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Vecchio 06-02-2009, 00.55.01   #51
Ray
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Predefinito Libro 1, capitolo V

Metto un altro capitoletto... pian pianino andiamo avanti.


Citazione:
Cap. V – Del leggere le Sante Scritture
Citazione:
1. Nelle Sante Scritture va ricercata la verità e non l'eloquenza. Ogni Scrittura sacra deve essere letta con quello stesso Spirito Santo con cui è stata composta. Nelle Scritture dobbiamo ricercare di più l'utilità che la finezza dell'espressione. Dobbiamo leggere libri devoti e semplici così come alti e profondi. Non lasciarti colpire dall'autorità dello scrittore, che sia molto o poco letterato, ma il puro amore per la verità ti induca a leggere. Non chiedere chi ha detto una cosa, ma bada a cosa è stato detto.
2. Gli uomini passano, ma la verità del Signore rimane in eterno (Salmi 116, 2). Dio ci parla in vari modi, senza tener conto delle persone (1PT 1, 17). Spesso la nostra curiosità ci è di ostacolo nella lettura delle Scritture, perchè vogliamo capire e discutere là dove ci sarebbe da passare con semplicità. Se vuoi trarre profitto, leggi con umiltà, semplicità e fede, e non aspirare alla fama di scienza (di studioso - ndr). Interroga volentieri e ascolta in silenzio le parole dei Santi, né ti dispiacciano i dettami1dei vecchi2: essi infatti non sono proferiti senza ragione.


NOTE ALLA TRADUZIONE:
1 - il termine latino è “parabolae”... approfondire il quale può risultare interessante
2 - il termine latino è “seniorum” che, oltre a vecchio, veicola anche il significato di superiore e di “giunto prima” (come senior e junior, appunto).
Un concetto su cui porrei l'attenzione è contenuto in quel "non chiedere chi ha detto una cosa, ma bada a cosa è stato detto". Banale forse, ne abbiamo anche già parlato, ma quante volte siamo capaci di applicarlo? Quanto di buono ci perdiamo perchè viene detto da chi consideriamo "poco" e quanto ci beviamo di quello che abbiamo sentito da chi consideriamo "molto"?
Un esempio dell'atteggiamento abbastanza vicino a quello corretto forse lo abbiamo quando leggiamo una frase su un muro... dobbiamo considerarla per quello che dice, non sappiamo chi l'ha scritta. A meno che non intervenga anche li la mente con qualche pregiudizio su chi scrive sui muri...
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Vecchio 13-02-2009, 01.01.11   #52
Ray
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Predefinito Libro 1, cap. VI

Io intanto aggiungo un altro pezzetto.


Citazione:
Cap. VI - Degli affetti disordinati
Citazione:
1. Ogniqualvolta l'uomo appetisce qualcosa disordinatamente, subito diviene inquieto dentro di se. Il superbo e l'avaro non hanno mai quiete; il povero e l'umile di spirito dimorano nell'abbondanza della pace. L'uomo che non è ancora perfettamente morto a se stesso, è facilmente tentato e vinto in cose piccole e vili. Chi è debole nello spirito e in un certo modo ancora carnale, inclinato alle cose dei sensi, difficilmente si può staccare del tutto dai desideri terreni. E perciò sottrraendovisi spesso ne riceve tristezza. Se poi qualcuno gli pone ostacolo, facilmente si sdegna.
2. Se poi ottiene quel che brama, subito si sente gravato nella coscienza dalla colpa, perchè ha seguito la sua passione, la quale non giova per niente alla pace che cercava. La vera pace del cuore si trova dunque resistendo alle passioni, non soggiacendovi. Non c'è quindi pace nel cuore dell'uomo carnale, né nell'uomo dedito alle cose esteriori, ma in colui che è spirituale e fervente.
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Vecchio 13-02-2009, 01.55.31   #53
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Condivido il sesto capitolo in toto, è la descrizione del mio spirito debole, degli affetti disordinati.
L'inquietudine che nasce dalla tentazione, essere usato dalla brama, essere vinto dalle cose piccole e vili.
Il passaggio "Chi è debole nello spirito e in un certo modo ancora carnale, inclinato alle cose dei sensi, difficilmente si può staccare del tutto dai desideri terreni." rende bene la condizione umana di chi cerca le risposte nelle piccole cose.

Altra frase che sento vera è "La vera pace del cuore si trova dunque resistendo alle passioni, non soggiacendovi."

