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Vecchio 22-01-2008, 19.54.13   #1
Astral
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Predefinito Annunci Lavorativi e sistema lavorativo

Metto alla gogna non solo gli annunci, ma tutte le agenzie interinali ed il sistema lavorativo che almeno vedo nelle mie zone.

E' mai possibile che per lavorare ci sia un età, e sopratutto conti soltanto l'esperienza?

Va bene che a 60 anni forse si dovrebbe pensare alla pensione, ma secondo molti annunci praticamente a 25-30 anni si è vecchi!

Chi è disoccupato da sempre o chi esce all'università a 25-26 anni che deve fare?

Ma la cosa assurda è l'esperienza e la praticità pluriennale che richiedono.

Allora qualcosa non torna: se ho 22 anni ho l'età ma non ho l'esperienza e non vengo preso, se ho 30 anni ho l'esperienza ma non è l'età e non vengo preso.

Allora uno che fa?

Paga 2000 euro dei corsi di formazione che alla fine non formano poi cosi tanto, e che non servono poi molto.

Ma un giovane che vuole iniziare anche a fare il servo per arrivare piano piano alla patronanza di una professione che deve fare?

E se uno a 40-50 anni perde il lavoro, e deve mantenersi non è umiliante sentirsi dire: " mi spiace è troppo vecchio!.

Poi c'è invece chi è raccomandato, e gli si aprono tutte le porte, buon per lui, ma gli altri che devono fare?
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Vecchio 22-01-2008, 21.12.29   #2
jezebelius
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Faccio una premessa per introdurre, comunque, il mio dissenso per questo sistema. Per cui, Astral ti faccio compagnia.
Qualche tempo fa feci una ricerca su questo problema ( poichè è un problema, sia dalla parte di chi cerca lavoro e sia da parte di chi lo offre, anche se questa seconda parte, come fai notare, è alquanto discutibile ).
Insomma, non trovavo - e non trovo - giusto questo sistema di messaggi che indicano la possibilità di lavorare ma solo se si rientra in una fascia specifica di età ed a certe condizioni. Inviai una mail alla UE cercando risposte su questo modo di operare e sul quale, a sua volta, è basato il sistema lavorativo.
Risposero che in effetti, una ricerca da parte di chi offre lavoro, è inusuale se condotta in tal modo soprattutto per gli standard ai quali, col passare del tempo e quindi per una maggiore longevità e non solo, anche in Europa siamo arrivati.
L'Italia, dal punto di vista di porre " limiti " a chi ha intenzione di entrare nel mondo del lavoro ( aggiungo io a qualsiasi età! ) fu oggetto, per questo di alcuni richiami dalla UE.
Se non erro mediante leggi successive si è adeguata al resto d'Europa.
Per linee generali in conclusione i messaggi di lavoro che includono un limite e quindi la formale individuazione di una fascia di età, teoricamente dovrebbero essere contro la legge.
Da un certo punto di vista capisco anche che vi debba essere un limite ma questo, certamemente, non tiene conto dello " spostamento " in avanti che la popolazione, non solo in Italia, subisce da qualche decennio, nell'ingresso a pratiche lavorative. Se prima si entrava nel mondo del lavoro a 20 anni ( faccio per dire ) in qualche anno, fino ai 27/30, c'era gia un nucleo familiare " formato " con anche figli al seguito.
Ad oggi invece a quell'età non è permesso per ovvie ragioni tra cui appunto il lavoro che come in questo caso si presenta come limitazione, di farsi una famiglia. Di norma si è visto che l'ingresso nel mondo del lavoro avviene in una fascia che individua i 30 anni come " partenza " in media.
Se facciamo caso ai concorsi pubblici a tale proposito, questi non riportano più il limite di età. Del resto anche chi opera, o anche ha la pretesa di operare una selezione dovrebbe conformarsi alla legge.
Per altro verso, una ricerca di un sociologo austriaco, del 2001, ha calcolato che i lavoratori che riusciranno ad entrare nel mondo del lavoro tra il 2012 ed il 2020 occuperanno la fascia di età che va dai 30 ai 40 anni il tutto conseguenza di limitazioni ad investimenti dei vari Stati sia nella formazione come in altri campi.
La UE, poi a Bruxelles,si era fatta promotrice di una ricerca sul campo. Aveva messo a confronto due gruppi su un unico lavoro. Un gruppo formato da ragazzi tra i 24 ed i 29 anni e l'altro da " anziani " tra 32 e 40 anni ( se non anche di più sino a 45 ). Emerse che l'obiettivo fu raggiunto, tra l'altro in minor tempo, dal secondo gruppo in quanto la responsabilità del soggetto circa l'approccio al lavoro, circa insomma il " dovere ",era risultata maggiore quindi quel gruppo si era impegnato di più.
Non ricordo le specifiche della ricerca ma su quella poi la UE, basò le successive rivalutazioni circa l'ingresso nel mondo del lavoro.
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Dr. Marc Haven
“Non deve essere l’alba di luce che deve iniziare ad avvisare la tua anima di tali doveri giornalieri e dell’ora in cui gli incensi devono bruciare sui fornelli; è la tua voce, solo lei che deve chiamare l’alba di luce e farla brillare sulla tua opera, alfine che tu possa dall’alto di questo Oriente, riversarla sulle nazioni addormentate nella loro inattività e sradicarle dalle tenebre in cui versano.”
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Vecchio 23-01-2008, 00.57.01   #3
Sole
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Il problema dell'eta è data dalle limitazioni dei contratti prestampati. Gli apprendisti sono solo fino a 26 anni mi pare. Poi ci sono quelli che possono essere assunti con agevolazioni ma solo se non hanno superato una soglia che mi pare sia di 32 anni con laurea.. ecc ecc. Chi offre lavoro in qualche modo si vede costretto a selezionare anche in base all'età. Inoltre chi perde un lavoro e ne cerca un altro avrà già avuto una posizione ed una anzianità. E' norma che non si assuma nessuno sotto il livello in cui era... e questo può risultare oneroso per l'azienda.
Ma la cosa che secondo me muove tutto è il solito controllo delle masse. Anche i contratti a breve scadenza sono micidiali perchè portano il lavoratore ad essere estraneo all'azienda e quindi a subire in silenzio. Se so che ci devo passare un tempo inderteminato dentro non sto buono e cerco di cambiare le cose che non vanno.

