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Vecchio 09-07-2008, 16.10.44   #1
Uno
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Predefinito Femminismo, alcuni aspetti sul lavoro

Ci sono argomenti simili in forum, ma non proprio specifico in tal senso.
Sono certo che una buona percentuale di donne oggi se potesse fare a meno di lavorare e occuparsi della casa e/o di propri interessi lo farebbe... e non solo donne, anche molti uomini.
Non ho ho scritto tutte, è giusto che non siate tutte, non siamo tutti uguali, il discorso che volevo iniziare è incentrato sul fatto che il femminismo sulla base di una cieca uguaglianza vi ha costretto praticamente a dover lavorare per essere uguali, non solo a lavorare, anche a dover fare carriera etc...
La mia intenzione non è dire che è giusto che la donna non lavori (fuori casa poi) ma che così non è libera di scegliere, moltissime donne che non hanno il problema economico (ora infatti stiamo parlando del concetto, non che sia indispensabile in questi ultimi anni e neanche sufficiente) vogliono comunque lavorare per sentirsi realizzate, l'esempio più eclatante è di signore famose i cui mariti guadagnano per mantenere città intere per anni, ma la cosa esiste anche più in piccolo.
Facciamo anche un parallelo storico, la donna ha sempre lavorato come l'uomo, a volte anche di più, quello che mancava secondo il femminismo è la gratificazione di essere riconosciute come lavoratrici, beh onestamente a me pare che siano le donne diventate schiave del sistema come lo eravamo un pò prima noi uomini.
La condizione ideale è quella in cui la donna può scegliere se lavorare in un impresa che non sia la propria famiglia, questo quando accadeva decenni fa, parecchi, significava due cose: o quella donna aveva collaboratori familiari di vario tipo (cuoca, tata etc..) perchè era di un certo ceto sociale, oppure quella donna lavorarava fuori della casa ma era sempre un impresa famigliare, che sia stata agricola o di altro tipo. Questa seconda tipologia di donna aveva però rispetto ad oggi il vantaggio di un certo tipo di società femminile, in cui se una lavorava l'altra (di solito della famiglia, ma non per forza) seguiva i bambini di entrambe.

Il discorso può essere allungato e ho toccato pochissimi punti, ci tornerò, mi sembra interessante anche per capire molto del disagio che oggi circola nelle famiglie intere, non solo nelle donne, per esempio si può vedere quanto questo influisca nella qualità della nostra vita, sia maschile che femminile.
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Vecchio 09-07-2008, 16.27.30   #2
Astral
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Il discorso lo allungo io ma dall'altro verso, ovvero quello del maschilismo.
Anche l'uomo deve lavorare e fare carriera e non può decidere ( tranne alcuni) se dedicare la vita al lavoro, alla famiglia o al sociale, anche lui è schiavo del meccanismo che lo vede assolutamente e obbligatoriamente come capo famiglia, come colui che deve mantenere la famiglia.

Se una donna non ha lavoro non succede nulla, se l'uomo non ce l'ha succede un casino, perchè è quello che non deve chiedere mai.
Il discorso rivolto ad una coppia, penso che per crescere adeguatamente il figlio uno deve lavorare e l'altro no. Se non lavora nessuno non si può fare una famiglia, se lavorano entrambi è difficile crescere i figli.
In italia la categoria degli uomini casalinghi è praticamente inesistenze per una questione culturale, mentre all'estero funziona un po' diversamente( anche perchè qui molto spesso non si arriva già in due).
La condizione ideale secondo me non è quella in cui la donna possa scegliere se lavorare o meno, ma vale lo stesso discorso per l'uomo.

Il femminismo ha fatto molto per le donne, e ancora deve fare sopratutto in quei paesi in cui la donna se sposata non può lavorare. Poi che molte donne hanno il complesso del lavoro, anche quello fa parte di un retaggio culturare che le ha viste sempre all'angolino ed ora ovviamente si spingono nel lato opposto.
Il problema è nella tutela di se stessi: se io non lavoro e qualcuno mantiene la famiglia io ne sono comunque dipentende e devo sottostare a chi porta i soldi a casa ( uomo o donna che sia).
Per questo motivo lavorano sia uomini che donne, cosi in caso di mancato accordo, ognuno ha la propria indipendenza e ci si può dividere senza problemi.
In ogni caso forse occorrerebbe tornare in un regime dove c'è chi va a lavoro e chi si occupa della casa, e non è detto che per quest'ultima mansione deve essere necessariamente la donna.

