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Vecchio 08-09-2008, 17.38.17   #1
jezebelius
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Predefinito Blackout totale della mente

Non riesco a venirne a capo, per cui chiedo un parere.


Quando devo dimostrare di sapere/conoscere o avere la competenza in qualcosa, come ad un esame ad esempio, talvolta mi piglia come una specie di blackout. Mi pare troppa energia che arriva tutta di un botto o anche una mancanza di questa talvolta.
Mi è capitato anche quando ho sentito il peso della responsabilità per un lavoro come cassiere, di cui forse l'esser giudicato potrebbe essere una causa.
Insomma non era tanto l'avere a che fare coi soldi - anche se indirettamente un segnare un prodotto più che un altro, comunque incideva sul totale da pagare sul conto finale e non su quello del ristorante dove lavoravo - quanto invece, il sentire un peso come quello che vien fuori quando uno si chiede se è, o sarà, all'altezza di quel compito.
Un esame anche questo.
Dove sta l'esperienza?
Mi è capitato, e mi capita, quando sento sto peso di non arrivare a capire più nulla. Non perchè non capisca come deve essere fatto il lavoro quanto perchè ho una difficoltà - sembrerà strano ma è così - a " richiamare " i concetti.
Infatti in questa situazione - che può sembrare sia di confusione, sia di panico, sia di " cancellazione " totale delle informazioni che ho acquisito e che fanno parte del mio bagaglio - faccio fatica anche a fare un'addizione: eppure conosco i numeri ma è come se venisse offuscato lo stesso "concetto" che ho di numero. Oppure all'esame ipotetico, mi capita come se non avessi studiato e poi, puntulamente dopo lo stress le informazioni iniziano a mettere la testa fuori e tornare in superficie!
Mi capita lo stesso, allora, anche quando non ho a che fare coi numeri.

Come detto prima, vengono offuscate le stesse parole/informazioni/concetti di cui avrei bisogno in quel momento per cui non ho controllo sulla mente che va, in entrambi i casi, a briglia sciolta.
Cosa accade?
Quei concetti che mi servirebbero vengono appunto offuscati ed il loro posto viene occupato da cose, per quel momento, senza senso; insomma pensieri che si rincorrono l'un l'altro senza fermarsi a grossa velocità ed io che mi trovo nel mezzo, sballottato di qua e di la, vorrei solo abbandondobare quel che sto facendo e andare via. Devo fare, faccio, un grosso sfoprzo per rimanere a quel posto
Sta cosa mi crea ansia - o è l'ansia che la genera... - con grosso dispendio di energia, per cui per sopperire tale mancanza cerco di attivare, come dire, un serbatoio di riserva che mi consenta, in quell'istante, di far fronte alla richiesta energetica, anche per risolvere un'addizione.
Quello che mi sembra appunto è di non sapere gestire, in questi casi, la normale condizione energetica a disposizione, per cui ho bisogno di altra per " tornare", almeno in parte, a quel che sto facendo.

Non riesco a venire a capo di sta cosa, eppure la vedo, ci sguazzo dentro quando arriva ma non riesco a " calmarmi" - nel senso proprio di stare calmo - in quanto mi piglia un senso di non sapere ( fare ) quella cosa; di non essere all'altezza e le azioni che dovrebbero essere guidate dalla razionalità, come ad esempio dare il resto il che è abbastanza semplice mi pare, non vengono guidate affatto, quindi per esempio o mi intorcolo nel darlo ( e mi pare di non saperlo dare, anzi è come non lo sapessi dare ! ) o ci metto un po per fare i calcoli e dare dunque il resto.

Ci vedo d'un lato il fattore " giudizio" ossia il passare attraverso una prova e dare l'abilità ( mia, in quel momento ) per il ruolo che in quel momento ricopro. Ci vedo ansia come anche "interruzione" di un flusso di dati.
__________________
Dr. Marc Haven
“Non deve essere l’alba di luce che deve iniziare ad avvisare la tua anima di tali doveri giornalieri e dell’ora in cui gli incensi devono bruciare sui fornelli; è la tua voce, solo lei che deve chiamare l’alba di luce e farla brillare sulla tua opera, alfine che tu possa dall’alto di questo Oriente, riversarla sulle nazioni addormentate nella loro inattività e sradicarle dalle tenebre in cui versano.”
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Vecchio 08-09-2008, 17.49.58   #2
Astral
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Mal comune mezzo gaudio. Se ti può essere di consolazione è successo anche a me.

