Discussione: Il paradiso perduto
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Vecchio 07-03-2011, 01.30.40   #58
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Predefinito L'uomo nero

E' poco ciò che ho scritto su quelle esperienze. E così come il parlare del mare mi ha lasciato il bagliore e l'azzurro per giorni davanti agli occhi, ora sento ancora quel raccoglimento al quale mi inducevano quegli incontri. Ce ne saranno poi ancora per alcuni anni, e mi videro più matura, ma forse anche più bisognosa. Man mano che si conosce la vita non sempre ci si rafforza, a volte ci si deve piegare di fronte agli eventi, e succede che il tempo che ci vuole per rimettersi in piedi non è prevedibile e nemmeno breve.
Ci sarebbero ancora scorte riguardo ai tempi della casa del paradiso, ma ho perso un pò il contatto e vado oltre.
Ho già detto che la abitammo per tre anni, esattamente il tempo che richiese la costruzione della casa nuova, che i nostri genitori riuscirono a fare oltre le aspettative perchè il momento economico era ottimo per tutti coloro che bastava avessero voglia di portarsi avanti.
Andavamo a visitarla, ci piaceva, ci giocavamo già coi mattoni non usati: facevamo la casa dentro la casa, come sempre dirigevo i lavori ovviamente e non ero più nemmeno tanto piccola. Ma la solita passione mi prendeva in modo totale.
In un primo momento i miei avevano pensato ad un appartamento, che era di moda, e ne costruivano di continuo, tutti uguali, nella zona nuova non troppo lontano da dove abitavamo in centro, e a noi figli piaceva pure tanto l'idea della casa moderna. Avevano i termosifoni, gli ascensori, gli infissi più coi vetri interi che brillavano di più. Ma mia madre era ambiziosa, e lavorando con successo anche lei, incoraggiò mio padre a puntare alla casa singola. Il terreno era in periferia e sarebbero cambiate molte cose. Non solo svantaggi comunque se non fosse che ognuno di noi perse qualcosa per strada metaforicamente o quanto meno si ritrovò con la vita più complicata così come in tutte le periferie accade.
Quando la casa fu finita diciamo che eravamo già preparati a quel trasferimento, avevamo già preso confidenza con quel posto, e parlo per me, che sentivo un certo fermento. Era pur sempre una grossa novità con tutto nuovo più bello e spazioso.
Ma accadde qualcosa che oscurò tutto il piacere di quell'evento e mi pesa anche raccontarlo.
La sera prima del trasloco venne a trovarci un amico di famiglia, lo ammiravo, ed ero contenta che ci fosse; aspettava che rientrassero i miei. Ci avrebbe aiutati per il trasloco immagino, mi fece dei complimenti e li presi volentieri. Mi sentivo bene quel pomeriggio , avevo auto voglia di sistemarmi. Ero da sola. Forse avrà frainteso il mio gradire la sua presenza, si avvicinò a me ignara e si scordò chi ero. Poco piu di una ragazzina e meno di una adulta, e persona affezionata a lui fin da quando ero piccola. Si impose vicino prendendomi il viso con la mano mentre con l'altra cercò di toccarmi, non fu breve e la mia resistenza durò il tempo che si decidesse a desistere. Forse aveva avuto solo un attimo di debolezza, non fu aggressivo. Rimasi pietrificata, dolorante nel cuore, incredula, l'imbarazzo mi rendeva insostenibile in quel momento la sua presenza, andò via subito e la mia pace crollava del tutto, e nemmeno dopo sarebbe tornata. La cosa che mi faceva un male insopportabile era sapere che lo avrei rivisto, magari l'indomani. Come avrei fatto a guardarlo, dirlo a mia madre significava rompere una pace, avevo paura delle conseguenze, non ero cosi forte da credere di poter reggere il putiferio. Non era stato violento, in qualche modo mi addossavo la colpa.