Credo che si è schiavi sia del femminismo come del maschilismo.
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Vecchio 09-07-2008, 17.11.44   #3
RedWitch
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..................
La mia intenzione non è dire che è giusto che la donna non lavori (fuori casa poi) ma che così non è libera di scegliere, moltissime donne che non hanno il problema economico (ora infatti stiamo parlando del concetto, non che sia indispensabile in questi ultimi anni e neanche sufficiente) vogliono comunque lavorare per sentirsi realizzate, l'esempio più eclatante è di signore famose i cui mariti guadagnano per mantenere città intere per anni, ma la cosa esiste anche più in piccolo.
A me interesserebbe particolarmente approfondire questo punto, perchè mi tocca da vicino. Credo di fare parte di quelle donne che potendo, se ne starebbero a casa, ultimamente ho pensato a quanto sarebbe bello poter stare a casa , avere un bell'orto, imparare a cucinare bene, e altro.. anche se mi dico che un part time ora come ora è l'ideale (lasciando stare un attimo il discorso economico), perchè comunque un lavoro fuori casa mi fa sentire un minimo realizzata .
Leggendoti, mi sono accorta che questa ultima cosa che ho scritto e di cui fino a mezzora fa ero abbastanza convinta, in realtà non sia altro che un castello di carte.. ovvero sono convinta che lavorare sia un obbligo anche per la cosiddetta realizzazione personale.. quando mi sono trovata un anno fa un po' in difficoltà per via del lavoro e ho cominciato a cercare dell'altro, mi sono resa conto di avere un minimo di professionalità unicamente nel mio settore (in cui adesso non è facile trovare il tipo di lavoro che faccio da anni), e la sensazione che ho avuto è stata quella di essere una nullità lavorativamente parlando.. di non aver cotruito nulla in tutto questo tempo. In questi mesi pero' ho anche visto che ci sono cose che mi interessano ben più del lavoro che faccio, che avere mezza giornata libera che prima non avevo mi permette di fare tante cose, anche solo una passeggiata o delle spese che prima non potevo fare in settimana ... ma la mia mente continua ad andare al fatto che la mia realizzazione personale non è come dovrebbe (non come la vorrei, ma come dovrebbe)... Anche eliminando ipoteticamente il problema economico, da quando lavoro mezza giornata non mi sento completamente a posto.. quindi per me è proprio vera la cosa della realizzazione, ma anche del dover contribuire in famiglia, e il fatto di dovermi sentire "alla pari" con mio marito...

Oggi ci appoggiamo tanto al discorso economico (sinceramente chi ce la fa a vivere con un solo stipendio?), ma semplicemente guardando la mia esperienza, posso dire di essere schiava di tutte le cose che hai riportato nel thread..

E' proprio indispensabile che la realizzazione sia fuori delle mura domestiche per una donna?

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Vecchio 09-07-2008, 19.04.44   #4
jezebelius
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E' proprio indispensabile che la realizzazione sia fuori delle mura domestiche per una donna?
A parer mio, credo di si: è quasi indispensabile. Il quasi è riferito comunque alla presenza di una piccola percentuale che non rientra nella categoria e che si accontenta, diciamo così, di stare a casa.
Sinceramente, non avevo mai pensato a questo risvolto del problema - se per certi aspetti si può parlare di problema per altri non lo è, come per chi ha come unico obiettivo il riuscire nel lavoro - nel senso che ormai la rivendicazione attuata dal movimento femminista, per quanto ne so è gia stata più o meno metabolizzata nel tessuto sociale anche se vi rientrano, implicitamente per lo più, ancora disparità di ogni tipo. Forse, aggiungo, quello che viene più in evidenza non è tanto "il fine" a cui la donna mira, quanto al fatto di " fare " ossia dimostrare di essere al pari dei colleghi maschi, di essere allo stesso livello talvolta e di superare la barriera che ha sempre marcato la divisione. La presenza di competizione va di pari passo, però, con la presenza di maggiori responsabilità.
Questo modo di intendere la nostra società, oggi, porta evidentemente degli squilibri e per conseguenza un continuo ricercare nuovi equilibri. Si parla ad esempio della costruzione di asili nido nelle fabbriche dove le mamme possano stare con i loro figli. Questo perché il lavoro, ormai è necessario per il sostentamento da un lato per l'altro si tende a non mortificare la donna dal suo ruolo permettendole di stare a contatto coi figli. Si tende, come dire, a portare la " montagna da Maometto".

