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Vecchio 10-12-2006, 22.20.45   #26
Ray
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Concordo piemamente con quanto ha detto Sole.

Un altro modo di vedere la cosa è la distinzione tra immaginazione passiva (quella che Sole chiama negativa) e la famosa e famigerata immaginazione attiva.
Alla fin fine la differenza sta in chi immagina. In quella attiva si agisce nell'altra si subisce. Nell'una si guida, nell'altra si è guidati. Nell'una si è svegli, nell'altra si dorme.

Come dice Sole (e anche G.) l'uomo comune vive costantemente immerso nell'immaginazione passiva, che poi è quella con cui ci si crea realtà soggettive. L'ormai famoso paese delle banane.

Quel che è importante capire, stando al messaggio di Gurdijeff, è che l'immaginazione attiva NON è possibile per chi dorme. In prima istanza è necessario smettere di immaginare. Solo così diviene possibile acquisire un certo controllo, dato che dallo smettere di immaginare risulta un primo barlume di coscienza, di ricordo di se, forse meglio dire di presenza.

Solo in seguito, molto in seguito, quando si sarà capaci di una certa disciplina interiore, sarà possibile guidare l'immaginazione, tenere il guinzaglio, lasciarla andare ma stando attenti che non esca dai binari concessi... quei famosi solchi dell'aratro fuori dai quali ci si trova nel delirium (appunto "fuori dai solchi dell'aratro").

Se invece si riesce a tenerla nei binari, si mantiene coscienza lucida mentre si immagina (senza dimenticarsi di se come avviene nella normale immaginazione passiva) si può ottenere di scoprire dove vanno questi binari... o, ancor più importante, si può imparare il percorso. Uno dei primi piccoli passetti verso una coscienza oggettiva.

Poi ancor dopo, chissà, forse si inizia a costruire binari...
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Vecchio 11-12-2006, 15.53.22   #27
Sole
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Un altro modo di vedere la cosa è la distinzione tra immaginazione passiva (quella che Sole chiama negativa) e la famosa e famigerata immaginazione attiva.
Alla fin fine la differenza sta in chi immagina. In quella attiva si agisce nell'altra si subisce. Nell'una si guida, nell'altra si è guidati. Nell'una si è svegli, nell'altra si dorme.

Faccio una piccola deviazione sull'immaginazione passiva vedendone il lato positivo.. e quindi automaticamente diventa attiva/positiva.

Poniamo il caso che io abbia paura di salire su una funivia (è vero.. ), così se mi capita di doverlo fare perchè amo la montagna e non rinuncio al silenzio e al panorama che si gode, sono costretta ad affrontare la funivia. Se lo faccio reprimendo lo stato di paura avrò delle conseguenze disastrose dove inconsciamente sarò portata a difendermi bloccando tutte le funzioni razionali del mio cervello. E nel mentre starò malissimo fino a bloccarmi.
Inoltre il non viverla fino in fondo immaginariamente crea delle aspettative su se stessi e delle tensioni.
Ma se lascio che l'immaginazione corra e osservo il disastro che temo, il vuoto, la rottura dei fili, il precipitare nel vuoto, il non avere via di fuga e di scampo ecco che posso osservarla per bene, viverla, coglierne le parti più profonde e magari scoprirne la fonte. Il motivo.
Se usiamo l'immaginazione per osservare parti di noi irrazionali, se lasciamo che le paure prendano forma allo scopo di studiarle, l'immaginazione passiva diventa attiva.
Ho notato anche che tutta la tensione accumulata che ristagna nel vivere coscientemente ma immaginariamente la situazione, si dissolve, cambiando qualcosa.

p.s.
magari sono drastica
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Vecchio 12-12-2006, 10.43.41   #28
Ray
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Non mi sembri drastica, anzi...

Quel che rende "attiva" quel tipo di immaginazione che descrivi con la funivia è, per dirla con G., la presenza dell'osservatore. Ovvero anche se lasciamo andare il meccanismo immaginativo per le sue automatiche (robotiche) associazioni e, di conseguenza, partecipiamo emotivamente ai contenuti, una parte di noi deve restare diciamo fredda, osservatrice, alimentata dallo scopo di studiare se stessi... una parte di noi deve restare cosciente di vedere un film, per semplificare molto.

