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Vecchio 30-11-2010, 21.29.36   #1
dafne
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Predefinito Apologia di Socrate

Visto l'interesse pensavo di trascrivere alcune opere di Platone. Sò benissimo che ci sono in rete e che il libretto che le contiene ha un costo basso ma magari se le scrivo viene più facile commentarle.

La storia narra del processo a Socrate, maestro di Platone, esso stesso voce narrante.
Ho trovato cenni sull'interesse di Platone a dimostrare che Socrate non era un sofista, perlomeno non uno di quei sofisti successivi che avevano inquinato la filosofia originale imponendo le loro ragioni con l'eloquienza e la persuasione della propria verità, ma un "sofista puro"

Sono indirizzata a delle ricerche per rinverdire le mie conoscenzed su questa corrente se può interessare posso collegarle poi a questo post. Ovviamente ogni aiuto è gradito.
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Vecchio 30-11-2010, 21.52.21   #2
dafne
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Predefinito La difesa (I-XXIV)

I) Che sentimenti abbiano suscitato in voi le parole dei miei accusatori, uomini ateniesi,non lo sò proprio; da parte mia vi posso assicurare che mi sono quasi dimenticato chi io sia, mente parlavano in modo così convincente. Di vero, tutTavia, essi non hanno detto nulla, per parlare francamente.
Ma fra le molte cose false che vi hanno raccontato, di una in particolare mi son meravigliato: secondo loro voi dovreste guardarvi dal rischio di essere ingannati da me, come da una persona molto abile nel parlare.
Siccome non hanno affatto provato vergogna nel sostenere una cosa per cui saranno smentiti dai fatti, quando apparirà chiaro che io abile nel parlare proprio non lo sono, tale affermazione m'è parsa davvero impudente, a meno che essi non chiamino abile nel parlare la persona che dice la verità.
Se questo intendessero, potrei senz'altro accettare di essere definito un retore, ma non è così.
Questa gente dunque, lo dico apertamente, ha fatto un'affermazione che non contiene nemmeno un minimo di verità: la verità, tutta intera, la sentirete invece da me.
Ma, per Giove, Ateniesi, non aspettatevi da me discorsi costruiti con espressioni ricercate e fioriti di termini eleganti, alla maniera loro, ma cose dette senza preparazone e nella forma di tutti i giorni: io credo semplicemente che siano cose giuste, e dunque nessuno di voi si disponga ad ascoltare qualcosa di diverso. D'altra parte sarebbe sconveniente, cittadini, che alla mia età mi presentassi a voi come un ragazzetto che gioca con le parole. Piuttosto, cittadini Ateniesi,di una cosa vi prego vivamente e una cosa vorrei che mi concedeste: se ascolterete la mia difesa formulata alla stessa maniera con cui molti di voi mi hanno sentito parlare in piazza, dove s'affollano i banchieri e i commercianti e in posti di questo genere, non stupitevi di ciò e non mettetevi in agitazione. Così stanno le cose.
Per la prima volta in vita mia, a più di settant'anni, mi ritrovo in tribunale, e dunque non ho affatto dimestichezza con il linguaggio che si pratica qui.
Come di sicuro, se fossi per caso uno straniero, sareste indulgenti sul fatto che io parli con la lingua e nel modo che mi fosse familiare,la stessa cosa, che mi sembra corretta, io vi chiedo: da una parte di permettermi di parlare come mi viene (potrebbe essere un linguaggio peggiore ma anche migliore di quello che qui è in uso), dall'altro di badare solo se dicocose giuste o no.
Questa infatti è la prerogativa del giudice, così come quella della dell'oratore è di dire cose vere.

Ultima modifica di dafne : 30-11-2010 alle ore 21.54.32.
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Vecchio 30-11-2010, 23.54.49   #3
dafne
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II) Innanzi tutto è dunque giusto che io mi difenda dalle accuse fatte sul mio conto da più antica data e dai primi accusatori; in un secondo momento passerò a considerare le accuse più recenti e gli ultimi accusatori.
Sono davvero tanti e all'opera da molto tempo quelli che hanno fatto questa parte presso di voi, senza peraltro dire niente di vero, e io li temo più di Anito e del suo giro, sebbene anche questi siano pericolosi. Ma il peggio sono proprio loro, influendo su di voi sin da quando eravate bambini, miravano a farvi credere cose in cui non c'è niente di vero, e cioè che un certo Socrate, un sapiente, s'interessa a investigare i fenomeni celesti e quelli sotterranei, ed è abile nel rendere più forte il ragionamento più debole.
Gli accusatori che hanno sparso queste vocisono i miei avversari più temibili, Ateniesi, perchè quelli che dan loro retta pensano che chi è spinto a dedicarsi a tali investigazioni non crede nell'esistenza degli dei.
Per di più questi accusatori sono tanti, e operano nell'ombra già da molto tempo e, ancora, a voi hanno cominciato a raccontar queste cose in quell'età in cui, essendo fanciulli o appena giovinetti, è più facile essere influenzati, soprattutto se si formulano accuse senza la presenza dell'interesato o di qualcuno che ne difenda le ragioni.
Ma la cosa più assurda di tutte è che non è nemmeno possibile sapere o dire i loro nomi, all'infuori del nome di qualche scrittore di commedie. Quelli che, spinti dall'invidia e con l'arma della calunnia,quelli che, convinti dagli altri,si sono dati da fare per convincere altre persone: tutti costoro sono gli avversari più difficili da individuare. Infatti non è possibile farli comparire in questo luogo nè rimuovere le loro convinzioni: sono obbligato, difendendomi, a combattere, per così dire delle ombre e a far confutazioni senza che nessuno mi risponda.
Tenete dunque conto anche voi che i miei accusatori sono stati di due specie: accusatori recenti e accusatori di vecchissima data, quelli di cui stò, appunto, parlando, E convenite allora che bisogna che io mi difenda prima da questi: anche voi li avete ascoltati accusarmi prima e molto più gravemente di quelli odierni.
Sia come sia. Sono obbligato a difendermi e a cercare di estirpare da voi in così poco tempo una convinzione falsa che ha avuto invece moltissimo tempo per radicarsi.
Ma a me piacerebbe, posto che ciò torni utile sia a me sia a voi, che dalla mia difesa potessi ricavare qualcosa di più, anche se penso che sia difficile e non mi sfugge il nocciolo della questione.
Vada comunque come il dio vuole, e comunque alle leggi si deve ubbidire e io mi devo difendere.
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Vecchio 02-12-2010, 15.06.35   #4
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III) Riprendiamo dunque da principio a considerare quale sua l'accusa da cui è nata la falsa opinione sul mio conto e su cui Meleto si è basato per presentare la sua denuncia scritta contro di me.
Allora: con quali argomenti mi calunniavano i miei dtrattori? In proposito, bisogna definire la loro accusa come se si trattasse di un atto giurato da accusatori formali: Socrate è colpevole di perdersi nell'investigazione dei fenomeni sotteranei e di quelli celasti; di rendere più forti gli argomenti più deboli e di insegnare queste cose agli altri.
L'accusa è pressapoco questa:voi stessi avete avuto la possibilità di verificarlo anche nella commedia di Aristofane, dove viene messo in scena un certo Socrate che dice di andare in giro per l'aria e va cianciando molte altre sciocchezze, di cui non m'intendo nè niente nè poco.
