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Vecchio 21-11-2008, 11.51.30   #1
Uno
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Predefinito Limitazioni e paure indotte dalla società

Entro a bomba nell'argomento perchè purtroppo non ho moltissimo tempo.
Stamattina venendo a lavorare ho visto. come altre volte, una giovane signora che aspettava l'autobus per andare da qualche parte (lavoro? boh..)
Dato il tipo di strada che faccio, con molta probabilità va nella stessa direzione in cui vado io, forse non nella stessa identica via, ma forse le farebbe comodo e/o preferirebbe fare il grosso in auto e poi fare due passi a piedi, invece che aspettare al gelo in inverno e al caldo in estate, in un posto sperduto da Dio.....
Il problema è che se mi fermassi a chiedere dove va e se vuole un passaggio, visto che io non la conosco potrei ottenere alcuni tipi di risultato:
Mi prende per un maniaco, o quanto meno uno che ci vuole provare.
Non è poi così buona e appena sale tira fuori una pistola e mi rapina, oppure dopo mi ricatta che se non le do dei soldi mi denuncia per chissà quale motivo...
etc......

Sono esempi un pò esagerati e provocatori, come quello che feci tempo fa: " se vedo un bambino che cade e faccio per tirarlo su, rischio che qualcuno mi denunci per pedofilia...
Provocatori, esagerati, ma mica poi così tanto, riguardo ai bambini vediamo che per un disegno sono capaci di toglierli ai genitori per 2 anni e poi un bambino pieno di ferite ed ematomi vari lo lasciano in mano alla "madre" (madre è una parola che va oltre al biologico) finchè questa non lo massacra.

Insomma questa larga introduzione per dire che volenti o no, la società ci condiziona e ci impedisce di esternare piccoli gesti di bontà....

Quanto l'uomo è costruttore di società e quanto invece la società ha preso vita andando oltre la volontà dell'uomo?
Quest'uomo capace di costruire questa società avrà mai avuto una reale volontà?
Oppure solo pochi hanno una reale volontà e creando i presupposti per una società intendevano altro che poi dalla massa viene distorto?

Sono domande retoriche per alimentare le riflessioni, inoltre così in alto come in basso, tutto si ripete a cerchi concentrici.
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Vecchio 21-11-2008, 12.33.11   #2
stella
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E' vero, tante volte davanti alla buona intenzione di dare una mano al prossimo ci si frena perchè si pensa venga interpretata male o venga stravisata.
Viviamo in una società dove per forza tutti sono diventati diffidenti...
Però vorrei fare una riflessione: la società siamo noi tutti, sarebbe bello potersi fidare delle buone intenzioni del prossimo, ma quando si resta fregati una volta poi ci si pensa sopra prima di tentare un gesto altruistico...
Io penso che in questo modo la società prende una piega tutta sua, ma questo non dipende della buonafede o dalla malafede dei singoli, forse si dà per scontato che imbrogliare o truffare o assalire quando se ne presenta l'occasione sia una norma non scritta di questa società, quindi l'agire male di pochi individui viene identificato con la società, da qui il pensarci due volte prima di fare una buona azione, specie verso le persone sconosciute, con il ragionamento che non conosciuto equivale a potenziale pericolo.
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Vecchio 21-11-2008, 12.58.40   #3
nikelise
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Entro a bomba nell'argomento perchè purtroppo non ho moltissimo tempo.
Stamattina venendo a lavorare ho visto. come altre volte, una giovane signora che aspettava l'autobus per andare da qualche parte (lavoro? boh..)
Dato il tipo di strada che faccio, con molta probabilità va nella stessa direzione in cui vado io, forse non nella stessa identica via, ma forse le farebbe comodo e/o preferirebbe fare il grosso in auto e poi fare due passi a piedi, invece che aspettare al gelo in inverno e al caldo in estate, in un posto sperduto da Dio.....
Il problema è che se mi fermassi a chiedere dove va e se vuole un passaggio, visto che io non la conosco potrei ottenere alcuni tipi di risultato:
Mi prende per un maniaco, o quanto meno uno che ci vuole provare.
Non è poi così buona e appena sale tira fuori una pistola e mi rapina, oppure dopo mi ricatta che se non le do dei soldi mi denuncia per chissà quale motivo...
etc......

Sono esempi un pò esagerati e provocatori, come quello che feci tempo fa: " se vedo un bambino che cade e faccio per tirarlo su, rischio che qualcuno mi denunci per pedofilia...
Provocatori, esagerati, ma mica poi così tanto, riguardo ai bambini vediamo che per un disegno sono capaci di toglierli ai genitori per 2 anni e poi un bambino pieno di ferite ed ematomi vari lo lasciano in mano alla "madre" (madre è una parola che va oltre al biologico) finchè questa non lo massacra.

Insomma questa larga introduzione per dire che volenti o no, la società ci condiziona e ci impedisce di esternare piccoli gesti di bontà....

Quanto l'uomo è costruttore di società e quanto invece la società ha preso vita andando oltre la volontà dell'uomo?
Quest'uomo capace di costruire questa società avrà mai avuto una reale volontà?
Oppure solo pochi hanno una reale volontà e creando i presupposti per una società intendevano altro che poi dalla massa viene distorto?

Sono domande retoriche per alimentare le riflessioni, inoltre così in alto come in basso, tutto si ripete a cerchi concentrici.
Io credo che sia come e' sempre stato e che societa' non significa cordialita' fiducia ecc. nell'estraneo che era e rimane tale.
Come un tempo si diffidava dello straniero e dello sconosciuto cosi' e' oggi .
Vero e' pero' che nell'antichita' l'ospite era '' festeggiato '' perche' inviato dagli dei .
Ma oggi si e' perso tutto o quasi .
Solo nei piccoli paesi del sud rimane ancora una maggiore solidarieta' ma solo perche' ci si conosce di piu' o meglio
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Vecchio 21-11-2008, 15.12.31   #4
Ray
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L'altro giorno, camminando verso casa dopo aver parcheggiato, ho visto un motorino per terra, forse caduto perchè urtato da una macchina, forse il vento, chissà. M'è venuto l'impulso di tirarlo su... ci voleva niente. Poi però ho pensato che se proprio in quel momento capita il propritario vagli a spiegare che non sono stato io a tirarlo per terra, e poi comunque avrei dovuto guardare se c'erano danni che magari se non lo trova per terra non se ne accorge e un sacco di altre quisquilie, come la vecchia che in finestra mi vede tirtarlo su e dice al suo vicino che mi ha visto e quindi sono stato io eccetera... fatto sta che l'ho lasciato li. E magari la proprietaria è una ragazzina di 14 anni che quando arriva non ce la fa da sola... insomma, un po' come la cosa del passaggio: un piccolo gesto di bontà evitato per paura delle conseguenze possibili.

