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Vecchio 30-08-2009, 15.30.48   #1
Kael
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Predefinito I viaggi onirici del signor Argirio

Dal diario del signor Argirio, che di professione fa l'idraulico:

"Mi trovai all'aereoporto, pronto a prendere l'aereo che mi avrebbe portato in Slovenia. I gate però erano confusi, sebbene il mio fosse il numero 6 i corridoi si intrecciavano fra loro dando vita ad uno strano labirinto. Finalmente però io e gli altri passeggeri trovammo l'indicazione al numero 6 e potemmo raggiungere l'aereo.

Dopo un viaggio tranquillo e un atterraggio perfetto, scoprimmo con nostra grande sorpresa di aver preso il volo sbagliato, e invece di trovarci in Slovenia eravamo finiti in Grecia, su un isolotto piuttosto piccolo e fuori dal mondo. Almeno la metà dei passeggeri erano seccati quanto me, non essendo la Grecia la meta del loro viaggio. Evidentemente le indicazioni seguite per prendere l'aereo erano sbagliate, o comunque fuorvianti, se almeno la metà dei passeggeri si era lasciata ingannare come me. In seguito scoprii addirittura che il gate 6 è davvero "maledetto" dato che anche altre persone in passato si erano lasciate trarre in inganno dalle sue indicazioni poco chiare, e ben pochi erano riusciti a raggiungere l'aereo giusto.

Sconsolato, mi trovai così costretto a prendere un altro aereo per tornare a casa, deciso appena atterrato ad andare a protestare con la direzione dell'aereoporto per le indicazioni poco chiare del gate 6.
Giunto così a casa, mi incamminai per prendere l'autobus che mi avrebbe ricondotto alla mia abitazione. Ma cammin facendo mi imbattei in un ragazzo che stava procedendo in senso inverso, e che per poco non ci sbattei contro. Bastò quel semplice sguardo per farci sentire un'amicizia, una complicità e un senso di appartenenza così fraterno, che il ragazzo decise di seguirmi, di accompagnarmi, come un fedele servitore. La compagnia era talmente piacevole che continuammo a camminare insieme, senza prendere l'autobus.

Ma qualcosa non tornava... Dopo pochi minuti mi trovai vicinissimo alla mia abitazione, e sebbene l'ambiente circostante fosse identico a quello di casa mia, la strada era stata troppo corta per giungervi così presto a piedi.
Terribile sentore. Avevo sbagliato ancora aereo, e quella non era casa mia ma solo un'altra isola greca.
Io e il mio fedele amico scoprimmo così che dalla prima isola ci avevano dirottati a Corfù (che gli abitanti del posto chiamavano con l'abbreviativo "Fù"...) perchè da lì i voli internazionali erano assai più frequenti, mentre sulla prima isola avremmo dovuto attendere almeno una settimana.
Guardai ancora il panorama ed era veramente sorprendente la somiglianza di quei luoghi con casa mia. L'unica differenza era che adesso iniziavo a percepire quell'energia antica, profonda, che veleggiava in quel mare e permeava quella terra, emanazione diretta dei grandi eroi del passato, delle loro gesta mitologiche, e dei saggi filosofi che ne avevano esaltato il pensiero. Achille, Ercole, Ulisse, e Pitagora, Socrate, Platone... tutti loro avevano solcato quella terra in cui ora avevo la fortuna di trovarmi... La Terra dei miei Padri.

Sebbene "Fù", la sua energia era ancora quantomai viva e presente...
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Vecchio 30-08-2009, 16.50.37   #2
Kael
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Io e il mio fedele amico prendemmo allora alloggio presso l'albergo del posto, un incantevole costruzione situata su uno dei tanti promontori che dominavano la spiaggia, condividendo da buoni fratelli la stessa stanza e informandoci intanto sull'orario del nostro aereo, quello che stavolta avrebbe dovuto condurci davvero a casa.
La partenza era fissata per la sera (fra le 21 e le 22 mi par di ricordare...) e passammo tale tempo ristorandoci e riposandoci nella nostra camera d'albergo.