Ho interpretato la parola "passioni" quelle azioni mosse dai sensi che spesso rincorrono chimere, quelle cose piccole e vili che illudono di trovare la vera pace del cuore.
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Vecchio 15-02-2009, 23.42.55   #54
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Sulle sacre scritture concordo con il fatto che vanno lette con lo stesso spirito di chi le ha scritte e anche sul fatto che non vanno lette con la curiosità di trovare chissà quali ragionamenti astrusi, perchè non c'è nulla da capire o discutere laddove basta la semplicità di cuore per afferrarne il senso perchè lo spirito parla al cuore più che alla mente, la verità non è complicata, è semplice, la complica chi in qualche modo cerca di interpretarla e assoggettarla alla propria verità.... errore che spesso si fa quando si cerca di adattare le scritture a una certa idea di verità, per questo tante volte sono composte da immagini e parabole facilmente comprensibili dagli umili e semplici.

Sugli affetti disordinati direi che le passioni non danno mai la pace del cuore ma sempre rendono inquieti, infatti più si cerca di dissetarsi con le cose materiali più viene sete e si desidera sempre dell'altro e qualcosa di più, vivere in maniera spirituale rende liberi e veramente ricchi di tutto perchè più che sull'avere si punta sull'essere, e chi non ha bisogno o desiderio di qualcosa è veramente libero, anche dalle varie dipendenze che rendono schiavi, certo che nel nostro vivere quotidiano è molto difficile staccarsi dalle cose materiali, ma se con l'aiuto delle scritture ci si abitua a considerare umilmente sè medesimi, diminuiranno anche certe brame e certe passioni, e si godrà di quella pace che non può venire turbata perchè non si basa sull'importanza personale o su degli oggetti che ci qualificano in un qualche modo....
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Vecchio 22-02-2009, 01.16.20   #55
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Predefinito Libro 1, cap. VII

Altro capitoletto...


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Cap. VII - Del fuggire la vana speranza e l'orgoglio
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1. Vano è chi pone la sua speranza negli uomini o nelle creature. Non vergognarti di servire ad altri per amore di nostro signore Gesù Cristo, e di apparire povero in questo mondo. Non fare fondamento su te stesso, ma salda la tua speranza in Dio. Fa ciò che è in te, e Dio aderirà al tuo buon volere. Non confidare nella tua scienza, o nell'astuzia di qualsiasi vivente, ma piuttosto nella grazia di Dio, che sostiene gli umili ed umilia i presuntuosi.
2. Non ti gloriare delle ricchezze, se ne hai; o negli amici potenti, ma in Dio, che somministra tutto, e desidera dare se stesso sopra ogni cosa. Non celebrarti per la grandezza o la bellezza del corpo, che si guasta e s'imbruttisce per ogni piccola infermità. Non compiacerti di te stesso per la tua abilità o il tuo ingegno, per non spiacere a Dio, di cui è tutto ciò che di bene avesti dalla natura.
3. Non reputarti migliore degli altri, affinchè tu non sia ritenuto per caso peggiore di fronte a Dio, che sa cosa c'è nell'uomo. Non insuperbirti delle opere buone, poichè i giudizi di Dio sono diversi da quelli degli uomini, e a lui spesso dispiace quello che agli uomini piace. Se avrai qualcosa di buono, ritieni che altri abbiano di meglio, per conservare l'umiltà. Non ti nuoce metterti al di sotto di tutti, ti nuoce invece molto metterti sopra anche di uno solo. Con l'umile è la pace inesauribile, invece nel cuore del superbo stanno spesso gelosia e irritazione.
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Vecchio 25-02-2009, 23.57.39   #56
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Non ti nuoce metterti al di sotto di tutti, ti nuoce invece molto metterti sopra anche di uno solo. Con l'umile è la pace inesauribile, invece nel cuore del superbo stanno spesso gelosia e irritazione.
Queste parole mi hanno colpito in modo particolare, perchè è quello che si vede in continuazione, una gara a chi è più bravo, più bello, più intelligente, magari più di uno solo per affermare se stessi.
Invece chi è umile trova la pace, non ha posto nel suo cuore per l'invidia, la gelosia e tutto quello che viene di negativo dal confronto con gli altri, facendo nascere in questo modo altre virtù a favore degli altri del tutto disinteressate, il che è difficilissimo essendo sempre il nostro io che vuole emergere a tutti i costi...
Però c'è anche il rischio contrario, quello di voler essere per forza il più umile, e questa non è umiltà.
Io penso che come gli apostoli chiesero a Gesù chi fra di loro era il più grande, Gesù ha risposto che il più grande è quello che serve a tutti gli altri.
Quindi se la cosa è reciproca, pur arrivando ad essere simili, tutti avranno quell'umiltà di servizio agli altri ma conservando la loro individualità.
Non so se sono riuscita a spiegarmi...
E comunque non è cosa facile.

