire "qual'è l'orizzonte al qual tendere, dove esprimo la mia essenza, la mia unicità, attraverso quale desiderio?"

Inoltre, esiste il piano dell'azione. A ben poco serve parlare di pace, discettare di alti ideali, se non si cerca di agire in qualche modo, se si rimane cristallizzati in un mondo ideale. Cambiare se stessi per cambiare il mondo.
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