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Vecchio 05-11-2007, 22.18.06   #1
Ray
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Predefinito Comunicazione Reale

Anche senza riportare la parole esatte (eventualmente le riprendo), altrove Uno dice che "scrivere senza preoccuparsi minimamente di chi legge è la base della comunicazione reale".
Come ho detto il loco (continuare li era OT) io non capisco del tutto questa cosa.

Capisco che tenere conto della possibile opinoine che chi legge si fa di me che scrivo falsa lo scritto, ne modifica sia i contenuti che la forma... ovvero tra le motivazioni del mio scritto non c'è solo il desiderio di comunicare quel che sto comunicando ma anche il desiderio/bisogno di stimolare o mantenere in chi legge una certa opinione di me.

Non capisco come posso comunicare senza preoccuparmi però di farmi capire. Certo, invece di preoccuparmene posso occuparmene, ovvero dico, se poi non si capisce ci torno, ma è un prendersi in giro sta cosa. Quando dico qualcosa è ovvio che cerco di farmi capire, altrimenti perchè dirla? Mi tengo un diario... (attenzione, sto parlando di comunicare, il che include sia spiegazioni che domande... anche se chiedo e non mi si capisce, che risposte avrò?).

Insomma non vedo il limite dell'autoreferenzialità. Esempio scemo: non mi preoccupo di chi legge, quindi scrivo in cinese. Anzi, così mi si prende sul serio... scrivo in latino che sono capace. Questo perchè il latino veicola meglio quel che volgio dire... che nessuno dei lettori che conosco sia in grado di leggero sarebbe secondario? Non credo. Anzi, in questo caso dovrei scrivere in latino, tradurre e poi spiegare cosa non si riesce a veicolare in italiano e invece si in latino. Ok che anche chi legge deve un po' sforzarsi se vuole capire. Ma posso pretendere che impari il latino?

Altra questione: per quanto limpidamente io possa esporre il mio pensiero e per quanto limpido il mio pensiero possa essere, ci sarà sempre qualcuno che non capisce. Questo mi è chiaro. Però è altrettanto vero che più è limpido il mio pensiero e il mio esporlo più sarà grande la percentuale di persone che capiscono. Se la Legge del Terzo impone una certa fetta di non comprensione, non è forse mio dovere cercare di avvicinarmi il più possibile a quella fetta? Perchè invece, quando scriviamo noi che la comunicazione reale non l'abbiamo, la percentuale di gente che non capisce quel che volevamo dire, proprio quel che volevamo dire, è molto maggiore (noi stessi da includere spesso e volentieri).

Un'altra cosa che capisco: basarmi sull'aspettativa altrui per stabilire il modo di scrivere non va fatto, allontana dalla reale comunicazione. Questo per due motivi: primo do ascolto all'altro che pretende io mi esprima nel modo suo preferito, o preferito dalla sua linea di minor resistenza, che gli permette quindi il minor sforzo per comprendere. Secondo perchè considero il favore altrui, la sua opinione di me eccetera, insomma il primo punto.
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Vecchio 06-11-2007, 01.10.32   #2
Kael
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Secondo me nella com-unicazione reale non si tratta tanto di capire, quanto di comprendersi... Ovvero non è tanto importante di cosa si sta parlando nello specifico, quello che conta è darsi totalmente all'altro, dare se stessi e la propria esperienza senza filtri intermedi.. Dare quello che si è insomma.

Questo darsi significa "spogliarsi" di ogni tipo di filtro fra me e l'altro, ne consegue che, se tengo in particolar modo conto di chi sta leggendo, faccio l'esatto contrario, ossia non mi dò per quello che sono, ma vado ad aggiungere un ulteriore filtro fra me e l'altro. In questo modo, se sto cercando di comunicare con Caio, e il vero senso della comunicazione dovrebbe essere:
Io ---> Caio
diventa invece:
Io ---> Caio ---> Caio
Ossia aggiungo un filtro, tenendo conto già io di Caio vado a "raddoppiarlo", e fra me e Caio ci sarà sempre meno possibilità di comunicare davvero, cioè di unirsi insieme... Comunicare, mi pare l'avessi detto tu, è partecipare alla Mensa... quindi richiama il "mangiare", vocabolo che in esoterismo ha una particolare simbologia, quello che chi mangia diventa il mangiato...
Quindi se tengo conto di Caio quando parlo con Caio, gli darò praticamente in pasto se stesso (più esattamente quello che io penso di lui) piuttosto che farmi mangiare io per quello che sono davvero...
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Vecchio 06-11-2007, 01.29.24   #3
Ray
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Secondo me nella com-unicazione reale non si tratta tanto di capire, quanto di comprendersi... Ovvero non è tanto importante di cosa si sta parlando nello specifico, quello che conta è darsi totalmente all'altro, dare se stessi e la propria esperienza senza filtri intermedi.. Dare quello che si è insomma.