Questo trovare insomma, un equilibrio al di fuori della famiglia e delle mura domestiche per stare insieme ai figli mi pare una conseguenza di una rivendicazione di qualche decennio fa. Alla fine per ottenere o meglio nella illusione di ottenere quel che non si aveva in quel periodo e che si rivendicava da quel momento per il futuro, secondo me ha attivato un meccanismo, nel sistema, per cui ora non se ne può più fare a meno a patto di fare qualche passo indietro e forse pure di " perdere " qualche posizione, se non addirittura ribaltando una parte delle convinzioni che abbiamo.
Ovviamente sto discorso può essere allargato anche agli uomini i quali hanno per così dire " subito" l'onda del femminismo ma che comunque tendono a proteggere il loro posto nella società.
Alla fine per fini egualitari non credo si possa affermare che si è costruita una società più libera che forse lo è solo formalmente mentre in sostanza, mi sa, è peggio di prima.
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“Non deve essere l’alba di luce che deve iniziare ad avvisare la tua anima di tali doveri giornalieri e dell’ora in cui gli incensi devono bruciare sui fornelli; è la tua voce, solo lei che deve chiamare l’alba di luce e farla brillare sulla tua opera, alfine che tu possa dall’alto di questo Oriente, riversarla sulle nazioni addormentate nella loro inattività e sradicarle dalle tenebre in cui versano.”
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Vecchio 09-07-2008, 21.53.23   #5
stella
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Io posso raccontare la mia esperienza: è una vita che lavoro, ho incominciato a 16 anni, prima di tutto per avere quella famosa indipendenza econimica e non pesare sui miei genitori, un po' perchè mi attirava quel mondo che stando a casa non avrei potuto conoscere, e che ha arricchito le mie conoscenze e i miei orizzonti.
Poi mi sono sposata e lavorando in due si era deciso di dividersi i compiti, anche sui lavori di casa, anche se poi andava a finire che i tipici lavori femminili come pulire, lavare, stirare ecc. li dovevo fare io, perchè lui non li sapeva fare.
Poi arrivati i figli si doveva per forza portarli all'asilo nido e alla scuola materna, non avendo i nonni vicino a noi, e questo complicava gli orari e il tempo di stare con i figli..
Poi sono accadute altre cose, ma il filo conduttore che non si è mai spezzato è stato proprio quello del lavoro, con alti e bassi, crisi e riprese...
Se ora potessi scegliere se stare a casa a tempo pieno, fare un part-time o un lavoro a tempo pieno, sceglierei ancora quest'ultimo...
Coi tempi che corrono oggi, è quasi un obbligo, per poter arrivare alla fine del mese, ma questo trovo che sia sbagliato, la società dovrebbe essere strutturata in modo che un solo stipendio possa bastare...
Ora le ragazze devono per forza trovare un lavoro, eppure ci sono anche i casi che vanno controcorrente, uomini che pur di avere la donna a casa si accontentano di una vita più modesta ma vogliono pensarci loro, questo non lo trovo un vantaggio, perchè nonostante l'amore, chi porta i soldi a casa tende a comandare, lo so che così non dovrebbe essere però succede ancora, e la donna si ritrova a essere prigioniera delle quattro mura mentre il marito può prendersi delle libertà perchè lui lavora, sono casi limite ma mica tanto...
Per quanto riguarda gli uomini, ho un collega di lavoro che quando la moglie ha avuto un figlio è andato lui in "maternità" per dare una mano a lei che aveva un lavoro troppo importante e che se sarebbe mancata non è che l'avrebbe perso, no, perchè la legge tutela le lavoratrici madri, ma sarebbe comunque stata messa da parte facendo avanzare un'altra al posto suo; anche questi son casi limite, ma cominciano a verificarsi mentre anni fa sarebbe stato impensabile.
Per concludere direi che sono favorevole al lavoro femminile ma che dovrebbe essere data di fatto la possibilità di stare a casa a chi preferisce farlo, insomma lo stipendio principale dovrebbe bastare alla famiglia, come succedeva una volta.
Poi dipende da tanti fattori determinanti, ma quando si lavora non si dovrebbe rimpiangere di non essere solo casalinga e viceversa, altrimenti si passa la vita a rimpiangere quello che non si è fatto...
Ma oggi non è nemmeno questione di scelta, è una necessità, quindi vedrei bene anche il fatto che le donne inizino a fare una controbattaglia in questo senso, senza nulla togliere alle conquiste fatte con l'emancipazione, qualcosa si è fatto con la somma o pensione versata alle casalinghe a mo' compenso, solo simbolico però, eppure è una cosa che secondo me potrebbe fare la differenza e dare opportunità di scelta....