A me succedeva in situazione di stress, quando ho lavorato in pasticceria, e mi si davano 10 compiti alla volta: pulire il tavolo, e nel frattempo attenzione ai cornetti al forno che bruciano, nello stesso tempo sbrigarsi a pulire le pentole che servono al pasticciere, ma attento anche al fornello dove la marmellata bolle che brucia, ricordati che la crema va tolta prima delle 13, e sbrigarsi a rimettere la roba al frigo o si fa cattiva.

Di fronte a queste cose andavo piuttosto in tilt, e sopratutto ad un certo punto mi prendeva l'insicurezza per le cose semplici: ad esempio la paura a fare una crema ricontrollando maniacalmente gli ingredienti.
L'ultima esperienza invece risale a qualche sera fa ad un esibizione canora, conoscevo una canzone a memoria ma per l'emozione prima di salire sul palco, ho avuto un vuoto mentale non mi ricordavo nulla.

Se la tua esperienza è come il mio secondo caso, credo si tratta delle emozioni che prendono il sopravvento. Se invece è come il primo caso può essere stress, o può risalire a mio avviso anche all'infanzia ( esempio se facevo cadere qualcosa a tavola, mio padre si incavolava e mi dava dell'idiota, oggi questa paura ritorna col datore di lavoro che ti rimprovera quanto sbagli).

In altri casi invece ho visto che era una parte di me che mi autosabotava le cose che facevo, per farmi capire che qui non era il posto giusto, che dovevo mettere uno stop alla situazione, che facevo di tutto per dimostrarmi inadeguato, nonostante tutti mi dicevano il contrario.

In ogni caso vedendo la situazione, valuta pure se sei molto stressato o se stai quasi verso l'esaurimento nervoso, se fai una ricerca su quest'ultimo puoi vedere qualche sintomo e se ce l'hai. Se invece non è questo posso dire che la mia esperienza è vedere l'infanzia.

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Vecchio 08-09-2008, 18.28.49   #3
griselda
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A me quando succede, la chiamo ansia da prestazione, è come se non fossi più dentro di me ma fuori che tento di analizzare i pensieri dell'altro, e quindi vado in tilt perchè non sono chiaroveggente insomma la sto mettendo sul ridere perchè in effetti è limitante e se è la stessa cosa che capita a te.
Ma secondo me bisognerebbe concentrasi su quello che stiamo facendo sempre ancora prima che arrivi la persona a cui dobbiamo dare il resto ed imparare a non giudicare, perchè spesso mi capita quando alzo l'altro a mio giudice, ma in fondo mi ricorda anche mia madre che mi metteva sempre fretta e se sbagliavo prendevo dietro di tutto: muoviti...allora non sai più contare...ma cosa stai facendo...a cosa pensi....invece di pensare a giocare pensa a quello che stai facendo....sbrigatiiiii e cose del genere. Ma pure a scuola se tentennavo per la maestra non la sapevo la lezione e quindi davanti al momento di dover pensare prima di....è come se mi sentissi non all'altezza e vorrei che tutto mi venisse normalmente anche quando invece trattando soldi di altri si sente sulle spalle la responsabilità e anche qui mi ritornanon altri momenti del passato dove se perdevo dei soldi venivo sgridata come se fossi una demente invece che una bambina.
A volte mi rendo conto che davanti a certe situazioni non c'è Griselda di oggi ma la bambina di un tempo che non ha superato alcuni avvenimenti. In pratica è come se ridiventassi bambina senza i mezzi e le capacità di oggi.
Non lo ho ancora risolto quindi non so che consigli darti. Anzi uno te lo do cerca di non scappare come è successo a me perchè poi è ancora più faticoso riprendere e sopratutto non giudicarti con gli stessi giudizi che altri in passato possono averti dato o magari quando succede a qualcun altro invece di sentirti imbrarazzato prova ad aiutarlo senza giudizio.
In certi frangenti mi prendevo un po' per i fondelli per superare l'empasse, tipo: sembro analfabeta, oppure che non so contare, ma poi mi riprendo ogni tanto mi capita. Così facendo rompevo il ghiaccio che mi opprimeva e riuscivo a sciogliermi.
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Vecchio 08-09-2008, 19.57.41   #4
Ray
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Astral e Gris ti hanno già detto molto... aggiungendo qualcosina mi vien da dire che secondo me si tratta di una doppia questione.

