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Vecchio 08-04-2007, 09.00.58   #1
Ray
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Predefinito Lo sforzo cosciente

Da tutte le discipline e tradizioni esoteriche emerge la centrale importanza dello sforzo cosciente nella crescita spirituale. Lo chiamo “sforzo cosciente” stile Gurdj ma, magari con altri nomi, è richiesto in qualsiasi cammino. Se ci pensiamo la cosa vale anche per le discipline non esoteriche, qualora si desideri fare qualcosa seriamente... dallo sport, allo studio all'arte. Senza uno sforzo, anzi una serie ripetuta di sforzi coscienti, si ottiene solo quel poco (termine relativo) che esce dalla prima spremitura dei propri talenti (parabola quella dei talenti che può essere letta proprio in questa chiave)... che può anche essere gustoso, ma bastevole solo per chi si accontenta.


Ma cosa vuol dire “fare sforzi coscienti”?


All'inizio (e anche alla fine), a mio avviso, il parametro di riferimento può essere una formuletta tipo “ho fatto davvero tutto quello che potevo? Sto facendo realmente il massimo che posso”?
Non sto dicendo che si debba sapere fin da subito quale sia il migliore investimento per i propri talenti (quello ce lo dirà l'esperienza) ma, un po' come la faccenda del leone, che si deve chiedersi se li si sta investendo tutti o se, almeno in parte, si sta tirando il c..o indietro.


Bon, siccome la pratica val più della grammatica, senza qualche esempio credo che da sto discorso si possa capire qualsiasi cosa, soprattutto quel che fa più comodo.
Inoltre se ci si limita a porsi la domandina si ottiene si che la coscienza morda, ma non è detto che si riesca anche a darsi soluzioni. Anzi da soli è estremamente difficile, se non quasi impossibile, rendersi conto di tutti gli aspetti del “sto facendo il massimo?”. Si può magari vederlo bene per alcune cose ma poi c'è da trasportare per analogia in tutti gli aspetti dell'esistenza. Per esempio qualcuno può rendersi conto che non sta facendo tutto quello che è in suo potere affinché i suoi rapporti personali affettivi vadano bene, ma magari non vede che si sta risparmiando ancora di più su altro, tipo il lavoro (minuscolo), perchè magari il parametro risultati lo imbroglia (qui si apre un altro discorso... il parametro risultati dello sforzo in realtà dovrebbe sparire). Viceversa qualcun altro si può trovare in situazione opposta o anche in tutt'altra situazione.


Da un punto di vista diciamo fisico fare sforzi coscienti significa mantenersi sempre ad un livello di stress misurato. Misurato in quanto cosciente. Lo stress che fa male, il “grande nemico” della società occidentale moderna, fa male perchè è indotto e subito e quindi ad esso si oppone una resistenza automatica di cui non ci si rende conto (quel che chiamiamo stress è il logorio dovuto a quella resistenza). Invece una costante tensione autoprodotta e misurata è indispensabile all' “allungamento” (l'esempio dello stretching può essere forse chiarificante). Ho ridetto misurata... più che misura si tratta di un certo equilibrio con l'ambiente (vedi “equilibrio”) che può essere fonte di stress variabile. Come dire che siamo comunque immersi in un fiume e la corrente che per forza seguiamo è soggetta a variazioni e non possiamo non tenerne conto. Se mi trovo in un tratto dove la corrente è forte, magari perchè mi avvicino ad una cascata, può essere utile fare resistenza alla corrente (ma anche aiutarla... magari si salta oltre la cascata, ma è pericoloso), se invece c'è calma piatta è meglio che nuoto o la corrente non basta a trasportarmi.


Da un punto di vista diciamo energetico si tratta di mantenere una certa vibrazione o un certo trend di aumento della stessa. Questo punto di vista è insieme il più e il meno importante. Il più perchè alla fin fine tutto qui sta, il meno perchè anche se non lo si capisce non fa niente, dato che quel che conta è “fare” basta capire il discorso generale... per vibrazioni e roba varia prima o poi qualcosa inizia a chiarificarsi.


Mi sa che ho esagerato... un sacco di carne al fuoco e anche sparpagliata (non so quanto risulti chiaro il discorso). Bon, se vi va possiamo cercare di sviluppare i vari punti oltre a quelli che metterete voi...
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Vecchio 08-04-2007, 12.11.26   #2
RedWitch
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Ma cosa vuol dire “fare sforzi coscienti”?


All'inizio (e anche alla fine), a mio avviso, il parametro di riferimento può essere una formuletta tipo “ho fatto davvero tutto quello che potevo? Sto facendo realmente il massimo che posso”?
Non sto dicendo che si debba sapere fin da subito quale sia il migliore investimento per i propri talenti (quello ce lo dirà l'esperienza) ma, un po' come la faccenda del leone, che si deve chiedersi se li si sta investendo tutti o se, almeno in parte, si sta tirando il c..o indietro.


