Discussione: Comunicazione Reale
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Vecchio 05-11-2007, 22.18.06   #1
Ray
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Predefinito Comunicazione Reale

Anche senza riportare la parole esatte (eventualmente le riprendo), altrove Uno dice che "scrivere senza preoccuparsi minimamente di chi legge è la base della comunicazione reale".
Come ho detto il loco (continuare li era OT) io non capisco del tutto questa cosa.

Capisco che tenere conto della possibile opinoine che chi legge si fa di me che scrivo falsa lo scritto, ne modifica sia i contenuti che la forma... ovvero tra le motivazioni del mio scritto non c'è solo il desiderio di comunicare quel che sto comunicando ma anche il desiderio/bisogno di stimolare o mantenere in chi legge una certa opinione di me.

Non capisco come posso comunicare senza preoccuparmi però di farmi capire. Certo, invece di preoccuparmene posso occuparmene, ovvero dico, se poi non si capisce ci torno, ma è un prendersi in giro sta cosa. Quando dico qualcosa è ovvio che cerco di farmi capire, altrimenti perchè dirla? Mi tengo un diario... (attenzione, sto parlando di comunicare, il che include sia spiegazioni che domande... anche se chiedo e non mi si capisce, che risposte avrò?).

Insomma non vedo il limite dell'autoreferenzialità. Esempio scemo: non mi preoccupo di chi legge, quindi scrivo in cinese. Anzi, così mi si prende sul serio... scrivo in latino che sono capace. Questo perchè il latino veicola meglio quel che volgio dire... che nessuno dei lettori che conosco sia in grado di leggero sarebbe secondario? Non credo. Anzi, in questo caso dovrei scrivere in latino, tradurre e poi spiegare cosa non si riesce a veicolare in italiano e invece si in latino. Ok che anche chi legge deve un po' sforzarsi se vuole capire. Ma posso pretendere che impari il latino?

Altra questione: per quanto limpidamente io possa esporre il mio pensiero e per quanto limpido il mio pensiero possa essere, ci sarà sempre qualcuno che non capisce. Questo mi è chiaro. Però è altrettanto vero che più è limpido il mio pensiero e il mio esporlo più sarà grande la percentuale di persone che capiscono. Se la Legge del Terzo impone una certa fetta di non comprensione, non è forse mio dovere cercare di avvicinarmi il più possibile a quella fetta? Perchè invece, quando scriviamo noi che la comunicazione reale non l'abbiamo, la percentuale di gente che non capisce quel che volevamo dire, proprio quel che volevamo dire, è molto maggiore (noi stessi da includere spesso e volentieri).

Un'altra cosa che capisco: basarmi sull'aspettativa altrui per stabilire il modo di scrivere non va fatto, allontana dalla reale comunicazione. Questo per due motivi: primo do ascolto all'altro che pretende io mi esprima nel modo suo preferito, o preferito dalla sua linea di minor resistenza, che gli permette quindi il minor sforzo per comprendere. Secondo perchè considero il favore altrui, la sua opinione di me eccetera, insomma il primo punto.
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