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Vecchio 27-12-2007, 12.38.45   #1
Ray
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Predefinito Legge Basaglia e suoi effetti

Argomento difficile e assai complesso, sicuramente non esauribile in pochi post, neancha a livello introduttivo. Tuttavia mi piacerebbe che si esplorasse, come possibile, la questione qui in forum per vari motivi che cercherò di veicolare.

Innanzitutto cos'è: la legge Basaglia (13 Maggio 1978, nr. 180), così chiamata per il suo fautore, regola una serie di trattamenti sanitari ed è stata pensata per iniziare a risolvere un'enorme serie di problematiche inerenti le cure psichiatriche.
In questo link trovate il testo completo... in ogni caso essa è famosa per aver avuto gli effetti, tra le altre cose, di aver eliminato i manicomi e restituito i diritti civili alle persone affette da disturbi psichici.

Basaglia era uno psichiatra che ha lavorato prima a Gorizia e poi a Trieste, luoghi dove ha iniziato, per l'epoca, nuovi sistemi di cura ottenendo lo smantellamento del manicomio. Nel sito del Dipartimento di Salute Mentale di Trieste trovate un po' di storia, sia sua personale che dei cambiamenti e della loro portata. Consiglio vivamente la lettura delle sezioni che ho citato per farsi un'idea base della cosa.

Fondamentalmente tutto parte dal fatto che i manicomi erano soprattutto luoghi di detenzione nei quali chi era affetto da patologie psichiche soggiornava senza diritti e a tempo indeterminato. Questo non significa che siano stati tutti dei lager o cosa... immagino che abbiano anche curato qualcuno... tuttavia la riforma verte su due linee: una tecnica che si riferisce alla tipologia e qualità delle cure e l'altra etica. E' soprattutto la seconda ad aver smosso le acque... la prima è spesso e tuttora poco nota al di fuori di chi si occupa del settore.

Come in tutte le grosse riforme - e in questo caso si può parlare a mio avviso di vera e propria rivoluzione - la situazione che ha generato è stata notevolmente caotica (cercherò di spiegare perchè)... inoltre a 35 anni circa dalla sua entrata in vigore la discussone sulla questione, a tutti i livelli dal pratico al teorico all'etico, è ancora aperta ed attuale.

Ci sono varie linee di approfondimento che mi piacerebbe seguire, quindi cercherò di accennarle, anche via via che la discussione va avanti.
Una di queste è connessa con la situazione caotica cui accennavo prima. La legge, ma non solo essa, anche e soprattutto gli stessi principi di base espressi da Basaglia e il suo staff, spinge nella direzione della de-istituzionalizzazione. In pratica, oltre a chiudere i manicomi, obbliga il servizio sanitario a rispondere alle esigenze delle persone affette da disturbi psichici sul territorio e non in un luogo ad esso avulso... staccato da ogni contesto sociale ed affettivo.
Questa direzione poneva il problema di costruire dei servizi che non c'erano ancora. Da una parte per re-inserire in qualche modo nel territorio che stava nei manicomi, dall'altra per accogliere le esigenze di chi, prima della legge, ci sarebbe finito. Si trattava quindi di escogitare dei sistemi per chiudere tutti i manicomi senza per questo lasciare un completo vuoto istituzionale e costruire delle pratiche che funzionassero meglio delle precedenti... correggendole via via che fosse stato necessario.

Come ci si può immaginare non si tratta di cosa di cinque minuti e non si tratta di cosa semplice. Non solo per motivi tecnici e economici (che non mancano e non sono mancati) ma anche per le varie resistenze che un nuovo modo di operare, totalmente diverso, incontra un po' dappertutto.

