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Vecchio 19-12-2010, 13.37.58   #1
Uno
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Predefinito Inerzia e momento di inerzia

Si potrebbe trattare in scienze ma poi saremmo limitati dalla sezione, invece vorrei parlarne prendendo in considerazione tutte le forse dell'universo comprese quelle esoteriche e che agiscono sulla psiche.

Galileo descrisse per primo, nei tempi moderni, l'inerzia:
"se un corpo è fermo o si muove di moto rettilineo uniforme, vuol dire che non è soggetto a forze oppure che la risultante delle forze che agiscono su di esso è nulla. Viceversa, se la risultante delle forze applicate a un corpo è nulla, esso è fermo o si muove di moto rettilineo uniforme"

Fisicamente è relativamente facile osservare il fenomeno, basta dare un colpo ad una bilia su un piano non inclinato sufficientemente liscio e pulito. La bilia correrà per un pò finchè pian piano l'attrito derivato da aria, da impurità della tavola etc... la farà fermare. Però basterebbe immaginare un ambiente senza attrito, per esempio il vuoto (anche se "io" sostengo che anche nel vuoto c'è un attrito, dal nostro punto di vista è talmente diluito da non essere percepito neanche con i nostri rozzi strumenti) per immaginare la bilia correre all'infinito.

Quindi come possiamo applicare il tutto all'esoterismo, al senso della vita, ad un lavoro interiore, spirituale e tutto il resto?
E' abbastanza semplice, quando abbiamo o riusciamo a darci delle spinte il nostro essere si muoverà fin quando le forze contrarie non riusciranno ad essere in quantità/potenza superiore.
E' importante anche il momento di inerzia. Questo si usa per calcolare la resistenza a mutare la velocità rotazionale, già così in senso esoterico acquista importanza se pensiamo a vibrazioni, velocità vibrazionale etc... ma se poi pensiamo ad una semplice "messa in moto", cioè a quando una qualsiasi cosa da ferma deve iniziare a muoversi, sarà ancor più facile pensare all'importanza che il principio assume nella nostra vita a tutti i livelli.

In sostanza quando iniziamo qualcosa da fermi c'è bisogno di una forza maggiore a quella che serve per tenere in movimento quella cosa.
Lo stesso capita quando ci troviamo nei due intervalli delle ottave, ma questo è un'altro discorso e non ci converrebbe tirarlo fuori ora per non fare confusione.

La forza maggiore può avere diverse origini, per esempio l'incitamento di qualcuno, un forte desiderio, una attenuazione delle forse oppositive nella direzione in cui vorremmo muoverci, etc. Ovviamente come al solito, spesso se non sempre, le cose sono sempre una risultante delle variabili in gioco.

Mi fermo, comunque penso di aver introdotto almeno un pò l'argomento che ci sarà utile anche per approfondire altre cose.
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Vecchio 23-12-2010, 17.39.22   #2
diamantea
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Parto da qui nella speranza di riuscire a chiarire ed esprimere ciò che mi macina dentro da un pò...

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In sostanza quando iniziamo qualcosa da fermi c'è bisogno di una forza maggiore a quella che serve per tenere in movimento quella cosa.

...La forza maggiore può avere diverse origini, per esempio l'incitamento di qualcuno, un forte desiderio, una attenuazione delle forse oppositive nella direzione in cui vorremmo muoverci, etc.
Questo significa che se non arriva la forza maggiore tante occasioni vanno perdute, tante idee non vengono portate avanti, lavori non iniziati, parte della vita non vissuta...
Ma questa forza maggiore ci arriva? la cerchiamo in modo più o meno cosciente? possiamo con la volontà cercarla?

Ed a volte la sola volontà di cercare non basta, o perchè non si cerca nel posto giusto, o perchè si rinuncia a cercare, o perchè sembra che in casa non ci sia mai nessuno quando bussiamo.

A volte ancora quando si avverte che si fa per forza maggiore spesso finito il compito si abbandona, come non si avesse abbastanza forza per continuare senza quello che arriva dall'esterno.

Ci sono molte situazioni in cui non si riesce a fare nulla se non c'è qualcuno che ci spinge, o una motivazione forte che ci costringe a continuare in quella direzione.

