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Vecchio 21-03-2011, 00.36.15   #101
Sole
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Torno qui per confrontarmi con voi su un pensiero.
Credo che sia normale per tutti che ad un certo punto del cammino si perda il senso di ciò che si sta facendo e di tutto ciò che ci circonda nella quotidianità.
Stavo meditando su questo aspetto della ricerca cercando di trovare il perchè ciò accade e che cosa accade in quei momenti in cui niente ha un senso reale, niente è davvero importante se non trovare una via di uscita e la fine della strade, l'unica cosa che si vorrebbe fare è chiudersi in un eremo il che equivarrebbe a fuggire dalla Via o almeno da questa Via.

Quel che ne ho cavato fin'ora è che l'impegno che si mette negli esercizi, nelle letture, nel proprio personale operare manca della soddisfazione del risultato. Questo fa si che si abbia l'impressione di girare intorno sempre alla stessa questione, di non fare mai un passo avanti ecc ecc. Così, ad esempio, si comincia a cercare altro che entusiasmi e ravvivi o che soddisfi in qualche modo il bisogno di vedere, di toccare un risultato. O nella peggiore delle ipotesi si iniizia a pensare che quell'esercizio non è adatto o altre scuse varie.
La verità spesso è che non c'è umiltà nell'accogliere quel che si sta facendo.
Per poter andare avanti oltre queste difficoltà che arrivano, io so che ci vuole un quid. Ma non so ancora decifrare cosa sia questo quid.
In un certo senso questo quid potrebbe essere la "non aspettativa", il che è un assurdo. Come posso scegliere di percorrere una Via e non aspettarmi nulla?
A ben pensarci la Via insegna ad avvicinarsi all'Amore e l'Amore è totale incondizionamento. Inoltre il non aspettarsi permette quella resa necessaria ad accogliere qualunque cosa.
Quindi forse tanto assurdo non è e potrebbe essere uno dei punti per uscire dall'impasse di certi momenti difficili.

Forse per qualcuno sono banalità e mi piacerebbe che mi raccontasse.
__________________
Se non sarò me stesso chi lo sarà per me? E se non ora, quando?

Ultima modifica di Sole : 21-03-2011 alle ore 00.38.47.
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Vecchio 21-03-2011, 02.28.52   #102
Ray
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Il probelma del vedere i risultati dipende dal fatto che finchè non hai un'attenzione abbastanza ampia da vedere contemporaneamente dove vai e che stai andando, o vedi dove stai andando o vedi che vai.
Cosa vuol dire questo? Vuol dire che per vedere i risultati di qualcosa, paradossalmente, devi interrompere quel qualcosa. Mentre vai sei proiettata nel futuro, e ti perdi il presente. Mentre stai vedi il presente ma non vai.
Poi, quando l'attenzione inizia a diventare più ampia, se ci si lavora ovvio, pian piano vedi entrambe le cose (prima o poi, e non solo per questo motivo, una discussione sull'attenzione diffusa andrebbe fatta).

La non aspettativa del risultato non è un assurdo, è l'unica posizione logica. Dato che qualunque risultato si stia cercando, finchè non ci si arriva, non lo si conosce. E' che abbiamo l'impressione che mollare le aspettative corrisponda a mollare le intenzioni... se non mi aspetto più il risultato mi sembra che non lo voglio più. Ma è, appunto, un'impressione. Per verificarlo "basta" concentrarsi sul volere e lo si percepisce separato dall'aspettativa, che semmai è attirata dal timore di non ottenere. Virgoletto basta perchè non è una cosa così semplice, anche se in realtà non è neanche così difficile, sono io che forse non so bene esprimere.
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Vecchio 21-03-2011, 10.48.52   #103
Astral
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Torno qui per confrontarmi con voi su un pensiero.
Credo che sia normale per tutti che ad un certo punto del cammino si perda il senso di ciò che si sta facendo e di tutto ciò che ci circonda nella quotidianità.
Stavo meditando su questo aspetto della ricerca cercando di trovare il perchè ciò accade e che cosa accade in quei momenti in cui niente ha un senso reale, niente è davvero importante se non trovare una via di uscita e la fine della strade, l'unica cosa che si vorrebbe fare è chiudersi in un eremo il che equivarrebbe a fuggire dalla Via o almeno da questa Via.

