Discussione: Il paradiso perduto
Visualizza messaggio singolo
Vecchio 10-01-2011, 09.17.03   #21
webetina
Partecipa agli eventi
 
Data registrazione: 18-07-2009
Messaggi: 1,452
Predefinito

In quel periodo la mamma stava per finire il suo lavoro nel negozio della zia, presto sarebbe ritornata. Un giorno di fine settimana tornò a casa dicendo che aveva affittato un casa tutta per noi, non era la casa dell’inferno, passarono ancora tre anni prima che fosse confezionata.
La notizia fu diretta, semplice , un grosso regalo da godere subito, un nuovo pianeta tutto da scoprire, il vecchio ormai era stato vissuto in lungo e largo.
Stavolta prometto sarà solo paradiso…

Di sera ancora dormivo con la nonna P, non sarebbe stato sempre così, quasi subito dopo il trasferimento nella nuova abitazione mio padre mi volle in famiglia. La casa era quasi attaccata a quella di zio Isidoro, prendeva l’angolo, un primo piano, e i balconi erano in fila su due strade. Che meraviglia, ma questo era un palazzo! Una casa antica, anzi vecchia, appartenuta ad un anziano giudice che ora l’aveva lasciata. Questo particolare è interessante , dirò più in là perché. L’acceso era da un portone non proprio importante nella stradina laterale, la scala era per metà coperta e portava su al primo terrazzino, subito all’uscio di casa. Salendo non sapevo dove mettere gli occhi... oltre il muretto della scala, giù, c’era un giardino, ma non sapevo nulla, ne se era il nostro, per intanto volevo vedere la casa. Appena si entrava un ingresso quadrato lasciava a sinistra la cucina e il bagno, dritto invece si accedeva alla stanza da pranzo-studio, poi seguiva la camera da letto, alla quale seguiva un disimpegno che invitava alla nostra stanza la più grande, ad angolo con balconi sulle due strade, e quella di nostro fratello, lo sgabuzzino.
La casa era fredda d’inverno e calda d’estate malgrado i muri spessi, con tutte quelle aperture, però aveva una gran bella luce in tutte le stanze.
Non ricordo i particolari del trasloco, mio padre pensò a tutto, era un uomo pratico, forte, organizzato, mia madre invece si attaccava ai particolari: niente cestino delle carte in sala, non era elegante, niente appendi abiti, cominciava a uscire fuori i suoi gusti sofisticati, la sua mania di grandezza, insomma il mostro dell'ambizione che si stava impossessando di lei. Io fui impegnata nella esplorazione di tutti gli angoli dell'abitazione compreso il giardino che mi sarà apparso come un eden vergine incontaminato da colonizzare. Il giardino quindi era nostro, vi si accedeva dall’entrata giù, subito a destra prima dell'invito alle scale e guarda caso attraversando un tunnel in pietra; che cosa pazzesca per una mente come la mia che tutto questo la riportava ai meandri misteriosi dei castelli con le principesse. Una grande palma subito dopo il passaggio, si girava a sinistra e si contavano alberi per ogni frutto che nel clima temperato non lontano dal mare trovasse giusto habitat e resistenza, un frutteto veramente ben fatto. Vi erano il mandarino, l’arancio, il pero, l’albicocco, due grandi pruni neri e quello bianco, due alberi di fico, incedibile il melograno che mi ricordava la poesia , dai bei vermigli fiori, un frutto per me buono raro e originale, mi sembrava una sorta di gioiello, e poi l'alloro. C'erano felci, calle, rose e i vialetti erano disegnati dai cespugli di asparagi; quelle sarebbero state le strade nel futuro villaggio che non solo immaginai....Le case di Peter Pan sugli alberi furono al primo caldo le nostre residenze estive, o forse meglio dire alla Tarzan. Non sto a dare i nomi alle cose dalle quali prendevo ispirazione, era un immaginario misto, che mi spingeva a montare e smontare e cambiare le situazioni come meglio mi andava.
E qui vorrei aprire un parentesi sul potersi concedere una attività, sia essa un gioco, un lavoro o altro che ti piaccia e ti realizzi. Potere avere cioè una situazione appagante per tutto il tempo che si vuole con ostacoli possibili da superare.
Nella vita di tutti i giorni è difficile potere godere di questa condizione, come credo che in genere invece un pò tutti i bambini lo possono sperimentare. E quì credo stia tutto il nocciolo del disagio enorme che mi sono portata e in parte mi porto ancora nel vivere successivamente la mia vita da adulta fatta di molti doveri e costrizioni. Se fossi nata uomo avrei avuto maggiore vantaggio, infatti l'unico che si è realizzato bene nella professione è stato il figlio maschio. Anche lui come me ebbe stimoli straordinari e libertà lungamente perpetrata, perchè certo riuscì solo fregandosene dell'ansia e delle botte che si prendeva quando spariva giornate intere a esplorare i numerosi cantieri edili in mezzo ad una tenuta anch'essa non meno interessante, oggi tutta cementificata, attaccata al cuore del paese, che aveva confine nella distante strada ferrata, tutta leggermente in discesa verso il mare la cui vista non si perdeva mai. Condizioni uniche , che oggi i nostri figli nemmeno si sognano. Poche macchine, niente pericolo droga, un maggiore contatto con la natura che di per se già solo col verde in abbondanza che ha, colore indispensabile all'uomo più di ogni altro, rende l'essere più in armonia con se stesso. Il correre, niente cibo spazzatura, le emozioni fisiche più abbondanti di quelle mentali, sono convinta che restituirono personalità più complete e ricche di cui oggi non vedo esempio altrettanto forte ne in mio figlio ne nei miei nipoti. Poi col tempo non so. Non vorrei risultasse il solito discorso "ah una volta era meglio" . Sto solo considerando com'è che nella mia generazione ho visto persone che hanno avuto anche grande capacità di esprimere se stessi a diversi livelli, malgrado l'epidemia abbattutasi tra noi delle separazioni tra le coppie. Se fossi stata uomo, e ammesso che sulla strada che non ho percorso non fosse caduto un fulmine, di sicuro mi sarei realizzata meglio, non avrei penato così tanto per un maggiore equilibrio. Anche mio fratello è passato come noi sorelle per lo stesso clima violento da un certo punto in poi nella nostra famiglia, ma non dovette lottare per studiare, non si occupò mai di lavare e stirare, e poi cucinare tutti i giorni come noi donne. E la storia è stata questa, la donna della mia generazione e del sud non ha mai smesso di fare il doppio, il triplo lavoro, perché metto in conto anche la maternità. Al nord la donna ha lavorato prima di noi al sud, molto prima, ma per quello che ho visto, gli uomini vivono le incombenze di casa in modo normale. I mariti da tempo fanno la loro parte in casa. Ora per fortuna è diverso anche da noi, le nuove coppie, magari si sposano meno, ma sentono parità di diritti e di doveri anche nei doveri domestici e con i figli piccoli, e ciò cambia molto la condizione della donna, che di fatto sta assolutamente meglio con se stessa se non allargo il discorso ad ambiti come il lavoro, ma le cose non sono rose e fiori nemmeno per l'uomo lì.
Doveva essere solo paradiso stavolta, scusate, la parentesi voleva essere solo una considerazione, ma si è imposta mentre mi ero immersa in quel meritevole giardino. Riprenderò le vicende di quel paradiso che fu questa casa .
webetina non è connesso