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Vecchio 23-04-2009, 08.58.48   #1
dafne
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Predefinito la felicità

Ieri ho sentito una canzoncina alla radio che aveva questo curioso ritornello: "che rumore fà la felicità?"..

Stavo per uscire e mi sono trovata a chiedermi, ma che cos'è la felicità?

Passo e ho passato molto tempo a pensare a emozioni come la rabbia, la paura, la malinconia, l'invidia...forse perchè mi preme iniziare a conoscerle per tentar di contenerle.
Ma che cos'è la felicità? E la gioia è un sinonimo?

Più ci penso e più mi vengono in mente dei momenti, delle persone o delle cose che mi han reso felice, ho una vaga idea di come mi sentivo o la colgo ora perchè c'è il sole e mi rende felice, ma è uno stato su cui non mi sono mai soffermata a guardare.

Tremendo questo già di per sè...forse perchè la felicità è fuggevole...ma lo è davvero? O sono io che non mi metto mai "nel verso" giusto?


Ci torno...voi ci avete mai pensato?

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Vecchio 23-04-2009, 11.19.04   #2
RedWitch
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Sì ci ho pensato, anche perchè credo che quello che rincorriamo sempre è questa fantomatica felicità.. Credo per quella che è la mia esperienza che sia fatta di attimi, che se non si colgono scivolano via senza nemmeno che ce ne accorgiamo.

Gioia e felicità non sono sinonimi secondo me, gioia è qualcosa che possiamo reggere, la felicità la possiamo solo assaggiare, un po' come guardare il Sole: ci servono gli occhiali scuri oppure dopo un momento si devono chiudere gli occhi per non bruciarsi. Insomma il "felici e contenti" delle fiabe non esiste qui, ci sono sempre alti e bassi, così come non esiste la perfezione, ci sono momenti di intensa gioia e altri di intenso dolore, ma ogni volta che ho toccato l'apice, per un momento brevissimo poi per forza di cose riscendo... altrimenti provo una paura intensissima, che non reggo. Le due cose sembrano incompatibili, invece credo siano strettamente collegate...
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Vecchio 23-04-2009, 12.03.49   #3
griselda
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Bella discussione Daf
Ci sono stati momenti nella mia vita in cui sono stata talmente felice/appagata che nella ridiscesa a momenti schiatto.
La felicità mi fa anche paura, ho paura a lasciarla entrare perchè poi sono egoista/ingorda e non vorrei più che se ne andasse. Che poi anche se restasse non la riconoscerei più come tale.
Mi ricordo anche quello che era solita dirmi mia madre: stai attenta perchè nel momento in cui stai bene, sei felice, ecco che ti arriva la mazzata!
In pratica aveva sperimentato anche lei la dura discesa dall'Olimpo.
Che rumore fa la felicità?
Un rumore di qualcosa che si espande e trasforma tutto l'essere, persino la materia, non saprei definire bene il rumore che fa.
La gioia invece è uno stato d'animo che si prova più spesso secondo me.
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Vecchio 23-04-2009, 16.30.41   #4
griselda
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Caspitericchio ho letto ora questo vecchio post di Uno lo riporto qui perchè è molto interessante ciò che dice e che ho evidenziato:
Citazione:
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Certo felicità è una parola grossa... come l'amore con la A maiuscola...
si possono provare degli sprazzi nella vita, il corpo potrebbe neanche essere adeguato a sopportarla, non è la prima volta che a qualcuno prende un infarto dalla gioia, come dal dolore... dovremmo riflettere su come due cose che vediamo opposte portano alle stesse conseguenze...
Serenità è già più sopportabile...e come dice la saggia sorella di Sissi va conquistata per esempio eliminando tutti i pensieri negativi.. in realtà non eliminandoli ma non dandogli forza
Eccomi uno dei fortunati... ma siamo sicuri che sono fortunato... o ho lavorato?... E comunque queste caratteristiche ti danno la serenità... la felicità è più trascendente... non c'è un perchè facilmente catalogabile... si potrebbe scaturire da un episodio anche banale... ma quello sarebbe il motivo... non la felicità....
Interessante questo mi fa riflettere... dice che confondo la felicità con il motivo per il quale la provo.
Poi ho trovato un altro vecchio post
Citazione:
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La felicità non è fare ciò che si vuole ma volere ciò che si fa
- Felice Allegri -

