Discussione: Il paradiso perduto
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Vecchio 09-01-2011, 14.23.55   #19
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Cerco di riprendere malgrado l'inerzia che mi assale quando incontro un ostacolo. Il bello del gioco è invece che quando non ti riesce lo lasci e ne cominci un altro, e ciò ti è perdonato solo se sei bimba.

Nel periodo del "carriolo" i paradisi erano diversi e in diverse vie.
Il paradiso di via Niccolò si chiamava zio Isidoro, fratello più piccolo della nonna A, sessant' enne a occhio e croce, e credo fosse autistico. Scapolo ed esile di corporatura sembrava un ragazzo vecchio. Aveva forza fisica, specie se si arrabbiava, ma accadeva di rado e solo perchè gli davano molte commissioni da fare, commissioni semplici, vai di quà vai di là, o perchè fumava ( senza filtro). Abitava dietro l'angolo, morta la bisnonna e rimasto solo, la sua casa divenne un laboratorio di invenzioni. Nella loro famiglia erano da generazioni scultori ebanisti catanesi, suo padre, il bisnonno, era morto però cieco quasi in povertà, e alla fine ai lavoranti, i "giuvini" , raccontava la nonna, non potendo più vedere indicava dove scontornare meglio una fogliolina toccandone la superficie di continuo coi polpastrelli. Scappato dalla città con la famiglia pensando che la Spagnola(1918) non arrivasse in provincia, aprì un laboratorio nella cittadina dove abitò e vi rimase, attraversando i periodi delle due guerre, nell'arco delle quali ,soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, la committenza del mobile intagliato e scolpito andò scomparendo, e mentre nella città i fratelli che non si erano spostati continuarono comunque a fare opere per le tantissime chiese: arredi, troni, statue e tutto ciò che era legno scolpito, da noi , paese allora meno importante, dicevo si andò trasformando il loro tenore di vita. Non fecero la fame, alla nonna misero su anche un negozio di giocattoli intagliati tutti a mano: salottini con velluto vero, cullette, camere da letto con materassi e corredini ricamati a mano che rifiniva lei stessa. Cavallucci a dondolo, il tavolo con le sedie imbottite in miniatura e tante altre cose che la nonna quando non erano favole ci descriveva accendendo, parlo per me, la voglia, di nuovo come per il presepe, di abitare io stessa quell'atmosfera. Le avrei volute io tutte quelle cose meravigliose e soprattutto funzionali, non avendo mai preferito ciò che non avesse una qualche utilità come le cose degli adulti.
Dicevo a differenza dei parenti di Catania non lasciarono ricchezza, solo quella casa non molto grande che poi mio padre potè riscattare con una cifra modesta. Lo zio quando era poco più di un ragazzino era tornato dal fronte quasi morto, si diceva di paura, magari per la dissenteria penso, e gli avevano accordato una pensione. Col padre nel lavoro era stato piu che altro un garzone e si divertiva ora che era anziano a creare giocattoli meccanici. Mi ricordo di una specie di lente montata in una scatola di legno, con la lampadina, che proiettava delle figure nel muro. Montava piccoli binari dappertutto, ruote, o cuscinetti che appunto avvitati sotto tavole di legno completavano il "carriolo" ; poi lui vi aggiunse vari manubri in quello di mio fratello.Una altra cosa ,che piaceva molto alle mie sorelle era una giostra che facevamo girare azionando una manovella, era fantastica, e tutti e tre comunque andavamo pazze per stare con lo zio.
Non teneva molti soldi in tasca, tutrice era la nonna, però lui li chiedeva per le sigarette e il gelato per noi, o "muciularie"* varie asseconda se era inverno o estate. Anche lui aveva molta pazienza e noi eravamo, insieme al tabacco, credo le uniche cose piacevoli della sua semplice vita.
Ricordo che era più tenero con le mie sorelle, le vedeva di più, anche se non faceva particolarità nel dedicarci il suo tempo facendoci partecipi delle sue invenzioni. La più bella in assoluto fu l'automobile. Prima si sedevano le piccole che di fronte a un giocattolo del genere non sentivano ragione, poi salivo anche io. Ma poi ne fece una a quattro posti, la mettemmo pure in strada, senza freni, con una corda dietro tenuta dallo zio, non andavamo nelle discese in ogni caso. Il bello erano i pedali, c'era la trombetta esterna, quella col palloncino che andava compresso. Il manubrio era preso da qualche ferrari di plastica vecchia, infatti alle due più piccole con mancarono mai le automobili. Io non ne ebbi devo dire, quando furono alla portata di tutti io fui definita ormai grande. Nemmeno la bici ebbi tutta per me, ma questo invece mi pesò abbastanza, mi procurò una vera sofferenza quando la mattina dei morti che da noi sostituiscono la befana il due novembre le bici coperte da una carta regalo erano due e non tre. Sentii per la prima volta il dolore che mi portava l'essere più grande e cresciuta, avrò avuto dodici anni . Chissà quale altra cosa lei mi fece trovare, sapevo già che erano i vivi e non i morti a scegliere, mi sentii non capita, dovetti trattenere il pianto e fingere che si, ero grande; non ero abituata a chiede le cose perchè fino ad allora erano arrivate spontaneamente, non sapevo protestare ma un' acuta frustrazione e invidia verso le mie sorelle mi ricordarono che non ero la preferita della nonna giusta, l'altra di sicuro aveva preso del lino da ricamare per il mio corredo al posto di "inutili"giocattoli, ma avrebbe dovuto comprarmela lei la bici...Paradossalmente ero la maggiore, ma nell' età che avrebbe proprio segnato il passaggio dai giocattoli ad un mezzo che mi avrebbe dato nuovi slanci, mi sarò chiesta come fosse possibile che di colpo si fosse decretato il mio essere adulta! L'anno dopo accadde con le bambole, questa volta piansi a dirotto, e la nonna che di certo non aveva voluto farmi un torto mi portò nelle bancarelle ricche di ogni ben di Dio per l'occasione nelle vie principali e mi comprò un bambolotto che amai molto più degli altri, come una madre quando ha avuto il figlio in tarda età; sapevo che sarebbe stato l'ultimo. Si sicuro una sorta di regressione direi oggi. Presto ebbi modo comunque di abbandonare le bambole classiche, inventai altri modi per fare la piccola mamma. Mi stavo trasformando fisicamente, ma non volevo mollare quel paradiso fatto di diritti e pochi doveri. Lo zio Isidoro sicuramente fu turbato dalle mie sembianze non più di bambina, un pomeriggio che fummo soli rubò un piccolo bacio dalle mie labbra, un tradimento anche questo, si aggiungeva agli svantaggi di quell'addio all'aspetto di fanciulla che porta in se ad essere protetta dagli sguardi impuri. Non andai più volentieri da lui, mi proteggeva la presenza delle mie sorelle, ma non ebbi troppo rancore, lui era ritardato, la nonna lo diceva sempre, lo perdonai senza dimenticare . Sono storie del paradiso terreno, degli uomini, dove è normale che il male faccia le sue retate improvvise e poi si ritiri perché di un paradiso stiamo parlando, e il bene è maggiore. Il bene era ancora grande, perfetto sapevo era quello degli angeli nel cielo, sognavo pure di raggiungerlo di lì a moltissimi anni però.
.........

* muciularie( brioche, cioccolata, caramelle ect..)

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