Sul far della sera però, dalla finestra della camera che offriva uno spettacolare panorama su tutta la baia, notai diffondersi una strana oscurità, ben più oscura di quanto avrebbe dovuto portare la normale sera. Il cielo si fece plumbeo, le acque iniziarono ad incresparsi agitandosi sempre più, e un minaccioso vento di tempesta aveva iniziato a far sentire prepotente la sua voce.
Nefasto presagio. Da lì a poco avremmo dovuto prendere l'aereo per tornare a casa, ma più io e il mio fedele amico stavamo alla finestra, più vedevamo comparire all'orizzonte uno scenario apocalittico e spettrale.

Iniziò un terribile scontro degli elementi, l'aria calda incontrandosi con quella fredda provocava delle scintille, degli attriti che sembravano poter dar vita da un momento all'altro a fulmini e tuoni spaventosi. L'acqua divenne nera come la pece, le onde si alzavano maestose, pronte ad inghiottire qualsiasi sventurata imbarcazione che avesse dovuto finire fra i suoi flutti. L'aria calda e secca che spirava da sud si scontrava sempre più aspramente con la sua antagonista fredda e umida che proveniva da nord.

D'un tratto, si creò un terribile squarcio fra le nubi, che vorticavano a gran velocità fra di loro, e da quell'apertura inizio a scendere dal cielo una pioggia torrenziale che si abbatteva direttamente sul mare.
Fortunatamente, ciò avveniva a qualche chilometro da noi, ma il vento sembrava spingere l'uragano proprio verso il nostro albergo, e il fiume in piena che discendeva dal cielo si avvicinana svelto.

Quella che potevamo vedere dalla finestra era una scena indescrivibile, apocalittica. Nel cielo, un'enorme palla nera, di un nero più nero del nero, delineata per metà dal semicrechio superiore della volta celeste, e per l'altra metà dal semicerchio inferiore che la baia formava.
La cosa più sorprendente di tutte però era l'altezza del cielo, lo squarcio fra le nubi ormai era così ampio che sembravano formare un imbuto roveschiato, un pozzo senza fine che dava direttamente sull'infinito...

Ciò nonostante, il mio fedele amico decise di prendere l'aereo ugualmente, ci salutammo e poi lo vidi scomparire sotto la pioggia torrenziale che ormai ci aveva raggiunto.
Io decisi saggiamente di aspettare il volo del giorno dopo, quando la tempesta si sarebbe placata. Ma l'affitto della nostra stanza stava finendo (l'avevamo prenotata solo fino all'orario di partenza), ed ecco giungere una coppia che stava prendendo il nostro posto.

Singolare destino. Due amici, uniti nel cuore ma separati nel corpo, lasciavano ora il posto ad un'entità unica, perfetta, unita anche nel sangue...

Non essendoci comunque più stanze libere, la coppia mi concesse gentilmente di restare con loro, così raccolsi le mie cose e mi rannichiai a terra in un angolino della camera, guardando dalla finestra la tempesta infuriare e interrogandomi a quale terribile destino fosse andato incontro il mio caro amico...
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Vecchio 16-09-2009, 00.40.09   #3
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L'oscurità ormai ci aveva raggiunto, l'enorme palla nera nel cielo aveva inglobato al suo interno il nostro albergo. Eravamo nell'occhio del ciclone. Ciò che accadde allora me lo ricorderò per tutta la vita...

L'oscurità, entrata nella nostra stanza, divorava la luce, tanto che questa a poco a poco iniziò ad affievolirsi, sebbene il lampadario fosse bello che acceso. Sconcertati da quel fatto incredibile, io e la coppia iniziammo allora ad accendere anche le altre lampade presenti nella stanza, quelle dei comodini, quella del bagno e della scrivania, ma niente.. Per quanta luce cercassimo di fare, l'oscurità continuava ad avanzare inesorabile, tanto che ormai a malapena distinguevo le figure dei miei due compagni di stanza.