Bon, siccome la pratica val più della grammatica, senza qualche esempio credo che da sto discorso si possa capire qualsiasi cosa, soprattutto quel che fa più comodo.
Inoltre se ci si limita a porsi la domandina si ottiene si che la coscienza morda, ma non è detto che si riesca anche a darsi soluzioni. Anzi da soli è estremamente difficile, se non quasi impossibile, rendersi conto di tutti gli aspetti del “sto facendo il massimo?”. Si può magari vederlo bene per alcune cose ma poi c'è da trasportare per analogia in tutti gli aspetti dell'esistenza. Per esempio qualcuno può rendersi conto che non sta facendo tutto quello che è in suo potere affinché i suoi rapporti personali affettivi vadano bene, ma magari non vede che si sta risparmiando ancora di più su altro, tipo il lavoro (minuscolo), perchè magari il parametro risultati lo imbroglia (qui si apre un altro discorso... il parametro risultati dello sforzo in realtà dovrebbe sparire). Viceversa qualcun altro si può trovare in situazione opposta o anche in tutt'altra situazione.
Ecco.. come si fa a capire se sto davvero facendo, o ho fatto tutto quel che potevo? Soprattutto calcolando che il paramentro dovrebbe sparire..
la risposta che mi sono sempre data, è "fare e basta" ... con impegno. che non riesco a quantificare. Non importa se vedi un risultato.. se fai, prima o poi qualcosa vedi. Poi spesso, "dopo" mi sono detta che potevo fare di più, ma non so mica se sia vero..


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Da un punto di vista diciamo fisico fare sforzi coscienti significa mantenersi sempre ad un livello di stress misurato. Misurato in quanto cosciente. Lo stress che fa male, il “grande nemico” della società occidentale moderna, fa male perchè è indotto e subito e quindi ad esso si oppone una resistenza automatica di cui non ci si rende conto (quel che chiamiamo stress è il logorio dovuto a quella resistenza). Invece una costante tensione autoprodotta e misurata è indispensabile all' “allungamento” (l'esempio dello stretching può essere forse chiarificante). Ho ridetto misurata... più che misura si tratta di un certo equilibrio con l'ambiente (vedi “equilibrio”) che può essere fonte di stress variabile. Come dire che siamo comunque immersi in un fiume e la corrente che per forza seguiamo è soggetta a variazioni e non possiamo non tenerne conto. Se mi trovo in un tratto dove la corrente è forte, magari perchè mi avvicino ad una cascata, può essere utile fare resistenza alla corrente (ma anche aiutarla... magari si salta oltre la cascata, ma è pericoloso), se invece c'è calma piatta è meglio che nuoto o la corrente non basta a trasportarmi
Mi interesserebbe capire il discorso della "calma piatta"... finchè c'è un agente esterno che ci aiuta a mantenere la tensione, se impari a sfruttare la corrente , che sia facendo temporaneamente resistenza o aiutarla, diventa poi abbastanza semplice "riconoscere la corrente".
Più difficile è a mio avviso quando c'è calma piatta, trovare un modo perfare uno sforzo. Lì è esclusivamente interno, non c'è nulla di esterno che agisce, ma sono io che devo procurarmi lo stress.. o shock
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Vecchio 08-04-2007, 12.27.01   #3
Shanti
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All'inizio (e anche alla fine), a mio avviso, il parametro di riferimento può essere una formuletta tipo “ho fatto davvero tutto quello che potevo? Sto facendo realmente il massimo che posso”?
Trovo che porsi questa domanda in qualunque situazione ci si trovi, anche nel quotidiano, sia molto utile: chiaro che bisogna essere il più sinceri possibile, non mentire a se stessi perchè non è facile accettare il fatto che in verità si sta facendo molto meno di quello che si potrebbe.
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Vecchio 08-04-2007, 18.08.00   #4
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Siccome ognuno di noi ha un linguaggio (e non intendo linguistico), mi rimane più congeniale parlare in termine di repressione oppure annessione (non mi viene il termine adatto), cioè se cerco in tutti i costi di sforzarmi lo intendo come una repressione di atti a cui dovrei rinunciare.
Invece se ho risolto quelle che chiamiamo "rinuncie" conosciute anche come vizi o peccati capitali (altrimenti sono andato fuori tema) e poi le annetto o incorporo senza troppo sforzo perchè ne sono convinto e le ho metabolizzate, lo sforzo diviene realizzazione.
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Vecchio 08-04-2007, 23.35.27   #5
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Ecco.. come si fa a capire se sto davvero facendo, o ho fatto tutto quel che potevo? Soprattutto calcolando che il paramentro dovrebbe sparire..
la risposta che mi sono sempre data, è "fare e basta" ... con impegno. che non riesco a quantificare. Non importa se vedi un risultato.. se fai, prima o poi qualcosa vedi. Poi spesso, "dopo" mi sono detta che potevo fare di più, ma non so mica se sia vero..
Si, hai ragione. Forse è meglio cambiare quel "fare il massimo" con "sforzarsi al massimo", dato che il "avrei potuto fare di più" potrebbe al limite contenere un errore di valutazione.
Però siamo appunto al limite, io non mi preoccuperei di questo... quando abbiamo realmente fatto il meglio che potevamo? Quasi mai...