Da una parte Astral ha probabilmente ragione nel dire che se vuoi cercare quando e come la cosa si è radicata faresti bene a guardare all'infanzia e a i meccanismi di giudizio di cui accenna Gri. Alla fin fine si tratta sempre della falsa idea che abbiamo di noi stessi e della relativa preoccupazione che possa scadere agli occhi altrui... ovvero che gli altri possano pensare quel che noi abbiamo paura pensino (come ad esempio che siamo inadeguati). Questa paura di solito si radica nell'infanzia ed è connessa alla paura di non ottenere il "nutrimento" che magari ci veniva negato in determinati frangenti... per nutrimento intendo molte cose, tra cui approvazione.

Ma come fa notare Gris, e qui veniamo alla seconda parte, si tratta pur sempre di concentrazione. Se sono ben concentrato a dare il resto non lo sono su quel che l'altro può pensare... e viceversa.
La descrizione "energetica" che fai di ciò che ti accade, mi pare quella di un surplus di energia che sale da sotto (paura, ansia eccetera) e che però non viene incanalata e se ne va dappertutto riempiendo ogni spazio e impedendo al resto utile di stare li (tipo le informazioni). Quindi questa energia se ne va in giro dappertutto e tu con lei...

Finchè il meccanismo non è "solto" sta cosa continua ad accadere, ma quel che puoi fare è iniziare ad usarlo a tuo favore (cosa che poi ti aiuta anche a dirimere la questione perchè inizi ad averne meno paura). Non so se ti ricordi di quel che diceva Uno in altro tread (non mi ricordo io quale ) sul radicarsi a terra.
Restare connesso con la terra attraverso ai piedi (simile al TA) ti permette di non disperderti mentre la roba sale... lei sale ma tu resti li. Alla lunga questa energia in più diventa... lucidità. Provare per credere. (il che non esime poi dal risolvere la questione).
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Vecchio 11-09-2008, 17.03.29   #5
jezebelius
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In effetti la questione non è risolta ma ho notato che mi capita " la prima" volta. Mi spiego meglio.
Per il lavoro di cassiere, ad esempio, mi capitava quel che ho detto. Poi col passare del tempo più facevo quella cosa e più la sensazione, la confusione del momento svaniva.
Questo lo attribuisco al fatto che, dopo tot volte che si fa una cosa, questa diviene automatica - sarebbe anche da valutare un discorso sui centri -.
Insomma, anche io vedo " ansia da prestazione", ossia l'essere adeguato a quella situazione, il non sentirmi al di sotto di quello che penso che gli altri potrebbero pensare di me. In poche parole essere all'altezza di una probabile aspettativa che va a finire che mi pongo, pure se non ci penso sempre, a livello profondo.
Mhm...come faccio ad interrompere sto vortice?
Ho provato ad osservarlo sinceramente ma non sono riuscito, se non per pochi attimi, a fare nulla di positivo. Il senso che mi pervade, quello di perdermi, lo trovo - ma da altro lato so che non è così - talmente profondo e quindi difficile da " solvere ".
Per il resto son convinto che è nell'infanzia, e per questo un meccanismo portato avanti in questo senso ha generato frustrazione col passare del tempo, che devo indagare. Ma è evidente la mia difficoltà ad individuare un momento in cui l'interruttore è stato acceso, anche perchè, per esempio come in questo momento, mentre scrivo insomma, il solo pensarci mi fa perdere di vista quello che dovrei veramente fare...
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Vecchio 11-09-2008, 17.21.33   #6
turaz
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l'ho notata alcune volte anche su di me (l'ultima poco tempo fa)
non mi viene meglio che definirla "la paura della paura"
in sostanza non vedi la situazione per quello che realmente sarà al "momento" ma è come se la tua mente già a priori si caricasse di paura pensando di avere "paura" nel futuro.
non so se è chiaro
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Vecchio 11-09-2008, 23.53.38   #7
Sole
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Insomma, anche io vedo " ansia da prestazione", ossia l'essere adeguato a quella situazione, il non sentirmi al di sotto di quello che penso che gli altri potrebbero pensare di me. In poche parole essere all'altezza di una probabile aspettativa che va a finire che mi pongo, pure se non ci penso sempre, a livello profondo.
Quella parolina è stata fatale per la mia paura, che esiste ancora ed è del tutto simile alla tua, ma ha vita più difficile ora.
Son d'accordo con tutto quello detto sopra dagli altri di cui ho fatto esperienza però mai come quando ho visto le aspettative che gli altri avevano su di me mi è stato chiaro tutto.
Quando interagiamo per un rapporto di lavoro (o gli esami) la prima cosa che facciamo è dare un'immagine di noi che generalmente è terribilmente sopra a ciò che possiamo realmente dare perchè dobbiamo con quell'immagine coprire le pecche... ma il guaio è che non si vive di rendita... così alla prima dimostrazione delle aspettative che abbiamo generato negli altri, tremiamo, crolliamo, siamo incapaci perchè non sappiamo conciliare più l'immagine proiettata con le nostre reali capacità che è quello per cui davvero vorremmo essere apprezzati e non quello che vorrebbero gli altri.. . Abbiamo paura che ci "sgamino", sia che sia reale o meno la nostra capacità, inizia comunque la paura di deludere e non essere accettati da cui tutto quello sopra detto dagli altri.
Se potessimo essere capaci di non aver paura prima ancora di interagire, ma di rimanere concentrati all'origine, se potessimo essere sinceri con noi stessi accettando come siamo non creeremmo aspettative che non collimano con noi e potremmo fare il lavoro serenamente.
Quindi fare il cassiere senza dover essere il miglior cassiere superimparato al secondo (per dire, non dico che tu sia così) eccetera eccetera.
Anche perchè ho notato che in questa maniera ci si nega la possibilità di imparare.