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Vecchio 05-03-2009, 01.27.57   #57
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Predefinito Libro 1, cap. VIII

Aggiungo un capitoletto che apre un discorso che forse abbiamo fatto poco. Iniziano ad arrivare i consigli sulla vita privata e sociale, si parla di familiarità, ma possiamo chiamarla intimità, dando alla parola un'accezione ampia (come in effetti ha) e quindi non solo fisica.
La posizione dell'autore è particolarmente netta... certo possiamo chiamarla tipica mistica cristiana medioevale e non pensarci più, però vien da chiedersi cosa ci sia sotto, perchè alla fin fine si consigli di non avere intimità con nessun umano (ma carità con tutti), di metterli tutti sullo stesso piano... insomma che nessuno sia per noi più importante di un altro. In pratica di non essere mai coinvolti, pur essendo interessati a tutti.
Quel famoso "nel mondo ma non del mondo"?



Citazione:
Cap. VIII - Dell'evitare l'eccessiva familiarità
Citazione:
1. Non aprire il tuo cuore ad ogni uomo (Eccles. VII, 22) ma tratta le cose tue con chi è saggio e timorato di Dio. Stai raramente con giovani e con estranei. Non stare coi ricchi per blandirli, né mostrati volentieri di fronte ai grandi. Intrattieniti con gli umili e semplici, coi devoti e morigerati, e tratta di cose edificanti. Non avere familiarità con alcuna donna, ma raccomanda a Dio tutte le buone donne in generale. Scegli di avere familiarità solo con Dio e gli Angeli Suoi, ed evita la curiosità riguardo agli uomini.
2. La carità si deve avere con tutti, la familiarità non è necessaria. Talvolta accade che una persona non conosciuta risplenda per bella fama, e che poi di persona offuschi gli occhi di chi la guarda. Talvolta pensiamo di piacere a qualcuno frequentandolo, e invece iniziamo a dispiacergli, perchè vede in noi abitudini riprovevoli.
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Vecchio 05-03-2009, 23.57.28   #58
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Aggiungo un capitoletto che apre un discorso che forse abbiamo fatto poco. Iniziano ad arrivare i consigli sulla vita privata e sociale, si parla di familiarità, ma possiamo chiamarla intimità, dando alla parola un'accezione ampia (come in effetti ha) e quindi non solo fisica.
La posizione dell'autore è particolarmente netta... certo possiamo chiamarla tipica mistica cristiana medioevale e non pensarci più, però vien da chiedersi cosa ci sia sotto, perchè alla fin fine si consigli di non avere intimità con nessun umano (ma carità con tutti), di metterli tutti sullo stesso piano... insomma che nessuno sia per noi più importante di un altro. In pratica di non essere mai coinvolti, pur essendo interessati a tutti.
Quel famoso "nel mondo ma non del mondo"?
La familiarità comporta l'intimità, e quella che dall'esterno può sembrare una persona di bella fama, diventandone intimi ne scopriamo i difetti, e anche diventando noi familiari a qualcuno possiamo finire per non piacergli perchè scoprirebbe quanto siamo lontani da quello che potevamo sembrare, e questo significa che a volte le apparenze ingannano.
Sinceramente questo discorso non mi convince molto ma posso capire che è più facile essere caritatevoli con chi non si conosce a fondo che con chi si conosce, inevitabilmente nascerebbero preferenze, simpatie, antipatie e si diventerebbe parziali anche esprimendo giudizi, tutte cose che invece in questo modo si evitano.
Qui naturalmente non si parla dei propri familiari che per forza ci sono intimi ma di "ogni uomo" e "ogni donna", in pratica il prossimo.
Se applichiamo la carità a tutti, e per carità non si intendono le monetine, ma amore disinteressato che si riassume nelle parole "ama il prossimo tuo come te stesso" è chiaro che questo significa prima di tutto rispetto e poi considerare che le loro esigenze sono uguali alle nostre, ma per questo non è necessario diventare familiari a ciascuno anzi questo oltre che sconsigliato è impossibile.
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Vecchio 14-03-2009, 00.48.44   #59
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La familiarità comporta l'intimità, e quella che dall'esterno può sembrare una persona di bella fama, diventandone intimi ne scopriamo i difetti, e anche diventando noi familiari a qualcuno possiamo finire per non piacergli perchè scoprirebbe quanto siamo lontani da quello che potevamo sembrare, e questo significa che a volte le apparenze ingannano.
C'è anche un altro modo di vedere la cosa (io però approfondirei la faccenda del "nel mondo ma non del mondo") ed è riassumibile con il proverbiale "nemo propheta in patria", traslando un po'.