Ci sono persone che trovano facilmente ed altri che non trovano mai.
Parli di forze oppositive... ma da dove arrivano? possono anche essere i desideri contrari di chi ci orbita intorno che hanno molta forza di contrasto? Spesso la chiamiamo malocchio o invidia.
Oppure c'è la prova di ognuno che deve misurarsi affrontando lo sforzo più di altri? Quella che noi diciamo buona o cattiva stella?

Mi sono accorta che dentro di me esiste l'imperativo negativo dell'invecchiamento. Non so da dove mi derivi ma mi ha sempre seguito tacitamente, il sentirmi fuori luogo, fuori età, fuori posto... e tutto ciò che devo conseguire mi costa sforzo, come se dovessi andare contro il tempo. Uno sforzo che dentro di me deve culminare nel riposo (eterno della morte).
Ne ho preso coscienza attraverso lo studio del canto, inizio bene con tutto lo sforzo necessario ma sul finire della discesa quando la tensione deve essere più forte perchè il fiato finisce io mollo, riposo come dice la maestra.
Mi sono accorta che è un fatto mentale, un convincimento che ho in altri ambiti. Ad esempio un pranzo, inizio a cucinare sforzo immenso fino al momento di servire... li cedo le armi, non sono più capace di andare avanti. Un lavoro, uno sforzo enorme iniziale, quando arrivo alla relazione finale cedo, mi abbandonano le forze.
E' come morire...

Questo urlo finale nell'opera mi costringe a tenere la tensione fino alla fine, a cui non sono abituata, mentalmente c'è un rifiuto, c'è il desiderio di abbandono, di cedimento.

Da quando ero piccola ho la sensazione di essere in ritardo, e mi procura un certo stress. E la sensazione di impiegare più sforzo di quanto sia necessario.

Mi fermo, confido in un pò di pazienza perchè faccio fatica, sforzo nel tirare fuori questo groviglio.
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Vecchio 23-12-2010, 19.00.38   #3
nikelise
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Mi sono accorta che dentro di me esiste l'imperativo negativo dell'invecchiamento. Non so da dove mi derivi ma mi ha sempre seguito tacitamente, il sentirmi fuori luogo, fuori età, fuori posto... e tutto ciò che devo conseguire mi costa sforzo, come se dovessi andare contro il tempo. Uno sforzo che dentro di me deve culminare nel riposo (eterno della morte).
Ne ho preso coscienza attraverso lo studio del canto, inizio bene con tutto lo sforzo necessario ma sul finire della discesa quando la tensione deve essere più forte perchè il fiato finisce io mollo, riposo come dice la maestra.
Mi sono accorta che è un fatto mentale, un convincimento che ho in altri ambiti. Ad esempio un pranzo, inizio a cucinare sforzo immenso fino al momento di servire... li cedo le armi, non sono più capace di andare avanti. Un lavoro, uno sforzo enorme iniziale, quando arrivo alla relazione finale cedo, mi abbandonano le forze.
E' come morire...

Questo urlo finale nell'opera mi costringe a tenere la tensione fino alla fine, a cui non sono abituata, mentalmente c'è un rifiuto, c'è il desiderio di abbandono, di cedimento.

Da quando ero piccola ho la sensazione di essere in ritardo, e mi procura un certo stress. E la sensazione di impiegare più sforzo di quanto sia necessario.