Questo darsi significa "spogliarsi" di ogni tipo di filtro fra me e l'altro, ne consegue che, se tengo in particolar modo conto di chi sta leggendo, faccio l'esatto contrario, ossia non mi dò per quello che sono, ma vado ad aggiungere un ulteriore filtro fra me e l'altro. In questo modo, se sto cercando di comunicare con Caio, e il vero senso della comunicazione dovrebbe essere:
Io ---> Caio
diventa invece:
Io ---> Caio ---> Caio
Ossia aggiungo un filtro, tenendo conto già io di Caio vado a "raddoppiarlo", e fra me e Caio ci sarà sempre meno possibilità di comunicare davvero, cioè di unirsi insieme... Comunicare, mi pare l'avessi detto tu, è partecipare alla Mensa... quindi richiama il "mangiare", vocabolo che in esoterismo ha una particolare simbologia, quello che chi mangia diventa il mangiato...
Quindi se tengo conto di Caio quando parlo con Caio, gli darò praticamente in pasto se stesso (più esattamente quello che io penso di lui) piuttosto che farmi mangiare io per quello che sono davvero...
Interessante considerazoine. Non interporre fra me e te la mia idea di te, ovvero comunicare con te e non da solo (con unamia idea), che poi è l'auto-referenzialità.

Però se per comunicare realmente con te devo darmi totalmente, non è che devo darmi a caso, devo darmi a te. Quindi devo comunque tenere conto che è con te che sto parlando. Mica mi posso dimenticare.

Concordo sul non considerare le mie idee, ma devo tenere presente te (invece della mia idea di te). Forse se faccio così (posto di riuscire intendo) ottengo quello che diceva Uno... che ne pensi?
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Vecchio 06-11-2007, 01.42.03   #4
Kael
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Certamente dobbiamo tenere presente con chi stiamo parlando, ma questo non vuol dire "nascondere", o "cambiare" quello che siamo... Il sole ad esempio non tiene conto di chi scalda... Si dà a tutti incondizionatamente. Non si fa meno luminoso perchè tutti possano guardarlo in faccia o reggerne le vibrazioni... Splende alto nel cielo per tutti, con amore, anche se questo a volte può perfino significare la morte per chi si trova nel deserto senza acqua da giorni... Ma lui sa che probabilmente questo è il male minore....

Se noi non riusciamo a reggerlo non è un problema suo, ma nostro. E lui non cerca in nessun modo di privarci del nostro cammino o del libero arbitrio per raggiungerlo, saremo noi semmai che dovremo cercare di darci da fare...

Questo ovviamente non vuol dire "fregarsene" degli altri, significa dare noi stessi...
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Vecchio 06-11-2007, 01.55.42   #5
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Uh beh ok. Messa così è talmente distante questa comunicazione reale che non saprei neanche da che parte iniziare.
Mi resta però un dubbio: secondo te il Sole ha deciso di scaldare? O è solo un effetto secondario del suo Essere?
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Vecchio 06-11-2007, 02.06.13   #6
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Amore ed Essere coincidono, non sono uno l'effetto dell'altro...
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Vecchio 06-11-2007, 10.52.48   #7
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Parto da esempi che mi sa faccio prima.
Terra, terra:
Siamo in un ufficio, cambia l'orario, non apre più alle 9:00 ma alle 10:00 (sarà un ufficio comunale ) devo comunicarlo agli utenti.
Ci sono vari modi per far questo, il più diretto è appendere un cartello fuori, se l'ufficio ha un parco clienti fissi posso mandare una lettera circolare, se lavoriamo molto in internet posso mandare delle mail etc etc

Cambia l'evento: mi sposo, ho già parlato con la mia futura moglie, parlato con i genitori etc, dobbiamo comunicarlo ai parenti: possiamo organizzare una festa di fidanzamento, andare a trovare i parenti famiglia per famiglia facendogli conoscere la sposa o lo sposo (se sono pareti di lei) etc etc....

