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Vecchio 29-11-2008, 15.46.02   #26
griselda
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La differenza io la vedo solo sul tipo di esternazione della solidarietà, anche al nord esiteva tra gli abitanti dello stesso quartiere che riporta al piccolo paese,(dove oggi ancora esiste) la soggezione o il distacco esiste da sempre con lo stranierio sconosciuto. Se è invece l'amico dell'amico lo straniero suscità curiosità ed interesse e piacere ed accoglienza.

L'idea che mi sono fatta è che possa dipendere dalle invasioni subite dai popoli invasori, e per invasori intendo anche quando qualcuno che emigrando non vuole adattarsi al posto ma cerca di imporre le sue tradizioni, mancando verso chi lo ospita, da qui nasce, penso io, la diffidenza.

Nel paese dove abito c'è molta solidarietà tra gli indigeni, ma diffidenza (tanta troppa) verso il forestiero, che viene guardato con diffidenza ma che se si integra, rimarrà sempre un forestiero di nascita, ma verrà poi vissuto diversamente.
Credo che sta cosa sia un retagio bello e buono che ci portiamo dentro.
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Vecchio 29-11-2008, 23.40.28   #27
Kael
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Venendo al discorso di Kael, lo condivido fino ad un certo punto. Non tutti quelli che "facevano società" erano consapevoli di quel che andavano costruendo... molti comunque subivano quel che veniva manovrato (in senso neutro) dai ochi consapevoli, tuttavia piccoli centri sereni erano comunque possibili. Il meccanismo di aggregazione umano è appunto un meccanismo... ma fino ad un certo punto non nuoce necessariamente.
Non mi pareva di averlo detto questo, e nemmeno lo penso. Il fatto che i paesini di montagna condizionino più in positivo che in negativo è dovuto a molti fattori, il succo del mio discorso era comunque che, positivo o negativo che sia, è l'ambiente a condizionarci e raramente avviane il contrario.
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Vecchio 30-11-2008, 00.09.38   #28
Era
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Non mi pareva di averlo detto questo, e nemmeno lo penso. Il fatto che i paesini di montagna condizionino più in positivo che in negativo è dovuto a molti fattori, il succo del mio discorso era comunque che, positivo o negativo che sia, è l'ambiente a condizionarci e raramente avviane il contrario.
mi metto nella situazione di entrare a far parte di un gruppo-rione-paese...ci devo stare e mi ci devo adeguare...poniamo che li giochino a bingo mentre a me riesce meglio ruba mazzo...che faccio? mi adeguo brontolando continuamente o non partecipo? mi lascio condizionare visto che sono 1 contro tutti (e anche l' estraneo)...oppure la mia volontà è talmente forte che in qualche modo convinco/costringo qualcuno a giocare a ruba mazzo con me..Ma qualcuno avrà iniziato per primo a fondare questa società del bingo no?
Uno dice:
"Quanto l'uomo è costruttore di società e quanto invece la società ha preso vita andando oltre la volontà dell'uomo?
Quest'uomo capace di costruire questa società avrà mai avuto una reale volontà?"

a questo punto mi sembra che sia un serpente che si morde la coda..
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Vecchio 14-12-2008, 17.05.21   #29
Kael
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Il discorso verteva appunto sul fatto che la società, per come è strutturata, ci permette e/o aiuta almeno a tirare fuori (sarebbe meglio trasformare, ma mi accontenterei) il buono che c'è in noi... o addirittura l'ostacola?
Porto l'esperienza di una signora su un fatto avvenutole proprio pochi giorni fa. Ferma al semaforo, in prima fila, con una pioggia battente che cade. Scatta il verde e lei parte normalmente. Pochi istanti dopo, sente un tonfo alle sue spalle e vede nello specchietto retrovisore uno scooter finito a terra, circa 10 metri dietro di lei.
La signora si ferma subito e corre a prestare soccorso alla donna caduta. La aiuta a rialzarsi e questa inizia ad inveirle contro, dicendole che è colpa sua se è caduta... La signora le chiede se sta scherzando, ma questa non vuole sentire ragioni e chiama i vigili, ai quali le due donne danno la propria versione dei fatti...

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Quando ho sentito questa storia sono veramente rimasto indignato. Ma come, questa si ferma per prestarti soccorso e tu approfitti della sua gentilezza per coinvolgerla nella tua caduta e buttarle addosso la responsabilità?

Per fortuna di questa signora, il giorno dopo una testimone l'ha contatta dicendo che ha visto tutta la dinamica dell'incidente e che lo scooter è caduto da solo su una pozzanghera. E' stata veramente una fortuna perchè senza questa testimone non so come sarebbe finita, erano le due versioni una contro l'altra...

