Discussione: Infelicità
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Vecchio 03-08-2011, 16.07.42   #47
luke
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Originalmente inviato da Ray Visualizza messaggio
L'esempio della partita secondo me non parla di felicità o infelicità, ma di momentanea gioia o sconforto. Lo stato d'animo descritto nei tifosi deriva unicamente da eventi esterni in quanto l'ambiente interno era stato precedentemente predisposto a goderne di un esito e soffrire dell'altro. Il tutto allo scopo (ignoto per lo più al tifoso) di provare emozioni, di aumentare lo stato generale di "vita". Da un certo punto di vista sono entrambi più "felici" dato che hanno vissuto qualcosa intensamente... sia quelli che (credono di) hanno vinto che quelli che hanno perso.

La felicità è uno stato di tensione che sta appena sotto la soglia di sopportazione e deriva direttamente dal livello di armonia con l'ambiente... potremmo dire con l'universo.
Ne segue che tanto più diventiamo capaci di reggere tensioni, tanto più diventiamo "forti", tanto più a lungo reggiamo stati di felicità o quasi felicità. Inoltre, tanto più ne abbiamo coscienza tanto più sappiamo restare giusto sotto soglia, impedendo alla tensione di salire quel pelo oltre che provoca l'automatico scarico (che a volte è pure godimento, ma porta ad un successivo down).
Insomma la felicità è simile alla meditazione.

Questo essere in armonia con l'ambiente, come molti di voi hanno detto, ha a che fare con lo stare nell' "attimo", cioè con la capacità di vivere quello che c'è e non quello che forse sarà o che forse è stato o che forse potrebbe essere... insomma nello stare dove si è. Insomma il continuo lavorio della mente, che per altro è effetto di continue compensazioni di roba sotto, emozioni, pulsioni eccetera, quel lavorio dicevo è controproducente allo stato di felicità. Che non è certamente indifferenza... quella è data dalla separazione dall'ambiente, cioè l'opposto, ma anzi partecipazione a tutto, senza però perdersi in alcunchè.

Il guaio è che continuiamo a catalogare le cose che viviamo come bene e male a seconda se ci portano piacere o meno. Quindi un'emozione negativa non può essere connessa alla felicità perchè non ci piace, e ci viene da pensare che, per inseguire la felicità, dobbiamo fuggire da quell'emozione. Invece è il non rifiutare nulla che ci incammina sulla strada della felicità (ho detto incammina, non ci proietta immediatamente)... cercando di trarre da tutto qualcosa di buono per noi. Quando questo diverrà atteggiamento automatico avremo costantemente molto bene, perchè lo trarremo da molte cose e di conseguenza il nostro modo di valutarle cambierà. E saremo un passetto più vicini...



Poi, quando finalmente smetteremo di cercarla.... gatto vecchio docet
Post, a mio avviso , da rileggere periodicamente...oggi non riesco ancora a farlo mio, nel senso che sono ancora troppo ancorato alle varie vicissitudini esistenziali, quindi per come sto adesso ,un post così è come parlare della vita su alpha centauri , anche se contiene spunti indubbiamente positivi.

Per adesso concepisco il fatto di assaporare più possibile la felicità derivante da eventi esterni se e quando capita, non lasciarsene sfuggire neanche una goccia, concepisco il "tenere botta" quando le cose vanno male, ed in tal senso credo di aver raggiunto livelli di resistenza quasi olimpionici, se paragonati a quelli medi delle persone che vedo.
Oltre a questo posso provare a trarre insegnamenti dalle varie esperienze, accanto allo stato di piacere /non piacere, aspetto che resta comunque quello predominante

Per quanto riguarda la felicità. ad esempio, il fatto di saperla/poterla reggere te la da l'esperienza ripetuta e periodica, come un allenmento, se ti alleni spesso aumenti la resistenza, se vai a correre una volta all'anno no, quindi determinate situazioni ti permettono di gustare e di aumentare la "familiarità" alla felicità, altre meno, poi per carità, come si dice a Roma "a chi tocca non se ngrugna".
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in tenebris lux factus sum
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