Discussione: Criminale = malato?
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Vecchio 08-12-2009, 10.48.27   #12
nikelise
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Originalmente inviato da Ray Visualizza messaggio
Il criminale, nel momento in cui compie un delitto, è sempre malato.
(F. Dostojevski)

Questa frase, che mi è comparsa prima in home, apre un dibattito molto interessante che a mio avviso non ha mai trovato vera soluzione e che ha risvolti sia personali che sociali.

Sapete che la legge identifica un' "incapacità di intendere e di volere", anche parziale e temporanea, come un'attenuante della colpa e quindi della pena.

Per altri discorsi sparsi nel forum, abbiamo spesso detto che l'evoluzione individuale può essere espressa in termini di capacità di scegliere, la quale deriva dalla diminuzione del meccanismi automatici che guidano le persone, di fatto scegliendo al posto loro.
Molta psicologia inoltre parla di complessi che letteralmente possiedono gli individui che li portano, "costringendoli" ad agire in determinati modi.

Vista così la frase è da tenere in considerazione. Secondo voi?
Voglio di proposito provocare , un po' come fosse un agguato in termini castanediani :
questa frase ha il senso di escludere la colpa , il giudizio di condanna morale per chi commette un crimine .
Torniamo li' .
Nel momento del crimine l'uomo e' assolutamente necessitato , come assolutamente necessitato a subire una malattia.
Laddove per malattia si intenda anche quella metaforica dell'anima priva di conoscenza superiore .
Un po' il concetto Gurdjeffiano del tutto accade nulla e' scelto .
La frase apre alla vita come gnosi e non come atto di fede verso verita' rivelate .

Sul crimine , la nozione giuridica non aiuta : e' crimine tutto cio' che la legge definisce tale .
Bisogna risalire al diritto naturale e non far riferimento al diritto positivo che puo' anche non ritenere piu' crimine/reato cio' che lo era il giorno prima..... salvo che per certi comportamenti che , si spera , saranno sempre condannati proprio in forza del diritto naturale.
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