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Vecchio 29-10-2009, 21.51.26   #1
Uno
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Predefinito Rimarcare spesso senza accorgersi

L'esempio più banale, e più innocuo per certi versi, è quello che feci tempo fa: "assolutamente si", "assolutamente no".
Ma tante volte la cosa è più nascosta e allo stesso tempo ben evidente a chi sa vederla.
Ci sono due principali modi di dialogare, a dire il vero uno non è proprio un dialogo.
Il primo è quello sano in cui due o più persone si incontrano nella dimensione delle parole (anche di un sguardo o di un gesto, ma adesso stiamo parlando di parole) e attraverso queste riescono a manifestarsi a vicenda arricchendosi.

Il secondo è quello conquistatore, quello non sano e che non sarebbe neanche da definire dialogo, ma tant'è che è quello più usato e conosciuto, purtroppo.
Conquistatore perchè in varie forme vede nell'altro territorio da conquistare, le parole diventano progenie da seminare e per far questo si è disposti anche a sdradicare ciò che già è nato o sta nascendo nelle altrui sfere interiori, alla stessa maniera in cui un'animale maschio potrebbe uccidere i figli di altro maschio per aver a disposizione una femmina fertile.

E' di questa seconda tipologia che voglio parlare.
Qui entra in gioco il titolo del 3d, nella composizione delle frasi, nello scriver come nel parlare quando si ripetono le stesse parole più volte con insistenza può voler dire tre cose, che non si ha a disposizione un grande vocabolario (e su questo non c'è nulla di male), che si vuole martellare il concetto cercando di insinuarlo nella mente altrui o che per primi non ci si sente sicuri di quello che si dice.
Le ultime due cose spesso coincidono, il rimarcare allora assume il desiderio (non conscio) di entrare in contraddittorio per, detta in maniera semplice, veder se passa....
Se passa, se nessuno obbietta, vuol dire (si crede voglia dire) che ciò pensiamo è giusto. "Caspita... l'ho marcata bene e nessuno mi sconfessa, allora l'ho indovinata e l'ho pure detta".

Il brutto è che nella vita comune chi è abituato a fare così, spesso non viene ostacolato più di tanto, detta papale papale: meglio lasciarli che si imbrodino da soli, se questo dire non è inerente cose che vanno a toccare gli interessi altrui.
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Vecchio 29-10-2009, 22.16.40   #2
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il desiderio (non conscio) di entrare in contraddittorio per
Scusa non ho capito questo passo. Intendi entrare in contraddizione con qualcuno?
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Vecchio 29-10-2009, 22.19.33   #3
Uno
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Scusa non ho capito questo passo. Intendi entrare in contraddizione con qualcuno?
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Vecchio 30-10-2009, 00.39.33   #4
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Le ultime due cose spesso coincidono, il rimarcare allora assume il desiderio (non conscio) di entrare in contraddittorio per, detta in maniera semplice, veder se passa....
Se passa, se nessuno obbietta, vuol dire (si crede voglia dire) che ciò pensiamo è giusto. "Caspita... l'ho marcata bene e nessuno mi sconfessa, allora l'ho indovinata e l'ho pure detta".
Le due cose spesso coincidono, anche perchè un'insicurezza trova facilmente "conforto" nell'insistenza e nel cercare di portare gli altri sulla propria barca.
Quote:


Il brutto è che nella vita comune chi è abituato a fare così, spesso non viene ostacolato più di tanto, detta papale papale: meglio lasciarli che si imbrodino da soli, se questo dire non è inerente cose che vanno a toccare gli interessi altrui.
In linea di massima comunque, e a livelli diversi, succede più o meno a tutti di cercare di "vedere se passa", finchè non siamo Individui completamente formati e indipendenti dagli altri. Anche senza martellare intendo, dico una sola volta e poi vedo gli effetti che provocano le mie parole nei miei interlocutori, magari aspetto approvazione, etc.. ma qui stiamo parlando di rimarcare spesso per cui si tratta di una cosa ben più radicata e profonda (e soprattutto inconscia, cosa che nell'esempio sopra non è, non sempre almeno).
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Vecchio 30-10-2009, 10.08.34   #5
Sole
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Rimarcare in che senso? Insistere ripetendosi?
Se si io ci trovo tanta paura in questa cosa, oltre che una gran fatica per chi vuole cimentarsi a dar retta al rimarcatore, soprattutto per il rimarcatore stesso che spreca un'energia enorme in questa paura.
Ci vedo la paura di non essere accettato o dall'interlocutore o da un gruppo. Ho notato che spesso chi ha questo atteggiamento si mette in condizioni di avere un uno contro tutti, però la responsabilità è anche dell'interlocutore che va allo scontro.
A quel punto c'è una completa chiusura alla voce dell'altro, non c'è proprio ascolto e o si lascia perdere o si cambia modo, ma non è sempre facile.
Questa della paura è una visione forse romantica della cosa... forse alleggerisce il sintomo, ma effettivametne c'è chi deve proprio nutrire la propria immagine, il proprio immaginario di se stesso, il proprio presunto potere che vede riflesso su gli altri. Allora convincere insistendo andando allo scontro, sfiancando l'ormai avversario è l'unico modo per soddisfare il bisogno di "grandezza" che si ha, solo che avviene la cosa per me più triste che ci sia in un dialogo e cioè che l'altro lascia perdere, non risponde più, tace perchè non vede vie di uscita, risparmia energia che l'altro sta tentando di prendere. Allora ci sarebbero due modi che mi sono noti: andare fino in fondo resistendo allo scontro, cioè non entrare in conflitto ma tentando il dialogo, o non iniziare se si sa che non si potrà andare in fondo.
Questa vista da chi si trova davanti un personaggio così.
Dall'altra parte ci vedo questo bisogno di affermazione e considerazione enorme oltre ogni ragionevole dubbio...
__________________
Se non sarò me stesso chi lo sarà per me? E se non ora, quando?