E' pazzesco come temiamo le conseguenze della bontà e della gentilezza... a discapito di quelle della cattiveria e della disonestà.

Come dice Uno sopra, molto probabilmente le paure sono esagerate... male che vada può capitare qualche seccatura, come la ragazza che crede che ci si prova o la persona che pensa che ho tirato giù io il motorino ma poi ci si spiega. E' piuttosto difficle, anche se comunque non impossibile, che le cose si mettano davvero male, quindi si tratterebbe più di seccature che di problemi.

Però queste paure sono certamente indotte... i miei non mi hanno certo insegnato a fregarmene, anzi forse ricordo male ma la sensazione è che quando ero piccolo questi gesti erano più naturali e frequenti (mi viene da pensare che mio padre, anni addietro, avrebbe certamente tirato su il motorino).

Credo che dovremmo avere il coraggio di essere un po' più buoni...
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Vecchio 21-11-2008, 16.05.25   #5
jezebelius
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Credo che dovremmo avere il coraggio di essere un po' più buoni...
ll punto secondo me sta nel mostrare questa bontà che viene visto come problema, limite, debolezza dell'uomo. Se è semplice affermare di cercare il coraggio di realizzare, anche piccole, opere di bontà è di contro difficile oltrepassare un confine ormai strutturato. Confine oltre il quale la seccatura di discutere su chi ha fatto cadere il motorino " pesa" di più che dell'opera stessa di averlo tirato su...

Di fatti la società, di oggi soprattutto ma non escludendo anche quelle di qualche tempo fa, se da un lato propone limitazioni, pertanto offre un certa modalità di comportamento che è divenuta autonoma e che sicuramente è stata modificata oscurando il contenuto vero della definizione "società" ossia di comunanza civile, dall'altro in quegli spazi " ordina" come comportarsi.
Direi, a ragione o a torto, che per la circostanza che, ormai, la società stessa " vive" di vita propria condiziona chi ne fa parte.
L'ambiente e dunque, in questo caso, l'ambiente sociale inevitabilmente, istruisce i " suoi pezzi" indirizzando i suoi comportamenti.
Se per questo è consolidato che per dare il passaggio alla signora mi beccherò qualsiasi tipo di pensiero o anche di azione, è consolidata anche la risposta. A quel punto non mi fermo e tiro dritto...
Anche perché chi si mostra gentile, spesse volte, per quel modo consolidato appunto, è colui dal quale devo allontanarmi il più possibile per evitare che mi faccia del male.
La gentilezza è vista come arma...
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Dr. Marc Haven
“Non deve essere l’alba di luce che deve iniziare ad avvisare la tua anima di tali doveri giornalieri e dell’ora in cui gli incensi devono bruciare sui fornelli; è la tua voce, solo lei che deve chiamare l’alba di luce e farla brillare sulla tua opera, alfine che tu possa dall’alto di questo Oriente, riversarla sulle nazioni addormentate nella loro inattività e sradicarle dalle tenebre in cui versano.”
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Vecchio 21-11-2008, 16.57.29   #6
RedWitch
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Anche io credo che siano paure indotte dal mondo in cui viviamo, da tutte le cose che si sentono ai vari tg, dalla stessa societa'.. mi sono immaginata nei panni della donna che aspetta il bus in un posto poco trafficato, se si fermasse una persona gentile o il malvivente, li tratterei allo stesso modo: chiedendomi subito cosa vuole da me e pensandone male. Idem per il motorino di cui parlava Ray..

Un paio di giorni fa mi e' pero' successa una cosa che mi ha stupita, ero sull'autobus e per far passare una signora che voleva sedersi nel posto accanto al mio mi sono alzata, e ho perso per un attimo l'equilibrio.. una ragazza seduta dietro di me ha allungato una mano e mi ha presa per il polso , per aiutarmi a non cadere. Ecco il pensiero "che fa questa?" mi e' passato per la mente, poi mi sono stupita per la gentilezza e quando mi sono accorta, l'ho ringraziata, e lei a giudicare dalla sua espressione era stupita almeno quanto me nel sentirsi ringraziare.. un sorriso lei, uno io e penso che quel piccolo episodio abbia lasciato ad entrambe qualcosa di positivo, anche se inizialmente avrei tirato via istintivamente la mano... tutto sommato credo che se non siamo pronti per certi gesti, ne' per farli , ne' per accettarli (tipo il passaggio in macchina), penso che varrebbe la pena almeno nelle piccole cose lasciarsi un po' andare (tenere il portone del caseggiato aperto al vicino, aiutare la vecchina che abita al piano di sotto a portare un sacchetto etc).. quel coraggio di essere un po' piu' buoni che diceva Ray..

Ultima modifica di RedWitch : 21-11-2008 alle ore 17.01.14. Motivo: aggiunta
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Vecchio 21-11-2008, 21.58.04   #7
Astral
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Occorre avere discernimento essere buoni come le colombe ed astuti come i serpenti.

In ogni caso pongo la domanda al contrario, perchè invece per fare qualcosa di cattivo, non ci pensiamo due volte, e non ci frega poi più di tanto se la società ci frena?
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Vecchio 21-11-2008, 23.10.15   #8
Shanti
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In ogni caso pongo la domanda al contrario, perchè invece per fare qualcosa di cattivo, non ci pensiamo due volte, e non ci frega poi più di tanto se la società ci frena?
Magari sbaglio ma penso che a parte chi di cattivo ha proprio l'animo, tutti ci pensino almeno due volte prima di comportarsi male per poi decidere. Per esempio il portafoglio trovato per strada, a chi non è mai capitato? Nella maggior parte dei casi il pensiero di tenerselo viene, poi c'è chi restuisce tutto, chi solo una parte e chi nulla.
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Viviamo in una società dove per forza tutti sono diventati diffidenti...
Però vorrei fare una riflessione: la società siamo noi tutti, sarebbe bello potersi fidare delle buone intenzioni del prossimo, ma quando si resta fregati una volta poi ci si pensa sopra prima di tentare un gesto altruistico...
O di accettarlo senza alcuna diffidenza. Penso anch'io che una brutta esperienza in tal senso renda più sospettosi, prova ne è per esempio che nonostante se ne parli sempre, anche mettendo in guardia, sui giornali o in tv non passa giorno purtroppo, senza che qualche anziano non sia stato truffato o rapinato da qualcuno senza scrupoli.
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Vecchio 21-11-2008, 23.21.24   #9
gibbi
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Insomma questa larga introduzione per dire che volenti o no, la società ci condiziona e ci impedisce di esternare piccoli gesti di bontà....
Credo che non si tratta di "essere buoni" , il problema è quello di esternare , mostrare , applicare la bontà e tutte le altre buone cose quali solidarietà gentilezza e disponibilità che , a mio avviso , ancora portiamo dentro , ma che per profonda diffidenza che si è inserita in noi come un tarlo, non esterniamo , non lasciamo più uscire , le sentiamo ma ci troviamo a comprimerle . Soffriamo di questa obbligata diffidenza perchè fidarsi degli altri è sentimento piacevole caldo e confortevole e ci manca .
La società così com'è diventata ci obbliga ad essere guardinghi e sospettosi e restii a concedere fiducia al prossimo , ma non si tratta di normale diffidenza ( l'invito alla prudenza c'è sempre stato ) , è una diffidenza quasi patologica che ci porta a vedere tutte le altre persone come nemici dai quali è doveroso difendersi pena guai e fastidi ( per nulla immaginari) e la cerchia degli esclusi da questo atteggiamento è sempre più ristretta , non va oltre il giro delle conoscenze (fidate) degli amici e dei parenti.