Il Dipartimento di Salute Mentale di Trieste che è considerato all'avanguardia da questo punto di vista (conosco personalmente molto bene questo dipartimento e posso in caso entrare nel merito anche di questioni assai specifiche) si è trovato e si trova di fronte a miriadi di difficoltà nel seguire le linee che si è prefisso. A volte le risposte tentate hanno dato buon esito, a volte è stato necessario correggere... una cosa posso dire: allo stato attuale dei servizi le cose non sono certo perfette, ma hanno un buon grado di funzionamento (se rapportate con altri servizi sanitari e altri servizi in generale) e soprattutto la linea di principio iniziale è sempre stata seguita.
Per fare un esempio si parla poco di cura e molto di riabilitazione, si tende a guardar altrettanto bene le capacità del "malato" delle sue incapacità e si cerca di connettere sempre meglio il tessuto sociale di cui le persone affette da disturbi fanno parte.
I servizi sono sul territorio, si cerca di curare le persone a casa loro e quando sono necessari ricoveri o cose del genere essi avvengono in strutture sparse sul territorio e aperte, durano il minor tempo possibile eccetera... insomma come qualsiasi altro ricovero.
Sono garantiti i diritti civili, è ricercata l'adesione alla cura proposta (che spesso è richiesta proprio) e via così... insomma le cose stanno più o meno come suppongo si immagini debbano stare la maggior parte delle persone di buon senso.
E' scontato ovviamente che ci sono un'infinità di piccole cose che funzionano male... come in tutti i lavori c'è chi se ne frega, chi "rubacchia la paga", chi è meno competente di un altro e così via... ma per esperienza posso dire che il tutto funziona assai meglio, per esempio, dei trasporti su rotaie .

In Italia esistono ancora invece gli Ospedali Pschiatrici Giudiziari... una volta chiamati manicomi criminali. Sono luoghi di detenzione oltre che di cura. E viene presa in considerazone la pericolosità sociale del malato. La differenza dai manicomi tradizionali è che questa pericolosità è presa in considerazone dopo che la persona ha commesso un reato (parliamo di roba seria, non che ha rubato le caramelle) e non prima. In ogni caso il dibattito è aperto da ogni punto di vista. Anche in questi casi tuttavia esistono dei programmi di riabilitazione, di competenza del servizio sanitario, più o meno validi secondo la mia opinione.

Mi rendo conto di non aver detto praticamente nulla. D'altra parte ribadisco le mie intenzioni... si tratta di esplorare come possibile un discorso ampissimo... ho quindi cercato di introdrre alcuni punti della questione e dare degli spunti e nulla più. Spero nel proseguo...

Un'ultima linea del discorso che mi preme iniziare riguarda la mezza polemica sorta tra me ed Aria nell'altra sezione. Sono molto curioso di sentire la sua esperienza come lei ha promesso. In modo da capire in base a cosa è pervenuta a certe conclusioni e fa certe affermazioni che mi permetto di - e desidero - contestare (le attuali comunità sono come i manicomi di una volta). Ritengo importante sentire queste esperienze e capire come portano, quando lo fanno, a vissuti del genere e mi interessa moltissimo capire quale è l'opinione comune in merito a queste questioni.

Altra questione che sorge sempre dalla stessa polemica (tirata in ballo da lei) è la preparazione degli operatori di certi settori della riabilitazione psichica. Lei fa capire che è molto approfondita, invece la mia opinione è che sia ancor oggi troppo scarsa e che questa problematica riguardi la maggior parte delle figure professoineli che operano nel settore. In effetti questo deficit è stato rilevato in varie sedi istituzionali e si è cercato di dare delle risposte congiunte, tra università e servizi sanitari. Purtroppo a mio avviso, nonostante qualche passo si sia fatto negli ultimi anni, le cose sono ancora lungi dal potersi ritenere soddisfacenti.
E' mia esperienza che la quasi totalità degli operatori che cercano sul serio di lavorare (ovviamente non parlo di quelli che se ne fregano) lamentano l'enorme mancanza di conoscenze delle questioni che si trovano ad affrontare quando vanno a lavorare e l'enorme divario (che sussiste ormai quasi in ogni settore) tra la scuola e la realtà. Questo vale come ho detto per moltissime figure... dagli infermieri, agli assistenti sociali, agli educatori eccetera. Anche questo problema sussite a vari livelli istituzionali come è ovvio. Da una parte si sa poco, dall'altra spesso si deve lottare per il riconoscimento in termini contrattuali, delle proprie competenze. Insomma discorso ampio.