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l'ho notata alcune volte anche su di me (l'ultima poco tempo fa)
non mi viene meglio che definirla "la paura della paura"
in sostanza non vedi la situazione per quello che realmente sarà al "momento" ma è come se la tua mente già a priori si caricasse di paura pensando di avere "paura" nel futuro.
non so se è chiaro
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Se non sarò me stesso chi lo sarà per me? E se non ora, quando?
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Vecchio 12-09-2008, 09.56.56   #8
nikelise
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Non riesco a venirne a capo, per cui chiedo un parere.


Quando devo dimostrare di sapere/conoscere o avere la competenza in qualcosa, come ad un esame ad esempio, talvolta mi piglia come una specie di blackout. Mi pare troppa energia che arriva tutta di un botto o anche una mancanza di questa talvolta.
Mi è capitato anche quando ho sentito il peso della responsabilità per un lavoro come cassiere, di cui forse l'esser giudicato potrebbe essere una causa.
Insomma non era tanto l'avere a che fare coi soldi - anche se indirettamente un segnare un prodotto più che un altro, comunque incideva sul totale da pagare sul conto finale e non su quello del ristorante dove lavoravo - quanto invece, il sentire un peso come quello che vien fuori quando uno si chiede se è, o sarà, all'altezza di quel compito.
Un esame anche questo.
Dove sta l'esperienza?
Mi è capitato, e mi capita, quando sento sto peso di non arrivare a capire più nulla. Non perchè non capisca come deve essere fatto il lavoro quanto perchè ho una difficoltà - sembrerà strano ma è così - a " richiamare " i concetti.
Infatti in questa situazione - che può sembrare sia di confusione, sia di panico, sia di " cancellazione " totale delle informazioni che ho acquisito e che fanno parte del mio bagaglio - faccio fatica anche a fare un'addizione: eppure conosco i numeri ma è come se venisse offuscato lo stesso "concetto" che ho di numero. Oppure all'esame ipotetico, mi capita come se non avessi studiato e poi, puntulamente dopo lo stress le informazioni iniziano a mettere la testa fuori e tornare in superficie!
Mi capita lo stesso, allora, anche quando non ho a che fare coi numeri.

