Discussione: Il paradiso perduto
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Vecchio 12-01-2011, 02.28.09   #22
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Nella casa più su presentata, trovai la mia dimensione per intero, stavo in un solo posto, e poi la convivenza con la nonna P mi aveva segnato negli ultimi mesi. La malattia che l'avrebbe fatta morire dieci anni dopo, aveva messo in ginocchio il suo corpo e il suo spirito, e anche la mia resistenza a starle vicina e ad accudirla ,sebbene fossero piccole cose, in quel mare di sofferenza che la vita le aveva destinato.Alla fine avevo solo undici anni...
Scoprii che poteva capitare a tutti, anche ai bambini, ne vidi nelle corsie, e ne parlavano di continuo i grandi, che allora non avevano molta sensibilità. Fu mio padre, dicevo, che mi tolse alla nonna, ed era meglio l'avessero fatto in tempo però, le basi su cui atterravano i paradisi furono irrimediabilmente compromessi, ma il danno fu coperto in qualche modo, a quell'età si cerca di dimenticare presto.

La nuova casa era tutta un teatro, dove non era giardino era terrazzo, e quando era freddo la tranquillità della stanza in fondo, la nostra, era indisturbata. Non so nemmeno da dove cominciare, innanzitutto fu mia la scelta di come disporre i letti, due in una parete con le pediere in mezzo alla stanza e uno di lato a ridosso della parete opposta. Coricate potevamo vederci e parlare, un balcone vicino al mio letto e uno nell'altra parete, su due strade. Le tende che non avevamo avuto davano un senso di importanza, e di sera a luce spenta, le intravvedevo e mi sembravano bellissime. Quei tetti alti a volta erano eleganti. Poi mi stancavo e univo i due letti, magari dormivamo in tre e la nonna ospite nel lettino di fronte. Ogni sera aspettavo il sonno ripassando ancora e pensando a cose che domani avrei fatto, oppure immaginavo animati i personaggi delle favole che leggevo.
Di giorno dirigevo la baracca gioco e studio, poco studio, di continuo. I giochi senza frontiere li guardavamo con la faccia a terra nel balcone , giù nella tv della vicina; allora si tenevano le porte aperte d'estate anche se era piano terra, e i vicini si sedevano davanti l'uscio e ogni tanto si scambiavano delle parole. Noi avevamo la tv ma era in cucina. Libri di favole rendevano interessante gli intervalli, anche corde per saltare, cerchi, sottane e veli per ballare ogni santo giorno. I ruoli indossati erano i piu svariati, ma i più gettonati erano moglie e marito, mamma e comari, mamma e figlio in braccio. Questo ruolo in particolare era il preferito, dicevamo tutte le cose che sentivamo dai grandi: “devo dare il latte al bambino”, “ uh, ora torna mio marito!” , “comare mi presta il sale? “.Tra un ruolo e l'altro c'era sempre il ballo, a volte anche il canto.
La mia curiosità era incessante, occupandomi anche di rassettare la casa conoscevo ogni cosa, una volta notai che i salsicciotti che coprivano le fessure delle porte a terra erano stranamente imbottiti, ne aprii uno e tirai la punta di un indumento: era un vestitino da neonato, poi un altro, un altro ancora, poi delle calze, cappottini, camicine, di tutto insomma, lì vi erano cresciuti due maschietti, ed io potevo impazzire...chiamai le mie sorelle: “guardate, possiamo vestire i nostri figli”, e potreste pensare che fossero le bambole, e ci provai, ma erano troppo larghi, non so quando concepii l'idea della borsa dell'acqua calda, vestita coi panni veri di un bambino lo sarebbe sembrato di certo! Più morbida, seguiva meglio i movimenti per aderire al nostro grembo. Che sensazione di pienezza, mi sentivo una vera madre...Le bambole anche , era una la borsa, forse facevamo a turno.
Da lì passai a mettere i vestiti dentro la gonna, ecco tutte col pancione! Appena la mamma arrivava...giù il malloppo, di colpo secche di nuovo! il bello è che incinte in quel modo stavamo con le mani sulla schiena, cioè io, loro mi imitavano, perchè si vede che osservavo molto le donne adulte, le mamme. Madre mi appassionava tantissimo, ero maestra in maternità.
…...

Ultima modifica di webetina : 12-01-2011 alle ore 02.53.13.
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