Vabbeh mi fermo e lascio a voi il tempo di far mente locale... a presto

Ultima modifica di Ray : 27-12-2007 alle ore 12.46.15.
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Vecchio 27-12-2007, 17.40.28   #2
gibbi
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Nei giorni scorsi, in occasione del Telethon , mi son trovata a commentare con alcuni amici che non c'è alcuna iniziativa simile per il malato di mente che continua ad essere un malato da lasciare nell'ombra e con lui i famigliari altrettanto spesso dimenticati ( anche dalla Legge 180) e sui quali grava il peso economico , ma soprattutto psicologico di gestione di queste difficili situazioni.
Non conosco se non superficialmente le problematiche della parte "operativa" e aspetto di leggerti Ray , ma conosco molto bene la solitudine in cui vengono lasciati i famigliari e le difficoltà e le paure che essi si trovano ad affrontare .Come qualcuno ha detto, il malato di mente come gli altri malati fa pena , a differenza degli altri malati , fa paura.
Argomentone .... complesso e difficile ... ma senz'altro da esplorare
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Vecchio 28-12-2007, 01.40.07   #3
Grey Owl
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Si, ancora oggi come ieri il malato mentale è un malato diverso, fà paura la malattia mentale. Mio nonno paterno è morto molti anni prima che nascessi, morì in un'ospedale psichiatrico detto anche manicomio (così mi fù sempre detto). Ancora oggi non se ne parla per nulla di cosa successe in quel luogo. Un mio conoscente ha tentato il suicidio ed oggi non ricorda più perchè fece quell'insano gesto. La malattia mentale è difficile da identificare, spesso i malati non gravi vengono tenuti nella penombra della famiglia, tenuti nascosti per vergogna. Mi riferisco a questo mio conoscente che oggi, dopo le cure ospedaliere è di nuovo a casa. Mi domando se il suo gesto fù dettato dalla depressione oppure da quale percorso mentale?

Parlo da profano del settore, se penso ad un'ospedale psichiatrico mi vengono in mente film come "qualcuno volò sul nido del cucùlo" oppure a quelle terapie shock con le scariche elettriche alle tempie, ma anche film come "il grande cocomero" di Francesca Archibugi dove si affronta il problema della diagnosi psichiatrica e psicologica del paziente. La verità è che non si parla spesso di malattia mentale e quando lo si fà cè molto pudore.
Le persone temono il malato mentale perchè in qualche modo ne hanno paura, per le reazioni imprevedibili, per le smorfie, per il non controllo del loro agire, mette a disagio perchè in qualche modo il malato mentale è estraneo alla follia accettata nella società, perchè (parlando da profano) non esiste una linea di demarcazione tra il sano ed il folle.