Intendiamoci bene, io non voglio affatto gettar discredito su una tale dottrina e su chi la coltiva, e lo dico perchè non mi capiti di trovarmi un'altra volta invischiato da Meleto in un processo di questo genere, ma il fatto è semplicemente che con tali speculazioni io non o niente a che fare. Chiamo a testimoniarlo la maggior parte di voi, e vi domando di scambiarvi informazioni gli uni con gli altri e di dichiararlo, rivolgendomi a tutti quelli (e fra voi ce ne sono tanti) a cui è mai capitato di sentirmi parlare: ditevelo dunque se mi avete sentito discorrere tanto o poco di argomenti come questi! Da quanto emergerà dalla vostra consultazione vi renderete conto che sono di questa natura anche le altre cose che molti dicono sul mio conto.
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Vecchio 02-12-2010, 15.56.03   #5
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IV) La verità è che nessuna di queste cose stà in piedi, così come è falso se avete sentito dire da qualcuno che io mi dedico a istruire gli altri e ne pretendo un compenso in denaro. A me sembra bello che ci sia qualcuno in grado di istruire altri uomini, come sono in grado di farlo un Giorgia di Leontini, un Prodico di Ceo o un Ippia di Elide. In effetti, signori miei, ciascuno di loro, andando di città in città,riesce a persuadere i giovani, che potrebbero frequentare senza spender soldi un concittadino di loro gradimento, a lasciar questo genere di conversari per intrattenersi con loro,pagando la prestazione ed essendone per di più riconoscenti.
C'è poi qui ad Atene, me ne è giuta notizia, un altro sapiente, originario di Paro.
Ho avuto infatti occasione di incontrarmi con Callia, figlio di Ipponico, un uomo che ha dato da solo ai sofisti più denari di tutti gli altri messi assieme.
Gli ho dunque domandato, visto che ha due figli: "Se i tuoi figli, o Callia -gli ho detto- fossero nati cavalli o vitelli,dovremmo prendere uno che gli stia loro appresso, per farli diventare belli e prestanti nella virtù che a questa specie si adice, o un esperto di equitazione, per intenderci, o un esperto di agricoltura.
Ma siccome sono uomini, di quale guida hai in mente di servirti? Chi s'intende della virtù di questa specie, in rapporto sia all'individuo sia alla sua vita in società? Io penso che tu ti sia posto il problema avendo due figli!
C'è qualcuno che se ne intende -gli ho chiesto- o no?" "Certamente!" ha detto lui. "Chi è -gli ho domandato allora- e da dove viene, e quanto vuole?" "Eveno di Paro, o Socrate -mi ha risposto- e insegna per cinque mine."
E io ho pensato che Eveno deve essere una persona felice, se possiede davvero quest'arte. Io per me lo sarei, me ne vanterei e ne sarei orgoglioso, se sapessi queste cose: ma non le sò, cittadini Ateniesi.
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Vecchio 02-12-2010, 16.14.28   #6
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V) Qualcuno di voi potrebbe forse obiettare: "Ma allora Socrate, di che cosa ti occupi tu?Da dove sono nate le accuse contro di te? Di sicuro non sono nate senza che tu facessi niente di più di quello che fanno gli altri, se tu cioè non ti comportassi in modo diverso da come si comporta la maggior parte della gente! Dicci dunque di che cosa si tratta, per evitare di giudicarti avventatamente."
Uno che parlasse così direbbe, secondo me, delle cose giuste. Per questo tenterò di capire donde mi sonpo venuti il nome di sapiente e e le relative accuse.
State dunque a sentire. Forse a qualcuno sembrerà che io parli per scherzo, ma sappiate bene invece che io dirò tutta la verità.
Io, cittadini Ateniesi, per nessun altro motivo mi trovo addosso questo appellativo che per una sapienza tutta particolare. Di che sapienza si tratta? Probabilmente di quella che è propria dell'essere umano. Forse, è proprio questa che mi appartiene, mentre gli altri, di cui parlavo prima, potrebbero essere sapienti di una sapienza superiore a quella dell'uomo e comunque io non sò proprio che dirne. Per quanto mi riguarda infatti, ne sono del tutto all'oscuro, e chi afferma il contrario lo fà mentendo e con lo scopo di calunniarmi.
Non rumoreggiatemi contro, cittadini Ateniesi, se vi sembrerà che io la dica grossa: non è mio, infatti, il discorso che stò per farvi, perchè lo riferirò a uno che, quando parla, è degno della vostra fiducia. A testimoniare della mia sapienza,se in me c'è qualche sapienza e quale che sia, chiamerò infatti il dio di Delfi. Conoscete, se non sbaglio, Cherofonte. E' mio amico fin da giovane,e amico della maggior parte di voi, con cui or non è molto è andato in esilio ed è poi tornato in città.
Sapete di sicuro com'era fatto Cherofonte, come si appassionava a qualsiasi cosa ponesse mano.Così una volta, recatosi a Delfi.osò consultare l'oracolo circa la questione di cui stiamo parlando. Vi ho già chiesto, Ateniesi, di non rumoreggiare per ciò che dico.
Domandò dunque alla Pizia se ci fosse qualcuno più sapiente di me, e la Pizia rispose che non c'era nessuno. Su ciò vi renderà trestimonianza suo fratello, che è qui presente, perchè Cherofonte è morto.
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Vecchio 02-12-2010, 16.31.23   #7
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VI) Ponete mente alle ragioni per cui riferisco questa storia: stò infatti cercando di dimostrarvi da dove ha tratto origine la calunnia sul mio conto. Dopo aver saputo della cosa, io fra me e me facevo queste riflessioni: che cosa intende dire il dio e che cosa nasconde sotto i suoi enigmi?Io, per qiuanto mi riguarda, sono ben consapevole di non esser sapiente nè tanto nè poco: e allora, che cosa vuol dire affermando che sono il più sapiente di tutti? Di sicuro non mente, perchè ciò non è possibile per un dio. Così restai per molto tempo nell'incertezza sul senso del responso. Poi mi sono dedicato con tutte le mie energie a cercare di risolvere l'enigma.
Sono andato da uno di quelli che han fama di essere sapienti con l'intenzione di trovare elementi per confutare l'oracolo, se pure lo si potesse fare in qualche modo, e per contrapporre ad esso il fatto che questi era di sicuro più sapiente di me, mentre si diceva che io ero il più sapiente di tutti. Interrogando duinque costui (non serve che io ne dica il nome, basti dire che era uno degli uomini politici quello da cui mi venne l'impressione che stò per riferirvi) e parlandogli insieme, mi parve che in effetti a lui sembrasse (anche a molti altri, ma soprattutto a lui) di essere sapiente, ma in realtà non lo era.
Allora tentai di dimostrargli che si credeva appunto sapiente, e che invece non era così. Perciò mi sono tirato addosso il suo odio e anche quello di moltoi dei presenti. Intanto andandomene riflettevo tra me e me che in effetti io ero più sapiente di quell'uomo: ognuno di noi due infatti rischia di non sapere proprio niente del bello e del buono, ma lui crede di saper qualcosa, mentre non sà: io, invece,non solo non so ma non credo nemmeno di sapere,e dunque mi sembra di essere più sapiente di lui proprio per questa piccola differenza, che non credo di sapere quello che non so.
