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Vecchio 20-02-2008, 12.50.36   #1
RedWitch
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Predefinito Osservazione di sè o degli altri?

Osservazione...ne parliamo sempre, la nominiamo sempre ma non abbiamo mai visto l'argomento in un thread specifico.. ci proviamo?

Daf ha detto una cosa qui che mi ha colpito molto, sul fatto di proiettare fuori l'osservazione, sugli altri invece che su noi stessi. La stessa cosa capita a me, e penso che sia una cosa abbastanza comune (dal poco che riesco a vedere degli altri appunto ) nel senso che è molto più facile vedere e riconoscere un difetto o un pregio in un altro piuttosto che riconoscerlo in sè stessi. Solo che in questo modo ci si dimentica di sè, di me posso dire che per esempio se non mi fa male una gamba, faccio fatica a ricordarmi di averla... dall'altra parte, non si puo' fare a meno di osservare gli altri proprio perchè viviamo in società e c'è uno scambio continuo e perchè senza gli altri non si potrebbero vedere certe cose di sè.

Su di me, ho visto che quando l'atteggiamento di qualcuno mi da particolarmente noia per qualcosa di specifico, è facile che se mi guardo poi con onestà, ritrovo quella stessa cosa o una delle sfumature infinite di quella cosa in me.. e a quel punto se non mi dimentico di me, cerco di andare a modificarla... e a questo proposito, secondo voi possiamo dire che modificando un comportamento, cercando di tenerlo a bada, sia sufficiente a modificare qualcosa all'interno di noi?

L'osservazione è la prima tappa di un lavoro che poi deve comprendere tutti sè stessi... non si puo' scindere dal resto, osservare va bene, ma poi bisogna muoversi per modificare quello che non va e questo esula dal fuori, dagli altri, possiamo osservare gli altri per imparare qualcosa di noi stessi, non per cercare di far cambiare gli altri. Se io cambio davvero poi questo si rifletterà sul fuori, nel mio rapporto con l'esterno e a quel punto cambia anche la percezione che ho dell'altro (una cosa che mi dava fastidio, se riesco a risolverla in me smette di darmi fastidio per esempio anche se nell'altro è ancora presente, diversamente posso forzarmi e cambiare atteggiamento ma dentro resta la punta di fastidio..)

che cosa è per voi l'osservazione?
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Vecchio 20-02-2008, 12.55.04   #2
turaz
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sono contento che oltre a Dafne inizi a emergere prepotentemente anche Redwitch (con lettere maiuscole)
per me osservazione è appunto "osservare" in profondità se stessi attraverso gli altri (specchi) e capire cosa di noi non abbiamo ancora integrato e amato.
da li poi può partire quella che io chiamo "azione" (modifica profonda) attraverso "perdono" e Amore.

oppure possiamo continuare a perdere occasioni facendo ciò che chiamo re-azione (continuare ad agire come nel passato senza modificare nulla)
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Vecchio 20-02-2008, 16.59.54   #3
jezebelius
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Osservazione...ne parliamo sempre, la nominiamo sempre ma non abbiamo mai visto l'argomento in un thread specifico.. ci proviamo?

Daf ha detto una cosa qui che mi ha colpito molto, sul fatto di proiettare fuori l'osservazione, sugli altri invece che su noi stessi. La stessa cosa capita a me, e penso che sia una cosa abbastanza comune (dal poco che riesco a vedere degli altri appunto ) nel senso che è molto più facile vedere e riconoscere un difetto o un pregio in un altro piuttosto che riconoscerlo in sè stessi.

Solo che in questo modo ci si dimentica di sè, di me posso dire che per esempio se non mi fa male una gamba, faccio fatica a ricordarmi di averla... dall'altra parte, non si puo' fare a meno di osservare gli altri proprio perchè viviamo in società e c'è uno scambio continuo e perchè senza gli altri non si potrebbero vedere certe cose di sè.

possiamo dire che modificando un comportamento, cercando di tenerlo a bada, sia sufficiente a modificare qualcosa all'interno di noi?