Ultima modifica di gibbi : 21-11-2008 alle ore 23.26.56.
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Vecchio 21-11-2008, 23.27.56   #10
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Pensavo che se da una parte proiettiamo noi stessi sugli altri, ci sono come è già stato detto, il ricordo di fatti accaduti nel passato che ci (lavorano dentro anche occultamente) fanno pensare su due volte da prendere una certa iniziativa di spinta sincera ( e di fiducia) verso l'altro.

Però dall'altra parte se fossimo a posto con noi stessi, o credessimo fermamente nella provvidenza, non dovremmo proccuparcene, perchè tutto ciò che arriva è qualcosa che ci serve. Se credessimo veramente in un Padre buono e generoso che non da una pietra da mangiare al proprio figlio che ha fame, probabilmente riusciremmo a smettere di proiettare e ascolteremmo di più il nostro Cuore, e invece di pensare a cosa potrebbero farci di male, potremmo pensare a ciò che potrebbero donare a noi, tramite quell'incontro o meglio ancora smettere di preoccuparci e agire.

Beh questa società è costruita sulla paura e quindi questo è risultato, attraverso la paura l'uomo è capace di tutto (riesce a fare la guerra per la pace) visto che è il suo più grande demone. Con la paura veniamo manovrati e ci allontaniamo dall'essere. La paura è divisione tra me e tu ed è il contrario dell'amore.
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Vecchio 21-11-2008, 23.42.34   #11
Era
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è una diffidenza quasi patologica che ci porta a vedere tutte le altre persone come nemici dai quali è doveroso difendersi pena guai e fastidi ( per nulla immaginari) e la cerchia degli esclusi da questo atteggiamento è sempre più ristretta , non va oltre il giro delle conoscenze (fidate) degli amici e dei parenti.
Condivido anche se tutto questo è tristissimo..per quanto mi riguarda questa per me è una vera costrizione..e lo so ho un caratteraccio sono affettuosa alla nausea ..mi viene "troppo" spontaneo il sorriso e il piccolo aiuto che si può dare (piccolezze eh come aprire una porta e lasciar passare)..in un paese ci si conosce tutti e forse sta diffidenza dovrebbe venir meno..invece non è così sembra diventato un valore aggiunto..e quei piccoli gesti di bonta...come li chiama Uno passano quasi come uno sgarbo...e va bene che la notte no...e va bene che non parlare con gli sconosciuti ( ) e va bene che la metro è peggio del Bronx ma alla lunga o l' uomo è diventato "orso" in una società che gli ha preso la mano o per me resta il dubbio..mi stupisco ogni volta che qualcuno mi dice di abitare da anni in quel dato condominio e di non aver mai scambiato parola..eccetto buongiorno e buonasera...con il vicino di pianerottolo mi sa che oltre la diffidenza ci sia una buona dose di egoismo tipo:" ma che fai? lascia perdere mica ti vuoi mettere nei guai"
__________________
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la serenità di accettare
le cose che non posso cambiare
il coraggio di cambiare
quelle che posso cambiare
e la saggezza
di distinguere tra le une e le altre
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Vecchio 23-11-2008, 01.55.25   #12
Sole
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Insomma questa larga introduzione per dire che volenti o no, la società ci condiziona e ci impedisce di esternare piccoli gesti di bontà....

Quanto l'uomo è costruttore di società e quanto invece la società ha preso vita andando oltre la volontà dell'uomo?
Quest'uomo capace di costruire questa società avrà mai avuto una reale volontà?
Oppure solo pochi hanno una reale volontà e creando i presupposti per una società intendevano altro che poi dalla massa viene distorto?

Sono domande retoriche per alimentare le riflessioni, inoltre così in alto come in basso, tutto si ripete a cerchi concentrici.
L'uomo costruisce una società e la società continnua a costruire l'uomo che la vive, un cerchio che gira in tondo.
Sicuramente c'è qualcuno ancora più su che crea e dirige, a volte forse gli sfugge di mano, l'andamento di questa società.

Io penso che oltre una buona dose di condizionamento televiso (tipo il terrorismo psicologico che fanno negli USA) in molti casi, non in tutti, ci sia anche una sorta di nostra pogrizia mentale che ci porta a rinunciare al gesto per poi non dover interagire con qualcuno o incorrere in fastidiose spiegazioni.

Forse ci allontana sempre di più questo senso che si istalla di "altro" da noi..

.
__________________
Se non sarò me stesso chi lo sarà per me? E se non ora, quando?
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Vecchio 23-11-2008, 14.27.10   #13
Kael
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Entro a bomba nell'argomento perchè purtroppo non ho moltissimo tempo.
Stamattina venendo a lavorare ho visto. come altre volte, una giovane signora che aspettava l'autobus per andare da qualche parte (lavoro? boh..)
Dato il tipo di strada che faccio, con molta probabilità va nella stessa direzione in cui vado io, forse non nella stessa identica via, ma forse le farebbe comodo e/o preferirebbe fare il grosso in auto e poi fare due passi a piedi, invece che aspettare al gelo in inverno e al caldo in estate, in un posto sperduto da Dio.....
Il problema è che se mi fermassi a chiedere dove va e se vuole un passaggio, visto che io non la conosco potrei ottenere alcuni tipi di risultato:
Mi prende per un maniaco, o quanto meno uno che ci vuole provare.
Non è poi così buona e appena sale tira fuori una pistola e mi rapina, oppure dopo mi ricatta che se non le do dei soldi mi denuncia per chissà quale motivo...
etc......