Mi fermo, confido in un pò di pazienza perchè faccio fatica, sforzo nel tirare fuori questo groviglio.
Mi sono accorto che questi sono limiti che mettiamo a noi stessi e mi sono accorto anche che questi limiti ce li poniamo quando l'opera e' quasi compiuta come dicevi tu .
E' quasi compiuta ma tutto in quel momento sembra difficile e impossibile da finire perche ' nella mente si e' formata un'inesatta rappresentazione della realta'.
Nello sport e' quella che viene chiamata la paura di vincere , nel tuo caso di finire ma e' lo stesso .
Nel tennis si chiama '' braccio corto '' ecc.
Ora per superare questo momento basta un decondizionamento che puo' avere varie forme :
io nel momento critico in cui posso scegliere se abbandonarmi all'idea che sia impossibile continuare o meno , mi dico :
e' gia' finito , hai gia' fatto , sei gia' in vacanza non devi fare altro ecc., e' tutto completo ecc.
Di colpo la visione delle cose cambia e quel passetto conclusivo ma importante che manca diventa uno scherzo , anzi di solito si va anche oltre e si fa di piu'.
E' un meccanismo mentale , e' una somma di sensazioni negative che si concentrano a fine della fatica , come se ci fosse paura di finire o di vincere perche' non si sa che accadra' dopo , un attaccamento a quello che si sta facendo per paura del dopo ,che ha la forza di bloccarci , si tratta di un vero e proprio condizionamento .
Ciacuno deve trovare la propria formula per decondizionarsI.
Questo e' il mio modo di uscirne .

Ultima modifica di nikelise : 23-12-2010 alle ore 19.03.09.
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Vecchio 23-12-2010, 21.03.22   #4
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Io in questi casi ho bisogno mentalmente di distruggere tutto, allontanare tutti, di pentirmi dell'impegno preso, vedermi prima quando non avevo nulla da fare, vedo la possibilità di liberarmi dal peso che mi toglie il respiro, la sensazione è proprio di soffocamento, di oppressione...

Poi sento da questo mollare inceneritivo la calma, respiro e finisco, ma è stressante.

Il problema poi si presenta nel momento in cui devo ripartire e rifare lo sforzo, quando già so che l'ostacolo che mi aspetta è sempre lo stesso, se non trovo una motivazione più forte, quindi una forza maggiore più forte, probabilmente rinuncio.

A volte l'unica cosa che mi rimotiva allo sforzo è solo il fatto di sapere in anticipo che superato il punto limite poi c'è la soddisfazione che ripaga, ma a quel punto la situazione si inverte, è il momento iniziale più duro da superare.
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Vecchio 23-12-2010, 22.18.21   #5
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Mi sono accorta che è un fatto mentale, un convincimento che ho in altri ambiti. Ad esempio un pranzo, inizio a cucinare sforzo immenso fino al momento di servire... li cedo le armi, non sono più capace di andare avanti. Un lavoro, uno sforzo enorme iniziale, quando arrivo alla relazione finale cedo, mi abbandonano le forze.
E' come morire...
Questo si riallaccia a quello che dicevamo nel thread Se fossimo immortali, purtroppo l'uomo ha questo aspetto per il quale quando l'obiettivo diventa vicino tende a rallentare, a dirsi che c'è tempo, a prenderla con calma. Ormai intravede l'obiettivo ed è questa la sciagura. Proietta nell'obiettivo anzichè concentrarsi in quello che sta facendo, e le forze vengono a mancare. Probabilmente rallentare un po' va anche bene, ma se rallenta troppo poi il suo moto inerziale non è più sufficiente a contrastare le forze oppositive, e si ferma.
Si ferma sempre un attimo prima.

Non so se avete presente, ma quando si installa un programma o si masterizza un disco, al completamento della procedura c'è un ulteriore passaggio, la barra di avanzamento si resetta e scorre veloce fino alla fine, in una specie di "supervisione finale", un po' come il famoso settimo giorno del Signore, in cui non fece niente eppure senza quel giorno la Creazione non sarebbe stata completa.
Ecco, a volte ho come l'impressione di fermarmi al 100% ma mi manca quell'ulteriore momento, proprio come alcuni programmi che avanzano fino al 100% ma poi si bloccano ed è necessario riavviare la procedura. A volte dimentico di arrivare alla fine con sufficiente energia per completare la procedura.

C'è un detto orientale che dice che un uomo che vuole scalare una pertica alta 100 metri, deve arrampicarsi per 100 metri e quando è arrivato in cima deve salire ancora di qualche metro. Solo così avrà scalato realmente la pertica.... Quel "qualche metro" rappresenta il vuoto del Tao, e si riallaccia al riposo della Settimana Santa.
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Vecchio 23-12-2010, 22.37.22   #6
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L'esempio della pertica è analogo nell'intonazione di un suono.