Quel che ne ho cavato fin'ora è che l'impegno che si mette negli esercizi, nelle letture, nel proprio personale operare manca della soddisfazione del risultato. Questo fa si che si abbia l'impressione di girare intorno sempre alla stessa questione, di non fare mai un passo avanti ecc ecc. Così, ad esempio, si comincia a cercare altro che entusiasmi e ravvivi o che soddisfi in qualche modo il bisogno di vedere, di toccare un risultato. O nella peggiore delle ipotesi si iniizia a pensare che quell'esercizio non è adatto o altre scuse varie.
La verità spesso è che non c'è umiltà nell'accogliere quel che si sta facendo.
Per poter andare avanti oltre queste difficoltà che arrivano, io so che ci vuole un quid. Ma non so ancora decifrare cosa sia questo quid.
In un certo senso questo quid potrebbe essere la "non aspettativa", il che è un assurdo. Come posso scegliere di percorrere una Via e non aspettarmi nulla?
A ben pensarci la Via insegna ad avvicinarsi all'Amore e l'Amore è totale incondizionamento. Inoltre il non aspettarsi permette quella resa necessaria ad accogliere qualunque cosa.
Quindi forse tanto assurdo non è e potrebbe essere uno dei punti per uscire dall'impasse di certi momenti difficili.

Forse per qualcuno sono banalità e mi piacerebbe che mi raccontasse.

Sono daccordo sul fatto che inizialmente non bisogna attaccarsi al risultato, ma come in ogni attività umana, anche quella spirituale, necessita per forza di cose di progressi.
L'atleta ha il soddisfacimento, di vedere il suo corpo che cambia, e le sue prestazioni fisiche sempre più efficaci. Lo studioso, patroneggerà la sua materia, diventando sempre più colto. L'artista sarà sempre più creativo.

Un minimo di cambiamento c'è, sopratutto all'inizio, poi forse diventa sempre più difficile.
Quando vedo dall'esterno (quindi non parlo di me) una persona che si avvicina ad un cammino spirituale, riesco ad accorgermi perchè cambia. Il suo non è un cambiamento dato dal fatto che deve fare cosi, o deve fare cola, cambia a livello che non si percepisce dall'esterno come prima.

Noi come ce ne accorgiamo? Beh per citare un esempio il forum potrebbe tornare utile, basta rileggersi per esempio i discorsi vecchi che facevi per renderti conto di quanto eri diversa (in meglio o in peggio). Per cui per prima cosa ritengo che un piccolo diario, a fine giornata possa aiutare a registrare quella parte di se.
Non si vedono solo i progressi, ma anche i regressi: quante volte si è tornati indietro nella via, ci si è fermati, si è preso deviazioni.

Ma nel campo spirituale, bisogna anche fare attenzione all'appagamento per i progressi, perchè da li il sentirsi superiori agli altri è molto facile.
Ritengo che ci sono dei segnali interiori, delle sensazioni non a livello razionale/emotivo ma più profonde, che fanno da bussola.

La differenza tra il volere ed aspettarsi, la spiegata molto bene Ray.
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Vecchio 21-03-2011, 12.34.40   #104
Kael
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Quel che ne ho cavato fin'ora è che l'impegno che si mette negli esercizi, nelle letture, nel proprio personale operare manca della soddisfazione del risultato.
Secondo me il problema è qua. Tutti facciamo qualcosa per qualcos'altro, è molto raro che qualcuno legga per leggere, o che lavori per lavorare.. di solito si legge per sapere, si lavora per avere più soldi, etc..
Seguire una Via dovrebbe funzionare alla stessa maniera. Adoperarsi, metterci impegno, come in amore, dovrebbe essere senza secondi fini. Se sto attento, se mi osservo, dovrebbe essere perchè è la mia vita e così mi piace, non perchè in questo modo posso ottenere altro (il chè sarà una conseguenza anche, ma non deve interessarmi inizialmente.. che è quello che dicevate sull'assenza di aspettativa)

I bambini fanno per fare, per amore incondizionato verso quella cosa. Noi grandi purtroppo, per quanto può essere sincera una data passione, lasciamo sempre uno spiraglio al tornaconto, al profitto, che come l'acqua in pressione fanno di un piccolo buco un cratere, rischiando di rovinare così anche quel poco di puro che ci resta...