Sono esempi un pò esagerati e provocatori, come quello che feci tempo fa: " se vedo un bambino che cade e faccio per tirarlo su, rischio che qualcuno mi denunci per pedofilia...
Provocatori, esagerati, ma mica poi così tanto, riguardo ai bambini vediamo che per un disegno sono capaci di toglierli ai genitori per 2 anni e poi un bambino pieno di ferite ed ematomi vari lo lasciano in mano alla "madre" (madre è una parola che va oltre al biologico) finchè questa non lo massacra.

Insomma questa larga introduzione per dire che volenti o no, la società ci condiziona e ci impedisce di esternare piccoli gesti di bontà....

Quanto l'uomo è costruttore di società e quanto invece la società ha preso vita andando oltre la volontà dell'uomo?
Quest'uomo capace di costruire questa società avrà mai avuto una reale volontà?
Oppure solo pochi hanno una reale volontà e creando i presupposti per una società intendevano altro che poi dalla massa viene distorto?

Sono domande retoriche per alimentare le riflessioni, inoltre così in alto come in basso, tutto si ripete a cerchi concentrici.
A conferma di quanto dici, basta vedere quando andiamo magari in vacanza in qualche piccolo paesino di montagna. Lì l'aria ci trasforma, passeggiando salutiamo chiunque incontriamo senza per questo aver paura di essere presi per maniaci, se troviamo qualcuno in difficoltà non esitiamo un istante ad aiutarlo, etc etc...
Questo perchè effettivamente la capacità di costruire una società è minima, e semplicemente ne siamo noi influenzati, subendola passivamente.
"Subendo" quindi il paesino alpino diventiamo tutti boyscout provetti, poi appena torniamo in città subiamo la metropoli e torniamo ad essere i soliti menefreghisti per il nostro quieto vivere...
Oppurtunismo.... Ci si lascia portare dalla corrente perchè è più semplice che cercare di andarle contro, dimenticando così quali erano le nostre mete e lasciando che altri le scelgano per noi.

Se ricordassimo con forza dove vogliamo andare (e ancora prima lo avessimo deciso liberamente) saremmo realmente costruttori di società e non semplici marionette nelle mani degli altri...

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In ogni caso pongo la domanda al contrario, perchè invece per fare qualcosa di cattivo, non ci pensiamo due volte, e non ci frega poi più di tanto se la società ci frena?
Per il semplice fatto che quando facciamo qualcosa di cattivo lo facciamo per noi stessi, mentre per fare qualcosa di buono lo facciamo per gli altri... (o meglio, lo facciamo anche per noi stessi, ma non è così immediato vederlo come nel primo caso..)

Ultima modifica di Kael : 23-11-2008 alle ore 14.29.46.
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Vecchio 25-11-2008, 16.51.14   #14
dafne
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Mi è capitato, per usare un esempio al contrario, un anno fà che il conducente del pulman che porta i bimbi a scuola regalasse a mio figlio più grande un cd con la musica che metteva sempre alla mattina.
Andavano molto daccordo e devo essere sincera che mi sono vergognata allora, e tuttora, per aver avuto un immediato senso di sospetto verso quel gesto.
Non ho potuto fare a meno di chiedermi perchè mai un signore di quell'età dovesse fare un regalo a un bimbo che conosceva a malapena.
La cosa peggiore è che ancora oggi a pensarci la cosa m'inquieta un pochino

Credo che siano i molti fatti di cronaca, una proiezione del mio personale e una cronica diffidenza che mi gira ormai nel sangue assieme ai globuli bianchi ma sono rimasta sul chivalà per mesi.

Oggi mi trovo nella stessa sorte di diffidenza indotta (possiamo dire così?)
Se mi prendono per quel lavoro dovrò spostarmi con il bus lontano da casa, la mattina dovrei lasaciarli alla fermata dieci minuti da soli, ma li ci sono mamme che conosco e posso chiedere che gli diano un'occhiata..la sera invece tra la loro uscita dal doposcuola e il mio arrivo ci sarebbero circa 15-20 minuti di vuoto.
Vorrei poter non spendere quella mezz'ora di babysitting ogni sera ma..ma non fido nè a farli tornare a casa con il bus nè a dir loro, eventualmente, di portarsi nel vicinissimo centro commerciale e aspettarmi dentro per 10 minuti.

Se in un frangente come quello di averli li soli vedessi qualcuno avvicinarli prima sfodererei l'ascia e poi gli chiederei cosa voleva

Ma non mi fido ad essere fiduciosa perchè in certe situazioni "dopo" è decisamente troppo tardi.

ecco, credo di essere totalmente succube della società
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Vecchio 26-11-2008, 01.09.37   #15
Ray
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A conferma di quanto dici, basta vedere quando andiamo magari in vacanza in qualche piccolo paesino di montagna. Lì l'aria ci trasforma, passeggiando salutiamo chiunque incontriamo senza per questo aver paura di essere presi per maniaci, se troviamo qualcuno in difficoltà non esitiamo un istante ad aiutarlo, etc etc...
Questo perchè effettivamente la capacità di costruire una società è minima, e semplicemente ne siamo noi influenzati, subendola passivamente.
"Subendo" quindi il paesino alpino diventiamo tutti boyscout provetti, poi appena torniamo in città subiamo la metropoli e torniamo ad essere i soliti menefreghisti per il nostro quieto vivere...
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ecco, credo di essere totalmente succube della società
Ecco, ma allora cosa possiamo definire realmente società?

Nell'esempio di Keal, anche se forse intendeva incentrare il discorso su un punto diverso, ovvero quanto il singolo subisce l'ambiente in cui via via si trova, vediamo come in un ambiente piccolo, con meno gente, dove è facile che ci si conosca tutti anche se relativamente, si respiri un'aria diversa, un po' meno tesa.

Platone sosteneva che le cità avessero un limite massimo di grandezza - si riferiva alla quantità di abitanti più che all'estensione del territorio, anche se i due sono abbastanza colegati - e questo limite era più o meno il "tutti conoscono tutti".
Diceva che fino a che la popolazione non cresce oltre questo limite era possibile parlare di città, traslato di società. Erano possibili rapporti veri tra gli abitanti, appartenenti ad uno stesso insieme (e quindi c'era anche appartenenza), anche se alcuni di questi rapporti erano superficiali.
Oltre questo limite il caos.

Se ci pensiamo un attimo, nell'odierno, la sospettosità di cui parliamo, la condizione di paura patologica presente nei recinti in cui siamo tenuti, è proporzionale alla popolazione. Forse non in maniera precisa... ci saranno centri con più abitanti in cui si sta un po' meglio di altri con meno abitanti, ma grossomodo è così... più piccolo è il paese, più tranquilla è l'aria che si respira.

