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Vecchio 08-03-2007, 11.03.30   #1
Kael
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Una delle prime cose che un attore deve imparare è quella di "calarsi nel personaggio"...
Strano modo di dire no?
Calarsi in quella particolare personalità, fatta di un numero determinato di caratteristiche, e "perdere" tutte le altre che potenzialmente si hanno dentro... In una parola, diventare quel personaggio.

E' chiaro che un attore deve possederle tutte queste caratteristiche, perchè se di propria natura non potrebbe mai essere un violento ad esempio, non potrebbe neppure "calarsi" nella parte di un violento. Ugualmente, un attore che non si è mai veramente innamorato non potrebbe calarsi nella parte di Romeo...
Come in una struttura piramidale quindi, alla base (composta da centinaia di blocchi di pietra) abbiamo tutte le differenti possibilità/manifestazioni, le une separate dalle altre... Salendo invece abbiamo sempre meno blocchi di pietra... fino a quello più in cima, Unico, che "comprende" tutte le manifestazioni sottostanti.
In potenza il blocco in cima racchiude tutte le manifestazioni che si trovano alla base, esattamente come, vedendo la cosa al contrario, il tronco di un albero racchiude in potenza tutte le manifestazioni superiori dei rami e delle foglie, che vanno aumentando...

Con questo post volevo porre la seguente domanda: avete mai provato a recitare? Intendo in maniera cosciente e consapevole, com-portandovi anche in maniera diversa da come realmente agireste.
Spesso quelli che hanno partecipato a giochi di ruolo dicono che col tempo il personaggio che si interpreta li "prende" a tal punto che inizia a vivere di "vita propria" dentro di essi... Ossia sono diventati talmente quel personaggio da non riuscire più, o con enorme fatica, a tornare ad essere se stessi...
Anche di certi attori si è sentito che dopo aver interpretato un dato personaggio se lo sono portati dietro anche a riprese finite... come se egli avesse iniziato a vivere in maniera indipendente dentro di loro...

Per la cronaca, ho osservato su me stesso che fingendo di essere arrabbiato (quando in realtà non lo ero) alla fine lo diventavo realmente, e ho dovuto porre una certa resistenza per non lasciarmi più influenzare dal personaggio e tornare ad essere me stesso...

Se, dunque, nella vita interpretiamo vari Personaggi o drammi, venendone in qualche modo influenzati (cioè li subiamo) deve poter valere anche il caso opposto, ossia possiamo "liberarci" di questo o di quel personaggio, salendo la piramide verso il blocco in cima, Unico, ampliando le nostre possibilità ma senza per questo perdere veramente le manifestazioni alla base perchè le comprendiamo...
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Vecchio 08-03-2007, 11.43.28   #2
Grey Owl
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Si... ho provato a recitare.
Anzi recito (sul palco di un teatro) nel gruppo dei genitori della scuola.

In passato ho fatto scuola di recitazione ed ho collaborato alla messa in scena di spettacoli teatrali.

Il problema piu' grande per chi inizia a recitare e' prendere coscienza di essere attore di se stesso.
Spesso si sceglie la parte per l'attore (genitore) per questo motivo... per la difficolta' da parte del genitore ad uscire dal proprio personaggio.

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AGGIUNGO: volevo evidenziare il concetto che "si crea il personaggio attorno all'attore e non e' l'attore che si adatta al personaggio"
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Esempio... ho fatto la parte di mangiafuoco nella rappresentazione di pinocchio... parte congeniale a me... grosso, cattivo e burbero.
Po ho fatto genoveffa una delle due sorellastre di cenerentola... parte non proprio congeniale a me.

Il fatto e' che non e' per nulla facile uscire dalla propria pelle... si da' per scontato il "nostro personaggio".