Continuò a frequentare la nostra casa come prima, i miei lo cercavano, lo invitavano e chiedevano a me di essere gentile, di offrire questo, e quello. Lo odiavo e lo tenevo a distanza con la mia sottostante freddezza, e tenni sempre a bada le mie sorelle; mi preoccupavo che non restassero mai sole con lui. Tante volte pensai al modo come andare via dalla casa nuova, il mio problema si era solo aggiunto al logorio dei litigi tra mia madre e mio padre che tiravano fuori inediti i lati oscuri del loro carattere. Due titani in lotta per la supremazia, cosa che prima non si era vista in fondo; non avendo mia madre consapevolezza delle proprie capacità, passava per ragazza giovane con la terza elementare, orfana di padre, educata in parte dalle suore, intenta a pensare a se stessa. Mai sottovalutare le persone che non sono mai state messe nelle condizioni di mostrare le proprie potenzialità...
Io non potei mai realizzare la mia fuga. Divenni ipersensibile e il mio apparato digerente iniziò a non funzionare piu; una cosa grave. In casa si cercava di accontentarci nelle cose materiali, mio padre chiedeva sempre a me cosa desideravo mangiare o comprare. Ancora non c'erano compagnie maschili, e con noi era benevolo, a parte l'accanimento contro nostra madre restia a restare un passo indietro rispetto a lui.
Lasciai la casa con l'eden che fino al giorno prima non aveva ricevuto alcuna retata dal male degli uomini, anche se la mallattia della nonna non era stata cosa da poco, senza piu un pezzo di me, scombinata e sconfitta, separata dalla mia stessa vitalità. Un pezzo di me rimase lì. Mente l'uomo mi offendeva con le sue intenzioni, mi irrigidii, mi chiusi per istinto, e ho avuto la visione di come la giovane leonessa in quei momenti uscì da dentro di me, e si mise fuori, sempre attaccata alla mia anima; poi, dietro le mie spalle. Ci eravamo separate, lei era stata la causa prematuramente di quella attrazione , ora era un 'altra parte di me che doveva muoversi, avevo perso al mia esuberanza in un lunghissimo minuto.
I mici che ho perso sono coloro che vennero a sostenermi quando la mia leonessa era chiusa per sempre. Prima avevo un atteggiamento diverso nei confronti degli animali. Se ne moriva uno non piangevo, era naturale per me. Ero distaccata come natura vuole anche se non facevo loro del male.
Ripenso prima, che un giorno mio padre per sbaglio tirò una pietra ad una delle galline che non voleva rientrare nel pollaio, la colpi in testa e morì all'istante. Mi ricordo che non ci feci troppo caso, dissi poverina e poi non ci pensai piu. Ora era diverso, ogni animale che moriva era un dolore acuto, una tragedia. Soffrivo in modo anormale. Le corde della mia sensibilità erano tese all'inverosimile. Per fortuna che ebbi le mie sorelle, e ancora l'anziana nonna sebbene la vedevamo di meno.
Tanti animaletti furono la fetta di paradiso nell'inferno. Il mio cuore reggeva per ciò che scambiavo con loro e le mie inseparabili sorelle. Tigre e leonessa da un lato, mici, quando esse furono nascoste e chiuse, dall'altro. Anche la scomparsa, poi man mano, di tutti quegli esseri meravigliosi ebbe come ritorno una sofferenza che non conoscevo, e quindi ora dopo tanti anni,nei miei sogni, sono chiusi nelle stanze, nelle gabbie.
Ecco perchè tante volte hanno chiesto nei sogni di rivivere, non si sono mai incontrati, nemmeno so come integrare tutte queste parti di me.
Da adulta tanti anni dopo affrontai il male quella triste scena con l'uomo nero, e oggi sembrerebbe solo un ricordo, credo veramente non sia di più. C'è emozione più nel ripensare agli esserini che non potei trattenere per sempre.
Ho compreso che il più delle volte le persone non sono colpevoli per le loro debolezze. Certo proprio le debolezze di alcuni fanno male ad altri, mentre altre volte solo a chi ne è affetto come sarebbe giusto che fosse, ma la giustizia non c'entra in questo caso, non è sempre dove dovrebbe essere.

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