Come ultima risorsa, trovammo in un cassetto delle candele e iniziammo ad accenderle spasmodicamente una dopo l'altra per non essere sopraffatti da quel buio spaventoso. Ma ciò non fece che protrarre il nostro terrore che per pochi minuti ancora.
In breve la stanza fu totalmente al buio, in una tenebra così fitta che niente sembrava esistere. Sommerso da quel nulla, anche la mia coscienza venne meno. Persi i sensi, e il tempo e lo spazio non esisterono più...


Quando mi risvegliai, ero magicamente tornato a casa mia, non so come, non so quando.. L'unica cosa che sapevo, era che avevo portato molti doni per i miei familiari e non vedevo l'ora di darglieli. Diverse sacche piene di roba, di ogni genere di prelibatezze per gli artefici della mia esistenza fisica, e per i loro altri prodotti. A tutti donai qualcosa, ma in particolare a mio padre portai da quel viaggio qualcosa di speciale...
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Vecchio 25-10-2009, 14.53.37   #4
Kael
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Il secondo viaggio che racconterò qui nel mio diario, avvenne a breve dopo la mia esperienza ellenica, e fu diretto verso la Francia.
Dovetti infatti partire per quel paese per assistere ad una partita di calcio di un mio grande amico d'infanzia, vero genio del pallone.

Partii stavolta con al seguito tutta la mia famiglia, e dopo aver superato indenni i soliti ingannevoli gate dell'aereoporto, ci godemmo un piacevole volo fino in terra transalpina (ammetto che l'idea di finire per errore in terra transilvana, per assonanza, mi aveva preoccupato non poco..)
Giunti comunque a destinazione e dopo aver preso sistemazione in albergo, mi recai subito ad assistere alla partita del mio amico.
Il campo da gioco però, alquanto insolito, era situato sul tetto di un grattacielo, e il suo perimetro occupava quasi interamente il tetto, lasciando così pochissimo spazio per rimesse laterali e calci dal fondo. Per non parlare delle tribune, che assolutamente non c'erano. Io e altri sventurati spettatori, non potendo fare altrimenti, rimanemmo appesi al cornicione del grattacielo a mani nude, in una scena quanto mai ridicola e che ho l'impressione di aver già visto in alcune immagini di Mordillo...

Ciò nonostante, la nostra agonia finì ben presto perchè la partita fu spospesa pochi minuti dopo il calcio d'inizio. Il mio amico era marcato a uomo dalla squadra avversaria a causa della sua rinomata pericolosità, e in seguito ad uno scontro di gioco il suo marcatore prese un colpo in faccia e iniziò a perdere un po' di sangue dal naso. Non si poteva continuare, il mio amico era il capitano, il fantasista, non si poteva permettere che venisse "infettato" da sangue estraneo. Lui era il piccolo re, l'elemento più nobile della squadra, il numero 10, e per nulla al mondo doveva essere infettato dal sangue del suo marcatore che gli stava così insistentemente appresso. L'integrità della squadra dipendeva soprattutto dall'integrità del capitano, e così ce ne tornammo tutti in albergo, anche se piuttosto delusi.

Qui ebbi ancora un'altra sorpresa. Scoprii che i genitori del mio amico alloggiavano nel nostro stesso albergo, ed ora erano già insieme ai miei genitori (dei queli erano molto amici) nella saletta tv dell'albergo. Ma ciò che mi colpì maggiormente era la strana postura che avevano assunto. Dai divani erano scivolati giù fino quasi a terra, ed ora erano tutti stesi sul tappeto, ammassati confusamente gli uni con gli altri, in quello che sembrava essere una sorta di processo di decomposizione... Gli arti degli uni sembravano essere quelli degli altri, così che si aveva l'insolita sensazione di vedere persone con braccia al posto delle gambe e viceversa.

Io e il mio amico restammo a fissarli sorpresi, mentre i miei genitori e i miei fratelli, i suoi genitori e sua sorella (sorella? non ricordavo ne avesse una...) se ne stavano lì tranquillamente, sorridendo calmi, mentre sembrava che i loro corpi andassero lentamente decomponendosi su quel tappeto in mezzo ai divani...
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