In chiesa: il sacerdote è colui che (dovrebbe) renderci partecipi, comunicarci la storia di Gesù, la sua relazione con Dio etc etc... se analizziamo bene il fulcro della Messa è la comunione, che nella parte più concettuale è Dio si è fatto Uomo, il resto è contorno.. tranne in occasioni di comunità, esempio battesimi, comunioni etc... cioè rendere partecipe la comunità che un nuovo individuo è entrato, che due individui si uniscono in matriimonio etc etc.....


Che cosa hanno in comune queste comunicazioni?
C'è qualcosa da comunicare, cioè qualcosa di cui vogliamo rendere l'altro partecipe: "caro le cose sono così", c'è un veicolo di comunicazione e c'è un target, un bersaglio, un destinatario della comunicazione... sapete bene che i pubblicitari queste cose le studiano allo sfinimento, sono discutibili le comunicazioni che danno, ma è affascinante studiare l'arte che c'è dietro.

Ora veniamo al dunque, dopo questa necessaria premessa. Ho un messaggio (sintetizzato), scelgo il mezzo o i mezzi, quindi se voglio parlare solo ai Cinesi parlo in Cinese per esempio, se voglio rivolgermi ai giovani uso il computer, alle famiglie la televisione (esempi in linea di massima) ma non posso assicurarmi uno per uno se hanno ricevuto la comunicazione (a meno che non stiamo parlando di eventi tra pochi individui) se non eventualmente nei riscontri successivi.
Ecco cosa intendevo con: "scrivere senza preoccuparsi minimamente di chi legge è la base della comunicazione reale".
Nell'esempio 1 io comunico come meglio posso il cambiamento di orario, se poi il tizio continua ad arrivare alle 9:00 non posso farci nulla (anche con il cartello cubitale sulla porta succede, ti dirà poi: "so che di solito arrivate prima, magari avete aperto"), comunque vorrà vedere e capire quello che vuole.
Nel secondo esempio i parenti prenderanno atto dell'evento, poi ci sarà chi dirà che è un matrimonio infelice che si farà, che sarà un matrimonio felice, che sarà felice ma povero etc etc... ognuno lo vedrà a modo suo.
Nel terzo esempio le cose sono simili ai primi due solo che le cose si complicano, il sacerdote comunica qualcosa come funzionario, fa da tramite (non sempre purtroppo) in qualcosa di cui non è l'attore principale (anche se molti lo dimenticano), quindi ancor più chi riceve la comunicazione prende ciò che vuole/può come vuole/può.

Il post è lunghissimo, quindi lo chiudo sintetizzando: io comunico nel miglior modo e con i migliori mezzi che ho, ma se mi concentro su come l'altro può recepire distolgo la mia forza comunicativa dal suo compito, indipendentemente da quanta di questa forza io abbia. "nel miglior modo e con i migliori mezzi che ho" significa che non è che io mi scusi dicendo a tutti (o pure a uno) quello che mi passa per la testa come capita.... altrimenti non sarebbe il miglior modo, sarebbe solo sfoggio del mio ego (qui ci sta), essere preda della mia personalità che vuole vestirsi in un determinato modo.