Inoltre, per fare un lavoro un po' più completo, oltre a lasciar svolgere il film fino in fondo (la funivia) sarebbe il caso anche poi di riavvolgerlo, o meglio svolgerlo al contrario. Diciamo seguire il filo anche nel verso opposto. Questo può portare a trovare l'origine di quel meccanismo che ci fa partire il film, il motivo della paura della funivia. Cosa troveremo? Gurdj direbbe un agglomerato di piccoli io alimentati dalla stessa paura, Jung direbbe un complesso alimentato magari da un trauma (ho visto cadere una funivia da piccolo) o da un'associazione remota (la sensazione della funivia è simile ad un'altra che ho provato in chissà quale circostanza ed ha fatto confluire in quella direzione una mia paura, tipo quella di morire) o da una qualsiasi altra cosa (il livello di soggettività può essere molto alto in cose come queste).

Insomma troviamo un nodo, un giunto, un relè. Il nodo a quel punto abbiamo la possibilità di scioglierlo e di risistemare i meccanismi come fossero capitoli di un libro incastrati male... (questo magari approfondiamo, non so neanche se è chiaro quanto sopra...)
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Vecchio 12-12-2006, 11.09.27   #29
Uno
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Riscrivo quello che avete detto (più o meno) con parole diverse.

Il punto chiave è interrompere le associazioni involontarie per prima cosa e solo dopo (non dovrei neanche dirlo se non per completezza di esposizione) , quando se ne ha il controllo ripristinarle (associazioni) ma questa volta volontariamente ed in maniera diversa, con degli scopi ben precisi. Questo in estrema sintesi.....

Messa in maniera un pò più lunga... nell'esempio di Sole pensando alla funivia si proietta nel futuro, ci associa il vuoto, la rottura dei fili, la caduta etc etc....
spezzare questa catena non significa reprimere il pensiero, significa impedire a pensieri che provengono da zone remote (possono essere del passato, ma anche "innati") di impadronirsi della sala comandi. Come dice Ray li osserviamo, non li neghiamo ma gli impediamo di assumere il controllo.... è quasi impossibile farlo completamente da soli, a meno che non si parta già con una predisposizione e che non si sacrifichino altre cose (questa è molto più influente) che ci distraggono e quindi lasciano la sala comandi vuota alla mercè del primo pensiero che passa. (che risuona con le nostre zone remote di prima).
Quasi impossibile ma a volte ci si riesce.... le tecniche sono varie e la migliore dipende dalla costituzione dell'individuo oltre che del momento, per qualcuno può essere utilie in un primo tempo concentrarsi su altro per togliere spazio utile nella sala comandi, per altri può essere meglio tenere in mano corde, manette e quant'altro per legare quel primo pensiero che chiama i compari rompiscatole.... etc etc sempre osservando ciò che succede, se una cosa non è copiata nel nostro "archivio" potremmo anche pagarne gli effetti ma non potremmo impedirci di ripeterla.
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Vecchio 12-12-2006, 12.12.49   #30
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significa impedire a pensieri che provengono da zone remote (possono essere del passato, ma anche "innati") di impadronirsi della sala comandi.
Perchè altrimenti non immagini realmente nel futuro, ma rivivi, con una forma diversa, qualcosa che ancora risuona del passato.. Per uno che da piccolo è stato morso da un cane, osservando ora un orso davanti a se, difficilmente sarà in grado di immaginare l'aggressione di quell'orso "nel futuro", ma più facilmente rivedrà quel cane travestito da orso, che lo riattacca come ha fatto nel passato...
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Vecchio 12-12-2006, 12.22.49   #31
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Predefinito parlare a vanvera

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Gurdjieff sottolinea quindi 4 caratteristiche dannose principali:
- mentire
- immaginare
- esprimere emozioni negative
- parlapre a vanvera

Di alcune di queste caratteristiche esistono già discussioni in forum, le altre invece potrebbero servire da spunto per nuovi thread... In generale comunque, si può dire che sono tutte manifestazioni meccaniche e che l'uomo si trova a compierle senza una reale volontà da parte sua.
Osservandosi in questo modo, l'uomo scopre che quanto più egli controlla una manifestazione, tanto meno questa è nociva.
Parlare a vanvera e' un notevole dispendio di energie... ne so' qualcosa... Capita di parlare a vanvera quando il silenzio e' "pesante"... per riempire i vuoti... quando non si vuole lasciare "spazio" all'altro... quando la miglior difesa e' l'attacco... quando "so' tutto io"... quando vampirizzo il debole... in verita' parlare a vanvera e' una modalita' per anestetizzarmi...