Come detto prima, vengono offuscate le stesse parole/informazioni/concetti di cui avrei bisogno in quel momento per cui non ho controllo sulla mente che va, in entrambi i casi, a briglia sciolta.
Cosa accade?
Quei concetti che mi servirebbero vengono appunto offuscati ed il loro posto viene occupato da cose, per quel momento, senza senso; insomma pensieri che si rincorrono l'un l'altro senza fermarsi a grossa velocità ed io che mi trovo nel mezzo, sballottato di qua e di la, vorrei solo abbandondobare quel che sto facendo e andare via. Devo fare, faccio, un grosso sfoprzo per rimanere a quel posto
Sta cosa mi crea ansia - o è l'ansia che la genera... - con grosso dispendio di energia, per cui per sopperire tale mancanza cerco di attivare, come dire, un serbatoio di riserva che mi consenta, in quell'istante, di far fronte alla richiesta energetica, anche per risolvere un'addizione.
Quello che mi sembra appunto è di non sapere gestire, in questi casi, la normale condizione energetica a disposizione, per cui ho bisogno di altra per " tornare", almeno in parte, a quel che sto facendo.

Non riesco a venire a capo di sta cosa, eppure la vedo, ci sguazzo dentro quando arriva ma non riesco a " calmarmi" - nel senso proprio di stare calmo - in quanto mi piglia un senso di non sapere ( fare ) quella cosa; di non essere all'altezza e le azioni che dovrebbero essere guidate dalla razionalità, come ad esempio dare il resto il che è abbastanza semplice mi pare, non vengono guidate affatto, quindi per esempio o mi intorcolo nel darlo ( e mi pare di non saperlo dare, anzi è come non lo sapessi dare ! ) o ci metto un po per fare i calcoli e dare dunque il resto.

Ci vedo d'un lato il fattore " giudizio" ossia il passare attraverso una prova e dare l'abilità ( mia, in quel momento ) per il ruolo che in quel momento ricopro. Ci vedo ansia come anche "interruzione" di un flusso di dati.
Aggiugo qualcosa : le paure , le aspettative degli altri ecc. tutto genera ansia cioe' emozione ma quello che manda in tilt il cervello e' l'interferenza del centro emozionale con quello intellettuale.
Il centro emozionale e' velocissimo quello intellettuale piu' lento ( Gurdyef docet).
Avete presente quando prima di un esame sembra di non ricordare nulla pur se si ha studiato molto ?
E' perche' al contrario di quel che si pensa il cervello , a causa delle emozioni , va a 1000 , e' come un motore in folle con l'acceleratore a tavoletta .
Spesso la confusione nell'esporre un argomento ( salvo che si tratti di un argomento che non si e' capito abbastanza bene ) o la difficolta' a compiere un'operazione e' dovuta proprio a questa interferenza a causa della quale i pensieri si sovrappongono piu' velocemente di quanto si riesca ad esporli uno alla volta o le azioni ad eseguirle.
Cosi' capita di fare discorsi involuti inserendo frasi al momento sbagliato oppure di fare una cosa prima dell'altra ecc. ecc.
Il cervello insomma viaggia troppo velocemente , piu' della parola che deve essere organizzata in modo logico e quindi piu' lentamente , o delle mani che devono agire .
Con l'esperienza e l'abitudine alle situazioni che creano ansia il centrio emozionale viene controllato .
Ma al cambiare della situazione l'emozione puo' riprendere il sopravvento .
Uno dei consigli che si da' infatti e' quello di simulare l'evento che deve accadere proprio per abituare il cervello al futuro stress e cosi' fargli sembrare di aver gia' vissuto quello che deve accadere .
Bisogna ingannarlo insomma .
Ma questa cosa varia da individuo ad individuo : c'e' il tipo ''introverso '' piu' logico e freddo e quello ''estroverso'' piu' emotivo .
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Vecchio 12-09-2008, 10.00.51   #9
turaz
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quello dell'"aspettativa" è purtroppo un annoso problema.
le persone senza rendersene conto ne creano di continuo e ciò le porta a vivere in una costante tensione per riuscire a "essere simili all'aspettativa".
quello che ho capito e provato a fare nella mia esperienza è stato smettere di crearmele ma concentrarmi esclusivamente sul presente (l'aspettativa sposta continuamente l'attenzione al futuro mai realizzabile (ciò che sarà ma che so che non sarà)

non ci riesco ancora stabilmente (sono ricaduto nel tranello parecchie volte per re-azione inconsapevole)