Un esercizio utile a staccare la pelle e' l'utilizzo della maschera neutra... una maschera bianca senza espressione... poi rappresentare col corpo gli stati emozionali... ad esempio rabbia, gioia, amore, felicita', timore, paura... ed anche gli elementi come il fuoco, l'aria, l'acqua, la terra... ed anche un albero, un uccello, un gatto, un lupo...ecc

Capita spesso nel recitare un personaggio (che non ci e' "familiare") di esaltare alcune caratteristiche che non sono oggettivamente proprie di quel personaggio.
A mettere accenti soggettivi di come vediamo quel personaggio.
Cerco di spiegarmi meglio... un uomo che recita la parte di una donna accentua alcune caratteristiche che sono nel suo immaginario di uomo. E cosi' una donna che recita' la parte di un uomo tendera' ad essere eccessivamente maschio e cosi' vale anche per il carattere...

Requisito fondamentale per un attore e' mettersi in gioco... diventare fluido... un elemento fluido riempie gli spazi... un elemento rigido no.

Inoltre serve dissociarsi dal proprio personaggio... in questo il rischio di non ritrovarlo piu'.

Per comprendere tutti personaggi bisogna prenderne la distanza... non subirli.

L'Attore smette di interpretare il personaggio interpretato nel momento che appoggia il vestito di scena nel camerino del teatro.

Ultima modifica di Grey Owl : 08-03-2007 alle ore 11.46.34.
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Vecchio 08-03-2007, 13.03.06   #3
RedWitch
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Recitare consapevolmente dovrebbe significare non perdere mai di vista la parte (è interessante che si chiami proprio così..) che in quel momento sto recitando, e quello che sto manifestando devo sceglierlo altrimenti recito inconsapevolmente. Quel che ho visto su di me è che se lascio che questa parte "si sparpagli", se la perdo di vista per qualche momento, prende immediatamente il sopravvento, è come se la parte che sto recitando si impadronisse di tutto il resto, e diventa difficile riprendere le redini.. quindi anche qui è un discorso di attenzione e di presenza..

Il calarsi nel personaggio... significa "scendere" e andare a prendere parti di noi che normalmente non manifesteremmo giusto?
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Vecchio 08-03-2007, 13.14.26   #4
griselda
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Credo potrebbe essere un bell'allenamento...ed inoltre potrebbe mostrarci quanto poco siamo in grado di mantenere una parte...
L'attore per essere un buon attore deve immedisimarsi entrare nel personaggio e quindi viverlo fino in fondo...
Mi piacerebbe se si potesse fare un bel gioco di ruolo qui in Ermopoli con ruolo assegnato ...basterebbe a farci vedere quanto mutevoli siamo.... e magari potrebbe aiutarci nell'osservazione di noi stessi.
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Vecchio 08-03-2007, 14.09.37   #5
Kael
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Tutti recitiamo delle parti... più o meno consapevolmente... e siamo talmente abituati a certi personaggi (o personalità) dominanti, che siamo finiti con l'identificarci con essi, avendoli portati avanti per tutta la vita e arrivando a chiamarli "noi stessi"...

Quando si parla di carattere in fondo, si discorre proprio delle nostre personalità dominanti, di quelle con cui siamo più identificati, e NON di ciò che siamo veramente, il nostro ESSERE... (che, potenzialmente, le comprende tutte) Si arriva così a dire "non fa per me", "non mi si addice", proprio perchè stride con il personaggio che crediamo di essere...

Per recitare intendevo proprio nella vita, non sul palco. E' interessante anche l'esperienza portata da Grey, ma in quel caso se Grey diventa Mangiafuoco, è Mangiafuoco che si assume le responsabilità del suo agire... e Grey potrebbe sempre dire "non ero io quello"... Provando a recitare nella vita invece, magari sul lavoro, o fra amici o in famiglia, è sempre Grey che recita, ma lo fa in maniera più diretta, senza una maschera scenica dietro cui nascondersi. Sul palco c'è sempre la consapevolezza che si sta recitando una parte, che è finzione, nella vita invece si cammina su un filo fra ciò che è reale e ciò che non lo è... e spesso capita di cadere..
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Vecchio 08-03-2007, 14.20.26   #6
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Tutti recitiamo delle parti... più o meno consapevolmente... e siamo talmente abituati a certi personaggi (o personalità) dominanti, che siamo finiti con l'identificarci con essi, avendoli portati avanti per tutta la vita e arrivando a chiamarli "noi stessi"...