Ultima modifica di Sole : 30-10-2009 alle ore 10.11.18. Motivo: correzioni ortografiche... sobh
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Vecchio 30-10-2009, 11.42.23   #6
RedWitch
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Conquistatore perchè in varie forme vede nell'altro territorio da conquistare, le parole diventano progenie da seminare e per far questo si è disposti anche a sdradicare ciò che già è nato o sta nascendo nelle altrui sfere interiori, alla stessa maniera in cui un'animale maschio potrebbe uccidere i figli di altro maschio per aver a disposizione una femmina fertile.
E' dunque una forma di violenza verso l'altro, ma è sempre inconscia ? Pensavo che il mettersi sempre in contraddizione, fosse almeno in parte volontario, una specie di provocazione verso l'altro, di cui non si accetta comunque l'idea e non la si prende nemmeno in considerazione.

Mi è venuta in mente una persona con cui ho partato anni fa, il suo cavallo di battaglia era, a fine di quasi ogni frase "...non trovi"? (la diceva soprattutto se mi mostravo dubbiosa alle sue teorie). Anche se non è propriamente la stessa cosa , qui si tratta forse più di voler convincere l'altro, ma anche qui non c'è nessuna volontà di dialogare, ed anche questa la vedo (e la vivevo) come una violenza sull'altro.

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E' di questa seconda tipologia che voglio parlare.
Qui entra in gioco il titolo del 3d, nella composizione delle frasi, nello scriver come nel parlare quando si ripetono le stesse parole più volte con insistenza può voler dire tre cose, che non si ha a disposizione un grande vocabolario (e su questo non c'è nulla di male),che si vuole martellare il concetto cercando di insinuarlo nella mente altrui o che per primi non ci si sente sicuri di quello che si dice.
Le ultime due cose spesso coincidono, il rimarcare allora assume il desiderio (non conscio) di entrare in contraddittorio per, detta in maniera semplice, veder se passa....
Se passa, se nessuno obbietta, vuol dire (si crede voglia dire) che ciò pensiamo è giusto. "Caspita... l'ho marcata bene e nessuno mi sconfessa, allora l'ho indovinata e l'ho pure detta".
Ma perchè si vuole dire la cosa giusta e vedere se passa? desiderio di accettazione? immagine? o che altro?

A me è capitato diverse volte di accorgermi che in un post ripeto più volte lo stesso concetto cercando di spiegarmi il meglio possibile, ed il più delle volte è perchè non ho ben capito .. è anche questa una maniera inconscia di cercare di vedere se passa ?
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Vecchio 30-10-2009, 11.55.57   #7
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A me è capitato diverse volte di accorgermi che in un post ripeto più volte lo stesso concetto cercando di spiegarmi il meglio possibile, ed il più delle volte è perchè non ho ben capito .. è anche questa una maniera inconscia di cercare di vedere se passa ?
Anch' io spesso mi trovo , e non solo qui , a sentire la necessità di ripetere un concetto / pensiero cercando di usare altri vocaboli , ritenevo fosse un modo per chiarire a me stessa anche se per farlo utilizzo la conversazione con l'altro .

Al rimarcare può corrispondere la sottolineatura , il neretto o l'uso delle maiuscole nello scrivere?
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Vecchio 30-10-2009, 13.03.42   #8
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Con rimarcare intendo anche materialmente ripetere le stesse parole, quasi in una nenia. Sono quelle che volendo permetterebbero di fare una caricatura verbale di una persona.
Ripetere un concetto in un'altra forma può significare invece cercare di capirlo meglio, di trovare chi ci aiuta a capirlo o ad esprimerlo meglio.
Ma la differenza si nota, penso che con un pò di pazienza ci potrei anche costruire un software che riconosca con buon precisione le due tipologie.
E' per esempio evidentissimo quando al contrario di quello che dovrebbe essere un dialogo ci si punta su un particolare e qualsiasi domanda l'altro faccia non si risponde girando e tornando su quel particolare.

Diciamo anche che anche in questo caso come in tutto non esiste bianco e nero, c'è chi attua questi meccanismi quasi sempre, chi qualche volta, chi quasi mai etc, c'è chi si accorge di farlo (anche se di solito dopo), chi anche quando glielo fai notare cade dalle nuvole etc...
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Vecchio 30-10-2009, 16.57.18   #9
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Mi è venuta in mente una persona con cui ho partato anni fa, il suo cavallo di battaglia era, a fine di quasi ogni frase "...non trovi"? (la diceva soprattutto se mi mostravo dubbiosa alle sue teorie). Anche se non è propriamente la stessa cosa , qui si tratta forse più di voler convincere l'altro, ma anche qui non c'è nessuna volontà di dialogare, ed anche questa la vedo (e la vivevo) come una violenza sull'altro.
Quel "non trovi" lo sento fastidioso, perchè mi costringe a rispondere quando preferirei appunto lasciare imbrodare quel tipo di persona, ma ancora peggio quando alla fine di un concetto mi sento chiedere "giusto?" come se fosse una sfida ad obiettare, o la ricerca di un consenso.
Poi mi sono accorta da poco di una ripetizione che mi scappa in modo automatico per esempio alla fine di un discorso ed è "o no?". Quando me ne sono resa conto mi sono chiesta da dove mi saltava fuori all'improvviso e ho trovato la risposta: mi sono lasciata influenzare da una persona che frequento e che la usa sempre. Però se l'ho fatta mia mi sa che c'è anche altro sotto.
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