Quindi sono andato da un altro di quelli che sembravano essere più sapienti di lui, e ne ho ricavato le medesime impressioni. E anche in questo caso mi son tirato addosso il risentimento suo e di molti altri.
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Vecchio 02-12-2010, 16.57.04   #8
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VII) Così dunque procedetti sistematicamente dopo queste esperienze a farne altre simili, benchè mi accorgessi con dolore e timore di raccogliere soltanto odio. D'altra parte mi sembrava necessario dare il maggior peso al responso del dio: bisognava dunque che continuassi ad andarmene in giro per capire che cosa volesse dire l'oracoloin rapporto a tutti quelli che sembravano sapere qualcosa. Lo giuro sul cane (bisogna infatti che vi dica la verità), cittadini Ateniesi, ho proprio provato le imporessioni che sto per dirvi. proprio quelli che erano tenuti in maggior considerazione degli altri sono por così dire risultati, nelle mie ricerche in base alla parola del dio, i meno provvisti di sapienza di tutti; quelli che sembravano invece tanto modesti erano i più vicini all'esser sapienti. Devo dunque raccontarvi la grande fatica che mi son sobbarcato nel continuo andare in giro, per arrivare a scoprire come l'oracolo potesse diventare per me inconfutabile.
Infatti dopo essermi intrattenuto con i politici sono andato dai poeti, da quelli che scrivono tragedie, da quelli che scrivono ditirambi, e dagli altri, per cercare di sorprendermi sul fatto più ignorante di loro. Prendendo in mano tra i loro componimenti quelli che mi parevano essere stati elaborati meglio, chiedevo che cosa essi vi avessero voluto dire, per imparare anch'io qualcosa da loro. Mi vergogno di dirvi le cose come stanno, Ateniesi, ma devo parlare: ttutti i presenti, per così dire, quasi sarebbero stati in grado di esprimersi meglio di loro su quei versi che essi stessi avevano composto. MI sono dunque nuovamante e in poco tempo reso conto anche rispetto ai poeti che non fanno le cose che fanno per sapienza, ma per una sorta di naturale inclinazione e sotto ispirazione, come gli indovini e i profeti. Anche questi dicono infatti tante cose belle, ma non sanno nulla di ciò che dicono.
Mi parve appunto che anche ai poeti capiti qualcosa di simile e nello stesso tempo mi resi conto che essi, a causa della poesia, credono di essere i più sapienti degli uomini anche in tutto il resto, mentre non lo sono. Li ho dunque lasciati con la convinzione di esser loro superiore per la stessa ragione per cui lo sono rispetto ai politici.
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Vecchio 02-12-2010, 19.23.18   #9
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VIII) Alla fine sono andato dagli artigiani: siccome ero intimamente convinto di essere per così dire del tutto ignorante, mi immaginavo che essi sapessero invece molte e belle cose. Per la verità in ciò non mi ero ingannato: essi sapevano in effetti molte cose che io non sapevo ed erano per questo più sapienti di me.
Ma, o cittadini Ateniesi, anche i valenti artigiani mi parvero avere lo stesso difetto che avevo riscontrato nei poeti: per il fatto che era in grado di far bene il suo mestiere, ciascuno credeva di essere espertissimo anche negli affari di Stato, e questa presunzione offuscava il suo reale sapere.
Così io mi domandavo, in nome dell'oracolo, se mi stava bene di essere così come sono, cioè del tutto ignorante rispetto alle cose che loro sanno, ma non ignorante della mia ignoranza come loro lo sono della propria, oppure se avrei preferito avere l'una e l'altra caratteristica riscontrata in loro.
E alla fine risposi a me stesso e all'oracolo che mi andava bene di essere così come sono.

Ultima modifica di dafne : 02-12-2010 alle ore 19.34.14.
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Vecchio 02-12-2010, 19.48.49   #10
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IX) Sappiate, cittadini, che è proprio con questa indagine che mi sono attirato molte inimicizie, le più maligne e le più gravi, da cui mi son venute le numerose calunnie e il titolo di sapiente. Infatti chi di volta in volta è presente alle mie conversazioni pensa che io sia esperto di quelle discipline a proposito delle quali mi può capitare di convincere un altro che è ignorante; invece, Ateniesi, è solo il dio che di fatto finisce per rivelarsi sapiente, quando afferma con quel responso che la sapienza degli uomini conta poco o nulla. Sembra anche che il dio non lo dica espressamente di Socrate ma che si sia servito del mio nome come di un esempio, per dire, o uomini, che di voi il più sapiente è colui che, come Socrate, ha riconosciuto nel vero, quanto al sapere, di non valere un bel niente.
Per questo ancora oggi io continuo nella mia ricerca e nella mia investigazione, sotto la spinta del dio, quando penso che qualcuno tra i cittadini o i forestieri sia sapiente e, dopo che non mi appare tale, porto un'ulteriore conferma al responso del dio dimostrandogli che sapiente non è. In questa mia occupazione non ho avuto il tempo di far qualcosa che meriti lode, nè a livello pubblico nè a livello privato, ed essendomi totalmente dedicato al servizio del dio mi ritrovo nella più assoluta povertà.
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Vecchio 02-12-2010, 21.45.54   #11
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X) C'è poi da aggiungere che i giovani, che hanno più tempo libero, i figli dei ricchi in particolare, seguendomi di loro spontanea volontà traggono piacere nell'ascoltarmi metre esamino gli uomini e spesso prendono a imitarmi, esaminando a loro volta altri uomini.
Del resto, io penso, non hanno difficoltà a trovare una grande quantità di persone che credono di sapere qualcosa, ma sanno poco o niente. Di conseguenza, ecco che chi viene così esaminato finisce col prendersela con me e non con loro, e per dire che c'è in giro un certo Socrate scelleratissimo, che corrompe la gioventù. Ma se qualcuno gli domanda facendo o insegnando che cosa io corrompa i giovani non hanno niente da dire, perchè non lo sanno, per non sembrare in difficoltà tuttavia affermano le cose volgari che si dicono a proposito di tutti coloro che amano la sapienza, che Socrate cioè li corrompe inducendoli a interessarsi dei fenomeni celesti e di quelli sotterranei e a non credere negli dei e insegnando loro a far apparire più forte il ragionamento più debole. Io penso infatti che non vogliamo proprio dirla la verità, e cioè che essi palesemente fan finta di sapere, ma non sanno nulla.
Così, visto i tipi che sono, penso io, ambiziosi, violenti e in gran numero, sparlando di me in accordo tra loro e in modo convincente, hanno riempito le vostre orecchie di calunnie, da lungo tempo e con grande impegno. Venendo fuori alla scoperto da questa schiera si son scagliati contro di me Meleto, Anito e Licone: Meleto portavoce dell'astio dei poeti, Anito di quello degli artigiani e dei politici, Licone di quello degli oratori. Così, come ho già oin precedenza accennato, mi meraviglierei se fossi capace di estirpare da voi in un tempo tanto scarso una calunnia che ha acquistato tanto grandi proporzioni.
Questa comunque, cittadini Ateniesi, è la verità che vi devo e io la dico senza avervi nascosto il minimo dettaglio o avervi mentito su nulla. Perchè io so che, nella sostanza, sono quelle che ho esposto le ragioni che mi hanno reso odioso e che stanno alla base delle calunnie diffuse sul mio conto. Il che prova, anche, che dico la verità: che voi lo vogliate verificare adesso o in futuro, scoprirete che le cose stanno esattamente così.