L'energia deve essere appena superiore di ciò che serve ad intonare, in modo che il fiato copra la superfice della nota senza dare il crescendo.
Si chiama suono girato, è come stare sul pavimento, sulla nota e non appena sotto o a pari livello, che pure intona ma manca quel vuoto del Tao.
E' un quid di energia in più che da la differenza e garantisce la discesa con il paracadute invece di precipitare.

Grazie Kael, il tuo esempio mi ha stimolato una buona intuizione.
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Vecchio 24-12-2010, 00.55.27   #7
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E' importante anche il momento di inerzia. Questo si usa per calcolare la resistenza a mutare la velocità rotazionale,
Vorrei capire meglio questa parte se possibile.

Poniamo che un tizio sia in un momento di inerzia, poniamo che non sia sul finire di percorso, non stia raggiungendo un obiettivo ma debba iniziare a muoversi verso uno nuovo.

Definisci l'inerzia come o una mancanza di forze su un oggetto o una risultante nulla di forze diverse su quello stesso oggetto.

Quindi se il percorso lineare regolare della bilia è il vivere normale di Tizio possiamo pensare che o non è sottoposto a stimoli o che gli stimoli che gli arrivano sono tanto opposti tra di loro come vettori da anullarsi a vicenda.

A questo punto se cerco di capire quel "calcolare la resistenza a mutare la velocità" non riesco a capire.

Vedere quanto a lungo rimaniamo fermi può darci l'idea di quanto forte dovrebbe esser lo stimolo necessario per o farci partire o far sbilanciare una delle forze in opera su di noi tanto da rompere l'equilibrio?

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Vecchio 01-01-2011, 18.44.42   #8
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E' da qualche notte che faccio sogni in cui vedo me piena di risentimento per ciò che mi è stato tolto.
In qualche modo rifletto sul fatto che molta della mia energia è impiegata per nutrire il risentimento, altra energia per guarire dal risentimento. Altra energia per cercare di bastare a me stessa per non accumulare risentimento.
Alla fine ho poca energia da impiegare in iniziative nuove che mi portino avanti nel mio percorso.
Mi sento parassitata da sanguisughe energetiche che mi bloccano in momenti lunghi di inerzia.
Vorrei trovare forze maggiori che provengano dall'esterno perchè quelle mie interne sono occupate per fare altro.

Vorrei trovare un modo per risolvere dentro e non aspettare sempre da fuori lo stimolo per partire.
Ma è solo un'illusione la mia? una presunzione?
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Vecchio 03-01-2011, 03.38.42   #9
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Parto da qui nella speranza di riuscire a chiarire ed esprimere ciò che mi macina dentro da un pò...
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In sostanza quando iniziamo qualcosa da fermi c'è bisogno di una forza maggiore a quella che serve per tenere in movimento quella cosa.
Lo stesso capita quando ci troviamo nei due intervalli delle ottave, ma questo è un'altro discorso e non ci converrebbe tirarlo fuori ora per non fare confusione.

La forza maggiore può avere diverse origini, per esempio l'incitamento di qualcuno, un forte desiderio, una attenuazione delle forse oppositive nella direzione in cui vorremmo muoverci, etc.