Quando diventiamo intimi con qualcuno, giocoforza avviene che ne conosciamo i difetti e lui conosce i nostri. C'è poco da fare, la stima scende. Poi per carità può risalire, o venire compensata dall'amore, ma più vediamo come l'altro ci rassomigli in piccineria (la nostra che non vediamo) più scende la considerazione che abbiamo per lui.
Il che renderebbe un po' più difficile l'essere caritatevoli... soprattutto se questa intimità che abbassa la considerazione non è compensata da una complicità magari fisica di appoggio reciproco.
Renderebbe più difficile anche il trovarsi dalla parte di chi riceve questa carità... perchè avrebbe minore considerazione dell'imitatore, quindi darebbe minore valore a quello che arriva da lui... nemo propheta in patria.

Bon, solo un aspetto della cosa, ce ne sono altri... che ritengo non banali, potremmo parlare un po' prima di mettere altri capitoli.
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Vecchio 14-03-2009, 21.30.43   #60
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Secondo me quando entri in familiarità (confidenza) con qualcuno ti lasci andare. Non hai più remore a lasciare emergere i tuoi difetti o, in ogni caso, a trattare il tuo interlocutore così come ti viene.

Non è detto che la relazione guadagni in autenticità. Infatti penso che la sincerità sia indipendente dalla confidenza. Sono invece certo che il rapporto perda in qualità: non ritieni di aver bisogno di mostrare il meglio di te. Prendere o lasciare!

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L'unico vero insuccesso nella lotta consiste nello smettere di combattere.
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Vecchio 15-03-2009, 00.43.46   #61
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C'è anche un altro modo di vedere la cosa (io però approfondirei la faccenda del "nel mondo ma non del mondo") ed è riassumibile con il proverbiale "nemo propheta in patria", traslando un po'.

Quando diventiamo intimi con qualcuno, giocoforza avviene che ne conosciamo i difetti e lui conosce i nostri. C'è poco da fare, la stima scende. Poi per carità può risalire, o venire compensata dall'amore, ma più vediamo come l'altro ci rassomigli in piccineria (la nostra che non vediamo) più scende la considerazione che abbiamo per lui.
Il che renderebbe un po' più difficile l'essere caritatevoli... soprattutto se questa intimità che abbassa la considerazione non è compensata da una complicità magari fisica di appoggio reciproco.
Renderebbe più difficile anche il trovarsi dalla parte di chi riceve questa carità... perchè avrebbe minore considerazione dell'imitatore, quindi darebbe minore valore a quello che arriva da lui... nemo propheta in patria.

Bon, solo un aspetto della cosa, ce ne sono altri... che ritengo non banali, potremmo parlare un po' prima di mettere altri capitoli.
non ho capito
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Vecchio 15-03-2009, 00.58.22   #62
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C'è anche un altro modo di vedere la cosa (io però approfondirei la faccenda del "nel mondo ma non del mondo") ed è riassumibile con il proverbiale "nemo propheta in patria", traslando un po'.
Essere nel mondo ma non del mondo significa che pur essendo in questo mondo (che nei vangeli viene definito tenebre: infatti Cristo è la luce del mondo) chi accoglie questa luce non è più di questo mondo pur continuando a starci.
Quindi non segue la mentalità del mondo e per questo il mondo non lo accoglie.
Il fatto che nessuno è profeta in patria significa che si è meglio accolti da altra gente che potrebbe essere considerata estranea che non in "casa"propria, forse per il fatto che non essendo in troppa confidenza e c'è un certo distacco che fa vedere le cose da un'ottica imparziale, si coglie meglio il messaggio.
Essendo nel mondo ma non del mondo è come se ci fosse un distacco da questo mondo e quindi non legati dai legami di questo mondo si è più liberi, avendo superato certe dinamiche che limitano e che presuppongono dei fini materiali, così non si aduleranno le persone importanti ma ci si intratterà più volentieri con persone umili e timorate di Dio, e invece di entrare in familiarità con qualcuno in particolare, (qui si dice "alcuna donna") si suggerisce di raccomandare a Dio tutte le donne buone, ma qui ci starebbe meglio tutte senza distinzioni e stessa cosa per gli uomini, quindi in questo modo si può "amare" più persone che non con rapporti confidenziali.
In pratica questo fa si che si possa essere uguali e imparziali con tutti pur non essendo di nessuno, avendo appunto superato la mentalità di questo mondo.
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Vecchio 15-03-2009, 01.26.26   #63
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non ho capito
Ho usato il detto un po' traslandone il significato (l'avevo detto) e forse l'ho storpiato un po'... intendevo quel che ha detto benissimo Cento... nell'intimità vengono fuori i difetti, diamo il peggio di noi, perdiamo in stima e considerazione... quindi nell'intimità difficilmente riusciremo a fare i caritatevoli.
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Vecchio 15-03-2009, 01.50.55   #64
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Ho usato il detto un po' traslandone il significato (l'avevo detto) e forse l'ho storpiato un po'... intendevo quel che ha detto benissimo Cento... nell'intimità vengono fuori i difetti, diamo il peggio di noi, perdiamo in stima e considerazione... quindi nell'intimità difficilmente riusciremo a fare i caritatevoli.
Ah ecco, si si concordo.
Esiste il detto: la confidenza toglie la riverenza.
...ci siamo persi tutto
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Vecchio 28-04-2009, 23.24.34   #65
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Predefinito Libro 1, cap. IX