Il problema di farsi la prima esperienza è grande. Effettivamente è davvero difficile entrare nel mondo del lavoro. Bisogna offrirsi per stage o lavorando quasi gratis pur di scrivere qualcosa sul curriculum. Purtroppo non esiste praticamente più la figura dell'apprendista o del praticante che impara un mestiere o una professione, adesso si entra e si ha la necessità di guadagnare. Per cui si rifiuta ogni occasione non remunerata di fare esperienza.. avolte è anche giusto. Ma se si ha l'opportunità di vivere ancora a casa con i genitori non scarterei uno stage da qualche parte.
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Se non sarò me stesso chi lo sarà per me? E se non ora, quando?
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Vecchio 23-01-2008, 15.37.26   #4
dafne
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Tasto doloroso..
Stò cercando lavoro, la mia azienda (mia perchè ci lavoro) si sposta all'estero. Bene. L'esperienza ce l'avrei anche, pratica, ma non ho un diploma di ragioneria, primo problema e oramai sono troppo vecchia Si le aziende che ho contattato vogliono le ragazzine (con tutto rispetto ma a 23/24 anni per me si è ancora ragazzine) Senza contare che a 33 anni sono donna e mamma, in più separata Hai voglia a tirar fuori l'esperienza....
Però la soluzione ci sarebbe, contratti a tempo di 2-3 mesi al massimo e se dopo il primo mandato non arriva il secondo?
mah
continuo a cercare, fiduciosa che la soluzione arriverà. (non credo di avere altra scelta )
Messner diceva "non c'è brutto o cattivo tempo, ma solo un buono o un cattivo equipaggiamento"
Mi comprerò un ombrello
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Vecchio 23-01-2008, 16.52.43   #5
RedWitch
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E' difficile trovare lavoro sì, lo sto misurando sulla mia pelle.