Faccio un esempio che tutti hanno sotto gli occhi... i dibattiti in televisione... ho fatto un esperimento... ho tolto il volume... osservavo quegli sguardi vuoti che mangiavano l'aria... facce spente e sguardi persi in sogni onirici...

Quando riesco... (non sempre) taccio... attendo la domanda... ascolto... rimango in ascolto e non parlo "solo per dare aria alla bocca"... quando riesco a fare questo sono molto piu' presente e ricordo quello che mi viene detto...

Il vantaggio nel fare questo e' che riesco pure a vedermi mentre faccio questo... ho la visione di me che ascolto e intervengo quando richiesto... per contro se mi perdo nel parlare a vanvera... dopo aver parlato non ricordo quasi nulla di quello che si e' detto...

Ricordo di un pomeriggio di tempo fa' che mentre lavoravo... riuscivo a trovare pure il tempo di parlare a vanvera... la sera ero distrutto... senza energie... e non avevo poi lavorato tanto...hahahaha

In verita' ogni tanto nella giornata mi impongo di "ascoltarmi"... scopro cosi' che tengo la schiena curva... siedo con la gamba storta... stringo gli occhi per vedere meglio... ho il naso freddo... sto' sorridendo... tengo la mano sulla guancia e... a volte parlo a vanvera.
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Vecchio 12-12-2006, 13.07.36   #32
Sole
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Bello Grey..

Si potrebbe vedere la cosa al contrario e cioè nel silenzio sei costetto ad ascoltarti. Se ti imponi di non parlare (ad esempio) sei poi costretto a sentire tutti gli impulsi che salgono, che muovono, le rezioni a sollecitazioni ecc ecc.
Il parlare solo se necessario pressuppone che tu possa controllare lo stimolo di aprire bocca.
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Vecchio 15-12-2006, 15.08.44   #33
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Si tende a pensare che il parlare a vanvera riguardi solo i contenuti. Ovvero il cosa si dice. Non che non sia vero, lo è... ma è un aspetto secondario della questione.

Ciò che conta, anche qui come in tutto, è il come... (che viene direttamente dal perchè).

E' chiaro che se sto dal parrucchiere e chiacchiero ininterrottamente di scemenze insulse senza minimamente preoccuparmi di stabilire se penso davvero quel che sto dicendo ma mi limito a dar aria alla bocca per stare al centro dell'attenzione allora sto parlando a vanvera. E farei meglio a tacere.
Il fatto è che posso anche fare il più bel discorso del mondo per quanto riguarda i contenuti e parlare a vanvera lo stesso, se non "sento" quello che dico... se non lo accompagno col mio Essere... se non "spingo"... insomma, se non ci metto l'anima. (presente certi oratori o insegnanti che dicono certamente cose giuste ma risultano freddi... beh parlano a vanvera... e Cicerone si rivolta nella tomba ).

Ribaltando la questione posso Parlare davvero anche se dico cose di poco conto... o meglio, se parlo con l'anima, qualsiasi cosa dico non è di poco conto.
Prendiamo l'esempio più evidente: incontro uno o entro in un posto e dico "ciao". Quante volte è detto a vanvera?
Se invece metto l'anima nel ciao, se sorrido, se sono presente, se cerco di salutare non solo con la parola vuota ma mi "protendo" verso chi saluto, se mi ricordo che salutare vuol dire riconoscere come appartenente ad una cosa più grande di cui si fa parte (famiglia, cerchio di amici, di conoscenze ecc.), insomma se saluto davvero, allora ecco che inizio a non parlare a vanvera.

Se si inizia, anche poco, a cercare di parlare così ci si rende presto conto di quanto in effetti si parla a vanvera e nasce il desiderio di tacere...
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Vecchio 16-12-2006, 00.47.21   #34
Sole
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Mi ricollego a questo ultimo post per introdurre "non esprimere emozioni negative".
Il parlare a vanvera, senza pensare e senza un come, porta spesso a parlare di altri, o manifestare rabbia, disagi in maniera deleterea.