Altro capitoletto


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Cap. IX - Dell'obbedienza e soggezione
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1. E' cosa assai valida stare in obbedienza, vivere sotto un superiore e non essere padroni di se. E' molto più sicuro stare in soggezione che in autorità. Ci sono molti che stanno in obbedienza più per costrizione che per amore; e ne hanno patimento, e facilmente si lamentano; essi non acquisteranno la libertà, se non si sottometteranno con tutto il cuore per amore di Dio.
Corri pure qua e là: non avrai quiete, se non nell'umile sottomissione sotto la guida di un superiore.
Sognare luoghi e cambiarli ha ingannato parecchi.
2. E' vero che ognuno opera volentieri come gli pare ed è maggiormente inclinato a quelli che sentono come lui. Ma se Cristo è dentro di noi, bisogna pur talvolta rinunciare al nostro sentire per buona pace.
Chi è così sapiente da poter conoscere appieno ogni cosa? Quindi non ti voler fidar troppo del tuo sentire, ma ascolta volentieri anche quello degli altri. Se la tua opinione è buona, e pur la lasci per amor di Dio, ne caverai grande profitto.
3. Ho sentito dire spesso che è cosa più sicura ascoltare e ricevere un consiglio che darlo.
Può essere che il sentire di uno o dell'altro sia buono; ma non volersi accomodare al parere altrui quando la ragione o la circostanza lo richiede, è segno di superbia o ostinazione.

Bisogna obbedire e non comandare, meglio appartenere che essere padroni di se.
Questo a noi pare ostico, suona male. Ma c'è un passo che ritengo decisivo alla comprensione del messaggio: essi non acquisteranno la libertà, se non si sottometteranno con tutto il cuore ... finchè non ci si sottomette davvero, con tutti se stessi, senza continuare in segreto a sognare di andar via, di cambiare, non si diventerà liberi. Le varie traduzioni aggiungono "liberi di spirito", io l'ho tolto apposta perchè ben si aggancia a mille discorsi che abbiamo fatto sulla vera libertà.

Interessante anche il discorso sulle opinioni e sul sentire e sul considerare, ma bon ce ne sono di spunti...
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Vecchio 28-04-2009, 23.54.38   #66
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1. E' cosa assai valida stare in obbedienza, vivere sotto un superiore e non essere padroni di se.
E' molto più sicuro stare in soggezione che in autorità. Ci sono molti che stanno in obbedienza più per costrizione che per amore; e ne hanno patimento, e facilmente si lamentano; essi non acquisteranno la libertà, se non si sottometteranno con tutto il cuore per amore di Dio.

Corri pure qua e là: non avrai quiete, se non nell'umile sottomissione sotto la guida di un superiore.
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2. E' vero che ognuno opera volentieri come gli pare ed è maggiormente inclinato a quelli che sentono come lui. Ma se Cristo è dentro di noi, bisogna pur talvolta rinunciare al nostro sentire per buona pace.

Chi è così sapiente da poter conoscere appieno ogni cosa? Quindi non ti voler fidar troppo del tuo sentire, ma ascolta volentieri anche quello degli altri. Se la tua opinione è buona, e pur la lasci per amor di Dio, ne caverai grande profitto.