Bello bello... sembra fin assurdo commentarlo, eppure chi vuole veramente quello che fa?
E se fosse possibile volere ciò che va fatto ma adesso non ci piace e volere per fare ciò che ci piace....... allora saremmo felici.......
Che tra l'altro si ricollega a ciò su cui stiamo discorrendo in questi giorni sul fare quello che si fa con tutto se stessi.
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Vecchio 23-04-2009, 18.23.27   #5
Shanti
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ogni volta che ho toccato l'apice, per un momento brevissimo poi per forza di cose riscendo... altrimenti provo una paura intensissima, che non reggo.
E' capitato anche a me, la paura è intensissima e ingiustificata di perdere le persone che amo. Anche secondo me si può solo assaggiare, forse non si può reggere perchè è qualcosa che appartiene allo spirito più che a uno stato d'animo come può essere la serenità.
Ricordo un giorno in cui mio figlio, aveva 6 o 7 anni, mi ha detto all'improvviso: 'Sono felice, ma non so perchè!' Splendido!
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Vecchio 23-04-2009, 22.19.42   #6
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E' capitato anche a me, la paura è intensissima e ingiustificata di perdere le persone che amo. Anche secondo me si può solo assaggiare, forse non si può reggere perchè è qualcosa che appartiene allo spirito più che a uno stato d'animo come può essere la serenità.
Ricordo un giorno in cui mio figlio, aveva 6 o 7 anni, mi ha detto all'improvviso: 'Sono felice, ma non so perchè!' Splendido!
Anche per me è così. Quando mi sento al settimo cielo dalla felicità riesco a reggerla per poco, momenti di felicità pura, poi subentra la paura di perdere le persone o le cose che mi danno felicità e quell'attimo passa.
Difficile definirla, mi verrebbe da dire perfetta armonia in cui non si è disturbati da altri pensieri e si gode dell'attimo presente senza pensare nè a ieri nè al domani....
Bellissimo
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Vecchio 24-04-2009, 10.18.54   #7
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...........
Ricordo un giorno in cui mio figlio, aveva 6 o 7 anni, mi ha detto all'improvviso: 'Sono felice, ma non so perchè!' Splendido!
Che meraviglia Sha , i bambini sanno essere felici o quantomeno avvicinarsi alla felicità molto meglio degli adulti... e senza dover avere un motivo... è bellissimo

A proposito del "rumore" invece, giusto ieri ho risentito una pubblicità alla radio di una associazione per ciechi della mia città, che recita più o meno così: "hai mai sentito il rumore dello zucchero? - io l'ho sentito per caso, imparandolo dai ragazzi con cui lavoro etcetc....." questo a me ha fatto pensare a quante cose ci lasciamo scivolare addosso, a quanto non sentiamo le cose semplici, della quotidianità, che sono poi quelle che rendono la vita serena se si impara ad ascoltarle...
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Vecchio 24-04-2009, 14.01.04   #8
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Avete detto bene la felicità è fatta di attimi e anche rari secondo me...rari perchè siamo talmente presi a rincorrerla che quando si presenta o non la riconosciamo o non la sopportiamo...i bambini come sempre ci azzeccano perchè non hanno aspettative e non si chiedono il perchè o se e quanto durerà...loro se la godono e basta...e nemmeno si sognano di dare un nome a detta felicità...gli adulti le danno un nome (che sia Anna o Giovanni o salute) solo che quando ottengono ciò che vogliono ecco che la presunta felicità svanisce per far posto a un' altra ricerca di presunta felicità...in pratica siamo ciechi e non solo non sentiamo il rumore dello zucchero ma nemmeno i suoni più rumorosi..Personalmente tento di trovare una solida serenità...anche questa però mica facile..

Vabbuò divagazioni personali
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Vecchio 24-04-2009, 15.59.19   #9
dafne
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Quindi, potremmo dire che serenità, gioia e felicità sono gradi sempre maggiori di una certa emozione?

Devo dire che ho cercato la derivazione etimologica ma non ho avuto gran successo...per gioia mi rimandano a gioco per la felicità invece a felice (felicità niente..mah) che deriverebbe da fecondo..nell'attesa che mi munisca di un dizionario serio c'è un volontario a caso che mi da una mano?

Da quello che leggo la felicità pare appannaggio di pochi istanti e condivido il pensiero che le diamo il nome della cosa e della persona che ci ha portato a quella vibrazione..perchè è così che la percepisco io, per quelle volte che sono stata felice..una vibrazione fortissima in espansione. Mentre altre volte mi sono sentita appagata e stabile..quella era la serenità? E la gioia? Una specie di frizzo ma non era forse allegria?
mi dico ma che ti frega? L'importante è sentire che capita no?