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Vecchio 02-12-2010, 22.00.54   #12
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XI) Di fronte dunque alle accuse mosse contro di me dai miei più antichi accusatori vi basti questa difesa. Assoltone il compito, mi accingo ora a difendermi contro Meleto, uomo virtuoso e devoto alla patria, stando a quanto dice lui, e contro gli accusatori recenti. Prendiamo dunque nuovamente in mano la loro dichiarazione giurata come se si trattasse di accusatori diversi. Pressapoco dice così: Socrate è colpevole di corrompere i giovani e di non credere negli dei in cui crede la città, ma in divinità straniere. Questa, dunque, sarebbe la colpa, e ne dovremo pertanto prendere in esame ogni singolo punto.
Meleto dice dunque che io sono colpevole di corrompere i giovani. Io invece sostengo da parte mia che il colpevole è Meleto, perchè scherza su cose serie e trascina con leggerezza la gente in giudizio, fingendo di prendersi cura e di interessarsi di cose di cui non gli è mai importato un fico secco. Cercherò dunque di dimostrarvi che le cose stanno proprio così.
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Vecchio 02-12-2010, 23.30.33   #13
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XII) Dimmi, Meleto, non è vero che ti stà molto a cuore che i giovani diventino i migliori che sia possibile? A me si. Vieni qui allora, e dì a costoro chi li rende migliori. Perchè è chiaro che tu lo sai, visto che la cosa ti stà a cuore. Infatti, avendo trovato in me chi, come tu sostieni, li corrompe, mi citi e mi accusi di fronte a questa giuria: ma adesso, nomina invece chi li rende migliori e dì chi è alla stessa giuria. Vedi, Meleto, che stai zitto e non hai niente da dire? Non ti pare che sia una cosa vergognosa e una prova sufficiente di quello che io dico, che cioè non ti è mai importato nulla della questione? Suvvia, dillo, uomo visrtuoso, chi rende migliori i giovani?
"Le leggi"
Ma io non ti domando questo carissimo, ma chi è l'uomo che, se vuoi, possiede in primo luogo anche questa stessa conoscenza, vale a dire la conoscenza delle leggi.
"Questo tipo di uomini, o Socrate, sono i giudici."
Come dici, Meleto? Sono loro le persone capaci di educare i giovani e di renderli migliori?
"Loro specialmente"
Ma tutti, o alcuni di loro si e altri no?
"Tutti"
Dici senz'altro bene, per Giunone, e ci fai pensare davvero a una grande abbondanza di persone utili. Allora, coloro che qui ascoltano rendono i giovani migliori, o no?
"Si, anche loro"
E i membri del Consiglio di Stato?
"Anche i membri del Consiglio di Stato"
Di sicuro, Meleto, anche coloro che partecipano all'assemblea del popolo, vale a dire i suoi membri, non corrompono i giovani! O addirittura sono tutti quanti in grado di renderli migliori?
"Si, lo fanno"
Dunque, a quanto sembra, tutti gli Ateniesi sono in grado di rendere i giovani belli e buoni, tranne me, che sono il solo a corromperli. E' questo che vuoi dire?
"Lo sostengo con decisione"
Mi hai condannanto a una grave disgrazia. Ma rispondimi, ti pare che le cose stiano così anche a proposito dei cavalli? Tutti gli uomini sono in grado di trarne il meglio e ce n'è solo uno che li guasta? Oppure, tutto il contrario di ciò, uno solo, o quantomeno pochi, vale a dire gli esperti di cavalli, è capace di renderli migliori, mentre la maggior parte delle persone che ha a che fare con i cavalli e se ne serve li guasta? Non stanno così le cose, Meleto, a proposito dei cavalli e di tutti gli altri animali? E' sicuramente così che tu e Anito vogliate ammetterlo o no. Sarebbe davvero un'incredibile fortuna per i giovani se fosse solo una la persona in grado di danneggiarli e tutte le altre potessero fare loro del bene. Inutile insistere, o Meleto, hai dimostrato a sufficienza che non ti sei mai dato pensiero dei giovani e rivelai chiaramente la tua indifferenza in proposito, che è come dire che tu non ti sei mai occupato delle questioni per cui mi trascini in giudizio.
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Vecchio 03-12-2010, 00.10.29   #14
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XIII) Ma per Giove, dicci ancora Meleto, che cosa è meglio: vivere in mezzo a cittadini virtuosi o malvagi? Rispondi, caro, perchè non ti domando niente di difficile. I malvagi non fan sempre qualche danno alle persone con cui sono più a contatto, e i buoni non fan sempre loro del bene?
"Di sicuro"
C'è dunque qualcuno che preferisce essere danneggiato piuttosto che favorito dalle persone che frequenta? Rispondi galantuomo, perchè anche la legge ordina di farlo. C'è dunque qualcuno che vuole essere danneggiato?
"No di sicuro"
Andiamo avanti, tu mi hai portato qui come uno che corrompe i giovani e li rende peggiori intenzionalmente o senza volerlo?
"Per me, volontariamente"
Sicchè tu, giovane come sei, sei molto più saggio di me, ormai vecchio, visto che capisci che i cattivi fanno del male a chi li pratica e i buoni del bene; io invece sono così stupido che non arrivo nemmeno a capire che, facendo del male alle persone con cui vivo a contatto, non potrò che averne in cambio del male, visto che, come tu dici, procuro di mia volontà tanto danno. Non mi puoi convincere di ciò o Meleto e penso anche che nessun altro uomo ti possa dar retta. Io non sono un corruttore, e se anche lo fossi, non lo sarei volontariamente, cosicchè tu menti in tutti e due i casi. E se lo sono involontariamente, non è costume citare in tribunale chi commette simili sbagli senza intenzione, ma si dovrebbe prenderlo da parte, spiegargli come stanno le cose e farlo ragionare: è chiaro che, imparata la lezione, uno come me si asterrebbe dal fare gli errori che commette senza volerlo. Tu invece hai evitato accuratamente di incontrarti con me e di impartirmi una lezione, proprio non l'hai voluto fare. Mi hai invece obbligato a presentarmi in questo tribunale, dove è costume far comparire quelli per cui è necessario stabilire una pena, non quelli a cui serve un insegnamento!
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Vecchio 03-12-2010, 11.48.01   #15
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XIV) In effetti, cittadini Ateniesi, è ormai già chiaro quello che dicevo prima, che cioè a Meleto non è mai importato un bel niente di queste cose. Pure, dicci, Meleto, qual'è il modo in cui, secondo te, io corromperei i più giovani. Oppure è già chiaro, dall'atto di accusa che hai sottoscritto, per cui lo farei insegnando a non credere negli dei in cui crede la città, ma in divinità straniere? Non dici dunque che li corrompo con questi insegnamenti?
"E' proprio quello che io sostengo!"
Allora, Meleto, in nome di quegli stessi dei di cui stiamo parlando, spiegati più chiaramenente con me e con i presenti. Io infatti non riesco a capire se tu dici che io insegno a credere che esistono certi dei, e dunque ci credo anch'io (per cui non sono del tutto ateo e quindi non sono colpevole a riguardo), ma d'altra parte non credo negli dei della città,ma in altri, e questa è la cosa di cui tu m'incolpi, oppure se tu vuoi dire che non credo affatto nell'esistenza degli dei, e insegno agli altri a fare altrettanto.