3. Ho sentito dire spesso che è cosa più sicura ascoltare e ricevere un consiglio che darlo.

Può essere che il sentire di uno o dell'altro sia buono; ma non volersi accomodare al parere altrui quando la ragione o la circostanza lo richiede, è segno di superbia o ostinazione.
Credo che si riferisca alla devozione quando fa riferimento alla " obbedienza".
L'esperienza è identificata come il fattore cardine da questo punto di vista. Esperienza ( interiore probabilmente ) di chi è " gia passato" per quello stato ( il Maestro che insegna ad esempio ) ma anche Esperienza per chi riceve - e quindi ulteriore definizione, recinzione di se se vogliamo - nel senso di sapere " ascoltare" non soltanto noi stessi e quel che crediamo giusto, anzi spesse volte a lasciarlo per altro. Apertura, verso ciò che, spesso, definiamo, al contrario, limitazione.

Apertura dunque, verso chi è " superiore", nel senso forse non soltanto di posizione ma, in specie, di elevazione; ad un più alto livello.
E' quel modo di porsi che ha per finalità l'acquietare il desiderio di rivalsa verso gli altri; quel desiderio di prevaricare e tutto ciò che ne consegue, definisce - e suggerisce - un modo per prepararsi all'ascolto.

L'abbandono della propria posizione dunque, scoprendo che tante altre ce ne sono e che da queste, non dalla propria talvolta, si può partire. E' un grosso punto di arrivo ma anche di inizio per un lavoro successivo.

Secondo me parla, si riferisce, non ad un modo di essere assoggettati, passivo all'obbedienza ma " attivo" cercando non soltanto di abbandonarsi appunto, ma pure di " imparare" nell'obbedienza.
Pertanto abbandono " costruttivo" di se che in questo caso ma potrebbe anche in altri, predispone all'insegnamento.
__________________
Dr. Marc Haven
“Non deve essere l’alba di luce che deve iniziare ad avvisare la tua anima di tali doveri giornalieri e dell’ora in cui gli incensi devono bruciare sui fornelli; è la tua voce, solo lei che deve chiamare l’alba di luce e farla brillare sulla tua opera, alfine che tu possa dall’alto di questo Oriente, riversarla sulle nazioni addormentate nella loro inattività e sradicarle dalle tenebre in cui versano.”

Ultima modifica di jezebelius : 29-04-2009 alle ore 00.13.41.
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Vecchio 28-04-2009, 23.59.37   #67
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eh questo è uno dei passaggi del libro che farò senz'altro più fatica a comprendere, nel senso vero del termine.
Capisco il senso, perchè certamente è meglio affidarsi a persone che, in un determinato campo, sanno infinite cose più di me, sono più sagge o esperte piuttosto che voler continuare a fare sempre e comunque di testa mia..

Però è anche vero che il rischio e la paura di capitare in mani sbagliate o di diventare poi troppo sensibili e soggetti al giudizio altrui, ha sempre limitato nel mio caso, la voglia di sottomettermi umilmente e con il cuore a qualcuno e se mi sono lasciato guidare in qualcosa probabilmente è stato più per sentirmi de- responsabilizzato che per altro.

Sarà superbia, eccesso di orgoglio, voglia di prendermi tutti i meriti di un eventuale successo, però mi è sempre stato difficile lasciarmi condurre , anche se poi interstardirmi nelle mie convinzioni può aver comportato il commettere più di un errore.
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Vecchio 02-05-2009, 16.38.03   #68
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Corri pure qua e là: non avrai quiete, se non nell'umile sottomissione sotto la guida di un superiore.
Sognare luoghi e cambiarli ha ingannato parecchi.

Quante volte non si è contenti del luogo dove si sta e si pensa che altrove si starebbe meglio, invece l'autore dice che questo è un inganno e anche con l'esperienza diretta si vede che è così, e lo vorrei estendere anche nel senso che spesso si pensa che l'erba del vicino è sempre più verde, invece poi ci si rende conto che non è così, anche se tante volte si pensa che cambiando luogo le cose potrebbero andar meglio, ma questo non è tanto legato all'obbedienza a un superiore quanto al desiderio di cambiare sistema di vita.
Riguardo all'obbedienza e alla sottomissione alla guida di un superiore, questo fa stare tranquilli nella propria coscienza, essere completamente liberi genera molta responsabilità, perciò è molto importante la disposizione d'animo che si ha nell'obbedire, cioè farlo volentieri sapendo che comunque siamo una cellula necessaria al funzionamento armonioso di tutto l'insieme.
Metterlo in pratica nella propria vita non è sempre facile, ma se si pensa a un Ordine dove c'è una certa gerarchia, solo se ognuno sta al suo posto volentieri tutto prende un senso, e così anche in una situazione lavorativa, se tutti volessero fare quello che vogliono invece di obbedire ai superiori ci sarebbe solo confusione.
Questo presuppone che chi sta più in alto sia una persona adatta, ma anche se così non fosse, stare al proprio posto fa solo onore e rende anche liberi nel senso che si sa di aver fatto il proprio dovere di obbedienza.
C'è un'altra situazione di gerarchia, quella che c'è in un esercito, anche qui tutto deve procedere con disciplina, anche se sarebbe meglio che gli eserciti non servissero e che al loro comando ci siano persone responsabili....
L'obbedienza è collegata alla disciplina e tutto questo fa sì che venga rispettato un ordine nel procedere, e comunque è una scuola di vita che dà i suoi frutti.






