Ermopoli
L'antica città della conoscenza
  
    
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Vecchio 08-06-2008, 17.16.41   #1
Uno
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Un aereo con una delegazione di scienziati precipita su un'isola deserta e i superstiti sono solo, guarda caso, un ingegnere, un fisico ed un matematico.
Unico mezzo di sostentamento la scatolette di carne trasportate dall'aereo.
Subito si scatena una rissa per la scelta del metodo con cui aprire le scatolette e alla fine decidono di dividere la carne in tre parti e di aprire separatamente le latte. Dopo tre mesi arrivano i soccorsi e incontrano l'ingegnere, pingue, che con la fibbia dei pantaloni aveva costruito un apriscatole. I soccorritori cominciano le ricerche e poco dopo individuano il fisico, fortemente denutrito, che spiega di aver trovato la frequenza di risonanza a cui la scatoletta si apre da sola, quindi colpendo ripetutamente il coperchio con un sassolino prendeva la carne.
Dopo altre ricerche i soccorritori si imbattono in un cadavere che riconoscono subito come il matematico, morto di fame. Accanto al corpo trovano una grossa risma di fogli bruciacchiati pieni di formule ed equazioni. Sulla prima pagina si legge "Supponiamo per assurdo che le scatolette siano aperte...".


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Vecchio 08-06-2008, 17.31.41   #2
griselda
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Tutti cercano di risolvere i problemi solo con quello che hanno imparato e che conoscono?
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Vecchio 08-06-2008, 17.49.33   #3
Astral
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I problemi li creiamo noi, e la soluzione è più semplice di quanto si pensi?
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Vecchio 08-06-2008, 19.08.10   #4
stella
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La discussione su come aprire le scatolette la dice lunga che ciascuno dei tre era convinto che il suo metodo fosse il migliore...
Questa storiella insegna che vale più la pratica che la grammatica, voler aprire una scatoletta usando la fisica o la matematica equivale a morire di fame.
Significa anche non avere la mente elastica, cioè avere la testa piena di teoria non basta a sopravvivere, per le cose semplici bastano metodi semplici e ingegnosi...
Riguardo all'ingegnere mi viene in mente un altro proverbio: il bisogno aguzza l'ingegno.
Il fisico parzialmente ci era riuscito, ma a condizione di trovare ogni volta la giusta frequenza di risonanza...
In quanto al matematico, a forza di formule di calcoli e di supposizioni, non avrebbe mai trovato la soluzione "scatoletta aperta" prima di morire di fame, ammesso e non concesso che la soluzione esistesse....
Però gli altri due avrebbero potuto ammettere la loro inadeguatezza alla situazione, a che serve la scienza se poi non si riesce a sopravvivere ???
L'ingegnere avrebbe potuto fornire ai colleghi qualche scatoletta aperta, in questo caso l'ingegno avrebbe potuto salvare tutti e tre.

Mi viene in mente un'altra storiella, di tre persone molto ligie alle regole davanti a una bella polenta su un tagliere, morti di fame perchè nessuno di loro aveva il filo per tagliare la polenta....

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Vecchio 08-06-2008, 19.22.28   #5
griselda
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Chiusi ognuno nella propria mente senza neppur un po' di cuore e buon senso, a momenti muoiono tutti solo perchè non hanno avuto l'umiltà e la capacità di unirsi per trovare una soluzione insieme.
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Vecchio 08-06-2008, 19.35.14   #6
Ray
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La discussione su come aprire le scatolette la dice lunga che ciascuno dei tre era convinto che il suo metodo fosse il migliore...
La mia impressione è che ognuno avesse bisogno che il suo metodo fosse il migliore, anzi l'unico. La necessità di applicare/pensare/esistere secondo la loro ristretta modalità consona gli impedisce addirittura di sopravvivere.
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Vecchio 08-06-2008, 19.47.01   #7
RedWitch
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Io mi trovo abbastanza in linea con quello che dice Stella, posso essere un cervellone per quel che riguarda il mestiere che ho scelto, per quanto difficile e per quanto possa aver studiato , di fronte alla necessità devo avere l'elasticità per poter sopravvivere..