L'accenno sul parametro risultati che deve sparire introduceva un discorso nel discorso. Su mi riferivo al fatto che prendere in considerazione il risultato è probabile che falsi il giudizio sulla necessità di sforzarsi al massimo.
Mettiamo che per lavoro faccio una cosa che per riuscire in modo soddisfacente (per esempio per accontentare il datore) mi basti sforzarmi un 10%... la tentazione di dire che va bene così è enorme e si cascherebbe nella logica per la quale il leone dovrebbe misurare il colpo sulla lepre.
Quando invece facciamo una cosa mettendoci il massimo il risultato conta poco. Ma in genere, e soprattutto nel Lavoro a mio avviso, si dovrebbe fare per fare... se si fa per il risultato e si valuta quello invece del lavoro ci si dimentica che lo scopo è saper fare e se so fare il risultato sarà automatico a tempo debito (rileggendo non mi sembra chiaro, nel senso che non so se sono d'accordo con me stesso... bon, aspetto di sentire voi)

Ultima modifica di Ray : 08-04-2007 alle ore 23.45.44.
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Vecchio 09-04-2007, 00.07.34   #6
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Quando invece facciamo una cosa mettendoci il massimo il risultato conta poco. Ma in genere, e soprattutto nel Lavoro a mio avviso, si dovrebbe fare per fare... se si fa per il risultato e si valuta quello invece del lavoro ci si dimentica che lo scopo è saper fare e se so fare il risultato sarà automatico a tempo debito (rileggendo non mi sembra chiaro, nel senso che non so se sono d'accordo con me stesso... bon, aspetto di sentire voi)
Tu dici che quando so fare una cosa mettendoci tutta me stessa, il risultato che ne verrà sarà automatico? (se la so fare, il risultato è palese, dovrei riuscire a farla). Non so perchè..ma io credo che ci debba comunque sempre essere un margine per cui una determinata cosa può riuscire o meno. Altrimenti sarei comunque sempre certa del risultato...
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Vecchio 09-04-2007, 12.52.55   #7
griselda
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Spesso il sapere o il dare per scontato il risultato può portare all'immobilismo o ad ottenere sempre lo stesso risultato come se già ne fossimo convinti inconsciamente anche se tendiamo al suo contrario.(e quindi non diamo mai il massimo perchè qualcosa dentro di noi se la racconta)
Non so se riesco a spiegarmi se sei convinto dentro che non ce la fai non ce la farai. è questo il blocco che forse facendolo con tutto te stesso senza pensare al risultato, senza giudizio alcuno, ( anche davanti ad una sconfitta) fare e basta, riesci col tempo ad infrangere e di smetterla di accontentarti per godere?
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Vecchio 09-04-2007, 14.01.16   #8
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Ma cosa vuol dire “fare sforzi coscienti”?

finchè non diventa farina del mio sacco....
è sempre uno sforzo....e credo anche dopo...
esempio: se devo fare ginnastica....e non nè ho voglia...
per mille e un motivo (di solito scuse)...
ne trovo una buona e non la faccio.....
so comunque di non aver fatto una cosa giusta
per me.....
(anche le scuse mi mettono davanti a
una sorta di ipocrisia...e lo so perfettamente)
meglio sarebbe rinunciare senza raccontarsela....
fare...invece.....anche contro la voglia..
perchè sai che la ginnastica serve a te...
e mettere al bando la pigrizia...è "sforzo cosciente"?

vabbè ginnastica tanto per dire ok?




__________________
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di distinguere tra le une e le altre
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Vecchio 09-04-2007, 14.29.00   #9
griselda
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Mi viene in mente un tubo con varie parti di esso che sono come strozzate (peccati capitali ?) queste strozzature vanno allargate con lo sforzo cosciente, il calore esercitato allarga ed espande il tubo in quel punto a forza di lavorarlo col calore si allarga e lascia passare un flusso maggiore. Ma sbaglio se dico che però il tubo appena rallento rimette la strozzatura al suo stato originale?
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Vecchio 09-04-2007, 21.37.41   #10
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fare...invece.....anche contro la voglia..
Ecco, questo è uno dei punti chiave. La "voglia" è un qualcosa che frena il volere. Particolare che di dica nello stesso modo no?

Se facciamo qualcosa perchè abbiamo "voglia" di farlo che sforzo è? Beh, un po' sforzo può anche essere, per carità, tra l'altro posso anche aver voglia di fare sforzi... ma dura poco di solito. Inoltre c'è un'altra questione: avere voglia spesso implica l'automatismo, perchè quando ho voglia di fare qualcosa mi è più semplice farlo che non farlo. E quindi rischio di dormire pur facendolo (non è detto cmq, è un rischio).
Invece lo sforzo vero sta nel fare qualcosa contro "voglia". Penso che tutti ne abbiano fatto esperienza, capita di dover fare qualcosa che non si ha voglia di fare... in questo caso ci sono due scelte: la faccio e ci metto comunque l'anima ("mi faccio venire la voglia") o la faccio e dentro di me continuo ad oppormi (magari ripetendomi che non voglio farlo e continuando a cercare scuse per smettere o se non posso lamentandomi). In questo secondo caso disperdo una quantità enorme di energie... e quindi dormo.

Tornando alla cosa del volere... qui si combatte una delle battaglie che facciamo con noi stessi se vogliamo stare svegli. Cosa voglio fare? Voglio fare questa cosa? E allora com'è che non ne ho voglia?