L'osservazione è la prima tappa di un lavoro che poi deve comprendere tutti sè stessi... non si puo' scindere dal resto, osservare va bene, ma poi bisogna muoversi per modificare quello che non va e questo esula dal fuori, dagli altri, possiamo osservare gli altri per imparare qualcosa di noi stessi, non per cercare di far cambiare gli altri. Se io cambio davvero poi questo si rifletterà sul fuori, nel mio rapporto con l'esterno e a quel punto cambia anche la percezione che ho dell'altro (una cosa che mi dava fastidio, se riesco a risolverla in me smette di darmi fastidio per esempio anche se nell'altro è ancora presente, diversamente posso forzarmi e cambiare atteggiamento ma dentro resta la punta di fastidio..)

che cosa è per voi l'osservazione?
Secondo me l'osservazione è la facoltà di notare, prendere atto per altro verso, determinate cose che sia un comportamento, ciò che si dice o cosa si fa, più in generale di un contesto in cui si è immersi. Credo che questa capacità di fare, se si può definire come " un fare " che forse ha anche molte sfaccettature - nel senso, ad esempio, posso osservare Tizio semplicemente perchè, mi va di farlo senza nessuna conseguenza su di me, poichè sono impegnato a guardare solo Tizio, cercando di avere esclusivamente lui come oggetto di studio oppure posso solo osservare me o entrambi -, ha bisogno di una notevole quantità di energia che deriva, probabilmente, da questo "fare"/osservare in maniera costante.
Poi, il fatto di osservare e subito analizzare mi pare sia controproducente. Se gia non conosco i meccanismi ma pretendo di conoscerli fino al punto di spingermi al di la della osservazione, analizzandone i particolari, posso deviare dall'intento iniziale.
Continuando quindi, bisognerebbe vedere il motivo, il perchè si osserva. Credo che inizialmente mantenere l'attenzione sugli altri, essendo attenti per conseguenza, può essere un utile mezzo di conoscenza di noi stessi ma dubito che ci si riesca sempre; io ad esempio non ci riesco sempre - per carità ci sarà pure chi lo fa e ci riesce sempre e comunque - e quando lo faccio tendo a fotografare quello spezzone di vita cercandone i collegamenti che possono riguardarmi. Non posso dire però che si tratti di una osseravazione a 360°.
Per quel che riguarda il comportamento, di cui diceva Red, credo che possa essere utile per cristallizzare un comportamento o almeno la dinamica di questo. Per cristallizzare intendo non solo tenerlo a bada, osservandolo, ma utilizzare lo stesso come base di un cambiamento. Allora si che potrebbe essere attivata una modifica.
__________________
Dr. Marc Haven
“Non deve essere l’alba di luce che deve iniziare ad avvisare la tua anima di tali doveri giornalieri e dell’ora in cui gli incensi devono bruciare sui fornelli; è la tua voce, solo lei che deve chiamare l’alba di luce e farla brillare sulla tua opera, alfine che tu possa dall’alto di questo Oriente, riversarla sulle nazioni addormentate nella loro inattività e sradicarle dalle tenebre in cui versano.”
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Vecchio 21-02-2008, 01.14.01   #4
Shanti
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Se io cambio davvero poi questo si rifletterà sul fuori, nel mio rapporto con l'esterno e a quel punto cambia anche la percezione che ho dell'altro (una cosa che mi dava fastidio, se riesco a risolverla in me smette di darmi fastidio per esempio anche se nell'altro è ancora presente, diversamente posso forzarmi e cambiare atteggiamento ma dentro resta la punta di fastidio..)

che cosa è per voi l'osservazione?
Sono d'accordo con te, se una cosa che mi dava fastidio è veramente risolta smette di darmene, mentre se cerco soltanto di tenerlo a bada non penso sia sufficiente a modificare veramente qualcosa all'interno di me, più che altro dipende dallo stato d'animo del momento. Che poi è corretto tenerlo a bada o più che osservazione è un cercare di controllare e reprimere? Sono confusa sull'osservazione, non mi sembra per niente facile e non so se so spiegare ma ho l'impressione di averne colto il senso profondo in rare occasioni, per poi tornare a farlo più o meno sonnecchiando.
Per rispondere alla tua domanda per me osservazione è come scrive Jez prendere atto di un mio comportamento, che sia un'azione o a parole cercando di vedere sia che cosa mi ha spinto a fare, a dire o a pensare in un determinato modo, sia a osservare appunto che cosa mi è successo in quel momento, compresa la reazione fisica.
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Vecchio 22-02-2008, 11.23.16   #5
RedWitch
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per me osservazione è appunto "osservare" in profondità se stessi attraverso gli altri (specchi) e capire cosa di noi non abbiamo ancora integrato e amato.
Io non credo che possiamo osservare noi stessi attraverso gli altri, ma solo prendere degli spunti per guardare dentro di noi. L'altro puo' suggerirci cosa andare a vedere in noi, non sostituirsi. il soggetto dell'osservazione per come la vedo deve essere me stessa

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Credo che inizialmente mantenere l'attenzione sugli altri, essendo attenti per conseguenza, può essere un utile mezzo di conoscenza di noi stessi ma dubito che ci si riesca sempre; io ad esempio non ci riesco sempre - per carità ci sarà pure chi lo fa e ci riesce sempre e comunque - e quando lo faccio tendo a fotografare quello spezzone di vita cercandone i collegamenti che possono riguardarmi. Non posso dire però che si tratti di una osseravazione a 360°.
Nemmeno io ci riesco Jez, come dicevo su secondo me, l'altro può solo darci un "suggerimento" che posso poi utilizzare per guardare me e in me, ma l'osservazione secondo me va fatta tenendo l'attenzione su noi stessi, forse ho messo confusione ho mischiato le due cose, solo per dire che il fuori non puo' esulare da noi, ma non deve diventare l'unica osservazione, è una proiezione.. guardare fuori senza guardare in noi è proprio un "distrarsi" un non volere vedere davvero ..