Tornando al discorso di Platone, se lo guardiamo dal punto di vista dei rapporti, vediamo che in una condizione dove tutti si conoscono è abbastanza robabile che ci sia almeno uno che si fidi di almeno un altro in modo che tutti rientrino in questa rete, magari indirettamente. Se conosco poco tizio, so però che caio lo conosce bene e io conosco bene caio e mi fido di lui... e via così.

Nelle grandi città, paradossalmente, conosciamo ad un livello decente meno persone di quante ne conosceremmo in un piccolo centro. Le grandi città offrono dei vantaggi... ma quanto costano?


Venendo al discorso di Kael, lo condivido fino ad un certo punto. Non tutti quelli che "facevano società" erano consapevoli di quel che andavano costruendo... molti comunque subivano quel che veniva manovrato (in senso neutro) dai ochi consapevoli, tuttavia piccoli centri sereni erano comunque possibili. Il meccanismo di aggregazione umano è appunto un meccanismo... ma fino ad un certo punto non nuoce necessariamente.

Forse, in ogni caso, possiamo parlare di "società" solo fino a quando funziona, poi degenera in qualcos altro.
Un possibile parametro, a mio avviso, per distinguere una società funzionante, è quello che determina maggiori vantaggi rispetto agli avantaggi per tutti coloro che ne fanno parte, facendo anche le debite proporzioni sui vantaggi che ognuno a seconda del suo "livellod'essere" può ottenere.
Io mcredo che nelle società malate odierne molti membri ricevano più svantaggi che vantaggi, ma non lo sanno. E per un meccanismo di auto conservazione della società stessa vengono tenuti all'oscuro di questo fatto (grazie al sonno indotto o aiutato), non necessariamente in modo costruito. Se uno si accorge che ha più svantaggi che vantaggi se ne va...
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Vecchio 26-11-2008, 13.47.02   #16
Faltea
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Ecco, ma allora cosa possiamo definire realmente società?

Nell'esempio di Keal, anche se forse intendeva incentrare il discorso su un punto diverso, ovvero quanto il singolo subisce l'ambiente in cui via via si trova, vediamo come in un ambiente piccolo, con meno gente, dove è facile che ci si conosca tutti anche se relativamente, si respiri un'aria diversa, un po' meno tesa.

Platone sosteneva che le cità avessero un limite massimo di grandezza - si riferiva alla quantità di abitanti più che all'estensione del territorio, anche se i due sono abbastanza colegati - e questo limite era più o meno il "tutti conoscono tutti".
Diceva che fino a che la popolazione non cresce oltre questo limite era possibile parlare di città, traslato di società. Erano possibili rapporti veri tra gli abitanti, appartenenti ad uno stesso insieme (e quindi c'era anche appartenenza), anche se alcuni di questi rapporti erano superficiali.
Oltre questo limite il caos.

Se ci pensiamo un attimo, nell'odierno, la sospettosità di cui parliamo, la condizione di paura patologica presente nei recinti in cui siamo tenuti, è proporzionale alla popolazione. Forse non in maniera precisa... ci saranno centri con più abitanti in cui si sta un po' meglio di altri con meno abitanti, ma grossomodo è così... più piccolo è il paese, più tranquilla è l'aria che si respira.

Tornando al discorso di Platone, se lo guardiamo dal punto di vista dei rapporti, vediamo che in una condizione dove tutti si conoscono è abbastanza robabile che ci sia almeno uno che si fidi di almeno un altro in modo che tutti rientrino in questa rete, magari indirettamente. Se conosco poco tizio, so però che caio lo conosce bene e io conosco bene caio e mi fido di lui... e via così.

Nelle grandi città, paradossalmente, conosciamo ad un livello decente meno persone di quante ne conosceremmo in un piccolo centro. Le grandi città offrono dei vantaggi... ma quanto costano?


Venendo al discorso di Kael, lo condivido fino ad un certo punto. Non tutti quelli che "facevano società" erano consapevoli di quel che andavano costruendo... molti comunque subivano quel che veniva manovrato (in senso neutro) dai ochi consapevoli, tuttavia piccoli centri sereni erano comunque possibili. Il meccanismo di aggregazione umano è appunto un meccanismo... ma fino ad un certo punto non nuoce necessariamente.

Forse, in ogni caso, possiamo parlare di "società" solo fino a quando funziona, poi degenera in qualcos altro.
Un possibile parametro, a mio avviso, per distinguere una società funzionante, è quello che determina maggiori vantaggi rispetto agli avantaggi per tutti coloro che ne fanno parte, facendo anche le debite proporzioni sui vantaggi che ognuno a seconda del suo "livellod'essere" può ottenere.
Io mcredo che nelle società malate odierne molti membri ricevano più svantaggi che vantaggi, ma non lo sanno. E per un meccanismo di auto conservazione della società stessa vengono tenuti all'oscuro di questo fatto (grazie al sonno indotto o aiutato), non necessariamente in modo costruito. Se uno si accorge che ha più svantaggi che vantaggi se ne va...
Purtroppo gli svantaggi vengano subiti dalle persone "da ben" in quanto se nel paesino piccolo io mi fido di tizio perché è amico di caio di cui mi fido, uguale diffido di sempronio perché ha fregato caio...
Questa tutela non avviene negli ambienti estesi, dove appunto vige una forma di "caos" nascosto... ci si fida di sempronio in base all'esperienza personale e spesso anche se tizio ci dice di diffidare con giusta causa, non ci fidiamo più di tizio così tanto come avverrebbe in un'ambiente più ristretto, pertanto se siamo fortunati ci va bene, altrimenti tizio ci dirà il classico "te l'avevo detto" ...
Anche se sempronio si comporta in modo scorretto ha comunque una buona fetta di terreno dove poter gestire i suoi atti fraudolenti, se fosse nel paesello o si "redime" o viene emarginato...
Nella condizione di Daf l'autista se fosse in un ambiente ristretto (il paesello) sarebbe amico di qualcuno che ne garantirebbe l'onestà, anche senza conoscerlo basterebbe il "sentito dire" per fidarsi, mentre nella situazione attuale, anche se conosciamo per vie traverse chi lo conosce, il cerchio si è così allargato da generare questa forma di caos mentale in cui non sai se fidarti o meno..
Una forma di conflitto tra il sentirsi un po' meschini per aver pensato male e gioire dell'essere previdenti...
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Vecchio 26-11-2008, 14.51.26   #17
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Predefinito Seguendo il discorso di Kael Ray e Faltea

Io credo che non sia facile.
Al di là che nei piccoli centri se esiste un numero di persone vivibile si è più calmi e sereni perchè come per gli animali istintivamente, non sentiamo di poter essere privati di qualcosa, mangiare e lavoro per tutti, quindi meno paura di non sopravvivere e quindi pace.
Questo però non toglie che la mela marcia ci può essere in un grande cesto pieno di mele anche se ci si conosce tutti, perchè nel proprio intimo non ci si conosce affatto, è solo l'esteriorità che appare.