Questo significa che se non arriva la forza maggiore tante occasioni vanno perdute, tante idee non vengono portate avanti, lavori non iniziati, parte della vita non vissuta...
Ma questa forza maggiore ci arriva? la cerchiamo in modo più o meno cosciente? possiamo con la volontà cercarla?
Belle domande, per quel che vedo su di me, mi pare che la spinta iniziale sia qualcosa che arriva da sè e che il movimento non sia mai costante, ma piuttosto che durante la corsa si abbiano altre spinte... insomma... la bilia dell'esempio di Uno non ha benzina per muoversi da sola e lungo il percorso di tanto in tanto una mano le da una nuova accelerazione, mentre le forze opposte la portano a rallentare.
Per quanto riguarda il mollare tutto una volta arrivati quasi a compimento dell'opera, forse il motivo per cui il rischio di fermarsi è maggiore prooprio in quel punto è dato dal fatto che proprio una volta giunti lì si è passati per la somma di tutte le forze opposte.
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Vecchio 03-01-2011, 12.56.01   #10
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forse il motivo per cui il rischio di fermarsi è maggiore prooprio in quel punto è dato dal fatto che proprio una volta giunti lì si è passati per la somma di tutte le forze opposte.
Puoi spiegare meglio?
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Vecchio 03-01-2011, 13.56.13   #11
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Non capisco il blocco prima della conclusione...
Non lo sento e non lo capisco... (e mi inc... quando non capisco )
Cos'è paura del dopo? Cosa faccio dopo? E' questa la spinta oppositiva che blocca? Oppure il giudizio? Solo quando l'opera è conclusa può essere giudicata, se la lascio a metà o non la finisco per un soffio nessuno potrà mai dirmi che è sbagliata o fatta male, potrò sempre giustificarmi.
Personalmente ricontrollo ciò che ho fatto, magari anche più volte ma non capisco come posso fare una cosa al 99,9% e poi fermarmi..
Mi capita l'opposto, mi sembra di aver già finito quando supero il 50... forse sono troppo dall'altra parte...
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Vecchio 03-01-2011, 17.13.51   #12
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Puoi spiegare meglio?
Intendevo dire che man mano che si avanza verso l'obiettivo, l'attrito dato dalle forze che si oppongno a questo movimento porterà a rallentare costantemente, quindi più si avanza lungo il percorso più le probabilità di fermarsi aumentano.
Mi è venuto in mente un esempio che si allaccia a quello di Kael sulla pertica... in ambito marziale, quando si deve rompere una tavoletta, l'obbiettivo non deve essere la superficie di questa ma deve essere posto dietro per evitare che la forza si scarichi prima dell'impatto, quindi la spinta iniziale, per poter permettere di raggiungere l'obbiettivo, deve puntare oltre...
spero di aver chiarito... è che sono bravissimo ad intorcolarmi da solo
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Vecchio 03-01-2011, 19.42.51   #13
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in ambito marziale, quando si deve rompere una tavoletta, l'obbiettivo non deve essere la superficie di questa ma deve essere posto dietro per evitare che la forza si scarichi prima dell'impatto, quindi la spinta iniziale, per poter permettere di raggiungere l'obbiettivo, deve puntare oltre...
Non avevo mai pensato al raggiungere l'obiettivo sotto questo aspetto e penso sia utile tenerlo presente.
Immagino che quell'oltre consista nel puntare all'obiettivo come superato, il fatidico metro per essere più alti della pertica che si voleva scalare....

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Vecchio 03-01-2011, 20.34.06   #14
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Raggiungere un risultato, un traguardo, può essere visto anche ,in senso lato, come un passaggio, un cambiamento.

Da svariate parti sul forum mi pare di aver letto che nei passaggi arriva il momento in cui bisgonerebbe lasciarsi andare, mettere in folle.
Come si coniuga questo con ciò che sta venendo fuori in questa discussione, cioè che bisogna continuare a spingere fin dopo l'obiettivo, dare un colpo di reni sopra il traguardo? Ma non era il momento in cui bisognava mollare per un attimo?

Ultima modifica di luke : 03-01-2011 alle ore 20.40.32.
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Vecchio 03-01-2011, 21.10.50   #15
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In realtà se devo rompere una tavoletta devo metterci la forza necessaria per arrivare alla parte opposta di quella a cui arriva il colpo, niente di più perchè spreco energetico a parte rischierei di farmi male.