etc etc...
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Vecchio 06-11-2007, 10.57.41   #8
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ma non posso assicurarmi uno per uno se hanno ricevuto la comunicazione (a meno che non stiamo parlando di eventi tra pochi individui) se non eventualmente nei riscontri successivi.
Devo specificare meglio subito prima che dia adito a fraintendimenti.
Assicurarmi che abbiano ricevuto la comunicazione è diverso da convincere, la prima posso (devo) in un secondo momento farlo, la seconda mai se voglio comunicare realmente... altrimenti non parliamo di comunicazione ma di sovrapposizione di personalità, è qui che la pubblicità purtroppo va fuori del suo compito per fini egoistici.
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Vecchio 06-11-2007, 11.11.37   #9
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sono d'accordo ma voglio vedere dove arriviamo con questa discussione.
sono d'accordo nel dire che nel momento in cui una persona è libera da condizionamenti e pensieri e concentrata sull'azione svolge al meglio la sua comunicazione.
può centrare la frase "senza aspettative ne proprie ne altrui"?
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Vecchio 06-11-2007, 11.37.20   #10
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C'è qualcosa da comunicare, cioè qualcosa di cui vogliamo rendere l'altro partecipe: "caro le cose sono così", c'è un veicolo di comunicazione e c'è un target, un bersaglio, un destinatario della comunicazione...

io comunico nel miglior modo e con i migliori mezzi che ho, ma se mi concentro su come l'altro può recepire distolgo la mia forza comunicativa dal suo compito, indipendentemente da quanta di questa forza io abbia. "nel miglior modo e con i migliori mezzi che ho" significa che non è che io mi scusi dicendo a tutti (o pure a uno) quello che mi passa per la testa come capita.... altrimenti non sarebbe il miglior modo, sarebbe solo sfoggio del mio ego (qui ci sta), essere preda della mia personalità che vuole vestirsi in un determinato modo.

etc etc...
Ok, adesso ho capito. Beh, rileggendomi avevo capito abbastanza anche prima, solo che come spesso accade per cercare la mela marcia di un cesto si deve buttare all'aria tutte le mele, anche quelle buone. Il lavoro non è finito fin quando non si rimettono a posto le mele da salvare e non quando si è trovata quella marcia. In ogni caso è una buona occasione per controllare anche tutte le altre mele.

Quindi, essendoci un destinatario del messaggio, l'altro va tenuto in considerazione eccome. Anzi è proprio l'altro che coopera al fatto che il messaggio che devo comunicare esista. L'esitenza dell'utente, dei parenti e della comunità di religiosi fa nascere l'esigenza comunicativa. E questa esigenza comprende le relative modalità, che variano al variare di costoro.

L'errore sta nel considerarli due volte. L'altro esiste, ciò fa si che io voglia comunicare, lo considero, scelgo il mezzo e la forma adatta (il modo migliore che io riesco a trovare) e uso tutta la mia forza comunicativa.
Poi se l'altro ritiene di continuare la comunicazione mi regolerò di conseguenza e questo continuare può riferirsi alla sua incomprensione. Egli tuttavia può non comprendere e continuare a non voler comprendere.

Se lo considero due volte, ovvero se prendo in considerazione la mia idea di lui e di quel che capirà/penserà leggendo interrompo il flusso comunicativo modificandolo e togliendogli la forza che uso per ri-considerarlo.

Se invece non lo considero proprio e dico quel che mi passa per la testa meccanicamente, magari rivestendo il tutto del buonismo necessario a farmela passare liscia (o cercare di) ecco che sono semplicemente preda del mio ego, di un lato ics della personalità (falsa) che vuole uscire e usa la scusa della comunicazione per fregarmi.

Mi piacerebbe approfondire quel "modo migliore e migliori mezzi che ho". Da come la metti quindi anche la comunicazione reale è relativa. Ovvero dipende dai miei mezzi e dai modi di cui sono capace, ma se uso essi al massimo è sempre comunicazione reale, anche se, per dire, la comuniczione reale di un altro può risultare migliore o peggiore.
Se è così aggiusto i termini nel mio cervellino... prima chiamavo la comunicazione reale semplicemente comunicazione e l'altra finta comunicazione, parlare da soli, viaggiare in parallelo eccetera...
Inoltre la relatività della comunicazione reale fa si che, più comunico al massimo delle mie possibilità più esse cresceranno.