La realizzazione di una donna è comunque in qualsiasi ambito, realizzarsi in casa è altrettanto importante che realizzarsi sul lavoro, l'importante è essere soddisfatte di quello che si fa e anche vedere la soddisfazione in chi sta vicino...
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Vecchio 09-07-2008, 22.54.27   #6
dafne
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Il discorso credo che sia complesso quanto lo è la natura umana ma in linea di massima credo che quello che ho pensato anni fà sia abbastanza ragionevole.
Io penso che ci siano persone che lavorano per vivere e persone che vivono per lavorare.
Il ragionamento parte a monte del discorso economico secondo me, anche se purtroppo spesso quest'ultimo è un fattore determinante.
La cosa mi era venuta osservando me e mia sorella, lei era ed è sempre in spinta per il suo lavoro, per migliorare, conquistare, progredire ecc ecc e io mi sono sempre sentita terribilmente in difetto perchè per me non è affatto così.
La realizzazione lavorativa non è affatto un punto essenziale nella mia scala personale.
Ci mettevo prima la famiglia.
Ci ho messo del tempo per capire, per dirmi, che così come non era affatto sbagliato scegliere di lavorare per vivere perchè l'interesse era diretto verso la costruzione di altro (allora famiglia appunto)altrettanto valeva per il processo opposto.
Non credo che perchè qualcuno decide di privilegiare la carriera a un'ipotetica famiglia sia per forza una persona arida e sterile e arrivista.
Purtroppo come molti altri clichè che avevo anche questo ci ha messo un pò a crollare.
Oggi che la famiglia ce l'ho, quasi per una forma di automatismo mi stavo lanciando nel "adesso è ora di fare qualcosa nel lavoro" complice la sorella che spingeva sotto ma è innegabile, a meno che io non trovi un lavoro che sia il mio interesse nella vita continuerò a far parte delle persone che lavorano per vivere.
Che non significa arrabattarsi per arrivare a sera in qualche modo attenzione, ma "accontentarsi" di un lavoro dignitoso purchè sufficiente a non dare malesseri fisici e vivere dignitosamente, lasciando libera più attenzione ed energia possibile per "altro".
Se anni fà era la famiglia ora sono io, e il mio desiderio di crescere (con tutte le implicazioni possibili)
Questi mesi di disoccupazione per me, lo ammetto, sono stati una manna, fermarmi, rilassarmi e iniziare a cercar di vedere dove voglio andare e cosa voglio fare non ha prezzo, neanche come dirigente quadro
Ma se restassi a casa credo che precipiterei nella pigrizia più assoluta..

Se non avessi un obbligo morale e fisico verso i miei figli probabilmente sceglierei una vita molto meno legata a ritmi lavorativi e di più ai miei personali.
Ma tant'è, le scelte che ho fatto allora sono sbocciate ora e con queste devo convivere,il più possibile con gioia e tranquillità.
Insomma, per sentirsi "realizzati", uomini o donne che si sia, credo che sia necessario almeno riuscire a capire quale sia tra la carriera e la vita "normale" ciò che maggiormente ci spinge ad essere migliori, a incontrare le sfide giuste ecc ecc
A me la competizione genera ansia e blocchi ad esempio, ora come ora "rendo" per me e per gli altri molto di più se non mi ci trovo in mezzo. Credo che per altri possa funzionare all'esatto opposto, senza escludere a priori però che ci siano a un certo punto inversioni di marcia e di necessità..
Boh, spero di non essermi attorcigliata troppo.