Una domanda vorrei fare a Ray, quali sono gli strumenti di lavoro degli psichiatri? La psicologia è lo studio dei comportamenti delle persone ed i loro processi mentali mentre la psichiatria si occupa della salute mentale in genere intesa come prevenzione, cura e riabilitazione.
Quali sono le malattie mentali più curate e quali percentuali di riabilitazione e successo si hanno?
La depressione è considerata una malattia mentale?
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Vecchio 28-12-2007, 02.31.07   #4
Aria
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Come avevo detto nell'altro topic ho lavorato in una comunità per anziani e inabili psichici, qsto non vuol dire che so tutto sull'argomento o che qllo che ho vissuto è tipico di tutte le comunità.
Avevo 20 anni e nessuna esperienza quando mi sono trovata a lavorare li, facevo l'animatrice quindi, a differenza di altri, vivevo a contatto diretto con gli utenti. Nel mio reparto c'erano 10 uomini, alcuni dei quali provenienti dal manicomio criminale, ma stavano li in libertà e inizialmente avevo paura. Gli operatori li trattavano come pupazzi, li mettevano in soggezione, a volte li picchiavano, li umiliavano, li prendevano in giro. Ho visto una signora anziana piangere per più di 1anno perchè nessuno la portava dal dentista, altri invece li facevano bere come spugne perchè era l'unico modo per tenerli a bada e qndo erano ubriachi rompevano le bottiglie e si tagliavano le braccia. Il loro menù quotidiano era, a pranzo, pasta e carne in scatola a cena, invece, fagiolina con patate e mozzarella (ben diverso dal menù ufficiale che tenevano bene in vista) e nel periodo elettorale il presidente della comunità accompagnava gli utenti, non interdetti, a votare per chi diceva lui, minacciandoli di buttarli fuori.
So che qste cose non sono riconducibili alla legge Basaglia, ma che sono relative al comportamento poco umano di gente che mira solo ad arricchirsi, ma come qsta comunità ce ne sono altre qui. Quella che funziona un pò meglio è qlla che incassa meno e che resta aperta solo perchè è portata avanti da gente dal cuore grande.
Cmq quando ho detto che qsta legge ha fatto un sacco di danni mi riferivo a un'altra esperienza fatta ai tempi del liceo (che era attaccato al vecchio manicomio). Li gli utenti erano tenuti in libertà e venivano a molestare gli studenti. Una volta mentre aspettavo l'autobus è arrivato un tizio e si è tirato giù i pantaloni per farci vedere il suo pene in erezione... ovviamente appena si è avvicinato io e la mia mia siamo state più veloci di speedy gonzales a scappare.
Io non sono contro le legge Basaglia, è giustissimo avere rispetto per l'ammalato, supportarlo, inserirlo nella società etc, ma è un lavoro difficile che necessita tatto e una grande sensibilità, oltre a una grande organizzazione.
__________________
L'aspetto delle cose varia secondo le nostre emozioni, e così noi vediamo magia e bellezza in loro... ma in realtà, magia e bellezza sono in noi.
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Vecchio 28-12-2007, 03.31.57   #5
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Originalmente inviato da Aria Visualizza messaggio
Come avevo detto nell'altro topic ho lavorato in una comunità per anziani e inabili psichici, qsto non vuol dire che so tutto sull'argomento o che qllo che ho vissuto è tipico di tutte le comunità.
Avevo 20 anni e nessuna esperienza quando mi sono trovata a lavorare li, facevo l'animatrice quindi, a differenza di altri, vivevo a contatto diretto con gli utenti. Nel mio reparto c'erano 10 uomini, alcuni dei quali provenienti dal manicomio criminale, ma stavano li in libertà e inizialmente avevo paura. Gli operatori li trattavano come pupazzi, li mettevano in soggezione, a volte li picchiavano, li umiliavano, li prendevano in giro. Ho visto una signora anziana piangere per più di 1anno perchè nessuno la portava dal dentista, altri invece li facevano bere come spugne perchè era l'unico modo per tenerli a bada e qndo erano ubriachi rompevano le bottiglie e si tagliavano le braccia. Il loro menù quotidiano era, a pranzo, pasta e carne in scatola a cena, invece, fagiolina con patate e mozzarella (ben diverso dal menù ufficiale che tenevano bene in vista) e nel periodo elettorale il presidente della comunità accompagnava gli utenti, non interdetti, a votare per chi diceva lui, minacciandoli di buttarli fuori.
So che qste cose non sono riconducibili alla legge Basaglia, ma che sono relative al comportamento poco umano di gente che mira solo ad arricchirsi, ma come qsta comunità ce ne sono altre qui. Quella che funziona un pò meglio è qlla che incassa meno e che resta aperta solo perchè è portata avanti da gente dal cuore grande.
Cmq quando ho detto che qsta legge ha fatto un sacco di danni mi riferivo a un'altra esperienza fatta ai tempi del liceo (che era attaccato al vecchio manicomio). Li gli utenti erano tenuti in libertà e venivano a molestare gli studenti. Una volta mentre aspettavo l'autobus è arrivato un tizio e si è tirato giù i pantaloni per farci vedere il suo pene in erezione... ovviamente appena si è avvicinato io e la mia mia siamo state più veloci di speedy gonzales a scappare.
Io non sono contro le legge Basaglia, è giustissimo avere rispetto per l'ammalato, supportarlo, inserirlo nella società etc, ma è un lavoro difficile che necessita tatto e una grande sensibilità, oltre a una grande organizzazione.
Beh, sono contento che i toni (e le affermazioni) si siano ridimensionati... forse riusciamo a parlare dell'argomento in modo più costruttivo.
Quello che descrivi nella comunità dove hai fatto l'animatrice sono semplicemente dei soprusi e delle violenze e sono contro la Legge, non solo la Basaglia. Purtroppo ti credo... anche quando dici che non sarà quello l'unico caso, ma non è certo questa la direzione prevista dalla legge ne la direzione intrapresa da chi cerca di lavorare sul serio in questo settore. E' solo la direzione di criminali che abusano di chi non può difendersi... ogni tanto salta fuori qualche caso così, io per mia esperienza comunque devo dire che è vero che esistono i prepotenti e i maleducati ma che la cosa non è assolutamente generalizzata. Anzi, intere strutture che funzionino così o anche molto meno di come descrivi tu, non ne conosco. Magari funzionano male, ma per motivi completamente diversi.