Il che però pone un'altra questione. E' possibile che, per ignota interferenza dell'ego di cui sopra, il massimo relativo di qualcuno in un dato momento sia comunicazione non reale. Questo mi è difficile da integrare nel discorso...
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Vecchio 06-11-2007, 12.26.25   #11
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sono d'accordo ma voglio vedere dove arriviamo con questa discussione.
sono d'accordo nel dire che nel momento in cui una persona è libera da condizionamenti e pensieri e concentrata sull'azione svolge al meglio la sua comunicazione.
può centrare la frase "senza aspettative ne proprie ne altrui"?
C'entra metà della frase, come faccio a controllare le aspettative altrui? Anzi, perchè mai dovrei controllarle? E se ci sono, non comunico?
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Vecchio 06-11-2007, 12.37.12   #12
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Quindi, essendoci un destinatario del messaggio, l'altro va tenuto in considerazione eccome. Anzi è proprio l'altro che coopera al fatto che il messaggio che devo comunicare esista. L'esitenza dell'utente, dei parenti e della comunità di religiosi fa nascere l'esigenza comunicativa. E questa esigenza comprende le relative modalità, che variano al variare di costoro.

In considerazione nella scelta del veicolo più adatto, punto
Quote:


L'errore sta nel considerarli due volte. L'altro esiste, ciò fa si che io voglia comunicare, lo considero, scelgo il mezzo e la forma adatta (il modo migliore che io riesco a trovare) e uso tutta la mia forza comunicativa.
Poi se l'altro ritiene di continuare la comunicazione mi regolerò di conseguenza e questo continuare può riferirsi alla sua incomprensione. Egli tuttavia può non comprendere e continuare a non voler comprendere.

L'errore principale sta nel voler comunicare dati che non si possiedono invece che concentrarsi su quelli che si possiedono, se da quelli che si possiedono nasce l'analogia che mi permette di passare ad altri prima sconosciuti va bene, ma partire da quelli sconosciuti falsa tutto... è come mettere un tetto senza fondamenta
Quote:


Mi piacerebbe approfondire quel "modo migliore e migliori mezzi che ho". Da come la metti quindi anche la comunicazione reale è relativa. Ovvero dipende dai miei mezzi e dai modi di cui sono capace, ma se uso essi al massimo è sempre comunicazione reale, anche se, per dire, la comuniczione reale di un altro può risultare migliore o peggiore.
Se è così aggiusto i termini nel mio cervellino... prima chiamavo la comunicazione reale semplicemente comunicazione e l'altra finta comunicazione, parlare da soli, viaggiare in parallelo eccetera...
Inoltre la relatività della comunicazione reale fa si che, più comunico al massimo delle mie possibilità più esse cresceranno.

Il che però pone un'altra questione. E' possibile che, per ignota interferenza dell'ego di cui sopra, il massimo relativo di qualcuno in un dato momento sia comunicazione non reale. Questo mi è difficile da integrare nel discorso...
In un certo senso è una questione di resistenza anche qui più che di interferenza dell'ego, se fosse solo interferenza (questo vale un pò in tutto) basterebbe essere solo semplici, invece c'è povertà e semplicità che sono due cose diverse... che coincidono spesso ma messe così sono insufficienti... serve ricchezza semplice per fare tutto al meglio (questo pezzo non so se si capisce)
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Vecchio 06-11-2007, 12.39.05   #13
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beh ma neanche proprie a mio avviso (poi io le chiamerei in quel caso consapevolezze più che aspettative)
perchè nel momento in cui agisco sono immerso nell'azione e non nel pensiero di essa.
quindi agisco vivendo il "qui e ora" al meglio possibile.
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Vecchio 06-11-2007, 12.42.28   #14
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beh ma neanche proprie a mio avviso (poi io le chiamerei in quel caso consapevolezze più che aspettative)
perchè nel momento in cui agisco sono immerso nell'azione e non nel pensiero di essa.
quindi agisco vivendo il "qui e ora" al meglio possibile.
Non capisco di che parli e a cosa ti riferisci.
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Vecchio 06-11-2007, 12.46.24   #15
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nel momento in cui io agisco per comunicare sono immerso in tale azione.
ho già scelto cosa dire e come dirlo.
li mi "calo" nella comunicazione e do il meglio di me stesso in quell'azione.
in quel momento non ci sono aspettative
c'è unicamente azione
questo a mio avviso.
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Vecchio 06-11-2007, 13.00.24   #16
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In considerazione nella scelta del veicolo più adatto, punto
Uhm, come distinguo il veicolo dalla modalità? Nel tuo esempio del "se parlo solo a cinesi uso il cinese" la lingua è veicolo o modalità? Seguendo il tuo ragionamento sarebbe veicolo... ma allora tutto ciò che non è contenuto è veicolo?