in sostanza ritengo sia molto importante mantenere l'attenzione sul presente di se stessi continuamente senza paura (facile a dirsi difficile a farsi)
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Vecchio 12-09-2008, 10.10.56   #10
RedWitch
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In effetti la questione non è risolta ma ho notato che mi capita " la prima" volta. Mi spiego meglio.
Per il lavoro di cassiere, ad esempio, mi capitava quel che ho detto. Poi col passare del tempo più facevo quella cosa e più la sensazione, la confusione del momento svaniva.
Questo lo attribuisco al fatto che, dopo tot volte che si fa una cosa, questa diviene automatica - sarebbe anche da valutare un discorso sui centri -.
Insomma, anche io vedo " ansia da prestazione", ossia l'essere adeguato a quella situazione, il non sentirmi al di sotto di quello che penso che gli altri potrebbero pensare di me. In poche parole essere all'altezza di una probabile aspettativa che va a finire che mi pongo, pure se non ci penso sempre, a livello profondo.
Mhm...come faccio ad interrompere sto vortice?
Ho provato ad osservarlo sinceramente ma non sono riuscito, se non per pochi attimi, a fare nulla di positivo. Il senso che mi pervade, quello di perdermi, lo trovo - ma da altro lato so che non è così - talmente profondo e quindi difficile da " solvere ".
Conosco la sensazione Jez (se ho capito bene quello che intendi) e capisco che non sia facile "conviverci", perchè ogni volta che si deve affrontare una situazione nuova o "importante", scatta senza che si possa trattenere quella sensazione di perdersi.... ti hanno già detto altri che sarebbe importante restare bene ancorati alla terra, e per esperienza, posso dirti che con me funziona, piantare bene bene (ricordarsi di farlo) i piedi a terra, e rimanere concentrati su sè stessi... quindi anche se davanti hai il professore , o la signora a cui dare il resto, concentrarti solo sulla domanda che ti hanno appena fatto , o su quello che stai facendo, su di te. Mettendoci tutta la forza che puoi in quel momento, concentrazione , non so come dirtelo diversamente.. non perderti di vista e.. osserva quel che succede
Quel perdersi, per me, voleva dire provare una sensazione di "dissolvenza" (è come essere senza confini, non avere per nulla la percezione di sè stessi e di quello che si sta facendo in quel momento, come non esserci, essere "mischiati" all'ambiente, e non è piacevole..) , e credo che sia fortemente connessa al discorso della coscienza corporea.. la sensazione di presenza di "essere lì in quel momento" secondo me è fondamentale.. se non l'hai ti perdi..

Al di là del discorso di recupero dall'infanzia o da dove proviene , che è importante (per quel che riguarda me , non posso ancora dire di ricordarmi il momento in cui è cominciato, se esiste quel momento...), secondo me è importante lavorare molto sul corpo e sulla percezione che abbiamo di esso per questa cosa, ma costantemente non solo durante l'esame.... quindi training autogeno, ricordarsi il più possibile del corpo (le cose che Kael dice nel thread del Training a me aiutano molto, ricordarmi del corpo durante il giorno, ricordarmi che ho delle mani, dei piedi, le gambe.. se occorre mi guardo allo specchio mentre mi vesto, insomma, poi credo che ognuno possa trovare dei modi suoi, e fare come puo'... ).

E per il discorso delle aspettative, potrei aprire un altro libro ma è abbastanza lungo così.. pero' lo sforzo che si puo' fare (se abbiamo dato il meglio per prepararci all'esame per esempio) è quello di tentare di iniziare a fregarsene di quello che possono pensare gli altri.. facile a dirsi, ma soprattutto dovremmo essere sicuri di aver dato il massimo , se è così, l'esame puo' andare come va (ma il punto per quel che mi riguarda, è che spesso andavo non preparata al 100%, per cui non mi sentivo a posto del tutto.. e quella è una trappola..). Insomma, se ci si mette il massimo, "il vada come vada" prende un altro sapore... e si puo' fare...