Chi è che vuole fare e chi è che non ha voglia?
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Vecchio 09-04-2007, 21.43.22   #11
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Mi viene in mente un tubo con varie parti di esso che sono come strozzate (peccati capitali ?) queste strozzature vanno allargate con lo sforzo cosciente, il calore esercitato allarga ed espande il tubo in quel punto a forza di lavorarlo col calore si allarga e lascia passare un flusso maggiore. Ma sbaglio se dico che però il tubo appena rallento rimette la strozzatura al suo stato originale?
Da parte mia la vedrei meglio così: lo sforzo è la pressione dell'acqua che corre nel tubo. Il tubo non è rigido però ma diciamo che appunto si può allargare e restringere (e non solo). Se aumento la pressione questa scalda il tubo e si lui allarga... come si raffredda si ricontrae. Interessante l'inversione apparente di contrazione e rilassamento... in realtà ci rilassiamo facendo sforzi, riposandoci ci contraiamo.

E' chiaro che se la pressione è maggiore passa più roba. Il tubo quando si allarga però fa diminuire la pressione (perchè c'è più spazio) pur restando costante la forza che produce la pressione, quindi più allargo e più devo s-forzare se voglio mantetenre la pressione costante.

C'è un'altra questione... più la pressione aumenta più acqua passa ma anche più acqua verrà "tirata" in entrata. Chi più spende più guadagna...

Ultima modifica di Ray : 09-04-2007 alle ore 21.45.54.
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Vecchio 09-04-2007, 23.46.37   #12
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Avete presente quando si diceva "l'importante è partecipare"?
Il risultato alla fine conta solo per chi non mette tutto se stesso in quella cosa... altrimenti già il fatto stesso di aver fatto il massimo è il più importante risultato ottenibile.
Misurarsi con se stessi dunque e non con gli altri. E questo equivale a dare il massimo, a raggiungere il limite... e il limite è appunto una condizione di sforzo/stress, altrimenti sarebbe la normalità e non il limite. Un Carl Lewis può battere senza il minimo sforzo un ragazzetto di 10 anni nella corsa, ma se Carl Lewis decide di misurarsi con Carl Lewis, allora le cose cambiano e può solo raggiungere il suo limite e sperare di spostarlo un po' più in là per "vincere/rsi"...
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Vecchio 10-04-2007, 00.09.29   #13
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Per sfidare o vincere se stessi, bisogna saperlo.
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Vecchio 10-04-2007, 00.18.58   #14
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Lo sforzo servirebbe a rafforzare la volontà. Mettere tutto di noi stessi in qualcosa è secondo me un discorso diverso, altrimenti rischiamo di fare di tutto. Sforzarsi è allenare, educare la volontà.
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Vecchio 10-04-2007, 09.39.58   #15
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Vi richiamo l'attenzione a quella S (esse) che c'è prima di forzo... forza...

Un'altro paradosso? Forzo cioè... faccio imprimendo forza... ma anche come necessario... come un forziere per esempio... ma se ci aggiungo quella S davanti mi forzo a fare qualcosa che potrei evitare.

Forzare significa anche rompere... aprire... o costringere verso un'azione... quante apparenti contraddizioni....
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Vecchio 10-04-2007, 12.18.22   #16
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Vi richiamo l'attenzione a quella S (esse) che c'è prima di forzo... forza...

Un'altro paradosso? Forzo cioè... faccio imprimendo forza... ma anche come necessario... come un forziere per esempio... ma se ci aggiungo quella S davanti mi forzo a fare qualcosa che potrei evitare.

Forzare significa anche rompere... aprire... o costringere verso un'azione... quante apparenti contraddizioni....
Sta cosa mi ha confusa un po' è come dire che la forza è naturale e lo sforzo è artificioso?
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Vecchio 10-04-2007, 13.41.44   #17
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"Un'altro paradosso? Forzo cioè... faccio imprimendo forza... ma anche come necessario... come un forziere per esempio... ma se ci aggiungo quella S davanti mi forzo a fare qualcosa che potrei evitare."

"finchè non diventa farina del mio sacco....
è sempre uno sforzo"

come dicevo nel post sopra...
nel senso che se ricevo l' impulso dal fuori..
qualunque esso sia...e non lo faccio mio...sarà sepre una forzatura....

rispondendo a Ray..la "voglia" descritta...
come sai...è un esempio sciocco che ho fatto...e ripetendo i termini...io voglio fare!!
non partecipare...come dice bene Kael...ma
pretendere e dare il massimo di quello che ho.....misurandomi innanzitutto con me stessa....con i limiti e le scuse che mi pongo
compresa la lentezza...si una bella sfida direi....
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Vecchio 11-04-2007, 13.23.08   #18
Faltea
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Lo sforzo è comunque una derivante della "forzatura" e dove mi devo "sforzare" a fare qualcosa non ne ricaverò nulla di buono.
Ci sono situazioni che si è quasi obbligati a portare a termine (pranzo con i parenti per qualche festività comandata, ginnastica per tonificare e far star meglio il fisico...), ma se si vivono come forzature, come già detto sopra (ed in altre discussioni) c'è uno spreco di energie inutili che vanno a debilitarci per nulla.
Allenare la mente ad impedirle di viverle come forzature semplifica ed annullla quasi totalmente lo spreco.
Anni fa partecipai ad un convegno sulla cristalloterapia, fu fatto un esempio molto particolare per vivere al meglio e più serenamente la vita di tutti i giorni:
Appena svegli, quando si è di fronte allo specchio, dirsi con un largo sorriso "quanto sono felice" anche più volte se necessario.
La trovai una cosa assai stupida e superficiale, ma amo sperimentare e così provai...
Pazzesco, si riesce a far credere alla mente di essere felici quando magari non lo si è per nulla...
Perché allora dovrebbe essere diverso? Se non ho voglia di fare qualcosa, posso allenare la mia mente a "volerlo fare con gioia" di modo che lo "sforzo" si trasformi in "volonta" e non vi sia spreco di energie...

