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Vecchio 05-04-2007, 14.25.25   #21
jezebelius
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Originalmente inviato da Uno Visualizza messaggio
Se la mia gamba può salire un gradino di 20 cm, un gradino di 21 è un problema... e che mi consente di crescere..... quando la mia gamba mi consentirà di salire 50 cm se mi limitassi ai gradini di 30 cm non cercherei di crescere ma me la racconterei....
Ecco perchè crescendo aumentano crescono i problemi... e per permetterci ancora la crescita devono aumentare più del proporzionale... alla capacità di salire 50 cm non sono sufficienti 52 cm per crescere (si anche ma talmente lentamente che rientra nella naturalità della massa).


Che ne dite di una situazione in cui non scappo i problemi, non li cerco e non ci sguazzo neanche (altrimenti è un discorso adrenalinico) ma mi capitano come conseguenza ad un movimento effettivo che faccio?
Ovviamente senza piangerci sopra li risolvo, se riesco, se non riesco non mi ci danno (parola chiarificante) ed aspetto, stando attento però, il momento giusto.
Immagino che uno equilibrato direbbe così
E' molto chiarificante l'esempio che fai.
In sostanza le difficoltà aumentano in maniera più che proporzionale e per questo si presenteranno comunque alla portata.
Per questo verso i problemi che " mi arrivano" saranno aumentati più che proporzionalmente e saranno risolvibili in funzione di ciò che sono in quel momento.
E' anche vero, seguendo quel che dici, che se effettivamente mi muovo l'ostacolo, in senso lato, è conseguenza di tale movimento.
La parte in neretto, in relazione a questo, è molto importante secondo me, vale a dire che è inutile piangere dinnanzi all'ostacolo, cercando, all'inverso, di fare del mio meglio per risolverlo. Se non riesco non è detto che non vi sia una sorta di ripetizione o riproposizione dell'ostacolo, caso mai sotto altra forma, che mi consentirà, una volta valutato l'ostacolo ed il "momento giusto", di comportarmi secondo le mie attitudini in quel momento. Quindi il non riuscire a superare un'ostacolo potrebbe anche contenere, come risposta implicita, la non adatta preparazione. Quello su cui volevo portare l'attenzione è questo " momento giusto".
Per valutarlo " giusto" lo si valuta, secondo me, in funzione del risultato. Poniamo il caso di un trapezzista che lo deve valutare perchè altrimenti, non avendone il senso, potrebbe precipitare. E' ovvio che il trapezzista sarà tale dopo anni di allenamento, per cui saltare da una corda all'altra per lui diverrà quasi automatico se vogliamo. Ecco, il " momento giusto" può assumere una sorta di automatismo per chi è parte di tali ostacoli?
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Dr. Marc Haven
“Non deve essere l’alba di luce che deve iniziare ad avvisare la tua anima di tali doveri giornalieri e dell’ora in cui gli incensi devono bruciare sui fornelli; è la tua voce, solo lei che deve chiamare l’alba di luce e farla brillare sulla tua opera, alfine che tu possa dall’alto di questo Oriente, riversarla sulle nazioni addormentate nella loro inattività e sradicarle dalle tenebre in cui versano.”
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