Senza offesa per nessuno ho un'amica che ha un fratello che fa uno dei tre mestieri su citati, e mi dice sempre: "mio fratello è un genio nel suo lavoro, ma non chiedergli di cambiare una lampadina, perchè non è capace"...
Che tradotto per me significa avere una visione un po' ristretta di ciò che si ha intorno e della vita.. a volte vale più l'arte dell'arrangiarsi piuttosto che tanta teoria e niente pratica...

Interessante che nemmeno davanti all'incapacità di sopravvivere i tre abbiano unito le forze per trovare il giusto metodo per aprire le scatolette.

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Vecchio 08-06-2008, 19.57.06   #8
Astral
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Potrebbe essere anche un allegoria dei tre Sè superiore, mediano e inferiore o se vogliamo metterla in termini psicologici ( superconscio, conscio e inconscio).

La nostra parte divina riesce sempre a risolvere i problemi, la nostra parte umana invece fa fatica, potrebbe riuscirci ma ne resta denutrita, la nostra parte animale invece ci fa soccombere. Se avessero unito tutte e tre le forze, invece sarebbe riusciti.

Eh si Red, la lampadina manco io la so cambiare, però è anche vero che so fare molte altre cose, purtroppo non si può fare tutto, e l'ecletticità a volte va a scapito della specializzazione.

Credo che una società funzioni proprio perchè l'uno ha bisogno dell'altro, altrimenti se tutti sappiamo fare tutto, potremmo vivere soli e non avremmo bisogno di nessuno.

In ogni caso quello che mi chiedo è: perchè si sono separati? E ognuno aveva la propria scatoletta?

E mi domando centra l'abilità di chi l'ha aperta, o forse le scatolette erano diverse?

Ultima modifica di Astral : 08-06-2008 alle ore 20.00.44. Motivo: aggiunta
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Vecchio 08-06-2008, 20.21.58   #9
griselda
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A me fa venire in mente la stupidità umana dovuta all'ego, dove quello che agisce sono i bassi istinti.
Tipo sono fichissimo gli dimostro io come si fa, ah non mi vogliono ascoltare beh cavoli loro io ci riuscirò e non gliene darò neppure un pezzo, cavoli loro se moriranno di fame lo avranno voluto loro. Uh visto in molti film come rappresentazione della stupidità egoista orgogliosa e arrogante umana tutti orpelli che non permettono di accogliere l'altro in noi.

p.s. però c'è questa frase che mi fa supporre che ci sia qualcosa che non colgo:
Sulla prima pagina si legge "Supponiamo per assurdo che le scatolette siano aperte...".
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Ultima modifica di griselda : 08-06-2008 alle ore 20.27.13. Motivo: aggiunto ps
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Vecchio 08-06-2008, 23.15.00   #10
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p.s. però c'è questa frase che mi fa supporre che ci sia qualcosa che non colgo:
Sulla prima pagina si legge "Supponiamo per assurdo che le scatolette siano aperte...".
Questa frase è la prima cosa che mi ha colpito appena ho letto la storiella, questo scienziato ha iniziato, perso tempo e fatto calcoli fino a morirci sopra, su una scatoletta che tutto era meno che aperta? Altro che non voler vedere
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Vecchio 08-06-2008, 23.16.56   #11
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Questa frase è la prima cosa che mi ha colpito appena ho letto la storiella, questo scienziato ha iniziato, perso tempo e fatto calcoli fino a morirci sopra, su una scatoletta che tutto era meno che aperta? Altro che non voler vedere
Aahahahah sembro io Sha duemila calcoli prima di muovere un dito
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Vecchio 09-06-2008, 00.22.23   #12
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forte
bello Stella il detto vale più la pratica della grammatica. non lo conoscevo.
Concordo con Stella, ogni conoscenza ha il suo settore di applicazione, è come se volessi lavare i piatti studiando il fenomeno dal punto di vista fisico.
S'ha dda fà, non a pensà..vabbè lasciamo perdere..