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Sono d'accordo con te, se una cosa che mi dava fastidio è veramente risolta smette di darmene, mentre se cerco soltanto di tenerlo a bada non penso sia sufficiente a modificare veramente qualcosa all'interno di me, più che altro dipende dallo stato d'animo del momento. Che poi è corretto tenerlo a bada o più che osservazione è un cercare di controllare e reprimere?
Tenere a bada Sha, per me significa cercare di non massacrare l'altro se sono arrabbiata per esempio, ma essendo cosciente di essere arrabbiata, cerco di guardare in me perchè e per come provo quella rabbia,se la reprimo, sento che monta la rabbia ma faccio finta (con me stessa e con l'altro) di non essere arrabbiata la "butto giù" e poi mi giro dall'altra parte.. In questo modo la sensazione di rabbia dopo un po' passa ma dentro resta... non è risolta.

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Vecchio 22-02-2008, 11.32.31   #6
turaz
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Io non credo che possiamo osservare noi stessi attraverso gli altri, ma solo prendere degli spunti per guardare dentro di noi. L'altro puo' suggerirci cosa andare a vedere in noi, non sostituirsi. il soggetto dell'osservazione per come la vedo deve essere me stessa


"osservare noi stessi (me stesso) attraverso gli altri (gli spunti che ci dann su noi stessi)"

ci siamo intesi male ma il significato è esattamente quello
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Vecchio 22-02-2008, 14.01.07   #7
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Per me l'osservazione degli altri è avere un parametro di confronto, soprattutto sui lati positivi che osservo negli altri e che non trovo in me.
Lo stesso vale per le cose negative, nel senso che mi dico meno male che non sono anch'io così....
Comunque il paragone è sempre con me stessa, come punto di riferimento sui cui dire:
"è migliore di me" oppure "è peggiore di me"...

C'e anche un modo in cui l'osservare gli altri è fine a se stesso, ma è difficile non mettersi a confronto, come nei miti dei divi dello spettacolo ecc. in cui anzi si creano dei modelli da seguire o da non seguire, a seconda dei punti di vista soggettivi.
Io penso comunque che venga naturale confrontare tutto con se stessi, perchè se non ci conoscessimo non avremme nessun paragone per osservare gli altri.
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Vecchio 22-02-2008, 16.57.14   #8
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L'osservazione è la prima tappa di un lavoro che poi deve comprendere tutti sè stessi... non si puo' scindere dal resto, osservare va bene, ma poi bisogna muoversi per modificare quello che non va e questo esula dal fuori, dagli altri, possiamo osservare gli altri per imparare qualcosa di noi stessi, non per cercare di far cambiare gli altri. Se io cambio davvero poi questo si rifletterà sul fuori, nel mio rapporto con l'esterno e a quel punto cambia anche la percezione che ho dell'altro (una cosa che mi dava fastidio, se riesco a risolverla in me smette di darmi fastidio per esempio anche se nell'altro è ancora presente, diversamente posso forzarmi e cambiare atteggiamento ma dentro resta la punta di fastidio..)