Pensate sia assurdo?

Dimenticavo:
Per quanto riguarda il concetto di base della discussione, se è la mia strada.. non vi è sforzo che tenga.
La motivazione è il motore che mi spinge alla ricerca. Percui il mio 100% si fraziona maggiormente sugli stati d'animo del momento piuttosto che sul concetto di "sto dando il massimo?"
Per capirmi: se sono scocciata.. non riesco a dare il massimo in quel momento (o il mio massimo, ognuno ha il suo "limite" ed il suo metro) anche se il tema trattato o la situazione in cui mi trovo per me è super-interessante/importante...

Ultima modifica di Faltea : 11-04-2007 alle ore 13.28.37.
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Vecchio 11-04-2007, 14.57.03   #19
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...
cosa vuol dire “fare sforzi coscienti”?


All'inizio (e anche alla fine), a mio avviso, il parametro di riferimento può essere una formuletta tipo “ho fatto davvero tutto quello che potevo? Sto facendo realmente il massimo che posso”?



Da un punto di vista diciamo fisico fare sforzi coscienti significa mantenersi sempre ad un livello di stress misurato. Misurato in quanto cosciente. costante tensione autoprodotta e misurata è indispensabile all' “allungamento” (l'esempio dello stretching può essere forse chiarificante).
Ho ridetto misurata... più che misura si tratta di un certo equilibrio con l'ambiente (vedi “equilibrio”) che può essere fonte di stress variabile. Come dire che siamo comunque immersi in un fiume e la corrente che per forza seguiamo è soggetta a variazioni e non possiamo non tenerne conto. Se mi trovo in un tratto dove la corrente è forte, magari perchè mi avvicino ad una cascata, può essere utile fare resistenza alla corrente (ma anche aiutarla... magari si salta oltre la cascata, ma è pericoloso), se invece c'è calma piatta è meglio che nuoto o la corrente non basta a trasportarmi.



Da un punto di vista diciamo energetico si tratta di mantenere una certa vibrazione
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meglio cambiare quel "fare il massimo" con "sforzarsi al massimo", dato che il "avrei potuto fare di più" potrebbe al limite contenere un errore di valutazione.
Però siamo appunto al limite, io non mi preoccuperei di questo... quando abbiamo realmente fatto il meglio che potevamo? Quasi mai...

L'accenno sul parametro risultati che deve sparire introduceva un discorso nel discorso. Su mi riferivo al fatto che prendere in considerazione il risultato è probabile che falsi il giudizio sulla necessità di sforzarsi al massimo.
Mettiamo che per lavoro faccio una cosa che per riuscire in modo soddisfacente (per esempio per accontentare il datore) mi basti sforzarmi un 10%... la tentazione di dire che va bene così è enorme e si cascherebbe nella logica per la quale il leone dovrebbe misurare il colpo sulla lepre.
Quando invece facciamo una cosa mettendoci il massimo il risultato conta poco. Ma in genere, e soprattutto nel Lavoro a mio avviso, si dovrebbe fare per fare... se si fa per il risultato e si valuta quello invece del lavoro ci si dimentica che lo scopo è saper fare e se so fare il risultato sarà automatico a tempo debito (rileggendo non mi sembra chiaro, nel senso che non so se sono d'accordo con me stesso... bon, aspetto di sentire voi)
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Spesso il sapere o il dare per scontato il risultato può portare all'immobilismo o ad ottenere sempre lo stesso risultato come se già ne fossimo convinti inconsciamente anche se tendiamo al suo contrario.(e quindi non diamo mai il massimo perchè qualcosa dentro di noi se la racconta)
Non so se riesco a spiegarmi se sei convinto dentro che non ce la fai non ce la farai. è questo il blocco che forse ..... col tempo ad infrangere e di smetterla di accontentarti per godere?
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Ecco, questo è uno dei punti chiave. La "voglia" è un qualcosa che frena il volere. Particolare che di dica nello stesso modo no?

Se facciamo qualcosa perchè abbiamo "voglia" di farlo che sforzo è? Beh, un po' sforzo può anche essere, per carità, tra l'altro posso anche aver voglia di fare sforzi... ma dura poco di solito. Inoltre c'è un'altra questione: avere voglia spesso implica l'automatismo, perchè quando ho voglia di fare qualcosa mi è più semplice farlo che non farlo. E quindi rischio di dormire pur facendolo (non è detto cmq, è un rischio).
Invece lo sforzo vero sta nel fare qualcosa contro "voglia". Penso che tutti ne abbiano fatto esperienza, capita di dover fare qualcosa che non si ha voglia di fare... in questo caso ci sono due scelte: la faccio e ci metto comunque l'anima ("mi faccio venire la voglia") o la faccio e dentro di me continuo ad oppormi (magari ripetendomi che non voglio farlo e continuando a cercare scuse per smettere o se non posso lamentandomi). In questo secondo caso disperdo una quantità enorme di energie... e quindi dormo.