Non c'è contraddizione Luke con quello detto altrove, quando arrivi a toccare la tavoletta già non ci stai più mettendo forza da un pezzo.... anzi un vero karateka ha impresso la forza al colpo ancor prima di iniziare a muovere il braccio.
Questo dovrebbe valere per tutto, invece di solito noi continuiamo a mettere forza (e a sprecare energia) quando i colpi (o le azioni in generale) sono già partite. Spesso lo facciamo per cercare di correggere il tiro in corsa, cosa che raramente riesce e comunque costa di più.
Avete mai giocato (è roba non proprio da ragazzini di oggi ) a quel video gioco con la navicella spaziale che viene spinta e manovrata da tre razzi dietro? Non può essere frenata direttamente si può solo aspettare che esaurisca la spinta oppure bisogna capovolgerla e dare un'altro colpo di razzo.
E' molto istruttivo metaforicamente parlando... ammesso che in alcuni casi abbiamo la possibilità di frenare, per fare ciò dobbiamo usare una forza opposta a quella usata per muoverci, forte almeno quanto troppo abbiamo spinto prima. Quindi sprechiamo la forza messa in più moltiplicata per 2.
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Vecchio 04-01-2011, 00.31.23   #16
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Intendevo dire che man mano che si avanza verso l'obiettivo, l'attrito dato dalle forze che si oppongno a questo movimento porterà a rallentare costantemente, quindi più si avanza lungo il percorso più le probabilità di fermarsi aumentano.
Mi è venuto in mente un esempio che si allaccia a quello di Kael sulla pertica... in ambito marziale, quando si deve rompere una tavoletta, l'obbiettivo non deve essere la superficie di questa ma deve essere posto dietro per evitare che la forza si scarichi prima dell'impatto, quindi la spinta iniziale, per poter permettere di raggiungere l'obbiettivo, deve puntare oltre...
spero di aver chiarito... è che sono bravissimo ad intorcolarmi da solo
Grazie dell'ulteriore intorcolamento . Scherzo.
Ok, in sostanza è quel che diceva Kael sulla masterizzazione. Puntare oltre vuol dire finire e fissare.
Me ne viene un altro di esempio ma non so sè può essere proprio corretto.
Quando vien fatto un paio di scarpe a mano, l'opera non è finita con la lucidatura della scarpa ma con la messa in forma. La scarpa finita deve stare in forma per un pò, proprio come se dovesse prendere, fissare quella forma.
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Vecchio 04-01-2011, 16.21.00   #17
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...anzi un vero karateka ha impresso la forza al colpo ancor prima di iniziare a muovere il braccio.
Un vero karateka prima di fare ciò avrà provato molte volte, avrà sbagliato molte volte, avrà sprecato energia molte volte.

Quindi si può dire che per imparare bisogna sprecare energia, almeno nella fase iniziale.

Mi chiedevo se il genio monotematico spreca o ha già dentro pure il tiro.
Nel 3d "A colpo sicuro" dicevi che chi non sbaglia prima sbaglia poi. Ma il Maestro sceglie quando sbagliare e quindi quando pagare. Per cui non si può prescindere dall'errore e quindi dallo spreco.

Citazione:
Questo dovrebbe valere per tutto, invece di solito noi continuiamo a mettere forza (e a sprecare energia) quando i colpi (o le azioni in generale) sono già partite. Spesso lo facciamo per cercare di correggere il tiro in corsa, cosa che raramente riesce e comunque costa di più.
E' vero, correggere il tiro in corsa costa più energia. Si dice "partire con il piede giusto", o "con la marcia giusta" o "emettere bene in gola la prima nota" per sottolineare l'importanza della partenza che garantisce in potenza il giusto arrivo.
Ci si potrebbe anche perdere per strada, fermarsi per l'attrito delle forze opposte come dice Blue, ma la giusta partenza potrebbe collegarsi con l'impegno, l'intenzione, il voler canalizzare l'energia in una direzione o finalità, quindi in qualche modo si esprime la volontà e la responsabilità verso l'azione che si sta compiendo.
La giusta partenza, per essere davvero giusta, dovrebbe calcolare o prevedere le forze oppositive che frenano la corsa con l'attrito ed evitare che ci si fermi prima del punto di arrivo mettendo un pò di energia in più.