Esprimere emozioni negative come un giudizio su qualcuno che scatena in noi rabbia malumori o invidia o depressione porta ad esternare questa emozione, a condividerla con gli altri e non a trattenerla (non reprimerla) e quindi ci impediamo la possibilità di osservarla. La lasciamo scivolare via e lo ripetiamo ogni volta si presenta l'occasione. Ma intanto porta via una parte di noi con se.
Non è solo una questione di dispersione, che pur c'è, ma questo tipo di atteggiamento fa crescere l'importanza personale.
Infatti quando manfestiamo ad esempio odio verso qualcuno, automaticamente ci poniamo al di sopra di lui/lei. Ci impediamo di avere una visione obbiettiva delle cose e giudichiamo parzialmente e questo fà si che ci autoconvinciamo di essere rispetto ad una situazione o qualcuno migliori.

Di questa cosa mi sfugge qualcosa ancora, qualcuno integrerà.

Ora se ci pensiamo bene tutte e 4 queste cose procedono sullo stesso binario e insieme.
Si mente, si immagina, si esrpimono emozioni negative mentre si parla a vanvera.
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Vecchio 16-12-2006, 12.22.33   #35
griselda
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Mentire, immaginare. esprimere emozioni negative, e parlare a vanvera.
Nel mentire è contemplato anche il non mentire a se stessi per cui la sincerità è anche quella di ascoltare dentro di se lo scatenarsi di certe emozioni negative, che però, non vanno represse, nel senso di vietarsi di sentirle o di far finta di nulla. Ma pur sentendo tutta la potenza che esse scatenano in noi non dobbiamo fare uscire il risultato delle eventuali esplosioni interne, insomma implosioni e non esplosioni. Ci sono alcune emozioni che ci ottenebrano come se nel corpo avvenisse uno scarico di una qualche droga che non ci permette di ragionare bene ( e che quando termina ci rimette il giusto quadro della situazione per cui capita anche di andare a domandare scusa.) se in quel momento parliamo non siamo integri e parliamo a vanvera. Quindi se noi in quel momento riusciamo a vedere queste emozioni cosa ci stanno facendo e ci rendiamo conto che non siamo noi in quel momento ma il risultato di quell’azione chimica. Potrebbe essere una soluzione dirlo a chi ci sta davanti? Del tipo mi hai detto una cosa per la quale in questo momento di strozzerei ma sono consapevole che…. (è illusione del momento) parliamone piuttardi? Oppure nonostante si veda tutto ciò che si muove al nostro interno fare buon viso a cattivo gioco, ma tenendo ben presente che quello che avviene all’interno è un’illusione (reale perché la si prova) di…?
Queste emozioni ci muovono l’immaginazione in modo deleterio ci cambiano l’umore e non ci permettono di rimanere distaccati da qualcosa di illusorio se noi non prendiamo in mano la situazione guardandole dal giusto punto di vista. L’immaginazione è positiva quando siamo noi ad usarla e non lei ad usare noi quando è frutto di emozioni negative.
Ho provato a fare un riassunto per vedere se ho capito quanto è stato detto sino ad ora, vi prego di correggere dove vi fossero imprecisioni, sempre che si capisca.

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Vecchio 02-05-2007, 07.14.40   #36
Ray
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Riprendo questo tread saltando di palo in frasca, visto che sulle 4 funzioni deleterie della macchina umana (mentire, esprimere emozioni negative, immaginare e parlare a vanvera) ci sono molte discussioni che ne parlano, in questi termini o altri, in giro per il forum.

Il sistema elaborato da G., facente parte della quarta via, prevede un certo lavoro di preparazione, che consiste nell'assimilare un determinato numero di idee (quindi un lavoro intellettuale) le quali permetteranno/faciliteranno l'Osservazione.
Queste idee prevedono soprattutto un diverso modo di pensare e di parlare e rispondono ad una necessità derivante dal fatto che di norma l'uomo ha parecchie idee e modi di esprimere/esprimersi sbagliate, sia sul mondo, ma soprattutto su se stesso.

Una di queste, forse la prima per logica, riguarda proprio il concetto "uomo". La tendenza è quella di usare la stessa parola per tutti e questo non può che portare a notevolissimi fraintendimenti. Il sistema infatti distingue sette tipi di "uomini", le cui caratteristiche sono talmente tanto diverse da un tipo all'altro, che si può pensare tranquillamente a sette diverse categorie di esseri. Per mantenere più asettico possibile il sistema (non inquinarlo con idee preconcette che possono falsare la comprensione), li si chiama semplicemente uomo1, uomo2, uomo3 e così via.