Chi è che vuole fare e chi è che non ha voglia?
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Vi richiamo l'attenzione a quella S (esse) che c'è prima di forzo... forza...

Un'altro paradosso? Forzo cioè... faccio imprimendo forza... ma anche come necessario... come un forziere per esempio... ma se ci aggiungo quella S davanti mi forzo a fare qualcosa che potrei evitare.

Forzare significa anche rompere... aprire... o costringere verso un'azione... quante apparenti contraddizioni....
Ho cercato di prendere le parti che secondo me possono essere utili ai fini del riepilogo.
Partendo dal basso, " S "- forzare potrebbe essere inteso nella situazione per cui " vado contro " una determinata forza, ad esempio il caso nel quale seguo la corrente e ad un tratto mi " oppongo" , per l'appunto con lo sforzo, cercando di annullare il normale percorso di questa.
Se consideriamo in sintesi lo "sforzo " come un andare contro la " voglia ", poichè come dice Ray avere voglia di fare qualcosa e farla non è sforzo, ossia dirigere un volere altro, questo potrebbe risultare un punto chiave. Si va a rompere uno "schema " che è rappresentato dalla corrente; uno schema al quale molti sono abituati.
A questo punto chi "vuole fare ", ed in questo secondo me si evidenzia il saper fare, è colui che vuole rompere lo schema ossia colui il quale, o quella parte di noi, non desidera più essere soggetto a questa gabbia; colui invece che non ne ha voglia di rompere alcunchè è invece la parte che desidera lasciare invariata la situazione: in poche parole meglio lasciarsi trasportare dalla corrente piùttosto che remare contro, piùttosto che operare uno sforzo.
Sforzarsi quindi potrebbe essere inteso come operare una forza uguale ed opposta al verso, della corrente, al quale siamo sottoposti o meglio di cui facciamo parte.
Ed è per questo verso che si potrebbe, sempre utilizzando il condizionale, identificare lo " sforzo cosciente" sia sotto l'aspetto fisico e sia sotto quello energetico.
Il fatto di " volere" andare contro la normale voglia - quale condizione che ci poniamo per fare o non fare una cosa - è gia di per se una presa di coscienza; dire per assurdo che non ce la si fa perchè non si sa fare un compito, o che so...che non si può fare una opposizione alla corrente stessa, è come ricadere nell'ambito di questo schema/corrente secondo me.
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“Non deve essere l’alba di luce che deve iniziare ad avvisare la tua anima di tali doveri giornalieri e dell’ora in cui gli incensi devono bruciare sui fornelli; è la tua voce, solo lei che deve chiamare l’alba di luce e farla brillare sulla tua opera, alfine che tu possa dall’alto di questo Oriente, riversarla sulle nazioni addormentate nella loro inattività e sradicarle dalle tenebre in cui versano.”
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Vecchio 11-04-2007, 16.03.38   #20
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Vi richiamo l'attenzione a quella S (esse) che c'è prima di forzo... forza...

Un'altro paradosso? Forzo cioè... faccio imprimendo forza... ma anche come necessario... come un forziere per esempio... ma se ci aggiungo quella S davanti mi forzo a fare qualcosa che potrei evitare.

Forzare significa anche rompere... aprire... o costringere verso un'azione... quante apparenti contraddizioni....
Provo a fare un esempio...
ci sono volte che non ho voglia di leggere con attenzione un post ad esempio. Ma invece che scorrerlo velocemente, forzo un po' e mi impongo di leggerlo attentamente.
Quando non riesco a capire qualcosa, mi s-forzo di farlo, ma per quanto io sforzi, se in quel momento non riesco a comprendere, non c'è verso.. e più mi impunto , più sforzo e meno capisco, e mi stanco, mi si annebbia la mente. In quel momento ho fatto uno sforzo inutile, impiegando energie che avrei potuto impiegare in altro..Poi magari rileggo lo stesso post a distanza di tempo (forzandomi per mantenere l'attenzione, perchè nel frattempo me lo sono dimenticata) e "magicamente" lo capisco.

La differenza quindi potrebbe essere che forzare va bene, sforzare è inutile perchè non porta risultati.. impegnarsi a fare qualcosa che non si ha voglia di fare a questo punto pero' non sarebbe più uno sforzo cosciente, ma un forzarsi... e rafforzarsi di conseguenza.
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Vecchio 11-04-2007, 16.29.44   #21
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Anni fa partecipai ad un convegno sulla cristalloterapia, fu fatto un esempio molto particolare per vivere al meglio e più serenamente la vita di tutti i giorni:
Appena svegli, quando si è di fronte allo specchio, dirsi con un largo sorriso "quanto sono felice" anche più volte se necessario.
La trovai una cosa assai stupida e superficiale, ma amo sperimentare e così provai...
Pazzesco, si riesce a far credere alla mente di essere felici quando magari non lo si è per nulla...
Perché allora dovrebbe essere diverso? Se non ho voglia di fare qualcosa, posso allenare la mia mente a "volerlo fare con gioia" di modo che lo "sforzo" si trasformi in "volonta" e non vi sia spreco di energie...