Invece è interessante la cosa che dici a proposito delle tua esperienza liceale, perchè apre ad un'interessante problematica, riassumibile in: posto che Tizio non riesce a non fare una determinata cosa e posto che, per quanto ci si sforzi più che restare entro certi limiti non ce la fa e che comunque ogni tanto ci ricasca, che fare? E' corretto far sparire lui per proteggere le liceali? E' corretto viceversa?

La problematica è aperta... anticipo che la posizione teorica della Salute Mentale è che si debba fare ogni sforzo per educare Tizio al massimo grado di adeguatezza possibile, limitando la sua libertà lo stretto indispensabile, possibilmente zero.
Purtroppo tra la teoria e la pratica ce ne corre... e allora la posizione assunta fa spostare il problema: posto che nel frattempo che Tizio viene educato al suo massimo livello di adeguatezza possibile, intanto non lo è, che ne facciamo?

L'esempio che hai portato casca a pennello, in quanto si tratta di una questione abbastanza scottante ma non di un caso limite... certo il comportamento in questione è lesivo, ma ad un grado che resta nel limite della discussione... non è che va in giro ad ammazzare la gente e quindi finisce internato e bon. Come distinguere questo limite? Il problema che pongo è soprtattutto etico, visto che la legge la fa una serie di distinzioni, anche se a volte si trova comunque in difficoltà.

Una cosa che mi incuriosisce e che vorrei chiederti Aria riguarda, come avevo già accennato, alla preparazone del personale. In effetti, pur conoscendo bene il tipo di preparazione (e relative lacune) delle diverse tipologie di operatori che lavorano nel settore, non ne so nulla per quanto concerne l'animatore. E' una figura che qui praticamente non esiste (ci sono educatori specializzati) e che ritengo ben più importante di quel che probabilmente viene comunemente considerata, almeno in certe strutture non dovrebbe mancare questo ruolo. Quindi mi piacerebbe avere maggiori informazioni sulla preparazione cui accennavi di la. Ti hanno fatto fare dei corsi? Li hai trovati soddisfacenti? Se posso... lavoravi direttamente per la struttura o era un servizio esternalizzato? In questo caso chi ha curato la formazione?

PS: risponderò anche agli altri... le domande di Grey non sono proprio proprio da cinque minuti...