Dovremmo vedere la Via come la nostra/o compagna/o. Dovremmo amarla incondizionatamente, fare le cose con lei perchè così ci piace, leggere per puro interesse verso quel libro, lavorare su noi stessi perchè è un piacere non una seccatura. Se lo si sapesse fare veramente il risultato/soddisfazione è già incluso, non deve arrivare da "fuori".
Gurdjieff parla di sforzi coscienti, è vero, e anche nel vero amore non mancano sforzi, fatica e responsabilità, ma probabilmente anche quello sforzarsi dovrebbe essere fine a se stesso, senza secondi fini.
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Vecchio 22-03-2011, 10.57.25   #105
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Il probelma del vedere i risultati dipende dal fatto che finchè non hai un'attenzione abbastanza ampia da vedere contemporaneamente dove vai e che stai andando, o vedi dove stai andando o vedi che vai.
Cosa vuol dire questo? Vuol dire che per vedere i risultati di qualcosa, paradossalmente, devi interrompere quel qualcosa. Mentre vai sei proiettata nel futuro, e ti perdi il presente. Mentre stai vedi il presente ma non vai.
Poi, quando l'attenzione inizia a diventare più ampia, se ci si lavora ovvio, pian piano vedi entrambe le cose (prima o poi, e non solo per questo motivo, una discussione sull'attenzione diffusa andrebbe fatta).

La non aspettativa del risultato non è un assurdo, è l'unica posizione logica. Dato che qualunque risultato si stia cercando, finchè non ci si arriva, non lo si conosce. E' che abbiamo l'impressione che mollare le aspettative corrisponda a mollare le intenzioni... se non mi aspetto più il risultato mi sembra che non lo voglio più. Ma è, appunto, un'impressione. Per verificarlo "basta" concentrarsi sul volere e lo si percepisce separato dall'aspettativa, che semmai è attirata dal timore di non ottenere. Virgoletto basta perchè non è una cosa così semplice, anche se in realtà non è neanche così difficile, sono io che forse non so bene esprimere.
La prima parte del post mi ha fatto venire in mente quel principio della fisica secondo cui se ci concentriamo sulla posizione di una particella non possiamo sapere nulla riguardo al suo movimento e viceversa.
In effetti è vero che stanto sempree proiettati sul futuro non appreziamo al meglio i risultati che man mano conseguiamo, perdendo in tal modo utili indicazioni e direzioni che essi potrebbero fornirci.

Anche la cosa delle aspettative la riscontro in me: se finisco di aspettarmi grandi cose l'impressione che ne consegue è come di aver mollato, di non crederci più, separare aspetative ed intenzioni sarebbe sicuramente un esercizio utile da fare, soprattutto nei momenti nei quali risultati non ne arrivano, o meglio non arrivano i risultati che ci aspettavamo o che crediamo di volere o che ci fa comodo volere, avendoli già "scannerizzati"
in partenza per vedere se e quali problemi,rischi, impegni e responsabilità portano con sè.

Teoricamente dovremmo partire da ciò che facciamo, il risultato sarà poi la logica conseguenza, più o meno percepibile, mentre spesso si parte da un risultato che abbiamo stabilito noi a priori ed in base a questo giudichiamo ciò che stiamo facendo.

E' logico che uno scopo , un obiettivo iniziale si deve avere altrimenti non ci muoveremmo neanche, (il fare per fare all'inizio mi pare difficile da ottenere), forse però dovrebbe servirci come spunto e spinta iniziale, per vincere l'inerzia, poi non dovremmo più basarci su questi obiettivi, che nel frattempo potrebbero aver assunto tutta un'altra connotazione, e restare il più possibile concentrati sul presente, con una disposizione d'animo più "accogliente" nel ricevere ed eleborare ciò che arriva.

Ultima modifica di luke : 22-03-2011 alle ore 11.13.02.
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