Pensate sia assurdo?
Se mi avessi chiesto se lo penso possibile ti avrei risposto che l'ho visto possibile...
ma se mi chiedi se è assurdo devo risponderti di si
Perchè dovrei accontentarmi di far credere alla mente che sono felice invece che lavorare per esserlo sul serio?? (o almeno tendere alla felicità, che è più sensato)
E non mi dire che facendo così poi la mente cambia, si adegua ad un nuovo modello mentale e stupidaggini (non riferito a te... ma a che mette in giro queste cose senza studiare realmente come funziona la mente, intendo chi fa sti corsetti) perchè se hai la forza di costringerti per un periodo abbastanza lungo (ma con una certa forza e costanza.. sul serio insomma) a questo espediente di mascheramento una mattina ti "alzerai" con una tale depressione che neanche con la gru ti tireranno giù dal letto
Ad altri in altri termini ho detto che tutto si paga in un modo o in un altro.. il senso è lo stesso


Il discorso allenare la mente invece è diverso e sono d'accordo... si dovrebbe fare... si dovrebbe voler fare le cose con gioia e leggerezza... ma non è una cosa che si impara senza una profonda trasformazione di se stessi... (e non solo la mente-ragione)
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Vecchio 11-04-2007, 21.58.51   #22
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Provo a fare un esempio...
ci sono volte che non ho voglia di leggere con attenzione un post ad esempio. Ma invece che scorrerlo velocemente, forzo un po' e mi impongo di leggerlo attentamente.
Quando non riesco a capire qualcosa, mi s-forzo di farlo, ma per quanto io sforzi, se in quel momento non riesco a comprendere, non c'è verso.. e più mi impunto , più sforzo e meno capisco, e mi stanco, mi si annebbia la mente. In quel momento ho fatto uno sforzo inutile, impiegando energie che avrei potuto impiegare in altro..Poi magari rileggo lo stesso post a distanza di tempo (forzandomi per mantenere l'attenzione, perchè nel frattempo me lo sono dimenticata) e "magicamente" lo capisco.

La differenza quindi potrebbe essere che forzare va bene, sforzare è inutile perchè non porta risultati.. impegnarsi a fare qualcosa che non si ha voglia di fare a questo punto pero' non sarebbe più uno sforzo cosciente, ma un forzarsi... e rafforzarsi di conseguenza.
Secondo me, da quel che dice Uno si evince che forzare è fare con forza una cosa che devo fare cmq (parla di necessità) mentre s-forzare è forzarsi a fare qualcosa che si potrebbe anche non fare (che poi è lo sforzo cisciente ecc....)

Il tuo esempio è chiarificatore, ma non credo che ci siano sforzi inutili... solo sforzi che non danno il risultato immediatamente (il discorso del parametro che deve sparire...)
Se ti sforzi di leggere con attenzione pur senza averne voglia il risultato lo ottieni subito, leggi con attenzione.
Se invece ti sforzi di capire lo sforzo va su un meccanismo complesso di cui non controlli tutti gli ingranaggi (è come forzare una ruota che inizia a muovere tutto un sistema) quindi magari solo inneschi qualcosa che ti darà un risultato a suo tempo. Infatti potresti dire che se non avessi fatto lo sforzo di capire la pirma volta (pur senza riuscirvi allora) ti sarebbe stato lo stesso chiaro in un lampo la seconda?

Questa faccenda dello sforzo cosciente con risultato a venire, questo in-vestimento forse un po' al buio, credo sia una delle basi del Lavoro...
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Vecchio 12-04-2007, 19.26.00   #23
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Se mi avessi chiesto se lo penso possibile ti avrei risposto che l'ho visto possibile...
ma se mi chiedi se è assurdo devo risponderti di si
Perchè dovrei accontentarmi di far credere alla mente che sono felice invece che lavorare per esserlo sul serio?? (o almeno tendere alla felicità, che è più sensato)
E non mi dire che facendo così poi la mente cambia, si adegua ad un nuovo modello mentale e stupidaggini (non riferito a te... ma a che mette in giro queste cose senza studiare realmente come funziona la mente, intendo chi fa sti corsetti) perchè se hai la forza di costringerti per un periodo abbastanza lungo (ma con una certa forza e costanza.. sul serio insomma) a questo espediente di mascheramento una mattina ti "alzerai" con una tale depressione che neanche con la gru ti tireranno giù dal letto
Ad altri in altri termini ho detto che tutto si paga in un modo o in un altro.. il senso è lo stesso


Il discorso allenare la mente invece è diverso e sono d'accordo... si dovrebbe fare... si dovrebbe voler fare le cose con gioia e leggerezza... ma non è una cosa che si impara senza una profonda trasformazione di se stessi... (e non solo la mente-ragione)
Effettivamente far credere alla mente che il tuo mondo è meraviglioso quando hai mille grattacapi non vale la candela...
Appena ri-apri gli occhi.... ed il velo-mente scompare altro che gru!!!