Ultima modifica di Ray : 28-12-2007 alle ore 03.37.35.
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Vecchio 28-12-2007, 04.09.48   #6
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La preparazione si divideva in 2 corsi. Una parte basata sull'ammalato e una sull'approccio con qsto. Inizialmente abbiamo fatto un corso con lo psichiatra, ricordo che il primo giorno ci ha somministrato un questionario dove erano schematizzate le varie patologie e ci ha chiesto di collegarle con i vari utenti, poi ci ha spiegato quale sarebbe il giusto comportamento da tenere. Le ultime "lezioni" erano sulla parte amministrativa e burocratica. I due corsi sono durati circa un mese e, escludendo la parte scientifica del corso, il resto era abbastanza patetico, parole di routine, leggi che restavano sulla carta.
Come animatrice il mio compito era qllo di "allietare" la permanenza in comunità attraverso attività sportive, giochi, momenti di aggregazione. Lavoravo all'interno della comunità, nell'appartamento dove gli utenti vivevano, ma spesso dovevo fare delle trasferte, portarli al parco, a prendere un gelato, oppure a qualche evento importante. Per Natale siamo riusciti a realizzare il presepe vivente, è stato incredibile, erano tutti presi e concentrati nelle loro parti che non sembravano neanche loro.
Ci ho messo anima e corpo in quel lavoro, ma la comunità era una delusione continua. Pensate che ho saputo quest'anno che 2 utenti avevano l'AIDS... mi è preso un colpo!!!
Su come gestire la liberta del malato non so proprio che dire, è un argomento troppo difficile.
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Vecchio 28-12-2007, 11.21.20   #7
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Invece è interessante la cosa che dici a proposito delle tua esperienza liceale, perchè apre ad un'interessante problematica, riassumibile in: posto che Tizio nonriesce a non fare una determinata cosa e posto che, per quanto ci si sforzi più che restare entro certi limiti non ce la fae che comunque ogni tanto ci ricasca, che fare? E' corretto far sparire lui per proteggere le liceali? E' corretto viceversa?

La problematica è aperta... anticipo che la posizione teorica della Salute Mentale è che si debba fare ogni sforzo per educare Tizio al massimo grado di adeguatezza possibile, limitando la sua libertà lo stretto indispensabile, possibilmente zero.
Purtroppo tra la teoria e la pratica ce ne corre... e allora la posizione assunta fa spostare il problema: posto che nel frattempo che Tizio viene educato al suo massimo livello di adeguatezza possibile, intanto non lo è, che ne facciamo?