Imparare ad usare correttamente questa ed altre distinzioni appare decisamente importante, in quanto permette alle persone di iniziare a capirsi. Infatti, allo stato attuale delle cose, umanità immersa nel sonno, ognuno conferisce alle parole un suo significato soggettivo, che sarà sempre diverso tra una persona e l'altra. Questo fa si che sia impossibile capirsi (dispersione delle lingue, torre di Babele). Viceversa, stabilire delle distinzioni e adottare un sistema di linguaggio derivante da un Sistema, è il primo passo verso un parlare e pensare obiettivo e quindi ad una possibilità di comprensione reciproca.
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Vecchio 02-05-2007, 07.49.28   #37
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Predefinito "uomo" 1,2,3,4,5,6,7

La distinzione tra uomini di diverse categorie si basa sul loro grado di consapevolezza (che la consapevolezza non sia un assoluto ma abbia gradi è un'altra delle idee fondamentali del sistema).

Le persone nascono soltanto in una delle prime tre categorie, quindi o sono uomini1 o 2 o 3. Si distinguono tra loro a seconda di quale è la loro funzione predominante: quella motorio-istintiva (1), quella emozionale (2) o quella mentale (3). Ovvero la categoria è determinata da quale centro (istintivo, emozionale o intellettuale) predomini sugli altri due, in quale funzione c'è maggiore identificazione. Per maggiori ragguagli sui centri e le relative funzioni...

Le caratteristiche delle persone di queste tre categorie sono quelle esposte finora: sonno, mancanza di conoscenza di se, mancanza di coscienza permenete, divisione ecc.
E' importante capire che, a questo livello, non c'è una vera gerarchia e dire uomo1, 2 o 3 indica solamente una diversa posizione di partenza, come potrebbe essere nord, sud e ovest.
A questo livello di consapevolezza gli uomini non possono capirsi, non possono fare, sono marionette soggette alla legge dell'accidente (altra questione da esaminare... prossimamente)

La gerarchia invece comincia con l'uomo4 e successivi. L'uomo4 infatti è colui che ha già intrapreso un lavoro su se e raggiunto degli obiettivi, per quanto minimi. Egli infatti ha già iniziato a mutare, possiede capacità di osservazione ed ha acquisito un minimo livello di conoscenza e consapevolezza. Se ha capacità di osservazione vuol dire che ha un "osservatore". Questo corrisponde ad un "io" o gruppo di "io" che sono sotto il controllo dell'individuo e che si identificano nel desiderio di lavorare su se. Potremmo dire che sono uno scopo permanente (quello di svegliarsi o altri modi di formulare la cosa). Questo nucleo di coscienza diverrà poi quel che viene chiamato "maggiordomo interinale" che non è altro che un osservatore in grado di "fare" qualcosina.
L'uomo4 è ancora diviso e, anche se il suo maggiordomo interinale fa da centro di gravità, ovvero è in grado di attrarre a se altri piccoli "io", soprattutto all'inizio continuaerà a subire se stesso, dato che questo maggiordomo interinale sarà abbastanza "grande" da osservare, ma resterà quasi sempre impotente nei confronti di quel che accade. Ovvero si vedrà funzionare in modo automatico e meccanico senza poterci fare granchè. La cosa, come si può immaginare, non è proprio piacevole e l'uomo4 può però imparare ad usare la sofferenza che ne deriva per rafforzare il suo maggiordomo interinale a scapito della macchina.

L'uomo5 invece è unificato. Il suo centro di gravità ha assunto il controllo di tutti gli "io" ed è diventato un Maggiordomo. Ha quindi una coscienza univoca e continua... non è più molti, ma uno. Ne segue che egli può conoscere tutto si se stesso e che domina il terzo stato di coscienza (che per l'uomo4 invece è intermittente). L'uomo5 inoltre utilizza e domina il centro emozionale superiore.

Sull'uomo6 e 7 è inutile parlare. Per accademia possiamo accennare al fatto che si parla di piena consapevolezza obiettiva (quarto stato di coscienza) e di utilizzo della facoltà intellettuale superiore.

Quel che è importante capire è che c'è una distanza abissale tra gli uomini 1, 2 e 3 e l'uomo4 (come tra il 5 e il 4 ma bon...)
Infatti non basta che un uomo 1, 2 o 3 inizi a lavorare per essere uomo4 e neanche per iniziare a lavorare sul livello 4 (l'uomo4 domina il 4 allo stesso modo che chi compie 30 anni ha già vissuto il trentesimo anno), dove per "livello" intendiamo figurativamente la strada che va dal 3 (o 2 o 1) al 4. L'uomo quindi che muove dal suo sonno ha davanti a se una montagna in cima alla quale inizia la Via. L'uomo4 è sulla Via...