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Vecchio 11-07-2008, 16.05.57   #7
griselda
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Secondo me ci sono i pro e i contro come in tutte le cose il tutto sta forse a riuscire ad inquadrare la propria indole.

Le donne della mia generazione volevano avere la libertà di lavorare, provenienti da famiglie con forti problemi economici, dove il marito padre padrone decideva e tutti dovevano sottostare alle sue decisioni giuste o ingiuste che fossero, ma vissute come un obbligo senza possibilità di scelta, queste donne con pochi diritti e tanti doveri, ecco che ha fatto scattare questo desiderio di libertà che poi altri hanno abbracciato e accolto senza aver vissuto il retroscena e per questo prendendone tutte le positività senza averne compreso il resto e quindi poi non basta.
In questo caso ci si trova a fare senza aver veramente desiderato di arrivare ad avere, ci si trova dentro e si nuota per poi arrivare a desiderare altro.
Il problema fondamentale secondo me è questo non aver il tempo di sentire l’esigenza di una cosa fortemente sofferta in modo che rimanga impressa.
Se lavoro ed ho sempre lavorato magari desiderio stare a casa e poi quando ci sto rimpiango il lavoro il tutto perché non si sa bene ciò che si vuole e non si è vissuto sino in fondo.
Mi immagino le prime donne che avevano visto la sofferenza negli occhi della nonna della mamma e poi a loro volta la loro come un riflesso avendolo vissuto si può comprendere invece avendolo solo visto negli altri non è uguale.
La nascita della liberazione femminile è nata sull’onda di un sofferenza che non ci stava più ed è traboccata, ma poi come tutte le cose che non si vivono personalmente sono un seguire una moda se ne perdono le origini.
Quindi io vedo la donna che sbarella di qua o di là se non ha trovato in se il motore che la spinge, la sua indole, il suo motivo di esistenza, farà ma non sarà mai contenta.
Lavorare oggi è quasi un obbligo anzi forse quasi è un eufemismo, oggi la donna lavora perché non c’è scelta, il caro vita, il tipo di vita di questo momento fa si che si lavori anche per mantenere un tono alla propria vita perché la vita lo esige, se sei sotto un certo tono sei out e non ti considera nessuno, inoltre si è tutto spostato il posto di lavoro, le esigenze tutto lontano quindi si ha necessità di avere l’auto per fare un esempio.
Ma vedo donne che si dannano la salute per lavorare e comprare gli abiti firmati ai figli, perché con uno stipendio solo si potrebbero concedere solo l’indispensabile sotto quel tono di vita e oggi nessuno ci sta più a costo di fare rate su rate. Donne che hanno anche capacità come sarte ma che il guadagno irrisorio spinge in fabbrica, perché tanto oggi tutto si butta e via a spendere soldi.
Quindi credo che lavoro o non lavoro poche donne si sentano realizzate, le altre si lamentano di quello che manca, l’altra parte della medaglia insomma.
Un’altra considerazione è che ci son persone che si realizzano sul lavoro e prendono energie da li poi però se guardi nella loro vita privata non sono riuscite a fare la stessa cosa, quindi cosa conta di più mi domando una realizzazione sul lavoro ( che serve per vivere) o realizzarsi nella vita privata?( che fa stare bene dentro) Logico è che se cerchi di realizzarti sul lavoro nel senso di carriera quindi impiegando le tue energie li, poi per forza di cose avrai buchi altrove. Ma allo stesso modo se cerchi di realizzare la tua vita privata per farlo devi lavorare perché si sa che a stomaco vuoto non si può stare per molto.