L'esempio che hai portato casca a pennello, in quanto si tratta di una questione abbastanza scottante ma non di un caso limite... certo il comportamento in questione è lesivo, ma ad un grado che resta nel limite della discussione... non è che va in giro ad ammazzare la gente e quindi finisce internato e bon. Come distinguere questo limite? Il problema che pongo è soprtattutto etico, visto che la legge la fa una serie di distinzioni, anche se a volte si trova comunque in difficoltà.
...
Per quanto avrai tempo...e solo se riterrai opportuna la mia osservazione che sinceramente ho cercato di ricacciare per evitare di andare O.T. , ma mi si ripresenta .....ci potremme porre le stesse domande anche di fronte al comportamento di certi delinquenti considerati "normali"?
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Vecchio 28-12-2007, 12.35.26   #8
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Infatti Gibbi, la questione è spinosissima e si collega a doppia mandata con "la capacità di intendere e di volere" prevista dalla legge nel giudicare un reato. E quindi alla responsabilità di esso. In un verso o nell'altro il forum è pieno di questi argomenti... per quanto riguarda la situazione specifica della nostra società questa problematica apre una voragine che a mio avviso la mina alle fondamenta. Sarebbe bello approfondire, magari in più tread differenziati, i vari lati della cosa.
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Vecchio 19-01-2008, 01.54.33   #9
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Un mio conoscente ha tentato il suicidio ed oggi non ricorda più perchè fece quell'insano gesto. La malattia mentale è difficile da identificare, spesso i malati non gravi vengono tenuti nella penombra della famiglia, tenuti nascosti per vergogna. Mi riferisco a questo mio conoscente che oggi, dopo le cure ospedaliere è di nuovo a casa. Mi domando se il suo gesto fù dettato dalla depressione oppure da quale percorso mentale?
Per dovere di cronaca e perchè ne sono rimasto colpito...
Questa mattina Roberto (questo il suo nome) è stato trovato impiccato al ramo di un albero di ciliegio che lui amava coltivare nella campagna in cui per molto tempo ha dedicato il suo tempo e le sue fatiche. Giusto il tempo di guarire dalle ferite fisiche dal primo tentativo di darsi la morte, oggi è riuscito nel suo "insano gesto" utilizzando una corda ed un ramo più robusto.
Perchè togliersi la vita, quale percorso mentale lo ha portato a questo? Provo amarezza e sconcerto, in una mattina fredda ed umida una persona sola ha dato un calcio alla scala ed alla sua vita.
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Vecchio 20-01-2008, 00.27.56   #10
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Un mio conoscente ha tentato il suicidio ed oggi non ricorda più perchè fece quell'insano gesto. La malattia mentale è difficile da identificare, spesso i malati non gravi vengono tenuti nella penombra della famiglia, tenuti nascosti per vergogna. Mi riferisco a questo mio conoscente che oggi, dopo le cure ospedaliere è di nuovo a casa. Mi domando se il suo gesto fù dettato dalla depressione oppure da quale percorso mentale?
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Per dovere di cronaca e perchè ne sono rimasto colpito...
Questa mattina Roberto (questo il suo nome) è stato trovato impiccato al ramo di un albero di ciliegio che lui amava coltivare nella campagna in cui per molto tempo ha dedicato il suo tempo e le sue fatiche. Giusto il tempo di guarire dalle ferite fisiche dal primo tentativo di darsi la morte, oggi è riuscito nel suo "insano gesto" utilizzando una corda ed un ramo più robusto.
Perchè togliersi la vita, quale percorso mentale lo ha portato a questo? Provo amarezza e sconcerto, in una mattina fredda ed umida una persona sola ha dato un calcio alla scala ed alla sua vita.
Colpisce molto anche me, non focalizzo precisamente il motivo e quindi provo a riflettere considerando il tema dell'intera discussione... Questo tuo conoscente una volta uscito dall'ospedale non ricordava più che cosa lo aveva portato a tentare il suicidio, poi non solo lo ha ricordato ma ha portato a compimento quello che non era riuscito a fare quella volta... Se la chiamiamo malattia mentale non era guarito, o forse ha avuto una ricaduta. Quale immensa sofferenza lo ha portato a far sì che la paura di vivere superasse quella di morire solo lui può saperlo... ma anche se parlo con ignoranza di questo argomento, non mi sento di chiamare questa sofferenza "malattia mentale", c'è molto molto di più, tutto l'essere è coinvolto, è l'Anima che soffre oltre alla psiche e poi al corpo, che sembra consumarsi giorno dopo giorno.

La legge Basaglia certamente ha portato un grande cambiamento, da quello che ho potuto capire non solo per le persone che una volta venivano internate ma soprattutto per tutte quelle (molte di più penso) che non sarebbero diventate pazienti (o utenti) visto che le istituzioni psichiatriche, i centri di sanità mentale, ancora non erano territorializzati prima della legge 180. Dicevo che certamente ha portato un grande cambiamento, ma immagino quanta strada giustamente ci sia ancora da fare. Ripeto, ignoro molte cose, le considerazioni che mi vengono sono il semplice frutto delle impressioni che ho raccolto affacciandomi appena in quella realtà. E da quando ho visto quello che ho visto mi sto domandando se davvero si può guarire da una depressione, o un disturbo bipolare tanto per fare due esempi, narcotizzando la persona che ne soffre con uno psicofarmaco (anzi cerebrofarmaco come mi sembra si chiami ora). E' davvero guarito o è soltanto addormentato, sedato? Che cosa succederà quando e se smetterà di prenderli? Ho conosciuto persone che piuttosto di affrontare la sofferenza, piuttosto di provare anche solo a tentare di capire che cosa in loro sta gridando aiuto, ne sono talmente spaventate da essere disposte a prendere la pillola ogni giorno per tutta la loro vita. Ma è vita quella o piuttosto una dolce morte?
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