"Io sostengo che tu non credi proprio nell'esistenza degli dei"
Fantastico, Meleto, a che scopo dici ciò? Vuoi forse dire che io non credo,come gli altri uomini, che il Sole e la Luna siano degli dei? Non parla affatto di me,per Giove, signori giudici, quando mi attribuisce la convinzione che il sole sia una massa pietrosa e la luna una terra. Tu hai in mente di accusare Anassagora, e mostri di disprezzare i presenti e di ritenerli così ignoranti da non sapere che sono i libri di Anassagora di Clazomene ad essere pieni di questi discorsi. E poi davvero gran meraviglia che i giovani imparino queste cose da me quando per una sola dracma, a dir tanto, potrebbero trarre dal teatro argomenti per far fare una figuraccia a Socrate se volesse far credere che tali convinzioni, per latro così assurde, sono farina del suo sacco! Suvvia, per Giove, ti sembro proprio uno che nel senso che dicevo non crede che esista alcun dio?
"No, per Giove, non ci credi affatto!"
Affermi una cosa incredibile, Meleto, di sicuro, ne sono convinto, incredibile anche per te. Costui infatti, cittadini Ateniesi, mi sembra davvero insolente e sfrenato, com'è tipico dei giovani. Somiglia uno che compone un enigma per fare una prova: si accorgerà Socrate, il sapiente, che io scherzo e dico il contrario di quello che penso, o riuscirò a ingannare lui e gli altri che lo ascoltano? Mi sembra infatti che costui nell'accusa entri in contraddizione con se stesso, come se dicesse: "Socrste è colpevole di non credere negli dei, ma anche di crederci". Di sicuro ciò è proprio di uno che vuole scherzare.
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Vecchio 03-12-2010, 17.04.48   #16
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XV) Considerate insieme con me, Ateniesi, in che senso mi pare che dica queste cose e tu, o Meleto, rispondi. E per favore, come vi ho schiesto fin dall'inizio, fatemi la cortesia di non rumoreggiare,se parlo nel mio solito modo.
Secondo te, Meleto, esiste una qualche persona convinta che ci siano azioni umane, ma che non ci siano gli uomini? Che Meleto risponda, e la smetta di borbottare con impazienza or questo or quello. C'è chi non crede che esitano i cavalli, ma crede che esistano cose che li concernono? Oppure non crede che ci siano i flautisti, ma che ci sia invece un'arte del flauto? Questa persona non si trova, carissimo. Se tu non vuoi rispondere, lo dico io, per te e per quelli che stanno ascoltando. Ma almeno rispondi a ciò che ne consegue. C'è chi crede che esistano manifestazioni demoniache, ma non crede invece nei demoni?
"Non c'è"
Che favore mi hai fatto, rispondendomi a fatica costretto da questi giudici! Allora: tu sostieni che io credo e insegno cose che hanno a che fare con i demoni(vecchie o nuove che siano non ha importanza, quello che conta è che stando a quanto tu dici io credo a queste cose e tu l'hai giurato anche in quest'atto d'accusa). Se dunque credo a cose che hanno a che fare con i demoni, ne deriva di necessità che io ne ammetto l'esistenza. Non è così? Sicuramente: suppongo che tu sia d'accordo visto che non mi rispondi. Non pensiamo forse tutti quanti che i demoni siano dei o figli di dei? Sei d'accordo anche tu o no?
"Certamente"
Dunque se io credo nell'esistenza di demoni, come tu dici, e i demoni hanno per così dire una natura divina, questa sarebbe la questione a proposito della quale io sostengo che tu costruisci degli enigmi per scherzare, quando affermi che io, non ammettendo l'esistenza degli dei, riconosco l'esistenza degli dei, dal momento che anmmetto che esistono i demoni. Se poi questi sono figli per così dire naturali degli dei, generati con ninfe o altre donne,delle quali si raccontano parti di questo genere, chi fra gli uomini potrebbe sostenere che esistono i figli degli dei, ma che gli dei non esistono? Sarebbe comunque una cosa assurda, come se uno credesse che i muli sono i figli di cavalli o di asini, ma non credesse all'esistenza degli asini e dei cavalli. Ma non è possibile, o Meleto, che tu non abbia scritto questa accusa per metterci in questo modo alla prova, oppure non sapendo di quale colpa vera accusarmi! Che poi tu riesca a convincere un uomo che abbia anche l'intelligenza di una gallina che non è proprio dello stesso individuo ammettere cose che hanno a che fare con i demoni e con gli dei e nello stesso tempo non ammettere l'esistenza dei demoni, degli dei e degli eroi, non c'è proprio nessuna possibilità.
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Vecchio 03-12-2010, 18.18.17   #17
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XVI) D'altronde, cittadini Ateniesi, non mi sembra di aver bisogno di una più lunga difesa per dimostrare che non sono colpevole di quanto mi accusa Meleto, e quello che ho detto può senz'altro bastare.
Quanto a ciò che dicevo anche precedentemente, e cioè che mi sono tirato addosso l'odio di molte persone, sappiate che è proprio la verità. Questo è ciò che mi farà condannare, se dovesse succedere, non Meleto o Anito, ma la calunnia e l'odio di tanti. Questi malio hanno colpito anche molti altri uomini, in gran parte virtuosi, e penso che ne colpiranno ancora in avvenire: non c'è affatto pericolo che questa storia finisca con me. Ma forse qualcuno potrebbe dire: "Non ti vergogni dunque o Socrate di esserti dedicato a un'occupazione tale da farti ora correre il rischio di morire?". A costui potrei rispondere secondo giustizia: tu non parli bene, uomo, se pensi che la persona dalla quale possa derivare una benchè minima utilità debba tener conto del rischio di vivere o di morire invece che valutare, quando agisce, soltanto se compie atti giusti o ingiusti e azioni proprie di un onesto o di un malvagio. Sarebbero infatti spregevoli, stando al tuo ragionamento, quelli tra i semidei che sono morti sotto le mura di Troia, e soprattutto il figlio di Teti. Questi, pur di sfuggire al rischio di sfuggire una vergogna, disprezzò il pericolo a tal punto che, quando la madre, che era una dea, a lui smanioso di uccidere Ettore disse pressapoco (io almeno penso che gli abbia detto così) "Figlio, tu riuscirai a vendicare la morte del to amico Patroclo e ucciderai Ettore, ma tu pure dovrai morire, perchè anche su di te -gli diceva- incombe questo destino appena si sarà compiuto quello di Ettore." Dopo averla ascoltata, non solo non diede alcun peso al rischio di perder la vita, ma ebbe piuttosto orrore di viver da vile e di non vendicare gli amici. "Che io muoia -disse- subito dopo aver infilato il giusto castigo al colpevole, perchè io non sia qui oggetto di scherno presso le navi ricurve, come un inutile peso della terra." Credi forse che si sia dato pensiero della morte e del pericolo? Le cose infatti, cittadini Ateniesi, stanno così: nel posto che uno si è scelto pensando che fosse il migliore o in quello cui l'ha assegnato il comandante, bisogna, mi sembra, che uno resti ad affrontare il pericolo, senza tenere alcun conto nè della morte nè di nient'altro di fronte al rischio della vergogna.