Si dice "impazzire dalla felicità", ci penso e in effetti non è poi così improbabile, non solo per quello che avete già scritto, ossia che non reggiamo a lungo certe energie, ma anche e soprattutto perchè tendiamo in genere a vivere maggiormente situazioni di sofferenza, per cui la felicità appartiene a quel "nuovo" che spaventa...

Senza contare poi che quel "dopo la gioia arriva la mazzata" è un pensiero, una convinzione diffusa. Non lo trovate curioso? E' come se avvenisse una sorta di compensazione..vai susu e poi cadi giùgiù (anche questa era una canzone hahaha)

Sicuramente poi la sofferenza ci guida per strade e in crescite che difficilmente otterremmo in altro modo..eppure c'è qualcosa che mi sfugge...è come un passaggio, un anello che completi le cose.

Scusate l'approssimazione ma stò cercando di capirmi mentre scrivo ... dobbiamo "allenarci" per aumentare la nostra resistenza..a quanto pare però non riguarda solo il dolore e la sofferenza ma anche verso la serenità e la gioia...a prima vista una escluderebbe l'altra, se sono concentrata a cercare di vivere la sofferenza ed usarla per crescere come posso allenarmi nel mentre ad essere felice? A sopportare la gioia?

Oppure sono la stessa cosa che prende direzioni diverse...
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Vecchio 24-04-2009, 16.16.58   #10
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Quindi, potremmo dire che serenità, gioia e felicità sono gradi sempre maggiori di una certa emozione?

Devo dire che ho cercato la derivazione etimologica ma non ho avuto gran successo...per gioia mi rimandano a gioco per la felicità invece a felice (felicità niente..mah) che deriverebbe da fecondo..nell'attesa che mi munisca di un dizionario serio c'è un volontario a caso che mi da una mano?
Piccola nota semantica: se il dizionario, alla voce "fellicità" ti rimanda a felice, il motivo è che il primo termine deriva dal secondo per astrazione.
In ogni caso si, felice vuol dire fecondo... solo che detta coosì si rischia di perdersi le connessioni. Il verbo greco a cui possiamo fare riferimento è phyo, che vuol dire produrre. Felice è colui che produce... e quindi è ovviamente fecondo. Curiosità. se applichiamo il concetto al lato femminile dell'universo, direi che possiamo derivarne lo stesso termine "femmina".

La felicità è una pienezza. E la pienezza totale, che magari per ognuno è diversa ma da lo stesso risultato, non la possiamo reggere che per un attimo, per un motivo molto semplice. Non è uno stato ma un processo. Ossia noi siamo felici quando ci riempiamo e iniziamo a chiamarla felicità ad un certo grado di riempimento. Quando arriviamo al limite, ma non ci arriviamo quasi mai perchè subentra la paura e scarichiamo, abbiamo due strade: continuare a riempire e scoppiare, oppure invertire il processo e svuotare (ed ecco il down inevitabile).

Ci sarebbe un'alternativa: controllare tanto bene il processo, la velocità di riempimento, da tenerci sempre al limite, in modo da espanderci noi (senza scoppiare) con la stessa velocità con cui riempiamo. Sarebbe estasi duratura... chissà se chi ci riesce emette luce...
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Vecchio 24-04-2009, 19.30.30   #11
luke
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Personalmente non so molto dell'origine e del vero significato delle parole, quindi mi scuso sin da ora se userò termini impropri o a sproposito...
Io vedo la felicità e la sofferenza come due situazioni sostenibili, da un individuo di media evoluzione diciamo, solo nel breve periodo, trascorso il quale subentrano dei meccanismi che in entrambi i casi ci fanno tornare (più velocemente nel caso di felicità , un pò più gradatamente nel caso di sofferenza) in una situazione sostenibile più a lungo termine, che può essere di serenità oppure di tristezza.

Man mano che ci si migliora e si evolve, possiamo reggere più a lungo le situazioni estreme, le quali finiscono per diventare modalità costanti di esistenza.

Probabilmente personaggi come Gesù Cristo, Gandhi, o anche Padre Pio potevano vivere per gran parte del tempo in condizioni di estrema felicità o di estrema sofferenza.

Per noi comuni mortali penso sia importante imparare a gestire le temporanee situazioni estreme e paradossalmente mi trovo molto più in difficoltà, come se non sapessi bene cosa fare, quando attraverso momenti felici, passati i quali sento di non aver sfruttato quasi mai l'occasione capitatami.
E' un pò come poter avere dei superpoteri per 10 minuti, finiti i quali mi dico "che cavolo, avrei potuto fare così invece che cosà, provare a osare di più ecc, magari adesso mi troverei qualche gradino più avanti e invece debbo ancora salirli senza avere più i superpoteri "
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