Ultima modifica di dafne : 09-06-2008 alle ore 00.24.11. Motivo: correzione
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Vecchio 09-06-2008, 18.55.48   #13
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Mi vien da aggiungere a quanto avete già detto,non conta il mezzo o il metodo se si perde di vista il fine da raggiungere;la teoria senza pratica e unione di intenti, non garantisce neanche la sopravvivenza in certi casi..mi fa pensare anche all'umiltà che spesso manca..mhmm grazie Uno
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Vecchio 09-06-2008, 19.25.07   #14
MaxFuryu
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Secondo me il senso è che alla fine si trattava di una semplice scatoletta mica di una bomba nucleare, anche un bambino l'avrebbe aperta.
Ci trovo vari sensi, a parte le tre figure: l'ingengere, ovvero colui che sfrutta la teoria per far funzionare una cosa, il fisico che è quello dove teoria e pratica è bilanciata, ovvero lo studio dei fenomeni e la dimostrazione di essi, e il matematico che ha un modello per descrivere tutto, ma manca della pratica.
Mi viene da pensare innanzituto che spesso si entra in un'altra visione delle cose e vederne la loro veridicità, la loro manifestazione, ci fa perdere quella reale.
magari può essere anche che la passione ci fa perdere il contatto con la realtà o che ognuno ha un suo schema di pensieri e nessuno ha quello reale
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Vecchio 10-06-2008, 21.10.15   #15
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Più o meno come tutti ci vedo che ognuno ha solo ciò che conosce per certo e non può, perchè non riesce, ad integrarlo con il resto così da non essere mai oggettivo tanto da morire di fame... e si può fare un parallelo anche con la ricerca spirituale. Siamo attaccati a ciò che conosciamo e diamo per certo e non possiamo/riusciamo a prendere contatto con l'esperienza di altri così non vedendola moriamo di fame pensando di aprire la scatola
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Se non sarò me stesso chi lo sarà per me? E se non ora, quando?
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Vecchio 11-06-2008, 01.04.53   #16
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maaa..qual'è la falsa profondità? Il credere di aver compreso il mondo "solo" perchè se ne conoscono alcune leggi fisiche o matematiche?
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Vecchio 12-06-2008, 21.33.10   #17
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maaa..qual'è la falsa profondità? Il credere di aver compreso il mondo "solo" perchè se ne conoscono alcune leggi fisiche o matematiche?
secondo me la speculazione filosofica del matematico e la via di transito del fisico. Il pragmatico ingegnere non conosceva altre vie per cui non è merito suo il successo, o meglio, merito di una ricerca globale dell'evento. Ma il peggio sta in chi voleva non applicare la materia alla filosofia.
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Vecchio 12-06-2008, 21.50.03   #18
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Vecchio 12-06-2008, 23.31.30   #19
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Credo anche io che ci siano varie visioni della storia.
Provo a dirne qualcuna oltre a quelle che avete dato
Mi chiedo, quindi perchè tre persone, ognuno differente dall'altro per le conoscenze, ma forse ancora di più risulta evidente la parte comune tra i tre, appunto il calcolo.
Calcolo che spesso conduce lontano dal fulcro di un problema e che percorre lo schema messo su da ciò che si conosce e che talvolta si da per assoluto.
Calcolo che può essere, in merito alla diversità del ruolo di ognuno, differente ma che, se unito avrebbe condotto i superstiti da qualche parte ma non, forse, ad aprire le scatolette.
Per questo forse finta profondità.
Anche se ci fosse stata unione, e non c'è stata poichè ognuno affermava che il suo metodo era migliore, la quantità di carne sarebbe rimasta nelle scatolette.
Quale è allora la pragmaticità?
Quella forse di essere presenti, ognuno per se stesso ma anche considerando che ciò che si conosce talvolta può essere limitante, in quanto inadatto, e per questo, per un attimo bisognava abbandonare la nozione teorica e quindi "fare".
La nozione, può servire, per questo forse ve ne sono di tre tipi, ma comunque risulta schematica, rigida e poco adatta per raggiungere il traguardo.
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“Non deve essere l’alba di luce che deve iniziare ad avvisare la tua anima di tali doveri giornalieri e dell’ora in cui gli incensi devono bruciare sui fornelli; è la tua voce, solo lei che deve chiamare l’alba di luce e farla brillare sulla tua opera, alfine che tu possa dall’alto di questo Oriente, riversarla sulle nazioni addormentate nella loro inattività e sradicarle dalle tenebre in cui versano.”
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Vecchio 13-06-2008, 01.11.46   #20
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Mi ha colpito il fatto che i tre si siano messi a litigare per la scelta del metodo.
Ammesso che l'unico mezzo di sostentamento sono le scatolette di carne, loro sanno che il cibo e quindi la loro salvezza è all'interno di quelle scatolette e decidono di dividersi le latte. Questa è l'unica decisione che condividono, quella di dividersi in parti uguali le scatolette.
Ma quello che leggo nella storia è che dopo tre mesi i soccorritori trovano l'ingegnere che è ha un corpo grasso (pingue) in quanto aveva fabbricato un'apriscatole con la fibbia dei pantaloni e così poteva nutrirsi della carne.
Poi i soccorritori individuano il fisico fortemente denutrito ma ancora vivo anche se il suo sistema era più complesso per prendere la carne dalle scatolette. Infatti usare la frequenza di risonanza per aprirle è un metodo poco pratico ed inoltre richede un notevole dispendio di energie colpire ripetutamente il coperchio con un sasso.
Infine i soccorritori si imbattono nel cadavere del matematico, morto di fame.
E' sicuramente riuscito ad accendere un fuoco perchè trovano accanto al corpo una grossa risma di fogli bruciacchiati pieni di formule ed equazioni.
Si capisce però che il suo metodo partiva da una supposizione non reale, ovvero suppone che (per assurdo) le scatolette fossero già aperte.