Citazione:
... ammesso che in alcuni casi abbiamo la possibilità di frenare, per fare ciò dobbiamo usare una forza opposta a quella usata per muoverci, forte almeno quanto troppo abbiamo spinto prima...
Come correre e trovare un ostacolo da evitare, o come una reazione di aggressività, quando parte la reazione frenarsi costa molta energia.
Conoscere se stessi può voler dire aggiustare il tiro prima di partire.
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Ultima modifica di diamantea : 04-01-2011 alle ore 16.23.32.
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Vecchio 04-01-2011, 16.37.05   #18
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Una volta hai detto Uno che il tempo a nostra disposizione è uno solo. Ma anche l'energia in termini di fonte e quantità a nostra disposizione è una sola? O quella possiamo aumentarla in modo esponenziale?
Me lo chiedevo a proposito degli sprechi di energia. In fondo se si spreca vuol dire che la riserva non è infinita altrimenti non si chiamerebbe spreco.
Oppure spreco nel senso di consumare quel che abbiamo a disposizione e perderlo, oppure consumiamo noi stessi, oppure perdiamo possibilità in termini di tempo a nostra disposizione per imparare?
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Scusa Tea, faccio una precisazione che potrebbe cambiare il punto di vista.
Se parliamo di spreco lo interpretiamo come una perdita di tempo o una perdita in generale. Invece quando l'utilizzo di energia è al fine di fare esperienza, imparare, esercitarsi per un fine, uno scopo, quell'energia è come se andasse in pegno.
Infatti se ci si fa caso, quando impariamo a fare qualcosa come ad esempio il karateka che si esercita, alla fine è carico emotivamente e mentalmente anche se stanco fisicamente. Invece quando sprechiamo avvertiamo una stanchezza e spossatezza generale.
L'osservazione delle due risultanti fa comprendere come e quando si spreca e come invece si impiega, impegnandosi, l'energia anche imparando a fare una qualunque cosa che costa di per se energia. Costa nel senso che si impiega e l'im-pegno frutta interessi, per cui non è sprecata.
Penso che questra precisazione sia importante anche per rispondere alla tua questione.
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Vecchio 04-01-2011, 18.30.26   #20
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Questo dovrebbe valere per tutto, invece di solito noi continuiamo a mettere forza (e a sprecare energia) quando i colpi (o le azioni in generale) sono già partite. Spesso lo facciamo per cercare di correggere il tiro in corsa, cosa che raramente riesce e comunque costa di più.
Qua dentro intuisco una grande verità anche se fatico ancora a razionalizzarla.
In pratica, dormendo, ci accorgiamo che il colpo è partito un attimo dopo che è già successo, quindi non potendo più fare granchè (se non stancarci) per tentare di correggerlo. Basterebbe essere presenti prima, metterci la giusta forza e attenzione, etc...

Però mi domando, se il colpo è già partito, non potendo correggerlo almeno dovremmo poter tenerlo più facilmente in movimento visto che ha già una sua inerzia.
In secondo luogo fai riferimento anche tu alla forza maggiore da dover applicare in seguito, per la presenza di ostacoli o forze contrarie, questo equivale a correggere il tiro in corsa oppure è tutto prevedibile all'inizio, prima che parta il colpo?

Ma soprattutto, le forze contrarie sono davvero esterne o ce le auto-creiamo noi?
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Vecchio 04-01-2011, 19.35.09   #21
Sole
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Mi era sfuggito il post di Uno sullo spreco, come proprio non averlo letto (chissà perchè ), per cui immagino che Tea ti riferissi allo spreco per quel post.
Però non mi cambia molto il discorso. Si spreca se si imprime troppo ma se imparando si utilizza maggiore energia non è comunque impegnata?
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Vecchio 04-01-2011, 21.16.48   #22
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Sole si mi riferivo al post di Uno, forse ti è sfuggito anche quello mio precedente.

Sai, non vorrei essere noiosa nominando sempre il canto ma è l'unica disciplina vera che ho a disposizione e ne traggo il massimo non solo per imparare a cantare, tutte le discipline contengono qualcosa che serve per crescere...
Dicevo nel canto uno dei tanti problemi è proprio lo spreco del fiato ed emettere la prima nota giusta sulla quale costruire tutte le altre previste nel fraseggio. Se sbaglio la prima forse posso correggere le altre ma ci vuole più energia e se già il mio problema di base è sprecare fiato finisco la riserva dei polmoni molto prima del previsto, soprattutto se la mia riserva è limitata.

Io spreco molto fiato, molto ossigeno, mi stanco, spreco la lezione senza capire ancora il meccanismo del risparmio. Dentro c'è qualche blocco che mi porta a consumare troppa energia, dico blocco perchè è un forma di controllo sul lasciar andare, questo lo sento bene.