Ma... la testolina, specialmente quella delle donne, ha sbalzi ormonali non indifferenti.
L'ultilizzo della mente-cosciente, allenandola a vedere ciò che è reale e non ciò che è dato da uno stato d'animo puramente fisico.. bè aiuta molto.
In psicologia c'è un metodo definito "autosuggestione razionale emotiva" nata in america, qui ha preso poco piede...
Si tratta di "abituare" la mente all'eliminazione completa delle doverizzazioni.
Esempio:
Devo andare al lavoro domani
è il classico pensiero che ti abbatte, modificandolo in
domani vado al lavoro
perde tutto il peso della doverizzazione e diventa più leggero, più piacevole.
E qui ci si ricollega al concetto espresso nel thread.
Domani devo andare al lavoro
sforzo
domani vado al lavoro
non vi è sforzo - forzatura
Devo leggere, devo studiare, devo, devo, devo...

Il devo implica uno sforzo, vanno a braccetto.

Togli il devo, togli lo sforzo.

EDIT chiedo venia se è un po' ingarbugliato ma ho postato di fretta (cosa che odio fare!!!!)
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Vecchio 12-04-2007, 22.58.08   #24
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Qui ha preso poco piede? Ma se siamo tutti autosuggestionati emotivamente?
L'america ha creato un vero e proprio business con le varianti dell'autosuggestione, iniziando dal pensiero positivo degli anni 60 arrivando fino alle ultime tecniche pubblicitarie, un bella fetta del terziario statunitense campa con lo spacciare per tecniche ciò che in realtà avviene e da cui invece bisognerebbe liberarsi, si va dai multilevel più o meno apertamente commerciali (spesso nascondono i veri scopi, ma a volte sono palesi) ad una buona fetta (non dico tutti) dei professionisti della salute mentale arrivando a sette e pseudoconfessioni religiose al cui apice come potenza metterei Scientology.

Scusami... ma dirsi "Devo andare al lavoro domani" al posto di "domani vado al lavoro" è comunque cercare di condizionarsi ulteriormente, tieni presente che se la mente non percepisce globalmente (intendo anche corpo etc) un cambiamento il tutto si ferma a livello razionale (per quanto inconscio) e anche l'effetto di "aggiustamento" ormonale che potresti avere per dei limitati periodi poi lo pagheresti.
Ti dico una cosa che apparentemente contraddice tutto quello che sto scrivendo da alcuni post... se tu fossi capace di "pensare" (non è proprio pensare, ma per adesso usiamo questo termine) una cosa con forza per un tempo sufficiente al cambiamento in maniera costante senza nessun cedimento e distrazione... ebbene il cambiamento avverrebbe realmente e stabilmente (a meno di un successivo ri-solvimento e coagulazione in altro modo), ma sta di fatto che raramente l'uomo comune è capace di tale cosa, o ci arriva per quello che potremmo definire ultima goccia che fa trabboccare il vaso e limitatamente ad una situazione o ci arriva attraverso un particolare addestramento, via, percorso o come preferisci.. e in quel caso è in grado di applicarlo dove e come vuole.
Quindi in realtà non contraddico quello che ho scritto... queste tecniche a livello documentale risalgono ad almeno 4000 anni (India) ma sono sempre esistite, ma estrapolarle dal contesto oggi non è più vantaggioso, cosa che invece è stata necessaria qualche millenio fa per smuovere alcune cose.

P.s. tu vedi lo sforzo come qualcosa di negativo... il che poi è la visione occidentale moderna.... e comunque ripeto che quella S da un senso diverso da forzatura.... anche se oggi forzo e sforzo sono messi sullo stesso piano...
E comunque che tu dica "devo" o no... se non vivi di rendita devi lavorare.... inoltre devi respirare, devi mangiare, devi muoverti (se stai al letto tutto il giorno fai le piaghe al...) puoi anche togliere mentalmente il "devi" ma attenta a quando scoppierà in qualche altra forma.....
In fondo in fondo c'è sempre una mancanza di autoconoscenza...


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Vecchio 12-04-2007, 23.33.09   #25
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P.s. tu vedi lo sforzo come qualcosa di negativo... il che poi è la visione occidentale moderna.... e comunque ripeto che quella S da un senso diverso da forzatura.... anche se oggi forzo e sforzo sono messi sullo stesso piano...
E comunque che tu dica "devo" o no... se non vivi di rendita devi lavorare.... inoltre devi respirare, devi mangiare, devi muoverti (se stai al letto tutto il giorno fai le piaghe al...) puoi anche togliere mentalmente il "devi" ma attenta a quando scoppierà in qualche altra forma.....
In fondo in fondo c'è sempre una mancanza di autoconoscenza...

Quindi se si arriva all'autoconoscenza non ci sarà più il vedere per dire il lavoro ogni tanto come un peso, ma come una gioia? Ogni cosa che si fa, di qualunque tipo, parte dalla mia volontà, e quindi viene fatta con serenità? Se tolgo il devo mi sto semplicemente nascondendo?
Avevo sentito che un aiuto sarebbe quello di cambiare la parola dovrei con potrei, in modo da alleviare la preoccupazione, ma probabilmente anche questa è una specie di trappola per la mente.
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