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Vecchio 02-07-2010, 17.16.04   #1
Sole
Conosce ogni vicolo
 
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Predefinito L'importanza dell'uso delle parole in un dialogo costruttivo

Esiste già una discussione del genere e tante volte se ne è parlato ma da capo non fa mai male.
Apro qui l'argomento perchè è proprio in questa sezione che si discute dei significati delle parole.
Apro il thread perchè come spesso vediamo in forum e anche oggi non si ben comprende perchè mai queste parole debbano essere usate ad arte.

Basta veramente che il senso sia quello che ho in testa di dare perchè l'interlocutore comprenda pienamente ciò che voglio dire? Evidentemente no, altrimenti ci capiremmo tutti al volo e così non è. Il comprendersi non è una questione solamente di parole, diamolo per scontato e non spostiamo il discorso altrove, ma qui voglio soffermarmi sul perchè spesso si pretende di usare le parole che vogliamo e far fare lo sforzo all'altro di capirci.
Vado subito al sodo di quello che rilevo io nella mia personale ricerca.
Il comprendersi è cosa difficile e uno dei miglior modi che abbiamo è parlare e gesticolare. Ma quando nella mente si formula un'idea si ha una fretta terribile di esprimerla, non la si sedimenta, non la si elabora e la si vomita fuori, in questo modo le parole escono confuse e non esprimono esattamente ciò che cuore e mente stanno sentendo. Ma pretendiamo che l'altro capisca anche se usiamo la parola "bianco" al posto di "luce" che per noi era ovvia. L'altro ha sentito "bianco" e non "luce" e "bianco" ha capito e se andrà avanti il discorso mentre noi continueremo a pensare "luce" usando "bianco" l'altro capirà "bianco". Questo problema non si pone se la parola che uso è la più prossima al mia sentire.
Fondamentalmente si tratta di pigrizia mentale e di fretta e non di cultura, se no si ha la parola la si può costruire attraverso un concetto, l'altro capirà lo stesso.
Il voler davvero e sinceramente comunicare con l'altro ci pone in una condizione di ricerca di unione e per far questo anche di ricerca di parole che più si avvicinano a ciò che sentiamo e pensiamo di dire. Per far questo ci vuole fatica e voglia di faticare.

Un fattore psicologico che ho individuato nel non usare i termini corretti, e quando dico individuato parlo di ricerca interiore ed esperienza sul campo, è quella di "pararsi il popi" e mettersi sempre in una condizione tale da potersi rimangiare la parola e trovarne un'altra. Non so se si capisce, provo a trovare le parole giuste con un esempio.
Se ho paura di essere giudicata, se mi sento inferiore, se non voglio responsabilità di quel che dico, se sono pigro e non voglio entrare in una discussione che obbliga a ragionare, se soprattutto sono un bastian contrario farò inconsciamente sempre in modo di rifiutare le parole esatte per poter essere in grado di uscirne pulito.
Almeno finchè non si trova chi ascolta quello che dici e li sono cavoli....
Molto spesso questo aspetto è una paura profonda di non essere capiti o compresi e la stessa paura si manifesta attraverso l'uso improprio delle parole.
Se non mi sento capito mi metto inconsciamente nella condizione di non esserlo e così posso giuggiolarmi nel mio "non essere compreso" e sentirmi per questo migliore, ma è evidentemetne un falso.

Nel dialogo si tratta veramente di mettersi in gioco con tutto se stessi ed è un impegno molto grande quanto difficile.

Dopo il giro nella psicologia torniamo al dialogo, se davvero voglio comunicare quel davvero implica un impegno e uno sforzo nel farsi capire e quindi l'uso delle parole è fondamentale e determinante nella comprensione.
Se è casuale e svogliato non è nemmeno dialogo.
Sole non è connesso