Una lezione è un tempo che ho perso e ritarda il momento successivo, resto ferma.

Anche la rabbia è uno spreco di energia che potrei utilizzare diversamente, dopo rimango svuotata e depressa.
Io spreco, ed anche se impiego per imparare resta il fatto che ho sprecato. Cioè il punto da imparare è come risparmiare e finchè sono nello spreco non ho imparato.
Alla fine si tratta di investire bene l'energia, spendere il minimo per raggiungere il massimo.
Quanto tempo ci vuole per impararlo?
Finchè spreco energia spreco pure il tempo che ho a disposizione che tolgo ad altro.
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Vecchio 05-01-2011, 13.42.01   #23
Sole
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Capisco quello che stai dicendo ed il senso che stai dai allo spreco.
A me succede nel nuoto. Sono in grado di prendere molto aria e dare parecchie bracciate prima di tirar fuori la testa e riprendere fiato. Ma non sono ancora in grado di nuotare sott'acqua perchè nell'immersione spreco tantissimo fiato, non lo conservo e non lo doso, per cui riesco a stare sotto pochissimo. A dire il vero non ho mai pensato, e quindi poi insegnato al mio centro meccanico, come centellinare il fiato in immersione. Mi sono solo posta il problema di provare a fare ma non di osservare perchè accade, fin'ora nonmi interessava tanto poco vado a nuotare.

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Anche la rabbia è uno spreco di energia che potrei utilizzare diversamente, dopo rimango svuotata e depressa.
Io spreco, ed anche se impiego per imparare resta il fatto che ho sprecato. Cioè il punto da imparare è come risparmiare e finchè sono nello spreco non ho imparato.
Alla fine si tratta di investire bene l'energia, spendere il minimo per raggiungere il massimo.
Quanto tempo ci vuole per impararlo?
Finchè spreco energia spreco pure il tempo che ho a disposizione che tolgo ad altro.
Nel momento in cui mi osservo e cerco di capire cosa sta accadendo nel mentre accade, il tempo non lo spreco, il fiato si, l'energia va male indirizzata, ma il tempo è ben utilizzato. Per spendere il minimo e raggiungere il massimo ci vuole l'esperienza alla quale occorre il tempo. Secondo me ci vuole attenzione a ciò che accade che porta con se l'osservazione e il tempo si dovrebbe accorciare o risparmiare.
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Vecchio 05-01-2011, 13.52.57   #24
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Ma soprattutto, le forze contrarie sono davvero esterne o ce le auto-creiamo noi?
Questo secondo me va evidenziato.
Ritengo che la forza maggiore contraria che possiamo riscontrare in qualsiasi azione sia proprio generata da noi, non capisco esattamente il procedimento...
forse il pensiero.. forse il dubbio di fare o meno la cosa giusta, il ripensamento (parte il colpo e si prova a deviarlo in movimento..)

.....
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Vecchio 05-01-2011, 13.58.20   #25
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Questo dovrebbe valere per tutto, invece di solito noi continuiamo a mettere forza (e a sprecare energia) quando i colpi (o le azioni in generale) sono già partite. Spesso lo facciamo per cercare di correggere il tiro in corsa, cosa che raramente riesce e comunque costa di più.
Avete mai giocato (è roba non proprio da ragazzini di oggi ) a quel video gioco con la navicella spaziale che viene spinta e manovrata da tre razzi dietro? Non può essere frenata direttamente si può solo aspettare che esaurisca la spinta oppure bisogna capovolgerla e dare un'altro colpo di razzo.
.
Questo saper fermare la spinta al mometno giusto è il saper dosare la forza che impriamo?
Mi viene in mente il discorso sull'entusiasmo. Quando partiamo in quarta e poi esauriamo tutto nel solo piacere di fare una cosa invece che continuare a centellinare l'energia che abbiamo dedicato per finire la cosa stessa.
L'automobile in effetti parte in prima, potente e trainante, poi viaggia in quinta e per fermarsi deve scalare.

Per arrivare alla fine ci vuole attenzione costante, non solo alla partenza, è questo il segreto del dosaggio?
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