O forse è modalità tutto ciò che modifico basandomi su ciò che penso dell'altro... però se penso che sa solo il cinese uso il cinese... insomma non ci arrivo.

Alla fin fine si deve "solo" gettare a mare il desiderio di essere capiti e tutto torna?


PS: nel premere rispondi citando mi appariva solo l'ultima parte del tuo post... per citare la frase che ho messo ho dovuto copia-incollare... di solito non faceva così
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Vecchio 06-11-2007, 13.19.31   #17
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Il veicolo dovremmo essere noi stessi, un tramite. Il modo lo vedo il mezzo che utilizziamo.
Il latino che dicevi sopra veicola meglio, ma non è il veicolo, è il mezzo attraverso cui si veicola ciò che immetti, partendo sempre da noi.
__________________
Se non sarò me stesso chi lo sarà per me? E se non ora, quando?
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Vecchio 06-11-2007, 13.24.31   #18
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vediamo se posso essere utile...a mio avviso
pulizia dei propri pensieri (vuoto e silenzio), connessione a quello che io definisco spirito in ognuno, nascita del "figlio" pensiero nato dallo spirito, azione.
così il corpo è veicolo puro dello spirito.
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Vecchio 06-11-2007, 13.32.31   #19
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nel momento in cui io agisco per comunicare sono immerso in tale azione.
ho già scelto cosa dire e come dirlo.
li mi "calo" nella comunicazione e do il meglio di me stesso in quell'azione.
in quel momento non ci sono aspettative
c'è unicamente azione
questo a mio avviso.
E io cosa dicevo? Sei tu che ci hai messo aspettative

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Uhm, come distinguo il veicolo dalla modalità? Nel tuo esempio del "se parlo solo a cinesi uso il cinese" la lingua è veicolo o modalità? Seguendo il tuo ragionamento sarebbe veicolo... ma allora tutto ciò che non è contenuto è veicolo?

O forse è modalità tutto ciò che modifico basandomi su ciò che penso dell'altro... però se penso che sa solo il cinese uso il cinese... insomma non ci arrivo.

Alla fin fine si deve "solo" gettare a mare il desiderio di essere capiti e tutto torna?


PS: nel premere rispondi citando mi appariva solo l'ultima parte del tuo post... per citare la frase che ho messo ho dovuto copia-incollare... di solito non faceva così
Il veicolo in questo caso è la comunicazione verbale, potrebbe essere anche visiva (vedi PNL) o addirittura non visiva etc... il la modalità in questo caso è il Cinese, ma potrebbe essere una dramma teatrale (commedia il veicolo, la trama la modalità)

Il desiderio no, serve, occorre, la brama va eliminata, quella blocca....

(il P.s. a me ha preso per intero, se lo rifà prova a cancellare i file temporanei)
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Vecchio 06-11-2007, 13.41.54   #20
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Il veicolo in questo caso è la comunicazione verbale, potrebbe essere anche visiva (vedi PNL) o addirittura non visiva etc... il la modalità in questo caso è il Cinese, ma potrebbe essere una dramma teatrale (commedia il veicolo, la trama la modalità)

Il desiderio no, serve, occorre, la brama va eliminata, quella blocca....
Esattametne il contrario di quel che pensavo e quindi non ho capito, chi è quello che veicola allora?
__________________
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Vecchio 06-11-2007, 13.42.42   #21
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perchè aspettative amico uno?
tu hai scritto di non aver compreso.
io ho cercato di chiarire meglio in modo da dare spunti.
dove vedi aspettative?
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Vecchio 06-11-2007, 15.16.34   #22
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Esattametne il contrario di quel che pensavo e quindi non ho capito, chi è quello che veicola allora?
Quello che comunica usa il veicolo, no?