Faccio un esempio personale, da bambina abitavo in piccolo quartiere, allora eravamo pochi e più o meno tutti nelle stesse condizioni economiche e ci si conosceva più o meno tutti. Ci si fidava del vicino di casa e degli altri abitanti del quartiere. Una delle persone più conosciute a ben accette era un uomo con non pochi problemi, posso dirlo oggi, che sono adulta. Quando ero bambina io sentivo qualcosa di anomalo in lui e anche l'amica con cui condividevo una bella amicizia. Entrambe entrammo in contatto con questo tizio perchè faceva una professione per la quale egli aveva libero accesso alle famiglie e la sua disponibilità, era ben vista, proprio a causa dei tempi che correvano.
Un giorno dissi a mia madre che quell'uomo non mi piaceva, e anche la mia amica a mia insaputa si rifiutò di frequentarlo di nuovo. Ne i miei genitori ne i suoi si fecero carico di queste sensazioni di bambini, eppure i bambini ha più occhi e orecchie degli adulti.
Arrivò così il giorno che questa persona fece chiaramente gesti inequivocabili per i quali ci rifiutammo entrambe di andare con lui. Niente di grave per fortuna. Ma non venendo prese sul serio dai nostri genitori nessuno è altro è stato messo in guardia.
Cosa voglio dire con questo?
Il paese e il quartiere in qualche modo fanno si che si generi fiducia, ma questa non deve essere cieca e sorda. Le cose non devono per forza essere in un modo o nell'altro ma gli occhi e le orecchie vanno mantenuti aperti. Ne vivere nel terrore ma neppure pensare che il male non esista in una piccola comunità.
Nè incoscienza ne allarmismo ma attenzione. Sopratutto nei riguardi dei bambini che poi altrimenti diverranno adulti che si guarderanno le spalle in continuazione, non ossessioando loro ma facendo attenzione noi e usando il più possibile il buon senso ma anche ascoltandoli.
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Vecchio 27-11-2008, 11.28.01   #18
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Mi è capitato, per usare un esempio al contrario, un anno fà che il conducente del pulman che porta i bimbi a scuola regalasse a mio figlio più grande un cd con la musica che metteva sempre alla mattina.
Andavano molto daccordo e devo essere sincera che mi sono vergognata allora, e tuttora, per aver avuto un immediato senso di sospetto verso quel gesto.
Non ho potuto fare a meno di chiedermi perchè mai un signore di quell'età dovesse fare un regalo a un bimbo che conosceva a malapena.
La cosa peggiore è che ancora oggi a pensarci la cosa m'inquieta un pochino

Credo che siano i molti fatti di cronaca, una proiezione del mio personale e una cronica diffidenza che mi gira ormai nel sangue assieme ai globuli bianchi ma sono rimasta sul chivalà per mesi.

Oggi mi trovo nella stessa sorte di diffidenza indotta (possiamo dire così?)
Se mi prendono per quel lavoro dovrò spostarmi con il bus lontano da casa, la mattina dovrei lasaciarli alla fermata dieci minuti da soli, ma li ci sono mamme che conosco e posso chiedere che gli diano un'occhiata..la sera invece tra la loro uscita dal doposcuola e il mio arrivo ci sarebbero circa 15-20 minuti di vuoto.
Vorrei poter non spendere quella mezz'ora di babysitting ogni sera ma..ma non fido nè a farli tornare a casa con il bus nè a dir loro, eventualmente, di portarsi nel vicinissimo centro commerciale e aspettarmi dentro per 10 minuti.

Se in un frangente come quello di averli li soli vedessi qualcuno avvicinarli prima sfodererei l'ascia e poi gli chiederei cosa voleva

Ma non mi fido ad essere fiduciosa perchè in certe situazioni "dopo" è decisamente troppo tardi.

ecco, credo di essere totalmente succube della società
Hai idea di cosa fà mamma orso se qualcuno si avicina ai suoi cuccioli? Non è condizionata lei. Quello di cui parli è normale, magari eccessivamente accentuato, ma credo proprio che con quello che si sente in giro sia legittimo volerli proteggere. Però il tuo senso di ansia glielo trasmetti..
Alla fin fine credo che la protezione più grande che puoi dargli sia insegnargli a discernere, non allontanarli dalla realtà, in questa società viviamo, ma fargliela vivere di modo che sappiano muoversi.
Ma insomma non è facile...
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Vecchio 27-11-2008, 11.45.33   #19
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La Società ideale di Platone è un sogno meraviglioso, qualcuno è anche riuscito a realizzarla ma per brevissimo tempo. L'uomo non è pronto. Come han detto sia Faltea che Gris, la fiducio del passa parole è insito di pettegolezzi.
Ho avuto modi di frequentare un paesino di poche anime, tutti si conoscono, eppure ci sono fazioni a sentir una son tutti bravi e a sentir gli altri son tutti cattivi.
Ripeto che secondo me ad oggi l'uomo non è pronto ad una simile società, siamo noi infatti che eleggiamo i nostri governanti e siamo sempre noi che abbiamo puara del prossimo.
Nella Repubblica Platonica invece il governo era fatto da Filosofi che per l'epoca voleva dire Iniziato.
E' vero che nel paese o piccolo centro lasci la porta aperta, la borsetta aperta, le chiavi in giro e l'auto senza serrarla, ma è anche vero che nessuno fa nulla perchè tutti ti vedono e ti conoscono.
Vogliamo parlare di quei piccoli centri in Sicilia?