Quando si parla di carattere in fondo, si discorre proprio delle nostre personalità dominanti, di quelle con cui siamo più identificati, e NON di ciò che siamo veramente, il nostro ESSERE... (che, potenzialmente, le comprende tutte) Si arriva così a dire "non fa per me", "non mi si addice", proprio perchè stride con il personaggio che crediamo di essere...

Per recitare intendevo proprio nella vita, non sul palco. E' interessante anche l'esperienza portata da Grey, ma in quel caso se Grey diventa Mangiafuoco, è Mangiafuoco che si assume le responsabilità del suo agire... e Grey potrebbe sempre dire "non ero io quello"... Provando a recitare nella vita invece, magari sul lavoro, o fra amici o in famiglia, è sempre Grey che recita, ma lo fa in maniera più diretta, senza una maschera scenica dietro cui nascondersi. Sul palco c'è sempre la consapevolezza che si sta recitando una parte, che è finzione, nella vita invece si cammina su un filo fra ciò che è reale e ciò che non lo è... e spesso capita di cadere..
Quando dopo diverse cadute ci si trova a vedersi diversi dal personaggio che si andava ad interpretare cosa succede, ci si può ritrovare nel limbo?
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Vecchio 08-03-2007, 15.14.13   #7
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Sul palco c'è sempre la consapevolezza che si sta recitando una parte, che è finzione, nella vita invece si cammina su un filo fra ciò che è reale e ciò che non lo è... e spesso capita di cadere..
Scusami Kael ma non ho capito cosa intendi con... e spesso capita di cadere.

Cadere da dove?...
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Vecchio 08-03-2007, 18.37.57   #8
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"Il requisito fondamentale per un grande attore è che si piaccia quando recita."
Charlie Chaplin

Ecco, mi pare adatto.

Quando impersonifichiamo un ruolo, personaggio, recita, dramma.. abbiamo un'opinione ottima di noi. Non ci poniamo il problema di osservare, ci piacciamo.. ci sentiamo noi. Poi un minuto dopo arriva l'altro personaggio e con lui il conflitto. Senza osservare tutto questo si rischia di farsi catturare dal personaggio.. in questo senso credo che si intendesse caduta... subire il personaggio invece che osservare ed usare per conoscere meglio noi stessi.
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Vecchio 08-03-2007, 19.25.05   #9
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personaggio.. in questo senso credo che si intendesse caduta... subire il personaggio invece che osservare ed usare per conoscere meglio noi stessi.
Mi spiegheresti per favore cosa intendi per osservare ed usare per conscerci meglio?
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Vecchio 08-03-2007, 21.08.02   #10
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subire il personaggio invece che osservare ed usare per conoscere meglio noi stessi.
Ecco, più o meno intendevo questo.. (per rispondere a Grey)
La realtà è relativa, per un uomo la terra appare piatta finchè sta sulla terra stessa, ma se si alza in volo fino ai limiti dell'atmo-sfera già inizia a vederla sferica...
Nella vita si cammina continuamente fra sogno e realtà.. Finchè si gestisce il personaggio (personalità) del momento, finchè si sa di star recitando, tutto va bene... ma se ci si "dimentica di sé" ecco che la recita smette di essere tale e diventa realtà (relativa)