Anche a me è capitato di notare il discorso giovane età e con esperienza.. le due cose sono abbastanza inconciliabili, pensando che la soglia dell'età fino alla quale si studia si è alzata molto, a volte senza poi produrre risultati.. (è il mio caso)

Se hai un'esperienza settoriale, difficile che dopo i 30 assumano dovendo prima insegnare il tipo di lavoro..

C'è anche da dire pero' che i datori di lavoro sono in una condizione per cui gli conviene la persona giovane, per poterla inserire con un contratto agevolato. Un dipendente alla società costa moltissimo, non solo quello che noi vediamo alla fine del mese sulla busta paga, e da quello che sto vedendo il contratto "a tempo indeterminato" cercano di farlo il meno possibile.

Attraverso le agenzie interinali, forse qualcosa in più si trova, ma bisogna essere disponibili immediatamente, e per pochi mesi, eventualmente rinnovabili..

Non è facile no, quello pero' che sto vedendo su di me è che non è solo "colpa" della carenza di lavoro.. ho un'esperienza settoriale, 7 anni sempre nello stesso posto, che mi faceva comodo.. poi un anno (quasi) a tempo parziale e la ricerca di un nuovo posto.. ma non ho specializzazioni, non ho altre esperienze, ed è veramente dura. Ma di chi è la "colpa"?
Di chi cerca personale specializzato, o giovane, o con esperienza diversa dalla mia, oppure sono io che mi sarei dovuta dare da fare per costruirmi qualcosa diversamente?

Ha ragione Sole dal mio punto di vista... non ho cercato un lavoro (a suo tempo) in base alle mie capacità, o cercando di costruire qualcosa che mi piacesse, ho cercato il posto "calduccio" per avere uno stipendio a fine mese...

Questo per dire, che se il sistema lavorativo funziona male, dovremmo chiederci anche come "funzioniamo noi"...