Quindi direi lavorare per vivere e staccare la spina per dedicarsi alla vita privata alla crescita di se e se si è insieme a qualcuno, alla vita di coppia che poi vanno di pari passo credo. Al lavoro come in tutte le cose si deve dare il meglio di se, ma non può essere dato solo in quello. Certo è che senza “pappa” non si può neppure decidere di fare altro. Però se si lavora e basta quando si vive? Per me il massimo sarebbe lavorare insieme come famiglia un attività che permetterebbe comunque di dividere molto insieme, ecco che ci sarebbe il tempo per tutto, chiaro senza farsi prendere dallo sturbo esclusivo del lavoro.
Mentre il lavoro come indipendenza economica da potere di movimento e anche di scelta sia per un uomo che per una donna.
Adesso non ricordo più ne il nome ne il titolo di un libro di una donna che scrisse un best seller in cui decantava la donna come dea della casa, donna-madre-amante e moglie a distanza di moltissimi anni ne ha scritto un altro che è l’opposto del primo in cui dichiara di aver sbagliato tutto perché un giorno si è ritrovata senza marito e con dei figli a dover tirare avanti senza nessuna prospettiva economica e lavorativa.
Quindi da una parte il lavoro permette di essere indipendenti dall’altra di agire anche sventatamente solo perché si è indipendenti e lo si vuole essere anche davanti ad una possibile crescita a due non sottostando più a nulla che pare costrittivo. Quindi dopo sto pizzone credo che il lavoro debba dare la possibilità di essere indipendenti perché nella vita non si sa mai, ma che questo non deve essere un impedimento alla propria crescita personale, perché altrimenti si ritorna indietro ai tempi in cui ci era preclusa, ma che anche per questo abbiamo sviluppato altre peculiarità. In definitiva di tutto si può fare esperienza ma se poi non se ne trae il meglio sempre fermi siamo.
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Vecchio 13-07-2008, 10.48.21   #8
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In ogni caso forse occorrerebbe tornare in un regime dove c'è chi va a lavoro e chi si occupa della casa, e non è detto che per quest'ultima mansione deve essere necessariamente la donna.
Io invece penso necessario che sia la donna.
Magari farò un discorso che può essere considerato anacronistico però è nelle caratteristiche maschili e femminili che esiste già un ruolo all'interno di un nucleo famigliare. Ciò che ha fatto di male (non ha fatto solo male) il femminismo è stato di sovvertire questo ordine di cose naturali su cui si basava la costruzione di una famiglia. La donna per sua natura ha più tendenza al gioco educativo con i bambini, ha più tendenza alla cura della casa come ambiente dove accogliere la propria famiglia e i propri cari. Secondo me, non è questione di abitudini ed educazioni ma di predisposizioni naturali.
Una volta i lavori in casa erano suddivisi in lavori di fatica e lavori leggeri. Dove c'era una società contadina è chiaro che il lavoro di fatica era zappare, coltivare e raccogliere e questo lo faceva l'uomo, e non sempre... già perchè quelle vecchiette che ancora si vedono nei paesi curve e stanche andavano anche loro nei campi a raccogliere e lo facevano per la famiglia, per dare aiuto al marito e ai figli. Oggi il lavoro di fatica è alzarsi la mattina ed uscire per andare a lavorare stando fuori tutto il giorno, e la fatica la fa l'uomo. Cambia l'ambiente, la società, il modo di cacciare il cibo ma se prima le famiglie funzianavano e adesso no qualcosa nel cambiamento dei ruoli deve esserci che non va..


