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Vecchio 23-02-2012, 20.03.53   #76
dafne
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Stò leggendo un libro, per ora molto bello, "la mente adamantina" e nel primo capitoletto dà delle indicazioni su cos'è la meditazione.

Un concetto che mi ha colpito (ma mi sono fermata perchè non l'ho ben assimilato) riguarda il controllo che opera la mente. Uno è verso l'esterno (giudizi su situazioni, cose, persone ambianti ecc) uno verso l'interno.
L'autore suggerisce che mentre il giudizio verso l'esterno può subire delle modifiche (grazie agli altri o ad altro, appunto) quello verso l'interno invece non può essere modificato (siamo noi e noi).
Quando la mente si trova a che fare con qualche atteggiamento "oscuro o nauseabondo" immediatamente giudica e reagisce. La mente così si chiude in una modalità reattiva in cui rimaniamo intrappolati.

Compito della meditazione è permettere alla mente di tornare a uno stato rilassato e poter aver a che fare anche con ciò di noi che non piace. Scrive "La meditazione ci insegna per prima cosa ad essere presenti con ciò che c'è, con questo ambiente interno"
Dobbiamo identificare la natura critica della sorveglianza interiore, se non lo facciamo accettiamo questo meccanismo di critica, di rimozione interiore.
Scrive "Ciò ci allontana dalla meditazione e ci conduce a un'introspezione morbosa, dove l'osservazione di se stessi diventa in realtà dannosa, poichè può portare al rifiuto di se stessi, alla rimozione e alla paranoia invece che alla chiarezza e alla libertà".

Credo di cominciare a capire in che senso chiedersi continuamente il perchè delle cose possa non sempre dare dei risultati e credo che rientri in tema nel senso che se siamo tutti concentrati nel nostro piccolo interiore, reso ancor più piccolo dalle cose che non vogliamo vedere, non possiamo che rimanere intrappolati lì al contrario della ricerca esoterica che a me, pur non conducendola ancora seriamente, ha sempre lasciato un retrogusto di liberazione.
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