Discussione: Comunicazione Reale
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Vecchio 06-11-2007, 11.37.20   #10
Ray
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Originalmente inviato da Uno Visualizza messaggio
C'è qualcosa da comunicare, cioè qualcosa di cui vogliamo rendere l'altro partecipe: "caro le cose sono così", c'è un veicolo di comunicazione e c'è un target, un bersaglio, un destinatario della comunicazione...

io comunico nel miglior modo e con i migliori mezzi che ho, ma se mi concentro su come l'altro può recepire distolgo la mia forza comunicativa dal suo compito, indipendentemente da quanta di questa forza io abbia. "nel miglior modo e con i migliori mezzi che ho" significa che non è che io mi scusi dicendo a tutti (o pure a uno) quello che mi passa per la testa come capita.... altrimenti non sarebbe il miglior modo, sarebbe solo sfoggio del mio ego (qui ci sta), essere preda della mia personalità che vuole vestirsi in un determinato modo.

etc etc...
Ok, adesso ho capito. Beh, rileggendomi avevo capito abbastanza anche prima, solo che come spesso accade per cercare la mela marcia di un cesto si deve buttare all'aria tutte le mele, anche quelle buone. Il lavoro non è finito fin quando non si rimettono a posto le mele da salvare e non quando si è trovata quella marcia. In ogni caso è una buona occasione per controllare anche tutte le altre mele.

Quindi, essendoci un destinatario del messaggio, l'altro va tenuto in considerazione eccome. Anzi è proprio l'altro che coopera al fatto che il messaggio che devo comunicare esista. L'esitenza dell'utente, dei parenti e della comunità di religiosi fa nascere l'esigenza comunicativa. E questa esigenza comprende le relative modalità, che variano al variare di costoro.

L'errore sta nel considerarli due volte. L'altro esiste, ciò fa si che io voglia comunicare, lo considero, scelgo il mezzo e la forma adatta (il modo migliore che io riesco a trovare) e uso tutta la mia forza comunicativa.
Poi se l'altro ritiene di continuare la comunicazione mi regolerò di conseguenza e questo continuare può riferirsi alla sua incomprensione. Egli tuttavia può non comprendere e continuare a non voler comprendere.

Se lo considero due volte, ovvero se prendo in considerazione la mia idea di lui e di quel che capirà/penserà leggendo interrompo il flusso comunicativo modificandolo e togliendogli la forza che uso per ri-considerarlo.

Se invece non lo considero proprio e dico quel che mi passa per la testa meccanicamente, magari rivestendo il tutto del buonismo necessario a farmela passare liscia (o cercare di) ecco che sono semplicemente preda del mio ego, di un lato ics della personalità (falsa) che vuole uscire e usa la scusa della comunicazione per fregarmi.

Mi piacerebbe approfondire quel "modo migliore e migliori mezzi che ho". Da come la metti quindi anche la comunicazione reale è relativa. Ovvero dipende dai miei mezzi e dai modi di cui sono capace, ma se uso essi al massimo è sempre comunicazione reale, anche se, per dire, la comuniczione reale di un altro può risultare migliore o peggiore.
Se è così aggiusto i termini nel mio cervellino... prima chiamavo la comunicazione reale semplicemente comunicazione e l'altra finta comunicazione, parlare da soli, viaggiare in parallelo eccetera...
Inoltre la relatività della comunicazione reale fa si che, più comunico al massimo delle mie possibilità più esse cresceranno.

Il che però pone un'altra questione. E' possibile che, per ignota interferenza dell'ego di cui sopra, il massimo relativo di qualcuno in un dato momento sia comunicazione non reale. Questo mi è difficile da integrare nel discorso...
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