che cosa è per voi l'osservazione?
Sono d'accord con te (ma vah?!)
Un giorno il mio ex maritino mi ha detto "io sono per la parità tra uomo e donna", la frase mi ha fatto subito un brutto effetto, ho cercato di capire perchè, in fondo aveva detto una bella cosa..
Un giorno ho capito, semplicemente non doveva dirlo...mi spiego, per me la cosa era talmente ovvia, certa, scontata che sentirla affermata mi ha sbilanciato. Insomma, dire che si è d'accordo su qualcosa significa che c'è la possibilità che non sia così. Si?
Io che sono convinta della parità (parlo di dignità) tra uomo e donna non mi pongo nemmeno il problema di dirlo, è così e basta, se ho bisogno di dirlo è A) perchè devo convincere qualcuno B) perchè devo convincere me. In un'altra dscussione, quella sul giudizio degli altri mi sembra, è stato sviscerato come molto spesso, se non sempre cerchiamo di convincere gli altri per dare conferme a noi stessi..
Quindi, se qualcosa negli altri mi irrita, (anzi, forse dovremmo dire che mi mette a disagio, tale disagio da passare poi all'irritazione, anche questo è un meccanismo nuovo che stò scoprendo proprio osservando) significa che tocca una qualche convinzione in me che non è fissa, certa, ma un pò traballante.
Chissà se sono riuscita a spiegarmi
Osservare
ob- servare
0b=sopra attorno avanti
servare=custodire salvare guardare
l'ho trovato tradotto come un "tenere gli occhi addosso", significa quindi guardare con diligenza ma ha anche il senso secondario di mantenere una promessa di eseguire, obbedire.
Si dice infatti "odsservare le leggi" nel senso di seguirle, di ubbidirle (si lo so non è italiano )
Quindi, quando osservo non mi limito a guardare con gli occhi fisici ma anche con quelli interiori.
Che ne dici ci stà?
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Vecchio 22-02-2008, 19.43.55   #9
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Per me l'osservazione degli altri è avere un parametro di confronto, soprattutto sui lati positivi che osservo negli altri e che non trovo in me.
Lo stesso vale per le cose negative, nel senso che mi dico meno male che non sono anch'io così....
Comunque il paragone è sempre con me stessa, come punto di riferimento sui cui dire:
"è migliore di me" oppure "è peggiore di me"...
E su quali basi possiamo dire che un altro è meglio o peggio di noi Stella? Il metro è nostro, tutto soggettivo..
Paradossalmente un assassino potrebbe vedere come giusto il suo comportamento e giudicare sè stesso meglio di chi non uccide in base al suo metro..
Una cosa da non dimenticare secondo me è che se abbiamo dentro tutto potenzialmente, non si dovrebbe mai dire "questa cosa non la farei mai", forse non la faremo mai, ma forse la facciamo e non ce ne accorgiamo, perchè ci conosciamo poco (naturalmente non parlo di uccidere in questo caso, ma magari di comportamenti che non vediamo come negativi ed invece possono esserlo).


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Quindi, se qualcosa negli altri mi irrita, (anzi, forse dovremmo dire che mi mette a disagio, tale disagio da passare poi all'irritazione, anche questo è un meccanismo nuovo che stò scoprendo proprio osservando) significa che tocca una qualche convinzione in me che non è fissa, certa, ma un pò traballante.
Ecco mi hai dato un nuovo spunto Daf, non avevo mai pensato al fatto che l'irritazione potesse nascere da un disagio ma in effetti direi che ci sta.. ci farò più caso adesso. Grazie Oltre che traballante direi anche che chi ci dice qualcosa che ci irrita tocca un nervo un po' scoperto..

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l'ho trovato tradotto come un "tenere gli occhi addosso", significa quindi guardare con diligenza ma ha anche il senso secondario di mantenere una promessa di eseguire, obbedire.
Si dice infatti "odsservare le leggi" nel senso di seguirle, di ubbidirle (si lo so non è italiano )
Quindi, quando osservo non mi limito a guardare con gli occhi fisici ma anche con quelli interiori.
Che ne dici ci stà?
Sì ci sta secondo me. Da che ho cominciato a fare un po' di attenzione a me, ho una sensazione .. è come se mi vedessi da "dentro" e da "fuori", contemporaneamente.. questo se riesco a metterci l'attenzione minima che mi serve..
Non so se si capisce...
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Vecchio 22-02-2008, 20.08.00   #10
turaz
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sempre più emergono Dafne e Redwitch.
state trovando la chiave in voi.
e io da "qui" ammiro la vostra luce.

(opsss... scusate l'osservazione ))
Un abbraccio
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Vecchio 23-02-2008, 23.56.09   #11
Kael
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sul fatto di proiettare fuori l'osservazione, sugli altri invece che su noi stessi. La stessa cosa capita a me, e penso che sia una cosa abbastanza comune (dal poco che riesco a vedere degli altri appunto ) nel senso che è molto più facile vedere e riconoscere un difetto o un pregio in un altro piuttosto che riconoscerlo in sè stessi.
Poi però c'è anche il problema inverso (che di fondo è lo stesso solo preso al contrario) c'è chi è talmente impegnato ad osservare se stesso che si dimentica di tutto il resto, esiste solo lui etc..
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l'ho trovato tradotto come un "tenere gli occhi addosso", significa quindi guardare con diligenza ma ha anche il senso secondario di mantenere una promessa di eseguire, obbedire.
E ci sta anche "salvare sopra", nel senso che se mi limito a guardare non mi ricorderò quasi nulla di quello che ho visto, se invece osservo si creerà in me una "copia", ne avrò memoria, proprio come si usa la memoria del pc per "salvare sopra" (al disco fisso) dei dati importanti.
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