Per fare un esempio di quel che dico prendiamo una regina che si trova a fare il re, elisabetta I, o la attuale regina d'inghilterra, cosa hanno di donne e femmine? La donna, dall'integralismo femminista, è stata snaturalizzata del suo ruolo di femmina.
Nel discorso non dimentico che con il femminismo abbiamo il diritto al voto e alla parola e al lavoro, parlo della sua parte che ha sconfinato nel nonsense.

Nelle società animali è sempre la femmina a cercare da mangiare (cucinare e far la spesa) ad accudire i piccoli e ad insegnargli ad andare per il mondo ( educare e crescere) il maschio protegge il terriotorio e fa si che la femmina compia il suo ruolo (protegge e da le condizioni per cui la femmina sia al sicuro per poter svolgere le sue mansioni->lavoro). Forse il confronto con il regno animale può dar fastidio, eppure funziona.


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Originalmente inviato da stella Visualizza messaggio
Per quanto riguarda gli uomini, ho un collega di lavoro che quando la moglie ha avuto un figlio è andato lui in "maternità" per dare una mano a lei che aveva un lavoro troppo importante e che se sarebbe mancata non è che l'avrebbe perso, no, perchè la legge tutela le lavoratrici madri, ma sarebbe comunque stata messa da parte facendo avanzare un'altra al posto suo; anche questi son casi limite, ma cominciano a verificarsi mentre anni fa sarebbe stato impensabile.
So che potrei sollevare un vespaio dicendo questo, cercherò di esprimerlo con rispetto sapendo che molte donne soffrono il conflitto per questa situazione, ma esprimo la mia opinione.
Quando si sceglie di diventare madri, automaticamente si deve rinunciare a qualcosa. Non può conciliarsi la carriera con l'essere madri, educatrici e presenti nella vita dei figli. O si scegli una via o l'altra. La figura materna all'inizio è fondamentale e per quanto il padre possa essere amorevole e dolce non è sostituibile. L'esser madri è un sacrificio ed una scelta e la donna oggi purtroppo non sceglie più di esserlo ma solo di chiamarcisi. Questo è stato un'altro grande danno del femminismo, che vedeva il fare la mamma degradante ma non rinunciabile.. Qui non è questione di stipendio necessario al bilancio famigliare perchè un lavoro c'era ma sarebbe mancata la carriera... non si è fatta una scelta, si è voluto stare con due piedi in una staffa. Ciò non nega il fatto che questa persona potesse essere un'ottima educatrice alla fin fine, lo dico perchè non conoscendola ha diritto al beneficio del dubbio.

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Se non sarò me stesso chi lo sarà per me? E se non ora, quando?
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Vecchio 13-07-2008, 11.38.49   #9
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Io non sono contrario alla parità o all'interscambiabilità dei ruoli se la cosa è voluta da entrambi, spero si fosse capito.
Per intenderci l'esempio fatto da Stella lo trovo vera civiltà ed amore, entrambi i genitori stanno lavorando per la famiglia, i posti di lavoro di entrambi oggi sono importanti, quindi entrambi lottano perchè le due occupazioni siano al meglio della forma.
Il problema nasce se si fa una questione di principio dove in realtà questi principi non ci sono, se il femminismo estremo desidera che si ribalti completamente la società imponendo all'uomo di fare il casalingo e alla dona di lavorare fuori (perchè il fulcro è fuori dentro) diventa la stessa imposizione in cui si sono sentite alcune donne che non desideravano accudire una famiglia come mamme/casalinghe.
Come predisposizione generale è vero che la donna è portata a certe cose e l'uomo ad altre ma ci sono anche eccezioni, il problema è se due eccezioni vogliono stare insieme, cosa che capita in parecchi matrimoni oggi ed i risultati si vedono.

Il discorso che cercavo di far uscire è se queste eccezioni sono naturali e quindi non molti casi, oppure il femminismo, e non solo, costringe molte donne ad essere come sono oggi. Si potrebbe fare discorsi di consapevolezza etc... ma che consapevolezza c'è nel lavorare in casa o fuori? Diverso invece il discorso che si faceva sopra che l'uomo che lavora fuori schiavizza la donna (anche economicamente) che lavora in casa, questo andava e v combattuto con ogni mezzo, in ogni caso io conoscevo anche situazioni in cui l'uomo il giorno dello stipendio doveva portare la busta a casa senza neanche guardare quanto c'era dentro.