Ultima modifica di stella : 02-05-2009 alle ore 16.43.16.
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Vecchio 03-05-2009, 22.21.58   #69
centomila
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Mi sa che certe profondità spirituali sono comprensibili solo sperimentandole in prima persona. Visto che non mi pare il nostro caso possiamo azzardare un' intuizione, un'ipotesi, un'idea.

La mia è che una volta accettato, compreso e amato l'ordine delle cose per come Dio le ha create; si trasforma così significativamente il nostro modo di sentire, che percepiamo la perfezione della Vita. E dunque il dolore e le ingiustizie patite da un'autorità addirittura illegittima sono, in qualche modo, volontà e dunque giustizia di Dio. Il mistero è svelato o quantomeno accettato, compreso.

A quel punto il porgere l'altra guancia diventa segno di perfezione dell'amore e della dolce e filiale sottomissione a Dio. Capo supremo del nostro Universo.
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L'unico vero insuccesso nella lotta consiste nello smettere di combattere.
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Vecchio 09-03-2011, 00.05.45   #70
dafne
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Di spunti su qanto scritto ce n'è da vendere, soprattutto perchè a distanza di tempo ne leggo molti che mi erano prima sfuggiti, quindi tornerò a leggere meglio ma nel mentre ti chiedo Ray, quando avrai tempo e voglia, di proseguire se possibile.
Stò cercando il libro, penso che lo chiederò al Don ma sarebbe comunque bello portare a termine questa discussione, almeno per il primo libro

Grazie per lo sforzo
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Vecchio 09-03-2011, 00.37.52   #71
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Di spunti su qanto scritto ce n'è da vendere, soprattutto perchè a distanza di tempo ne leggo molti che mi erano prima sfuggiti, quindi tornerò a leggere meglio ma nel mentre ti chiedo Ray, quando avrai tempo e voglia, di proseguire se possibile.
Si Daf, prima o poi continuo (adesso che c'è una richiesta più prima che poi). Un po' di pazienza perchè, se fatto decentemente, è un lavoro che porta via del tempo.
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Vecchio 10-03-2011, 00.54.04   #72
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Predefinito Libro 1, cap. X

Accolgo l'invito di Daf e metto un altro capitolo.

Citazione:
Cap. X – Dell'astenersi dal parlare superfluo


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1. Astieniti quanto puoi dall'agitarsi degli uomini. Infatti il trattare delle faccende secolari ostacola molto, anche se vi si attende con purezza d'intenti. poiché subito ci inquiniamo e veniamo catturati dalla vanità. Varie volte vorrei aver taciuto e non essermi trovato in mezzo agli uomini.
2. Ma perchè parliamo così frequentemente e cianciamo vicendevolmente se così raramente ritorniamo al silenzio senza alcuna lesione alla coscienza?(1)
Parliamo così frequentemente perchè attraverso le molte chiacchiere cerchiamo di consolarci vicendevolmente e speriamo di risanare l'animo(2) affaticato dai molti pensieri. E molto ci diletta parlare e pensare a proposito di quelle cose che preferiamo e desideriamo, o che sentiamo in contrasto. Ma ohimè!, spesso è vano e inutile. Poiché questa consolazione esteriore danneggia non poco l'interna e divina consolazione.
3. Perciò bisogna vigilare e pregare, affinchè il tempo non passi oziosamente. (E) se è lecito e necessario parlare (bisogna) parlare di cose edificanti. Il malvezzo e la trascuratezza del nostro progresso (spirituale) ci induce facilmente a tenere la bocca incustodita. Giova per altro non poco al perfezionamento spirituale il conversare devotamente di cose spirituali, massimamente con persone animate da pari spiritualità.