Ci sarebbero moltissime altre cose da dire, ma mi fermo per adesso e lascio a voi...
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Vecchio 02-05-2007, 09.50.27   #38
Grey Owl
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Si inizia a lavorare per essere l'uomo4 partendo da una "base" di uomo1 o 2 o 3... in questo differisce il lavoro... nel senso che un uomo1 iniziera' l'osservazione di se in modo "differente" che un uomo2 e cosi' per l'uomo3...

In questo non vi sono "regole" da seguire ma un lavoro individuale fatto di osservazioni e di ricerca di se... l'osservazione e' lavoro costante e lungo... credo che il lavoro a seconda di che tipo di uomo (1-2-3) si e'... viene fatto in maniera differente... ma l'unico scopo e' quello di svegliarsi dal sonno che ci accomuna.

Chi pensa che il solo fatto di iniziare il lavoro lo pone in condizione di essere sulla Via commette un grosso errore di valutazione... non lo si e' affatto... ci si trova in quello stato di limbo in cui indietro non si torna e avanti serve sforzarsi di piu'... indietro in verita' si torna... basta tornare a dormire... nulla di piu' facile...hehehehe
Quando si inizia a cercare e ad osservarsi cresce la necessita' di risvegliarsi... si vedono frammenti di risveglio... si inorridisce su come la nostra vita attuale sia meccanica... accidentale... quindi tornare indietro e' impensabile... tornare nel sonno e' da escludere (almeno nell'intenzione)... ci si sforza per svegliarsi un po' di piu'... questo e' il lavoro.

Nel lavoro su di se e' necessario essere "guidati" da un uomo4... Ouspensky (allievo di G.) utilizza una metafora a riguardo... e' come se un prigioniero avesse deciso di fuggire dalla prigione... da solo non riuscira' nel tentativo... ma se trova altri compagni che desiderano fuggire allora forse la fuga e' possibile aiutandosi a vicenda con il lavoro per la fuga dalla prigione... ma serve anche un uomo(4) che sia fuggito dalla prigione per indicare la via di fuga ai prigionieri... il come fuggire dalla prigione.

Restando nell'analogia di Ouspensky... sono un prigioniero(2) che cerca coi compagni la fuga ed (a fatica) segue i consigli dell'uomo(4)...hehehehe




AGGIUNGO: prima di cercare di fuggire dalla prigione bisogna che l'uomo(1-2-3) si "renda conto" che e' in prigione... poi una volta che si rende conto di essere un prigioniero deve desiderare la fuga dalla prigione... inoltre deve trovare dei compagni per la fuga e inoltre trovare un uomo(4) che sia fuggito prima di loro... (gia' questo e' tanto)... ed inoltre... non vi e' garanzia che una volta tentata la fuga si riesca a fuggire... il lavoro(intellettuale) su di se'... costante e duraturo e' tutto cio' che abbiamo per cominciare la fuga... altro non si puo' "fare"... il fare viene dopo... ora quello che e' possibile e' osservarsi...

Ultima modifica di Grey Owl : 02-05-2007 alle ore 10.29.10.
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Vecchio 02-05-2007, 12.01.42   #39
'ayn soph
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Il concetto di prigione non chiarisce perfettamente, come se si voglia fuggire da qualcosa o da se stessi, al contrario bisogna immergersi dentro se stessi (e mi sembra che è stato detto) e risolvere alcune questioni che non vorremmo mai affrontare. In definitiva viviamo nella nostra "luce" (conoscenza) dove aspetti della psiche (Intuizione, Pensiero, Sentimento, Sensazione) convivono con altri aspetti delle nostre personalità dell'Anima (la Scintilla divina attiva soltanto ad un determinato grado o complessità strutturale) e dell'Anima in senso stretto (dove l'illuminazione è quello che succede a differenti personalità facenti parte di un'anima, integrati e completando l'esperienza in quella forma).
In entrambi gli aspetti si tratta sempre di completare qualcosa che "non vediamo" o che ci costa fatica affrontare ma il risultato finale certamente ripaga di tutti gli sforzi.
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Vecchio 02-05-2007, 12.14.09   #40
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Restando nell'analogia di Ouspensky... sono un prigioniero(2)
Sei un 1 non un 2
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Vecchio 02-05-2007, 12.18.46   #41
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uomo(1)= motorio-istintiva
uomo(2)= emozionale
uomo(3)= mentale