Quando mi vien voglia di un gesto "buono" la prima cosa è l'istinto di farlo, la seconda è la paura di essere accusata di chissà cosa, la terza è di fare la cosa di cui sarei accusata, l'ultima è fare la cosa buona. Buona intesa come la cosa che ritengo giusta.
Ad esempio una signora con la borsa aperta a cui è facilissimo rubare il portafoglio.. dirgli di chiderla.
Per quelle un pò più equivoche mi tiro indietro perchè ho paura delle conseguenze, delle scocciature. Ma bisogna distinguere però tra quelle che effettivamente possono essere inutili scocciature che possono essere evitate e quelle che si possono anche rischiare. Nel caso di Uno quella donna la vede tutti i gironi, nel caso lei sospetti potrebbe indicarlo come chissà chi e portargli un danno.
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Vecchio 27-11-2008, 17.00.07   #20
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La Società ideale di Platone è un sogno meraviglioso, qualcuno è anche riuscito a realizzarla ma per brevissimo tempo. L'uomo non è pronto.
Se ne potrebbe parlare magari anche altrove, non ne so niente, ma mi da l'idea di una società ( parola strana mi da l'idea di soci di età in cui l'età non è di certo quella anagrafica per avere un Società)
La società è limitata da chi la dirige e la compone quindi, se dall'alto ciò che scende è basso dal basso è difficile mandare in alto, almeno così a naso senza ragionarci sopra.
E' così utopistica una società di quel genere? Io la collocherei nell'Età dell'oro. L'esempio è importantissimo e sopratutto la giustizia data dalla saggezza.
Oggi come oggi di queste tre cose non mi pare di scorgerle in quasi nessuno di quelli che manovarno questa società.
Se qualcuno le possiede è solo roba sua che si è portato dietro da chissà dove e possiamo solo sperare che ci siano sempre più persone di questo calibro.
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Vecchio 27-11-2008, 18.40.42   #21
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La Società ideale di Platone è un sogno meraviglioso, qualcuno è anche riuscito a realizzarla ma per brevissimo tempo. L'uomo non è pronto. Come han detto sia Faltea che Gris, la fiducio del passa parole è insito di pettegolezzi.
Ho avuto modi di frequentare un paesino di poche anime, tutti si conoscono, eppure ci sono fazioni a sentir una son tutti bravi e a sentir gli altri son tutti cattivi.
Ripeto che secondo me ad oggi l'uomo non è pronto ad una simile società, siamo noi infatti che eleggiamo i nostri governanti e siamo sempre noi che abbiamo puara del prossimo.
Nella Repubblica Platonica invece il governo era fatto da Filosofi che per l'epoca voleva dire Iniziato.
E' vero che nel paese o piccolo centro lasci la porta aperta, la borsetta aperta, le chiavi in giro e l'auto senza serrarla, ma è anche vero che nessuno fa nulla perchè tutti ti vedono e ti conoscono.
Vogliamo parlare di quei piccoli centri in Sicilia?

Quando mi vien voglia di un gesto "buono" la prima cosa è l'istinto di farlo, la seconda è la paura di essere accusata di chissà cosa, la terza è di fare la cosa di cui sarei accusata, l'ultima è fare la cosa buona. Buona intesa come la cosa che ritengo giusta.
Ad esempio una signora con la borsa aperta a cui è facilissimo rubare il portafoglio.. dirgli di chiderla.
Per quelle un pò più equivoche mi tiro indietro perchè ho paura delle conseguenze, delle scocciature. Ma bisogna distinguere però tra quelle che effettivamente possono essere inutili scocciature che possono essere evitate e quelle che si possono anche rischiare. Nel caso di Uno quella donna la vede tutti i gironi, nel caso lei sospetti potrebbe indicarlo come chissà chi e portargli un danno.
Questo richiamo alla '' Repubblica '' di Platone e' pertinente sottolineando pero' che Lui per parlare della societa' ha parlato dell'uomo nel dialogo ,della sua condizione e della conoscenza che gli e' possibile o meno e della condizione che vive ai vari livelli di conoscenza in cui si trova.
Lo ha fatto col mito della caverna che andrebbe letto in quanto in ogni suo aspetto o parte ritroviamo condensati tanti discorsi qui nel forum affrontati in modo slegato .
Alla fine e' l'uomo che forma la societa' in cui viviamo .
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Vecchio 27-11-2008, 18.57.16   #22
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Alla fine e' l'uomo che forma la societa' in cui viviamo .
Credo che sia proprio questo il punto che torna prepotente in molti post. Siamo noi la società e per quanto subiamo l'ambiente, l'ambiente lo stiamo facendo noi.
Ora non basterà una sola testa ad influenzare un ambiente cristallizzato, ma una mentalità abbastanza forte può influenzarne un'altra e così via.
A me ha colpito molto Uno quando ha detto, che abbiamo i governanti che ci meritiamo. Mi colpisce perchè penso sia vero, somigliano a ciò che è la nostra società, la società che viviamo per cui loro combieranno se noi cambieremo. Forse c'entra poco con il discorso ma si ricollega tanto a molti altri discorsi fatti in forum.

Non ci fidiamo del prossimo, ma ci fidiamo di noi? Di chi ci possiamo fidare se non di qualcuno che conosciamo. E ci conosciamo?

Siamo in filosofia e possiamo spaziare.
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Vecchio 29-11-2008, 14.33.30   #23
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Portiamo avanti il discorso, vorrei iniziare a prendere dei punti
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Originalmente inviato da nikelise Visualizza messaggio
Io credo che sia come e' sempre stato e che societa' non significa cordialita' fiducia ecc. nell'estraneo che era e rimane tale.
Come un tempo si diffidava dello straniero e dello sconosciuto cosi' e' oggi .
Vero e' pero' che nell'antichita' l'ospite era '' festeggiato '' perche' inviato dagli dei .
Ma oggi si e' perso tutto o quasi .
Solo nei piccoli paesi del sud rimane ancora una maggiore solidarieta' ma solo perche' ci si conosce di piu' o meglio
Nei paesi del sud non è diversa la cordialità, è il clima diverso, si sta più fuori (o si stava, ma in ogni caso le procedure comportamentali sono memorizzate in tal senso) e quindi è più facile interagire con altre persone, quando invece si deve stare in casa tanto per il freddo, dentro una casa in linea di massima entra solo chi conosce già i padroni di casa.
Una volta l'ospite era festeggiato perchè portava notizie di altri paesi, magari di persone conosciute... anche senza posta poteva portare saluti ed altro. Un viaggiatore portava conoscenze ed usi e costumi diversi che potevano venire accettati e riutilizzati se ritenuti interessanti. Il viaggiatore si adattava ai luoghi che visitava, anzi curioso scopriva ed esplorava.
Oggi per una serie di cose non si parla più di viaggiatori, si parla di spostamenti di intere popolazioni, che rimangono ancora ai loro usi e costumi perchè forti del numero e non imparano nulla di nuovo e non insegnano nulla di nuovo. Si mescolano le persone ma non le anime.