NOTE ALLA TRADUZIONE:
1 – Né la traduzione del Guasti né quella più attuale e in voga mi soddisfacevano, così ho tradotto io tutta la frase. Va notato che nel testo latino, il verbo che ho tradotto con cianciamo (vicendevolmente) è “fabulamur (invicem)” che suggerisce un significato appunto favolistico, di invenzione. Una traduzione più che accettabile sarebbe stata “ce la raccontiamo l'un l'laltro” e sono per altro convinto che sia proprio questo il senso che si voleva veicolare.
2- Entrambe le traduzioni in mio possesso riportano la parola “animo” e, mal volentieri, la metto anch'io. Tuttavia il termine latino è cor, che indica innanzitutto il cuore e solo in senso traslato l'animo e l'intelligenza, fatto questo dovuto all'antica credenza che i pensieri e l'intelligenza avessero sede nel cuore. Non entro in questa sede in considerazioni su questo tema, però sottolineo che se non si vuole usare il termine cuore perchè non vi si rilevano pensieri, non mi sembra si possa sostenere di rilevarli nell'animo.

Anche in questo ci sono molti spunti interessanti che, volendo, si possono approfondire. Ne suggerisco un paio che traducendo mi sono rimasti. Uno riguarda una parola... è quando dice che bisogna vigilare e pregare. Quel vigilare è un essere vigile, insomma viecola il senso di stare svegli, come dire che quando chiacchieriamo vuol dire che ci siamo addormentati.
L'altra cosa che mi ha colpito è la considerazione che l'autore fa sul fatto che ci dilettiamo di chiacchierare e fantasticare sulle cose che ci piacciono, che desideriamo o che ci stanno avverse. In effetti...

Ultima modifica di Ray : 10-03-2011 alle ore 01.01.09.
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Vecchio 10-03-2011, 01.14.20   #73
dafne
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Grazie Ray

In prima battuta mi ha colpito già all'inizio quando dice che ci inquiniamo. Ho pensato che ci inquiniamo con la vanità ma rileggendo bene dice che veniamo inquinati (dalle chiacchiere altrui?) e (poi) catturati dalla vanità. Io almeno lo leggo così.
Come se il chiacchiericcio aprisse una strada...

La seconda cosa che mi colpisce è che pensiamo di consolarci vicendevolmente e di risanarci l'animo, anche il mio sacerdote tempo fà ha sottolineato questa cosa del cuore che era reputato sede dell'intelligenza oltre che dei sentimenti, il che porterebbe a pensare che nel tentativo di trovare una cura per una falla invece di chiuderla la si allarga (m'è venuta così, domani la traduco in italiano )
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Vecchio 10-03-2011, 01.23.33   #74
luke
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Dal mio punto di vista spesso il "raccontarsela" può essere fatale, ci induce a cercare soddisfazione non tanto nella realtà quanto in come la raccontiamo, finendo alla fine anche per crederci e "accontentarci" di quel tipo di ricompensa, che appaga la nostra vana-gloria, ed io ehm soffro periodicamente i attacchi di vanaglorite acuta .

C'è un motto esicasta che dice pressappoco "fuge, tace, quiesce" che suggerisce l'importanza del silenzio, del distacco, per trovare la pace, la calma.

Non avendo la possibilità sempre però di isolarsi dal mondo o di parlare solo di cose edificanti e spiritualmente elevate si dovrebbe cercare di trarre dei frutti anche stando in mezzo al clamore del mondo, cosa possibile a patto di essere sempre vigili ( su questo ci sto lavorando) e pregare (su questo ci sto lavorando meno ), in modo da utilizzare queste occasioni mondane non per accrescere il nostro prestigio (che come ha scritto Uno è una parola che si usa per i trucchi,i giochi di...) ma per evolvere realmente.

P.S. Grazie Ray anche da parte mia

Ultima modifica di luke : 10-03-2011 alle ore 01.28.17.
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Vecchio 14-03-2011, 00.10.21   #75
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Grazie Ray

In prima battuta mi ha colpito già all'inizio quando dice che ci inquiniamo. Ho pensato che ci inquiniamo con la vanità ma rileggendo bene dice che veniamo inquinati (dalle chiacchiere altrui?) e (poi) catturati dalla vanità. Io almeno lo leggo così.
Come se il chiacchiericcio aprisse una strada...
Non solo dice che le chiacchiere inquinano, poi parla proprio di lesioni alla coscienza. Il lasciare andare la bocca senza controllo produce un chiacchiericcio basato su ciò che ci piace e su ciò che ci da fastidio, senza per altro modificare minimamente questi fatti... è solo un esternare quello che automaticamente ci succede dentro... un po' come, chessò, mostrare il sudore. Come se uno, parlando con un altro, si tirasse su la maglietta e gli dicesse ecco vedi quanto e come sudo e blablabla.
Ok, non ci tiriamo su la maglietta, ma le chiacchiere sono continue. E producono appunto inquinamento, che poi tocca smaltire. Ma quel che è peggio è che ci abituiamo a "respirare" questo inquinamento fino a ritenerlo piacevole.
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