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Vecchio 06-12-2010, 00.35.20   #18
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XVII) E quindi io, cittadini Ateniesi, mi comporterei in modo davvero indegno se, mentre quando i capi che mi erano stati preposti dalla vostra autorità mi assegnarono un posto preciso a Potidea, ad Anfipoli e a Delio io rimasi là dove essi avevano stabilito, non diversamente da tutti gli altri, e corsi un pericolo di vita, ora invece, di fronte al comando del dio di vivere filosofando e guardando dentro me stesso e dentro gli altri, abbandonassi questa posizione per timore della morte o di qualche altro rischio personale. Sarebbe davvero un fatto grave e davvero in questo caso mi si potrebbe giustamente citare in tribunale come persona che non crede nell'esistenza degli dei, perchè disubbidirei all'oracolo, avrei timore della morte e mi reputerei un sapiente senza esserlo. E' certo infatti, o giudici, che l'aver timore della morte altro non è che sembrare sapienti senza invece essere tali, perchè significa far credere di saper cose che non si sanno affatto. Nessuno infatti conosce la morte e nemmeno sa se magari non sia il bene più grande per gli uomini; tuttavia questi la temono come se si trattasse del più grande dei mali. Non è forse questa la vera ignoranza, la più vergognosa di tutte, l'esser convinti di sapere ciò che non si sà?
Io, forse, in ciò e qui mi distinguo dalla maggior parte degli uomini, e se asserissi dunque di essere più sapiente di qualcuno in qualcosa sarebbe per questo, che non sapendo abbastanza circa l'aldilà, mi considero di conseguenza ignorante in materia; non ho invece dubbi sul fatto che il disubbidire a chi è migliore di noi, sia esso un dio o un uomo, è un comportamento turpe e vergognoso. Pertanto non avrò mai paura e non mi tirerò mai indietro di fronte a cose che non so se eventualmente siano buone rispetto a cose che so con certezza esser cattive. Di conseguenza, anche se ora voi mi doveste assolvere, non convinti dalla dichiarazione di Anito, il quale ha sostenuto o che non avrei proprio dovuto comparire in questo luogo o, una volta che l'avessi fatto, non sarebbe stato possibile non condannarmi a morte perchè, se sfuggissi alla condanna, i vostri figli rischierebbero tutti di essere gravemente corrotti prendendo interesse per le cose che Socrate insegna, anche se voi in proposito mi diceste: "Socrate, noi non daremo retta ad Anito, e ti assolviamo, ma alla condizione di non occuparti più di questo tipo di ricerche e di smettere di filosofare e se ti scopriamo a farlo ancora dovrai morire"; anche se, per finire, voi, come ho detto, mi assolveste a queste condizioni, io vi direi, cittadini Ateniesi, che vi rispetto e vi voglio bene, ma ubbidirò al dio prima che a voi e fino a quando avrò fiato e ne sarò capace non smetterò di filosofare, di stimolarvi e comunicare a chiunque mi capiti d'incontrare quello che son solito dire: "Carissimo, tu che sei ateniese, cioè della città più grande e stimata per sapienza e potenza, non ti vergogni di darti pena per diventare il più ricco possibile e di preoccuparti della tua reputazione e del tuo onore, senza curarti nè pensare alla sapienza e alla verità, insomma all'anima, per farle raggiungere la perfezione?" Se poi qualcuno dovesse ribattere e affermare di prendersene cura, non lo lascerò andare così facilmente e non me ne andrò io, ma lo interrogherò ancora, lo esaminerò attentamente e gli farò delle obiezioni, e se alla fine non mi apparisse possedere la virtù, ma solo sostenerlo, lo rimprovererò, perchè tiene in minimo conto le cose di maggior pregio e in massimo conto quelle che non hanno alcuna importanza. Mi comporterò così con chiunque mi capiti d'incontrare, più giovane o più vecchio di me che sia, straniero o concittadino, e verso voi concittadini l'impegno sarà ancora maggiore, in relazione all'affinità dei nostri natali. Questo infatti è ciò che ordina il dio,sappiatelo bene. E io credo che in città non abbiate mai avuto a disposizione un bene più grande della missione affidatami dal dio. Io infatti nient'altro faccio che andarmene intorno a cercar di persuadere tanto i più giovani quanto i più vecchi di voi a non darsi affanno per i piaceri del corpo e per l'accumulo delle ricchezze nè di più nè alla stessa stregua dei bisogni dell'anima, perchè possa raggiungere la massima perfezione possibile, dicendo che la virtù non deriva dalle ricchezze, ma che per tutti gli uomini a livello personale o comunitario le ricchezze e tutti gli altri beni derivano dalla virtù.
Se con il dire queste cose io corrompessi i giovani, sono questi gli insegnamenti che potrebbero essermi addebitati come nocivi; ma se qualcuno afferma che io dico cose diverse da queste, dice una cosa insussistente. In conseguenza di ciò, questo vorrei dichiarare, o cittadini Ateniesi: che voi diate ascolto ad Anito o meno e che mi assolviate o non assolviate, sappiate che io non mi comporterò mai diversamente da così, anche se dovessi morire cento o mille volte.
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Vecchio 06-12-2010, 01.06.17   #19
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XVIII) Non rumoreggiate, o cittadinoi Ateniesi, ma mantenete quell'impegno di cui vi ho pregati quando vi ho chiesto di non manifestare parlottando il vostro disappunto di fronte a quanto vado dicendo e di starmi ad ascoltare perchè, io credo, da questo ascolto trarrete giovamento. Stò infatti per dire varie cose per cui è probabile vi venga da gridare, ma vedete di trattenervi in tutti i modi. Sappiate dunque con chiarezza che, se faceste morire l'uomo che io sono, non fareste a me un danno maggiore che a voi stessi. In realtà, a me nè Meleto nè Anito potrebbero recar danno, perchè sono nell'impossibilità di farlo: io credo infatti che non sia consentito a un uomo peggiore di danneggiarne uno migliore di lui. Certo, Anito potrebbe farmi condannare a morte, o mandare in esilio, o farmi privare dei diritti civili. Forse lui, e come lui probabilmente qualcun altro, li potrebbe giudicare grandi mali: io invece non la penso affatto così, e sono convinto che sia un male molto più grave il comportarsi come ora si stà comportando lui, dandosi da fare per ottenere che un uomo venga condannato a morte ingiustamente .
In questo momento dunque, cittadini Ateniesi, sono ben lontano dal voler difendere me stesso, come qualcuno potrebbe pensare: parlo piuttosto per voi, affinchè, condannandomi, in qualche modo non vi macchiate di una colpa in rapporto al dono che il dio vi ha fatto. Se infatti mi farete morire, non troverete facilmente un altro come me, che palesemente, anche se può sembrare un pò ridicolo a dirsi così, il dio ha applicato alla città come a un grosso cavallo generoso, ma un pò pigro per la sua stessa grossezza e bisognoso pertanto di esser punzecchiato con qualche sprone. Proprio questo è il modo in cui mi sembra che il dio abbia voluto applicarmi alla città, come uno che non smette mai, accostandomi a voi ovunque e per l'arco dell'intera giornata, di stuzzicarvi, e di farvi ragionare, e di contestarvi a uno a uno. Non vi sarà dunque facile averne un altro siffatto a disposizione, cittadini, e se mi darete ascolto mi risparmierete. Ma forse irritati, come la gente che dorme quando viene svegliata, mi colpirete e, dando retta ad Anito, mi farete morire senza porvi il problema, per poter continuare a dormire il resto della vita. A meno che il dio, preso da compassione per voi, non si risolvesse a mandarvi un altro uomo come me.