Mi pace pensare che sia un uomo(2) ma non saprei?...
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Vecchio 02-05-2007, 20.47.01   #42
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AGGIUNGO: prima di cercare di fuggire dalla prigione bisogna che l'uomo(1-2-3) si "renda conto" che e' in prigione... poi una volta che si rende conto di essere un prigioniero deve desiderare la fuga dalla prigione... inoltre deve trovare dei compagni per la fuga e inoltre trovare un uomo(4) che sia fuggito prima di loro... (gia' questo e' tanto)... ed inoltre... non vi e' garanzia che una volta tentata la fuga si riesca a fuggire... il lavoro(intellettuale) su di se'... costante e duraturo e' tutto cio' che abbiamo per cominciare la fuga... altro non si puo' "fare"... il fare viene dopo... ora quello che e' possibile e' osservarsi...
Non so che numero sei, comunque non concordo sul fatto che un 4 sia già fuggito. Può certamente dare una mano in determinati ambiti, dato che ha deciso di fuggire e che sta scavando la galleria, ma segue le indicazioni di un 5. Quello si che è fuggito. O forse la metafora non regge bene il 4 e il 5, non so...
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Vecchio 03-05-2007, 15.24.05   #43
griselda
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Non so che numero sei, comunque non concordo sul fatto che un 4 sia già fuggito. Può certamente dare una mano in determinati ambiti, dato che ha deciso di fuggire e che sta scavando la galleria, ma segue le indicazioni di un 5. Quello si che è fuggito. O forse la metafora non regge bene il 4 e il 5, non so...
Per quello che credo di aver capito leggendo il libro di O. (non l'ho ancora finito) si crea una specie di cordata dove gli 1,2,3, sono il punto di partenza se prendono coscienza della loro situzione ed iniziano a lavorare per diventare quattro, (quattro come inizio perchè si è quattro quando si è completato il "percorso") ma da soli non ce la farebbero perchè ripiomberebbero nel sonno alla prima variazione della spirale, le ottave, allora hanno bisogno di un supporto che è per tutti almeno il cinque che possa aiutare gli altri, poi i quattro, di loro, possono indicare ed aiutare e spronando a stare svegli perchè ci sono già passati, quel lavoro l'hanno già fatto ed assimilato. Ho capito bene o devo ri ?

P.S. Per il Capo: potrei sapere che numero sono io?
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Vecchio 04-05-2007, 12.32.12   #44
griselda
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Originalmente inviato da Grey Owl Visualizza messaggio
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Mi pace pensare che sia un uomo(2) ma non saprei?...
Siccome ci somigliamo come gemellini mi sa che siamo tutti e due 1, attenzione non Uno eh
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Vecchio 23-09-2007, 02.39.18   #45
cassandra
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Questa discussione è mooolto interessante...
propongo 2 opzioni a chi di dovere, o continuate il discorso,oppure mi dite che libro comprare di Gurdjieff..

P.S.Uno mi dici se sono 1 anch'io?...mi serve per capire dove indirizzarmi...
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Vecchio 23-09-2007, 18.21.07   #46
Kael
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Perchè, tutto quello che è stato detto finora pensi di averlo capito e compreso perfettamente? La discussione si è un po' fermata perchè ritengo, almeno io, che sia perssochè inutile andare avanti se prima non vengono assimilate almeno queste direttive base. In fin dei conti molti thread (se non tutti) nel forum parlano nel dettaglio dei punti salienti di questa quarta via. Se qualcosa non ti è chiaro puoi chiedere anche qua, magari io o se non sono in grado qualcun altro potrà risponderti...

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Vecchio 24-09-2007, 02.15.19   #47
cassandra
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Lo hai fatto apposta eh...

Cmq ho preso informazioni,il nome della discussione è quello del libro.
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Vecchio 24-09-2007, 11.07.04   #48
Ray
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Lo hai fatto apposta eh...