Citazione:
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perchè aspettative amico uno?
tu hai scritto di non aver compreso.
io ho cercato di chiarire meglio in modo da dare spunti.
dove vedi aspettative?
Turi prova a rileggere i post 9, 11, 13, 14, 15, etc...
Ripeto, tu hai tirato fuori il discorso delle aspettative, poi dici a me che non ci sono
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Vecchio 06-11-2007, 15.23.23   #23
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in effetti posso capire nel post 9 ove parlo di "voglio vedere dove arriviamo con questa discussione" che tu possa intenderle come aspettative.
e dove dico "vediamo se posso essere utile"
e anche dove parlando sembra che io abbia scritto per fare in modo tu comprendessi (ossia con l'aspettativa tu comprendessi).
in sostanza in nessuno di quei 3 ero libero nella mia azione.
Hai ragione
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Vecchio 06-11-2007, 15.37.09   #24
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Tener conto degli altri, come dice giustamente Uno, riguarda solo ed unicamente la forma, cioè il veicolo verbale col quale comunicare.
Quindi parlerò in cinese con i cinesi, in termini alchemici con un alchimista, a gesti con un sordomuto, in linguaggio informatico con un informatico, etc etc..
Ma il contenuto non cambia.

Viceversa, se il tener conto degli altri mi fa cambiare contenuto, quella non è più comunicazione reale.
Proviamo con degli esempi:
- ho un amico che è notoriamente un ritardatario. Se tengo conto di questo suo difetto, per comunicargli che l'appuntamento sarà alle 15, gli dirò che l'appuntamento è alle 14.30
- ho un amico che so essere un poggiapiano, uno cioè che prende sempre le cose con molta calma... So che un negozio di mobili sta facendo i saldi fino al 30 Novembre, e visto che so lui deve comprarsi dei mobili, pensando di fare il suo bene gli diro "il negozio tal dei tali fa gli sconti, ma affrettati perchè finiscono il 15 Novembre"

In entrambi i casi, seppur in buona fede e con tutti i più buoni intenti del mondo, ho mentito.
La mia non è stata comunicazione reale, come dice Uno ho comunicato dati (o contenuti) non veri, non in mio possesso... Ho cercato cioè di "convincerlo", ho pensato di aggirare i suoi difetti per far entrare la mia comunicazione "a forza", senza dargli la possibilità di sbagliare da solo (e di imparare...) Ho pensato cioè che farlo arrivare in tempo all'appuntamento o fargli comprare i mobili a metà prezzo fosse il suo bene maggiore, invece di lasciarlo libero di sbagliare se è così che doveva andare...

So bene che far questo non è facile, cerchiamo di "proteggere" chi amiamo, e se so che per lui quell'appuntamento è di vitale importanza sarò tentato di mentire per farlo arrivare puntuale... Se invece non tenessi conto di chi mi ascolta quando parlo, la mia comunicazione sarebbe limpida e cristallina, senza filtri o comunque elementi contaminanti.

Qui il mio compito sarebbe finito, e inizierebbe quello dell'altro.
Quello cioè di "avere orecchie per intendere"...
Kael non è connesso  
Vecchio 06-11-2007, 15.46.38   #25
Uno
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Originalmente inviato da turaz Visualizza messaggio
in effetti posso capire nel post 9 ove parlo di "voglio vedere dove arriviamo con questa discussione" che tu possa intenderle come aspettative.
e dove dico "vediamo se posso essere utile"
e anche dove parlando sembra che io abbia scritto per fare in modo tu comprendessi (ossia con l'aspettativa tu comprendessi).
in sostanza in nessuno di quei 3 ero libero nella mia azione.
Hai ragione

può centrare la frase "senza aspettative ne proprie ne altrui"?


questo intendevo, tu hai parlato di aspettative per primo e ripetuto in altri post

al che io ti ho detto che nel caso di me che comunico non devono esserci (detto anche prima del tuo post: "io comunico nel miglior modo e con i migliori mezzi che ho, ma se mi concentro su come l'altro può recepire distolgo la mia forza comunicativa dal suo compito"), nel caso di chi ascolta invece non posso influire.... e da li è nato Totò, Peppino e la malafemmina
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