Da quanto stò per dire potreste risconoscere che io mi comporto come mi comporto per essere stato assegnato alla città del dio: non è infatti proprio di un uomo comune il fatto che io abbia del tutto trascurato i miei interessi personali e abbia accettato ormai da molti anni di lasciar andare a catafascio quelli domestici, facendomi invece sempre carico degli interessi vostri, accostando ciascuno individualmente come un padre o un fratello maggiore e cercando di convincerlo a darsi da fare per diventare virtuoso. Che se io gudagnassi qualcosa o ricavassi un compenso dall'esortarvi, potrei anche avere una ragione personale per farlo, ma vedete anche da voi che i miei accusatori, pur facendo in tutto il resto accuse così sfacciate, non sono stati capaci di mostrare la sfrontatezza di esibire un testimonio in grado di sostenere che in qualche circostanza io ho percepito o richiesto una ricompensa. Sono io infatti a poter presentare, credo, bastevole testimonianza del fatto che dico cose vere: la mia povertà.
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Vecchio 07-12-2010, 00.45.33   #20
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XIX) Potrebbe forse sembrare strano che io, mentre da una parte rendo questo servizio in privato senza mai smettere di andare in giro e darmi da fare, non osi invece dare pubblicamente consigli all'intera città, salendo la tribuna per parlare di fronte a voi tutti riuniti in assemblea. La ragione di ciò è quella che mi avete sentito dire in molti luoghi. A me capita una cosa che ha del divino e del sovrumano, una cosa che Meleto ha riportato anche nella sua accusa, volgendola però sul ridicolo: c'è una voce dentro di me che sin da bambino, quando si manifesta, mi distoglie da azioni che eventualmente stia per fare, senza però indurmi a fare qualcosa di particolare. Questo è ciò che mi ha trattenuto dall'occuparmi di faccende pubbliche. E mi sembra si tratti di una posizione estremamente opportuna: a voi deve essere ben chiaro infatti, cittadini Ateniesi, che se da un passato lontano io avessi incominciato a interessarmi di politica sarei già morto da molto tempo e non avrei potuto recare alcun giovamento nè a voi nè alla mia persona. Non prendetevela con me se dico la verità: non c'è uomo che si potrà mai salvare mettendosi apertamente in conflitto con voi o con qualsiasi altro popolo che vi governi democraticamente e cercando di impedire che nello stato trovino spazio molte ingiustizie e illegalità. E' invece necessario che chi combatte concretamente per la giustizia, anche se è destinato ad avere la vita salva per poco tempo, operi in privato, senza occuparsi delle faccende pubbliche.
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Vecchio 07-12-2010, 01.07.39   #21
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XX) Da parte mia, vi fornirò come prove importanti di ciò non parole ma, di sicuro con la vostra approvazione, fatti. State dunque ad ascoltare il racconto di quanto mi è successo, affinchè sappiate che io per paura della morte non sono disposto a cedere a nessuno di fronte alla giustizia: cedendo, infatti, mi perderei all'istante. Vi dirò in realtà cose gravi e fastidiose, che sono tuttavia cose vere.
Io non ho mai esercitato, cittadini Ateniesi, alcuna carica pubblica, ma ho fatto parte della boulè. La tribù Antiochide, cui appartengo, era stata sorteggiata per la pritanìa quando si dovette decidere in un unico giudizio la sorte dei dieci generali che non avevano raccolto i naufraghi e i morti della battaglia navale, agendo contro la legge, come a voi tutti parve dopo l'avvenimento. Allora fui il solo tra i pritami a oppormi, invitandovi a non far nulla contro la legge, e votai al contrario degli altri; sebbene i retori fossero pronti a denunciarmi e a trascinarmi in giudizio, con il vostro incoraggiamento e le grida di approvazione, io credetti necessario correre dei rischi per rispettare la legalità e la giustizia piuttosto di stare dalla vostra parte per timore del carcere o della morte. Queste cose accadevano quando era ancora in vigore la democrazia; quando poi subentrarono l'oligarchia e i Trenta, fui convocato insieme con altri quattro nella residenza governativa e ci fu ordinato di prelevare Leone di Salamina, che si era rifugiato in questa sua isola natale, perchè fosse messo a morte. Erano azioni, queste, che essi solevano ordinare anche a molti altri, volendo coinvolgere in colpe infamanti il maggior numero possibile di cittadini. Ma io ancora una volta dimostrai, non a parole ma nei fatti, che a me non importa un fico della morte, se questa non fosse un'espressione troppo grossolana, ma m'importa piuttosto e soltanto di non commettere nulla di ingiusto o di empio. Quel governo infatti, per violento che fosse, non mi intimidì al punto di indurmi a essere complice di un'ingiustizia: quando uscimmo dalla residenza governativa, gli altri quanttro andarono a Salamina e vi prelevarono Leone, io invece me ne andai semplicemente a casa. E forse questo mi sarebbe costato la vita se quel governo non fosse stato presto rovesciato. Di ciò non vi sarà difficile trovare molti testimoni.
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Vecchio 07-12-2010, 01.23.02   #22
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XXI) Credete dunque che avrei potuto continuare a vivere per tanti anni se mi fossi interessato agli affari pubblici, e se, agendo in modo conforme a un uomo onesto, avessi appoggiato le scelte secondo giustizia e, come si deve fare, le avessi messe davanti a tutto? No di sicuro Ateniesi. E' infatti probabile che nessuna altro uomo ci sarebbe riuscito.
Io dunque per tutta la mia vita, se mai ho fatto qualcosa, apparirò in pubblico e ugualmente in privato come colui che in nulla e di fronte nessuno si è mai risolto ad agire contro la giustizia, senza cedere nè a coloro che i miei accusatori dicono esser stati i miei discepoli nè a nessun altro. Io d'altra parte non sono mai stato maestro di nessuno, ma semplicemente se qualcuno, più giovane o più vecchio di me, ha provato il desiderio di starmi a sentire e di osservarmi nel compimento della mia missione, non glielo ho mai rifiutato. E io non parlo per trarne un guadagno e non mi astengo dal farlo se non ne posso trarre un profitto in denaro, ma sono disposto a farmi ugualmente interrogare dal ricco e dal povero e a dialogare con chi è a sua volta disposto a dare delle risposte. Se poi di questi miei interlocutori uno diventa onesto e l'altro no, non sarebbe giusto che ricadesse su di me la responsabilità di scelte circa le quali non ho mai promesso a nessuno nè ho mai impartito alcun insegnamento. Se poi ancora qualcuno sostiene di aver appreso da me lezioni particolari rispetto a ciò che mi hanno sentito dire tutti quanti, sappiate che costui non dice la verità.