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Originalmente inviato da Astral Visualizza messaggio
In ogni caso pongo la domanda al contrario, perchè invece per fare qualcosa di cattivo, non ci pensiamo due volte, e non ci frega poi più di tanto se la società ci frena?
Non è vero che non ci frega, ma il freno lo sentiamo proporzionalmente a quanto abbiamo da perdere comportandoci in un certo modo. Al nomade (senza razzismi, dico oggettivamente le cose come stanno) interessa poco se combina qualcosa di grosso ed è costretto a cambiare città, è normale per lui cambiare città.
Una persona che si è comprata una casa con sacrifici, che ha una famiglia etc... ammesso che di indole sia un criminale ci pensa comunque due volte prima di combinarne una, non è che può trasferirsi e scappare tanto facilmente.
Inoltre se una persona ha un posto rispettabile in una società non vuole perderlo. Poi potremmo discutere che questi "rispettabili" cercano e trovano il modo di compiere nefandezze che però non intacchino il loro posto sociale, per esempio in politica, ma pure nel commercio con Srl e simili etc etc

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Originalmente inviato da gibbi Visualizza messaggio
Credo che non si tratta di "essere buoni" , il problema è quello di esternare , mostrare , applicare la bontà e tutte le altre buone cose quali solidarietà gentilezza e disponibilità che , a mio avviso , ancora portiamo dentro , ma che per profonda diffidenza che si è inserita in noi come un tarlo, non esterniamo , non lasciamo più uscire , le sentiamo ma ci troviamo a comprimerle . Soffriamo di questa obbligata diffidenza perchè fidarsi degli altri è sentimento piacevole caldo e confortevole e ci manca .
La società così com'è diventata ci obbliga ad essere guardinghi e sospettosi e restii a concedere fiducia al prossimo , ma non si tratta di normale diffidenza ( l'invito alla prudenza c'è sempre stato ) , è una diffidenza quasi patologica che ci porta a vedere tutte le altre persone come nemici dai quali è doveroso difendersi pena guai e fastidi ( per nulla immaginari) e la cerchia degli esclusi da questo atteggiamento è sempre più ristretta , non va oltre il giro delle conoscenze (fidate) degli amici e dei parenti.
E' vero, in tutti noi c'è del buono e del cattivo, il problema è ciò che siamo in grado di tirare fuori, ciò che siamo in grado di nascondere, ciò che siamo n grado di trasformare etc...
Il discorso verteva appunto sul fatto che la società, per come è strutturata, ci permette e/o aiuta almeno a tirare fuori (sarebbe meglio trasformare, ma mi accontenterei) il buono che c'è in noi... o addirittura l'ostacola?
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Vecchio 29-11-2008, 15.02.04   #24
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Portiamo avanti il discorso, vorrei iniziare a prendere dei punti


Nei paesi del sud non è diversa la cordialità, è il clima diverso, si sta più fuori (o si stava, ma in ogni caso le procedure comportamentali sono memorizzate in tal senso) e quindi è più facile interagire con altre persone, quando invece si deve stare in casa tanto per il freddo, dentro una casa in linea di massima entra solo chi conosce già i padroni di casa.
Una volta l'ospite era festeggiato perchè portava notizie di altri paesi, magari di persone conosciute... anche senza posta poteva portare saluti ed altro. Un viaggiatore portava conoscenze ed usi e costumi diversi che potevano venire accettati e riutilizzati se ritenuti interessanti. Il viaggiatore si adattava ai luoghi che visitava, anzi curioso scopriva ed esplorava.
Oggi per una serie di cose non si parla più di viaggiatori, si parla di spostamenti di intere popolazioni, che rimangono ancora ai loro usi e costumi perchè forti del numero e non imparano nulla di nuovo e non insegnano nulla di nuovo. Si mescolano le persone ma non le anime.



Non è vero che non ci frega, ma il freno lo sentiamo proporzionalmente a quanto abbiamo da perdere comportandoci in un certo modo. Al nomade (senza razzismi, dico oggettivamente le cose come stanno) interessa poco se combina qualcosa di grosso ed è costretto a cambiare città, è normale per lui cambiare città.
Una persona che si è comprata una casa con sacrifici, che ha una famiglia etc... ammesso che di indole sia un criminale ci pensa comunque due volte prima di combinarne una, non è che può trasferirsi e scappare tanto facilmente.
Inoltre se una persona ha un posto rispettabile in una società non vuole perderlo. Poi potremmo discutere che questi "rispettabili" cercano e trovano il modo di compiere nefandezze che però non intacchino il loro posto sociale, per esempio in politica, ma pure nel commercio con Srl e simili etc etc



E' vero, in tutti noi c'è del buono e del cattivo, il problema è ciò che siamo in grado di tirare fuori, ciò che siamo in grado di nascondere, ciò che siamo n grado di trasformare etc...
Il discorso verteva appunto sul fatto che la società, per come è strutturata, ci permette e/o aiuta almeno a tirare fuori (sarebbe meglio trasformare, ma mi accontenterei) il buono che c'è in noi... o addirittura l'ostacola?
Il clima c'entra senz'altro , aiuta ma io credo che conti anche altro e cioe' che al sud l'assenza dello Stato da sempre (v. quello borbonico prima ,ecc.) ha imposto uno sviluppo maggiore della solidarieta' tra le persone e l'imporsi di regole diverse non scritte quali ad esempio il controllo da parte della gente nei paesi e nei quartieri dei bambini che vivevano per strada , il controllo dei propri anziani in casa da parte dei vicini ,ed altre cose simili che al nord non si sono potute sviluppare allo stesso modo perche' un minimo di Stato c'era e c'era maggior benessere .
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Vecchio 29-11-2008, 15.21.13   #25
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E' vero, in tutti noi c'è del buono e del cattivo, il problema è ciò che siamo in grado di tirare fuori, ciò che siamo in grado di nascondere, ciò che siamo n grado di trasformare etc...
Il discorso verteva appunto sul fatto che la società, per come è strutturata, ci permette e/o aiuta almeno a tirare fuori (sarebbe meglio trasformare, ma mi accontenterei) il buono che c'è in noi... o addirittura l'ostacola?
A quanto pare ci riesce meglio tirar fuori il cattivo e spesso il peggio..il "buono" è fuori moda passa per fesso..quindi vorrebbe ma non fa per non accreditare l' equazione buono=fesso...mi chiedo se è colpa sua o della società? La società siamo noi ma davvero per sentirsi buoni basta un sms ai vari appelli televisivi? Il buono vero se ne frega di questi meccanismi e agisce come il cuore gli dice...Mi guardo intorno e vedo sempre più gente ostile..o meglio chiusa in se stessa...per strada occhi bassi e viso ingrugnato...che sia paese o città..azz gran bella società stiamo vivendo...tirando le somme il mio risultato è: "trasformare? perchè io? io ho altro da fare!" "...e se poi aiuto sta tizia e faccio una semplice chiamata ai carabinieri vuoi vedere le rogne che ho..!"
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