Per esempio, se io recito di essere arrabbiato (ma non lo sono) so che è finzione... Se dimentico di star recitando allora la mia rabbia diventa reale, la percepisco come mia, e vivo la finzione come realtà... Questo intendevo per cadere. Per rispondere a Griselda direi dunque che ci troviamo già in una condizione che ci vede caduti, ci sentiamo già identificati con i nostri personaggi, pertanto andrebbe fatto il procedimento inverso... si dovrebbe risalire dai vari personaggi che interpretiamo all'Attore...
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Vecchio 08-03-2007, 22.56.48   #11
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Per la cronaca, ho osservato su me stesso che fingendo di essere arrabbiato (quando in realtà non lo ero) alla fine lo diventavo realmente, e ho dovuto porre una certa resistenza per non lasciarmi più influenzare dal personaggio e tornare ad essere me stesso...
Vi ricordate la discussione sui complessi e altre analoghe (scusate se non metto il link)?
Quando manifestiamo qualcosa, per farlo, dobbiamo fornirlo di energia. Si forma un complesso, un agglomerato. Finchè "ho tutto sotto controllo" e non mi ci identifico poi, quando non mi serve più lo posso solvere e rimandarlo nel potenziale.
Ma se l'energia che possiede - e più lo mantengo (nutrire) più gliene devo fornire - inizia a rivaleggiare con quella della coscienza o, in altro modo, se si avvicina alla soglia del mio gestibile, ecco che la forza di attrazione (magnetica) che ha si fa sentire. E può prendere il sopravvento e attirarmi... e quindi cado.
Di qui la resistenza necessaria...

Questo per tentare di collegare a quanto, secondo me assai giustamente, scrive Red a proposito di "parti" e di "sparpagliare".


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Il calarsi nel personaggio... significa "scendere" e andare a prendere parti di noi che normalmente non manifesteremmo giusto?
Quest'ultima domanda è passata un po' inosservata, invece credo meriti attenzione in quanto apre tutto un discorso.
Calarsi nel personaggio dovrebbe essere un po' come calarsi in un paio di pantaloni (ricordandosi che siamo la gamba e non il patalone) indipendentemente che usiamo quei pantaloni spesso o raramente.
Però effettivamente sappiamo di recitare quando ci infiliamo un pantalone che altrimenti non useremmo, mentre ce ne dimentichiamo sovente quando usiamo quelli di ogni giorno.
Messa così potrebbe essere notevolmente importante recitare parti a noi inusuali, ma forse ancor più importante recitare quella usuali...
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Vecchio 09-03-2007, 05.03.06   #12
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Originalmente inviato da Ray
Quando manifestiamo qualcosa, per farlo, dobbiamo fornirlo di energia. Si forma un complesso, un agglomerato. Finchè "ho tutto sotto controllo" e non mi ci identifico poi, quando non mi serve più lo posso solvere e rimandarlo nel potenziale.
Ma se l'energia che possiede - e più lo mantengo (nutrire) più gliene devo fornire - inizia a rivaleggiare con quella della coscienza o, in altro modo, se si avvicina alla soglia del mio gestibile, ecco che la forza di attrazione (magnetica) che ha si fa sentire. E può prendere il sopravvento e attirarmi... e quindi cado.
Di qui la resistenza necessaria...
Sono d'accordo.