Cmq ho preso informazioni,il nome della discussione è quello del libro.
Si c'è un libro di Osupensky che si intitola " la quarta via" ed è certamente ottimo, ma se posso consigliarti inizierei da "frammenti di un insegnamento sconosciuto" sempre di Ouspensky (stessa casa editrice stessa collana). E' una testimonianza più diretta di Gurdy.
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Vecchio 24-09-2007, 21.07.07   #49
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Si anch'io ho iniziato leggendo il libro che ti ha messo in link Ray.

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Vecchio 15-12-2007, 01.10.46   #50
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Volevo fare una domanda che riguarda il pensiero di Ouspensky e prima ancora di Gurdjeff, richiamando una cosa che non ho ancora capito e che forse porta un attimo indietro la discussione rispetto ai punti che fino ad ora si son toccati.
Mi ricollego col post nr 42 che Uno ha lasciato nella discussione
Quale Via: Mano Destra, secca, o Mano Sinistra, umida?


Si è detto che la " Quarta Via " è completa rispetto ad altre individuate come :
Via del fachiro --> solo corpo
Via del monaco --> solo cuore
Via dello yogi --> solo mente.
Ciò che mi è chiaro è che l'appartenenza di tale " Quarta Via ", quale metodo di studio è anche denominato " Via della Comprensione" proprio perchè comprende tutti e tre gli elementi che in altre diramazioni della Tradizione sono si presenti ma andrebbero integrati rispettivamente.
Ma la " quarta Via " è appunto una quarta, nel senso di ulteriore Via o si può far rientrare all'interno delle Categorie " destra, sinistra, mezzo" e se si quale?
Riporto poi un attimo quel che ha detto Uno, in quel post

Citazione:
ogni Tradizione è collegata alla Pianta Originale... che poi poeticamente (e non solo) possiamo dire che è quel famoso albero della conoscenza.
Se segui la metafora/visione della pianta scopri che la crescita e allungamento di un ramo è il suo movimento nel tempo minimo, e nello spazio se si allarga.
A volte sembra che dei rametti allungandosi con poca consistenza ed importanza diventino rami morti, invece a meno che non si secchino del tutto potrebbero sempre servire per impollinare nuovi fiori più vicino alla pianta.
Sinceramente grandi organizzazioni quando vengono alla luce vanno "colte" e mangiate subito (o anche prima che escano se si ha tale possibilità), quello è il momento più fruttuoso, quando inizia ad essere un periodo lungo che sono "conosciute" hanno un'atmosfera che le circonda composta da parecchi attori in cerca di autore, di mercanti che cercano di ritagliarsi un posticino... anche di brava gente ma diventa più difficile trovarla, diventa più difficile per loro rimanere "bravi" proprio per il contesto in cui operano.
Facciamo un esempio: il più onesto ed integerrimo individuo della Terra decide di entrare in politica per far qualcosa di buono, se ci entra con un partito conosciuto è costretto a sottostare ad alcune cose non scritte per andare avanti... nella politica anche se fonda un'altro partito per sopravvivere è costretto a scendere a compromessi... a meno che non diventi talmente grande da potersene fregare del sistema che già esiste ed insieme a chi lavora con lui crearne uno nuovo più pulito. Ma questo in politica è praticamente utopia, nelle cose dello Spirito invece è possibile, non bisogna mica convertire per forza e con la forza, a dispetto di quello che sembrerebbe osservando rami troppo lunghi della pianta.
Quel che ho pensato forse a torto è che la " Quarta Via " sia, rappresenti, un "nuovo " Ramo della Tradizione ed anche se "giovane" - nel senso di tempo in quanto da poco ha fatto un'apparizione, diciamo cosi, pubblica - questa appena " fondata " andrebbe colta poichè "contiene", come le altre, la Tradizione.
Si potrebbe definire una Sintesi delle altre e per tale motivo più efficace?
Forse questo chiarimento era da inserire in quella discussione, ma poichè li si parla in maniera generica del tipo di Via, ho preferito inserirla qui in maniera da avere almeno una piccola visione poichè al momento faccio fatica ad avere.
__________________
Dr. Marc Haven
“Non deve essere l’alba di luce che deve iniziare ad avvisare la tua anima di tali doveri giornalieri e dell’ora in cui gli incensi devono bruciare sui fornelli; è la tua voce, solo lei che deve chiamare l’alba di luce e farla brillare sulla tua opera, alfine che tu possa dall’alto di questo Oriente, riversarla sulle nazioni addormentate nella loro inattività e sradicarle dalle tenebre in cui versano.”
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