Quello che conta, è che dopo avermi raccontato la storia, la signora ha "giustamente" detto "se dovesse ricapitarmi in futuro mi guarderò bene dal fermarmi per aiutare qualcuno", e posso capirla in pieno. Tuttavia, mi sono permesso di far ragionare la signora sul fatto che, in questo modo, avrebbe proprio fatto il gioco della donna e al mondo ci sarebbe stato un buono in meno e un cattivo in più. Così lei ha capito e seppur a fatica ha detto "è giusto, se dovesse ricapitarmi mi fermerò ancora, sia mai che se i "furbi" sono 9 su 10 io becchi quel 1 su 10 onesto che alla fine mi dica grazie!".

Però quanto è difficile....

PS: Su mio sugerimento la signora è andata a denunciare la donna ai carabinieri per aver dichiarato il falso in atto pubblico, perchè sebbene non vuole risarcimenti in denaro è giusto che la donna capisca che i buoni non sono per forza anche stupidi e le passi così la voglia di fare ancora la furba, tutelando inoltre eventuali tentativi futuri nei quali risulterà già segnalata....

Che mondo...
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Vecchio 14-12-2008, 18.03.30   #30
jezebelius
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L'idea che mi sono fatta è che possa dipendere dalle invasioni subite dai popoli invasori, e per invasori intendo anche quando qualcuno che emigrando non vuole adattarsi al posto ma cerca di imporre le sue tradizioni, mancando verso chi lo ospita, da qui nasce, penso io, la diffidenza.

Nel paese dove abito c'è molta solidarietà tra gli indigeni, ma diffidenza (tanta troppa) verso il forestiero, che viene guardato con diffidenza ma che se si integra, rimarrà sempre un forestiero di nascita, ma verrà poi vissuto diversamente.
Credo che sta cosa sia un retaggio bello e buono che ci portiamo dentro.
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Quanto l'uomo è costruttore di società e quanto invece la società ha preso vita andando oltre la volontà dell'uomo?
Quest'uomo capace di costruire questa società avrà mai avuto una reale volontà?
Oppure solo pochi hanno una reale volontà e creando i presupposti per una società intendevano altro che poi dalla massa viene distorto?

Sono domande retoriche per alimentare le riflessioni, inoltre così in alto come in basso, tutto si ripete a cerchi concentrici.
Credo che la diffidenza sia un prodotto, una distorsione di un normale equilibrio che, coloro che avevano pensato alla " società " come luogo all'interno del quale potersi esprimere, in prima istanza c'era.
Lasciando da parte, o meglio toccando superficialmente le ragioni culturali per cui si può parlare di società, insomma quelle ragioni che hanno spinto l'uomo nella direzione per la formazione di centri nuovi, ad agglomerati più estesi ad esempio nel corso della storia, venendo alle domande di Uno direi, come ho detto più su e come detto anche da altri, che la società oggi amministra se stessa e chi vi è compreso la subisce. per cui da questo punto di vista non si tratta di volontà, non si tratta di comportamento costruttivo quanto di un modo di fare che " vive" di vita propria.
Si potrebbe paragonarla, questa società, ad un burattino che, ora e da qualche tempo, va avanti da solo in maniera automatica. Un pezzo di legno che vive di vita propria, non conscio di quello che è, di quale è il suo fine.
Belli insomma quei discorsi sociologici o antropologici - che sarebbero ulteriormente da indagare almeno per quanto mi riguarda - per cui, scientificamente si riesce pure ad individuare il motivo per il quale una società è stata costituita, però credo che alla base vi sia sempre una forma di degenerazione, forse è troppo affermare, " insita " nell'uomo. Da qui allora si può parlare di limite di un gruppo che riesce a contenere fino ad un certo punto, come diceva Ray in un suo precedente intervento, o ancora di condizionamento reciproco tra società e suoi componenti e viceversa.

Da ciò questi risultati, come descrive Kael, e quindi la diffidenza che inevitabilmente colpisce chiunque. Diffidenza che, per altro verso, può essere analizzata sotto altra luce nel senso che di norma, o forse di più, esiste nei confronti di chi dall'esterno si reca presso quel gruppo sociale. ma più in generale c'è tra un gruppo, quelli che si conoscono, ed un altro, quelli che non si conoscono che per una serie di ragioni possono venire a contatto.
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Dr. Marc Haven
“Non deve essere l’alba di luce che deve iniziare ad avvisare la tua anima di tali doveri giornalieri e dell’ora in cui gli incensi devono bruciare sui fornelli; è la tua voce, solo lei che deve chiamare l’alba di luce e farla brillare sulla tua opera, alfine che tu possa dall’alto di questo Oriente, riversarla sulle nazioni addormentate nella loro inattività e sradicarle dalle tenebre in cui versano.”
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