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Quando impersonifichiamo un ruolo, personaggio, recita, dramma.. abbiamo un'opinione ottima di noi.
Può anche succedere che abbiamo di noi una pessima opinione, e se non ci osserviamo iniziamo a nutrire con pensieri negativi un agglomerato che se prende il sopravvento ci risucchia fino a farci cadere e quindi restare intrappolati nella realtà spaventosa della struttura che ci siamo costruiti e che ci può portare all’autodistruzione, nei casi più estremi alla follia o alla morte. In questi casi la resistenza che si può fare necessita di un’attenzione e osservazione costanti.
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Vecchio 09-03-2007, 18.25.13   #13
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Si Sha, credo che siano la stessa faccenda, sia che ci guardiamo con piacere che con disprezzo ci attiriamo in quel fosso che dici e li restiamo se non facciamo resistenza.
Sarebbe un'illusione pensare che quando ci sentiamo soddisfatti siamo in salvo.. forse lì è il momento peggiore perchè non abbiamo campanelli.
Sole non è connesso  
Vecchio 09-03-2007, 21.46.48   #14
martin
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Salve, sono nuovo, forse non parteciperò molto ma mi piace questo posto.
Confermo quello che hanno detto alcuni di voi, recito in una piccola compagnia di paese di dilettanti. Lo facciamo per passione ma è un grosso lavoro interiore, me ne rendo conto adesso dopo qualche anno.
Personalmente ho notato che alcuni personaggi mi si "incollano" addosso e devo stare attento come diceva Kael, con altri invece devo sforzarmi per essere credibile.
Non ho ancora trovato che cosa determina questo, pensavo dipendesse da quello che mi piace o no, ma alcune volte ho visto che non era assolutamente così.
Gradirei avere un vostro parere, grazie
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Vecchio 09-03-2007, 23.04.52   #15
Smashan
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Ciao Martin.
Io credo che l'attaccamento ad un personaggio sia comprensibile a seconda del caso specifico.
Ci sono personaggi in cui l'attore si immedesima con facilità più che per il piacere di farlo, per alcune caratteristiche 'sopite' , per qualche motivo che si è manifestato diversamente nella vita ma che possiede lo stesso meccanismo, o la stessa radice. Magari noi non ce ne rendiamo conto.

Forse nessuno potrebbe mai dire: 'mi identifico nel personaggio del serial killer'.
Eppure, perchè no?
Forse che noi non abbiamo rabbia? forse che noi non abbiamo ossessioni? Forse che noi non abbiamo fantasie mostruose a volte?
La grazia è che non le dobbiamo attuare necessariamente, il Peso è che le dobbiamo accettare come parte di noi stessi e d'un percorso, quello umano, che implica 'apertura'.
Poi gli esempi possono essere infiniti.

Studiai teatro a scuola, e spesso ancora mi colgo in fragranza di reato, ovvero mi ritrovo in una stanza lontano dal mondo a recitare un pezzo dell'Adelchi, o dell'Amleto, o dell'Otello...o parti di film che mi hanno colpito e che ho visto abbastanza da poter ricordare.
Ho studiato per conto mio il metodo Stanislavsky, e l'ho trovato una forma di percorso intimo e umano molto forte.
Dimenticare se stessi facendo fuoriuscire un personaggio nuovo, con un suo passato e un suo presente. Diverso da quello che normalmente non accettiamo del nostro passato, o delle qualità che non abbiamo avuto il coraggio di sviluppare, o dei vizi che abbiamo volutamente coltivato (parlo in pluralis maiestatis...parlo di me in realtà...sono in flusso di coscienza quindi chiedo venia).
Insomma, è un modo di aprire le porte dell'infinito. La recitazione è una chance che ci diamo o per ampliare il nostro raggio di vedute e di azione o per rinchiuderci in un mondo fittizio per non assumerci la responsabilità di essere noi stessi.
Io l'ho sempre fatto per la seconda, anche se ammetto che la prima non mi è sempre mancata
Ho comunque imparato molto da queste cose, e su me stesso e sulla natura umana.
A volte ci si chiede perchè senza che sia necessario sapere la risposta; perchè ci sentiamo ugualmente arricchiti, o appesantiti in alcuni casi.
E' da un lato un'invocazione, portare dentro qualcosa che arriva dall'esterno, ma in fin dei conti è un'evocazione, perchè rielaborandolo non possiamo fare a meno di dare al personaggio di turno un taglio personale. Un Bela Lugosi non sarà mai un Gary Oldman (i Dracula, per chi li ha visti).
Dunque, anche nella vita, ogni volta che incarniamo un personaggio (nostro, in cerca di autore), non facciamo altro che esasperare una parte che comunque ci appartiene.
Non si fugge dai centomila omini che ci animano.
Solo forse si deve dare ad ognuno un posto preciso. Dare ordine al Caos.....forse sto andando troppo lontano dal senso del TRD.

Comunque Martin, consigli non ne ho....credo che certi nodi li scioglierai da solo, con il tempo....se ti ci dedichi con onestà
Smashan non è connesso  
 


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