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Vecchio 23-01-2008, 18.11.34   #6
jezebelius
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Faccio un attimo un passo indietro cercando di analizzare da altro punto di vista questa situazione che peraltro, per molti versi, è disarmante. Mi rendo conto che non è di oggi il problema ma è oggi che, sicuramente, si sente di più.
Credo che la "colpa" sia dello Stato - in parte - ma anche della società.
Dello Stato perchè da molto tempo, questo, ha sempre evitato un investimento massiccio nella ricerca e quindi nello studio - prendo questi al momento - , esentandosi dunque di spingere chi ne aveva le capacità in particolari settori; settori che nel futuro sarebbero potuti divenire trainanti per l'economia. Non c'è da lamentarsi, anzi secondo me bisogna prenderne atto, del fatto che il nostro sistema universitario e la scuola in generale, presentano moduli abbastanza vecchi di insegnamento che peraltro non si mostrano idonei per essere al passo con altre realtà ( anche Europee ) le quali oggi ci hanno superato di gran lunga. Se solo si pensa che l'italiano medio conosce " solo " la sua lingua, mentre oggi, per un qualsiasi lavoro se ne chiedono almeno due per essere assunti, questo paramentro ci fa capire che, per fare un esempio collegato, lo studio di una lingua straniera nel nostro sistema di insegnamento ha sempre tardato a decollare e tarda tutt'ora ( anche guardando i recenti sviluppi cui è pervenuto il Ministro della Pubblica Istruzione, circa la diminuzione del monte di ore da destinare all'insegnamento della lingua inglese ). Se prendiamo paesi come la Turchia o anche come la Svezia, dove i bambini di lingue, poichè le studiano, ne conoscono certamente due, oltre alla lingua madre, mi pare che si possa presentare come " dato ", non potendo scindere la conoscenza di una lingua straniera dalla conformazione di un mercato del lavoro che, evidentemente, non è quello di 40 anni fa.
Di qui, poi, mi collego alla parte di responsabilità che possiede la Società e quindi da questa a quella che pesa sul " cittadino" , in quanto ha sempre vissuto come " ovattato" nella sua struttura sociale, preoccupandosi poco di quel che gli accadeva intorno; sia nel proprio paese ma soprattutto ha sempre evitato di guardare agli altri per avere un parametro di riferimento.
Dove mi trovo e dove sto andando e dove voglio andare? Questa, secondo me, doveva essere la domanda da farsi - almeno come " paese ", quindi con una collettività al seguito - per fare un attimo due conti sul cosa si stava realizzando e sul come si poteva cambiare - . Mi pare che si possa individuare una certa propensione alla stagnazione, cosa che avvennuta di anno in anno da circa 40/50 anni a questa parte e che si presenta come concausa oggi.
Insomma se il periodo di crescita era tale da " mantenere " un certo standard di vita allo stesso tempo è stata anche una limitazione che non ha fornito un modo di cambiare la conformazione sociale ossia una sorta di disincentivo per conquistare di più.
Concludendo, in India i giovani vanno via a studiare, certo non tutti ma una gran parte, tornando poi nel paese con un bagaglio di conoscenze che poi, come di solito si verifica in un paese in crescita, potranno essere messe a disposizione, anche della economia. E' vero che un "sistema " prima di lasciare il passo ad uno nuovo dovrebbe avere ben chiaro lo scopo, l'obiettivo, ma forse una riqualificazione di questo, mi riferisco a quello italiano, la si chiede da molto tempo e ciò non vuol dire che non si possa utilizzare ciò che di buono ha sempre avuto la nostra tradizione scolastica - non mi sento di buttarlo dal dirupo ovviamente - ma che oggi ha necessità di riorganizzare se stesso. Credo che però manchi quella riformulazione ( anche di atteggiamento mentale ) della società che comunque dovrebbe spingere in quel senso!
Che ne pensate?
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Vecchio 23-01-2008, 18.20.29   #7
turaz
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c'è una grossa presa in giro di "fondo".
redwitch dice che all'azienda un lavoratore a tempo indeterminato costa moltissimo.
E perchè? anni fa per caso costava di meno? RIsposta: no anzi costava di più considerando l'effetto euro, l'inflazione e la viscosità della revisione dei contratti collettivi di lavoro
come mai anni fa si usava assumere in quel modo e ora no?
non è che in tutto ciò una buona dose di "lavoro" la fa il continuo rincorrere guadagni stratosferici quando magari già sono presenti a scapito della professionalità?
non è che forse la nostra società non si rende conto di ciò che ha già in casa ma che non lavora per far emergere "accontentandosi" di guadagno facile e scarso lavoro?
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Vecchio 23-01-2008, 18.30.20   #8
Astral
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Non devi farti sensi di colpa Red, non dipende affatto da noi: io vedo gente che si specializza ed anche loro non ti crede hanno problemi rispondendo spesso: hai troppa esperienza non ti possiamo pagare.

Credo che la soluzione parziale potrebbe essere magari provare un antico mestiere come quelli artigianali dove te li puoi rivendere.

Comunque oggi parlavo con una signora che è proprietaria di un ristorante e mi ha fatto comprendere che se vuoi essere onesta e produrre qualcosa di qualità a stento campi infatti:

1) o sfrutti il personale e risparmi sul dipendente
2) Compri materiale scadente e risparmi sui prodotti
3) oppure non paghi le tasse, e ne evadi alcune

La prima rivoluzione non dovrebbe nascere soltanto dal dipendente di lavoro ma sopratutto anche dal proprietario che in Italia, a tanti tanti oneri.
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Vecchio 23-01-2008, 18.37.12   #9
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siamo davanti a mio avviso alla fine del "capitalismo".
questo non perchè il capitalismo di per se sia sbagliato.
come tutte le ideologie economiche non è il "cosa" ma il "come" a essere determinante.
alla base di tutto ci deve essere lo spirito che si sostanzia nel cosiddetto "bene comune" che deve crescere in maniera equilibrata
attualmente invece tale bene comune è stato messo a tacere dall'individualismo di tanti (spacciato per democrazia)
come a suo tempo il comunismo fu messo a tacere dall'individualismo di alcuni e come quasi sempre è successo storicamente.
Ora come allora si finirà per cambiare regime scordandosi di cosa ci deve essere alla base.
identificando ogni "bene" nel cosa e non nel come.
speriamo vivamente non succeda
ciauzz

Ultima modifica di turaz : 23-01-2008 alle ore 18.39.40.
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