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Vecchio 07-12-2010, 02.01.43   #23
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XXII) Ma qual'è dunque il motivo per cui molti traggono piacere dal passare molto tempo insieme con me? Lo avete sentito, cittadini Ateniesi. Vi ho detto tutta la verità quando spiegavo come ai miei ascoltatori piace sentir interrogare quelli che credono di essere sapienti, ma non lo sono, perchè è questa un'esperienza tutt'altro che sgradevole. E questo mi è stato ordinato di fare dal dio, come io sostengo, sia mediante degli oracoli sia mediante dei sogni, insomma, in tutti i modi in cui anche altre volte la volontà divina si è resa manifesta a un essere umano affinchè compisse qualche azione particolare.
Tutto ciò, cittadini Ateniesi, è una verità facile da dimostrare. Se è vero infatti che io corrompo i giovani e altri ne ho già corrotti in passato, è da pensare che alcuni di questi, con il passare dell'età, dopo aver compreso che io ho coinsigliato loro qualche cattiva azione durante la giovinezza, ora, presentandosi in questo tribunale, sarebbero qui ad accusarmi e a prendersi la loro vendetta o, se non volessero farlo di persona, che ci sarebbero qui alcuni dei loro congiunti, padri, fratelli e parenti vari, memori dell'accaduto e decisi a farmi pagare il fio del male eventualmente fatto a un loro caro. Comunque io vedo che sono qui presenti molti di loro: in primo luogo Critone, mio coetaneo e dello stesso mio demo, padre di Critobulo; poi Lisania del demo di Sfetto, padre di Eschine; e ancora Antifonte del demo di Cefisia, padre di Epigene. Ne sono poi presenti degli altri i cui fratelli hanno avuto rapporti con me: Neostrato, figlio di Teozotide, fratelolo di Teodoto (Teodoto d'altra parte è morto, cosicchè almeno lui non potrebbe averlo indotto con le sue preghiere a non accusarmi); e poi Paralo, figlio di Demodoco, di cui era fratello Teagete; e ancora Adeimanto, figlio di Aristone, fratello di Platone; infine Eantodoro, fratello di Apollodoro. Io potrei nominarne anche molti altri, di cui bisognava pure che Meleto presentasse qualcuno come testimone in primo luogo nella sua accusa. Ma se allora la cosa gli è sfuggita, lo presenti pure adesso, io non ho obiezioni, e parli, se ha qualcosa da dire. Ma, cittadini, scoprirete che le cose stanno tutte al contrario, e cioè che tutti sono pronti a venire in aiuto a uno come me che li avrebbe corrotti o avrebbe corrotto i loro congiunti, come Meleto e Anito sostengono. Anche se quelli che sono stati personalmente corrotti potrebbero aver forse ragione di volermi aiutare, quelli che non ne furono toccati, vale a dire i parenti, uomini ormai di una certa età, che motivo hanno mai di venirmi in soccorso se non il retto e giusto motivo che sono consapevoli del fatto che Meleto mente e che io dico invece la verità?
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Vecchio 07-12-2010, 11.02.15   #24
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XXIII) Ebbene, cittadini, gli argomenti che io posso addurre a mia discolpa sono più o meno questi e altri del genere.
Forse qualcuno potrebbe prenderla male se, avendo dovuto affrontare un processo meno grave di questo, si ricordasse di aver cercato di commuovere il più possibile i giudici bagnando le sue suppliche di lacrime copiose e portando in tribunale i suoi figlioletti e molti altri parenti e amici, mentre io non faccio nessuna di queste cose pur correndo il rischio, come potrebbe apparire, della pena capitale. E' possibile che, in considerazione di ciò, qualcuno sia più maldisposto nei miei confronti, e, irritato dalla mia condotta, arrivi a deporre il suo voto sotto lo stimolo dell'ira. Se dunque qualcuno di voi è in preda a questo sentimento (anche se da parte mia io non credo che ci sia, ma facciamo ugualmente l'ipotesi), mi pare che potrei rivolgermi a costui con un discorso corretto se gli dicessi: Anch'io, carissimo, ho dei parenti perchè, per dirla con Omero, non sono stato generato nè da una quercia nè da una rupe, ma da esseri umani, cosicchè mi ritrovo ad avere dei familiari e dei figli, cittadini Ateniesi, precisamente tre, uno già grande e due ancora bambini, tuttavia non vi supplicherò della mia assoluzione dopo averveli fatti comparire davanti. Perchè mai non farò niente di ciò? Non perchè sono arrogante, o perchè vi disprezzo, ma se mi sento coraggioso o no di fronte alla morte, questa è un'altra questione; quanto poi alla mia reputazione, non mi sembra bello agire così nè in rapporto a me nè in rapporto a voi, nè in rapporto a tutta la città, sia perchè ho l'età che ho, sia perchè mi porto addosso l'appellativo di sapiente, meritato o meno che sia, visto che comunque si ritiene generalmente che Socrate in qualcosa si distingua dalla maggior parte degli uomini. Sarebbe dunque vergognoso che quelli di voi che sembrano essere superiori agli altri in sapienza, coraggio o per qualsiasi particolare virtù si comportino in tale maniera. Io ne ho visto un buon numero comportarsi così in parecchie circostanze: quando sono sotto processo, persone che sembrano avere un certo valore fanno cose incredibili, quasi credessero di dover affrontare qualcosa di terribile nel caso in cui debbano morire, come se fossero destinati ad essere immortali se voi non li condannaste alla pena capitale. Essi mi sembrano gettare discredito sulla città, al punto che un forestiero potrebbe pensare che chi tra gli Ateniesi si distingue per dei meriti e viene dai propri concittadini giudicato migliore e preposto agli altri nelle cariche e negli onori non sia in nulla diverso dalle donnicciole. Bisogna, cittadini Ateniesi, che noi che abbiamo fama di valere almeno un pò più degli altri ci asteniamo da simili comportamenti e, se dovessimo assumerli, è vostro compito impedirlo, mostrando anzi chiaramente che condannerete con molta maggiore severità chi mette in scena in tribunale questi drammi pietosi e attira lo scherno sulla città, invece di comportarsi in modo dignitoso.
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Vecchio 07-12-2010, 11.13.52   #25
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XXIV) A parte la questione della reputazione, cittadini, non mi sembra ugulamente giusto rivolgere al giudice delle suppliche e sfuggire a una condanna pregandolo, ma mi sembra invece giusto dargli delle informazioni corrette e convincerlo della verità. Perchè il giudice siede al suo posto non per amministrare la giustizia come una distribuzione di favori, ma semplicemente per esercitare l'atto del giudizio, ed egli ha giurato non di compiacere chi gli garba, ma di giudicare secondo le leggi. Bisogna dunque che noi non si prenda il vizio di indurvi a spergiurare e che voi non lo prendiate: nè l'uno nè l'altro comportamento, infatti, sarebbe conforme al rispetto dei valori sacri. Non aspettatevi dunque, cittadini Ateniesi, che io mi comporti davanti a voi in un modo che non giudico nè onorevole, nè giusto, nè rispettoso dei valori sacri, per Giove, non solo per cento altri motivi, ma soprattutto perchè mi stò difendendo dall'accusa di empietà che mi è stata mossa da questo Meleto. Se infatti io persuadessi o forzassi ad assolvermi voi che avete fatto un giuramento ricorrendo alle suppliche, vi farei inequivocabilmente capire che non credo nell'esistenza degli dei. Ma le cose non stanno affatto così: io credo negli dei, cittadini Ateniesi, come nessuno dei miei accusatori, e mi rimetto a voi e al dio affinchè giudichiate la mia persona nel modo migliore per me e per voi.
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