Ultima modifica di RedWitch : 12-09-2008 alle ore 10.11.29. Motivo: non ho ancora letto Nike e Turi
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Vecchio 12-09-2008, 10.37.11   #11
turaz
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osservando-mi ritengo nel mio caso nasca prevalentemente dalle aspettative che su di me si erano creati i miei genitori e da un'incapacità che si ha nell'infanzia di "mostrare se stessi" pienamente per paura di "ledere l'immagine così creata" o "non dare problemi ai genitori".
se vado a ritroso la mia esperienza in infanzia era di un ambiente continuamente teso per via di problematiche tra i coniugi.
dopo che osservavo che se non "corrispondevo a quanto desideravano io fossi" cominciavano le discussioni e le tensioni allora rinunciavo a quel lato e cercavo di sopirlo stando zitto.
ricordo sensazioni brutte (il non sentirsi pienamente espressi) e seppur piccolo ricordo che lo facevo per un intento di costruire uno spazio "armonico e libero da tensioni" in cui riuscire a stare.

quello di creare uno "spazio armonico e senza tensione" credo sia un pò il nostro scopo nella vita ma questo non può prescindere da quello che nell'altro 3d definiamo opera al nero.
va portato alla luce il malessere per essere osservato e per essere utilizzato.
se buttato nel fondo e non risolto alla lunga si ripresenterà sotto altre vesti

Ultima modifica di turaz : 12-09-2008 alle ore 10.39.40.
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Vecchio 12-09-2008, 21.50.50   #12
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, ma soprattutto dovremmo essere sicuri di aver dato il massimo , se è così, l'esame puo' andare come va (ma il punto per quel che mi riguarda, è che spesso andavo non preparata al 100%, per cui non mi sentivo a posto del tutto.. e quella è una trappola..). Insomma, se ci si mette il massimo, "il vada come vada" prende un altro sapore... e si puo' fare...

A volte (sottolineo a volte e non tutte le volte) non andare preparatii al 100% può rappresentare il massimo che potevamo fare in quel frangente.

Il che non significa che dobbiamo avere sempre una scusa buona per giustificare la nostra pigrizia, ma che se si cerca di essere obiettivi verso se stessi ci si deve rendere conto che la nostra massima performance non è sempre disponibile... funzioniamo ciclicamente
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Vecchio 12-09-2008, 21.53.15   #13
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quello di creare uno "spazio armonico e senza tensione" credo sia un pò il nostro scopo nella vita
Creare lo spazio armonico e senza tensione in cui stare NOI (e non gli altri) è spesso lo scopo della vita della nostra parte meccanica. C'è un'altra parte, che se non è ancora morta cerca in tutti i modi di uscire, che se non trova altri mezzi fa esattamente l'opposto dell'altra... ovvero cerca di creare tensioni.
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Vecchio 12-09-2008, 22.01.48   #14
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Aggiugo qualcosa : le paure , le aspettative degli altri ecc. tutto genera ansia cioe' emozione ma quello che manda in tilt il cervello e' l'interferenza del centro emozionale con quello intellettuale.
Il centro emozionale e' velocissimo quello intellettuale piu' lento ( Gurdyef docet).
Avete presente quando prima di un esame sembra di non ricordare nulla pur se si ha studiato molto ?
E' perche' al contrario di quel che si pensa il cervello , a causa delle emozioni , va a 1000 , e' come un motore in folle con l'acceleratore a tavoletta .
Vero (che poi è quello che dicevo sul surplus di energia che viene su da sotto detto in altro modo). Qui ci entra parecchio il discorso dei centri che fanno il lavoro degli altri e/o che usano l'energia propria (ovvero al grado di raffinazione adatto) degli altri centri.
In linea teorica una prestazione intellettuale non dovrebbere coinvolgere il centro emotivo, almeno in prima istanza. Da una condizione di equilibrio raggiunto, ovvero di collaborazione tra i centri, invece il centro emotivo dovrebbe mettere a disposizione di quello intellettuale (in questi casi) la passione d'appoggio necessaria a metterci quel qualcosa in più (a metterci l'anima), a fare con tutti (i centri) se stessi. Il centro motore dovrebbe stare fermo (girare al minimo) per non interferire.
Questo equilibrio è però raggiungibile solo dopo aver fatto un lavoro di separazione per così dire, impedendo l'invasione di un centro nel'operato degli altri (solve et coagula il meccanismo).

Quindi la volontà andrebbe concentrata nell'obbligare ad un'azione non isterica, non frettolosa, la disciplina di fare una cosa alla volta... quella calma che deriva dal reggere il surplus energetico e che quindi fa caldo.
Ray non è connesso  
 


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