Ora mi domando se l'ingegnere abbia cercato di aiutare gli altri due, magari fornendogli la fibbia/apriscatole? Oppure il fisico e il matematico non hanno voluto accettare l'aiuto dell'ingegnere?
Perchè il matematico oramai stremato non ha cercato aiuto dal fisico o dall'ingegnere? Quando le sue formule ed equazioni non portavano soluzione avrebbe dovuto cercare altre strade, altri aiuti?

Quello che vedo è che ognuno ha vissuto nel suo "mondo" e non vedeva gli altri nella comune ricerca di sopravvivere. In quel caso a perdere la vita è stato il matematico ed è triste pensare che per loro è stato più importante il metodo.
Tre mesi passati in un'isola deserta da soli, nessuno dei tre ha pensato di collaborare per sopravvivere, ognuno è rimasto in solitudine malgrado fossero stati in tre.

Ultima modifica di Grey Owl : 13-06-2008 alle ore 01.16.19. Motivo: corretto ortografia e leggibilità...
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Vecchio 13-06-2008, 08.38.50   #21
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A me viene da pensare che nonostante quello che si conosce se non si ha la giusta intuizione si può morire di fame.
Ma anche la capacità di applicare quello che conosco a quello che mi serve, farlo diventare duttile, la capacità di applicare il mio sapere in più cose da la più alta capacità di sopravvivenza.
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Vecchio 13-06-2008, 09.30.07   #22
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Con profondità intendevo l'opposto di superficialità.
Dico sempre di andare in profondità e di non fermarsi alle apparenze o troppo in superificie, ma in una situazione del genere se uno arriva a morire di fame per continuare a fare speculazioni solo secondo ciò che conosce apparentemente va in profondità e non si accontenta di mangiare subito e basta, in realtà come avete già detto è chiuso e convinto di avere solo lui il giusto modo di elaborare.
Non dico di gettarsi come animali sul cibo (in senso reale e metaforico) ma prima bisogna sfamarsi, poi magari con la seconda scatola a stomaco pieno si può anche provare se ci sono altri modi... anche se, se lo scopo di quell'azione è solo poter mangiare forse è anche tempo sprecato, nella situazione sarebbe stato meglio esplorare i dintorni, cercare aiuto etc....

Però, mi ha fatto sorridere l'idea del matematico che probabilmente la scatoletta non l'ha neanche guardata ed è partito subito con congetture, ha preso in considerazione anche quelle impossibili (supponiamo... avendole invece li davanti..) ma non ha tentato nulla.
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