Quello che volevo far emergere è che molte donne oggi si sentono costretta a lavorare fuori (discorso economico a parte, anche se poi sarebbe da vedere babysitter, lavanderia, abbigliamento, cibi precotti -> medicine etc....) non hanno tutta questa spinta volontaria a farlo, lo fanno perchè si sentono da meno se non lo facessero.
E' vero Astral che per l'uomo è la stessa cosa, ma in questo caso invece che il femminismo dovremmo prendere in esame il desiderio di emersione sociale diretto o spinto dal partner.
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Vecchio 13-07-2008, 14.37.20   #10
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Non sono molto daccordo con Sole, io credo che se qualcosa non va non è tanto perchè adesso la donna lavora e prima no, ma per il fatto che prima c'era UN genitore ad occuparsi di casa e bambini, adesso non è più cosi.
Non voglio discriminare chi per ovvi motivi deve mantenere la casa e necessita di due stipendi ( anzi a volte pure 3) però il problema è prettamente economico e non di ruoli.
Se fossi donna e qualcuno mi disse che sono predisposto per i lavori di casa ,mi incavolerei non poco. Quella è una questione culturale. Negli Stati uniti ci sono molti papà che si sanno occupare di casa e famiglia meglio di qualsiasi donna per esempio.
In Italia forse è diverso, ammetto che personalmente di casa e famiglia si sa occupare molto meglio mia madre, che mio padre ( lui portava due stipendi a casa) e posso dire che se mia madre avesse lavorato, probabilmente io e mia sorella non saremmo come adesso.
D'altrocanto uno che lavora ci vuole sempre, non possono di certo rimanere entrambi in casa.
Tuttavia se fossi padre e dovrei stare fuori casa tutto il giorno per mantenere casa, moglie e figli, preferirei non farli affatto, perchè non ha senso.

Però c'è un'altra questione che secondo me non abbiamo visto. C'è molta gente che è Single e rimane cosi, per cui a quel punto diventa d'obbligo il lavoro.
Una donna che vive da sola deve lavorare, non può fare la casalinga pure se lo volesse, e lo stesso vale per un uomo.
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Vecchio 14-07-2008, 16.52.46   #11
Sole
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Purtroppo non riesco a vedere questo scambio di ruoli positivamente, riconosco che deve esserci un condizionamento in merito da parte mia però proprio perchè questo atteggiamento femminista estremo ha portato la femmina a fare il maschio lo scambio non è reale ma forzato, non riesco a vederla diversamente ma riconosco che può esserci la possibilità altrimenti negherei anche i fatti e in questa eccezione, se tale è, la famiglia sarebbe equilibrata e sana comunque.

La forzatura nella donna lavoratrice c'è e di conseguenza la costrizione, fosse solo per il fatto che dire: "faccio la casalinga" lascia negli altri qualcosa che suona come una disoccupazione ed un fallimento della posizione sociale.
Un pò questo modo di pensare generale porta a sentirsi inadeguate, dipendenti e con poca libertà di movimento.
La questione che solleva Stella colpisce anche me, la paura di una dipendenza economica mi costringe a lavorare. Non scelgo realmente non sentendomi a mio agio in una condizione non contributiva, ma questo però è un discorso che prescinde dal femminismo ma nasce nell'organizzazione famigliare e dal vissuto.
Trovare la soluzione nel lavoro lo trovo limitante proprio della realizzazione dell'individuo.
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Se non sarò me stesso chi lo sarà per me? E se non ora, quando?
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Vecchio 14-07-2008, 18.49.20   #12
Astral
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Beh sul fatto casalingua= disoccupata sono daccordo, lo vedo con mia sorella, che non lavora, apparte qualche lavoretto cosi, e molte sue amiche la guardano come mosca bianca.

Tornando al discorso della famiglia, il problema non è che i ruoli si sono invertiti, ( se fosse cosi, l'uomo diventerebbe sempre più casalingo, invece manco per cavolo) il problema è che la donna ha lasciato la casa per il lavoro, e l'uomo continua sempre di più con il lavoro.
Il problema come al solito è della società, che secondo certi schemi reputa cosa è normale e cosa no.
Ti capisco benissimo perchè ho una sorella e si sente sempre dire: mi raccomando tieniti attiva, datti da fare, etc. etc. Sinceramente se stira, lava, cucina, paga le bollette, aiuta in caso, o contribuisce alle spese con ripetizioni private non gliene frega proprio nulla, quindi in questo senso convengo con Sole.

Abbiamo quindi entrambi che si spostano verso il maschile sia l'uomo che la donna, e per maschile intendo le attività come lavoro, la carriera, l'azione etc..
Ma tutti sappiamo che per far sviluppare qualcosa occorre il femminile, e come il grembo materno fa crescere il bambino, cosi la casa dovrebbe far crescere i figli, ma se nessuno rimane, i figli come vengono??
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