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Vecchio 12-01-2012, 21.52.08   #1
Astral
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Predefinito Precarietà

Per precarietà intendo un concetto che si oppone alla provvidenza ed intendo dire più che una condizione uno stato.

Non mi riferisco nel senso comune del termine, qualcuno potrebbe pensare alla precarietà del lavoro, della vita o in un certo senso alla povertà.
No io intendo uno stato dove per esempio una persona con talenti non riesce ad esprimerli, una persona non trova la giusta compagnia di amici, oppure non trova un partner alla sua altezza, insomma tutte quelle situazioni in cui sembra che non ci siano opportunità, o se ci sono sono veramente o troppo al di sotto o irraggiungibili per il suo stato.

Magari si potrebbe analizzare questo stato.
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Vecchio 12-01-2012, 23.28.07   #2
luke
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Brutta situazione.....
Si ha la sensazione che la vita o comunque buona parte del mondo, inteso non solo come persone ma come ambiente, come situazioni, occasioni, dinamiche ci sia da sempre ostile, ci consideri un corpo quasi estraneo da incistare e poi da espellere....

Che si fa? Si resiste , si abbozza, si tenta e ritenta con risultati, almeno per quel che si vede, piuttosto deludenti.
Poi ci si analizza, si screma, si riduce all'essenziale, si Lavora ci si configura sapendo che determinate situazioni non sono mai state e mai saranno per noi, si trovano vie alternative, per quel che si può e più fai così più il mondo sembra allontanarsi, non capisci il perchè di tutto ciò, speri dietro ci sia un perchè a tutto, che sia vero che la strada per i desideri più alti passa quasi sempre attraverso il territorio dell'indesiderabile, preghi....

E fatto questo sempre un precario resti, certo un precario più forte, con una resistenza e capacità di sopportazione superiore alla media, ma un pregario con l'occhio triste e l'espressione malinconicamente stupita di chi vede realizzarsi quasi sempre i propri incubi e quasi mai i propri sogni, MA con una lucetta ancora presente negli occhi, e la sensazione che nonostante tutto la felicità potrebbe essere ancora vicina e ancora possibile.
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Vecchio 18-01-2012, 11.40.55   #3
Uno
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Per un Santo è facile trovare compagnia alla sua altezza o come meglio preferirei dire una compagnia che vibra similmente a lui?
No, ma egli o prima o dopo "si mescola" in mezzo a persone che lo fanno soffrire perchè soffrono.
Ecco un punto fondamentale, non soffre perchè gli altri sono diversi o lui è diverso dagli altri, soffre perchè gli altri soffrono.

A qualcuno del paragone potrebbe non interessare nulla, è giusto, non tutti aspirano a diventare santi, però comunque il ragionamento può servire anche a chi della santità non interessa nulla.
La precarietà è una condizione o stato (non sono la stessa cosa, ma in questo ci stanno bene entrambi) di un soggetto rispetto ad un ambiente o a se stesso.
Può essere precario l'equilibrio in quell'ambiente o precaria la presenza in quell'ambiente, alla fin fine le due cose convergono
Un santo si può considerare precario rispetto alla società?
Direi di no anche se poi è un bel pesce fuor d'acqua soprattutto in questi tempi in cui i valori sono decisamente altri. Perchè il santo ha una sua stabilità e pur essendo nella società non ne è dentro, non segue, ma accetta e comprende (fondamentale) certi valori che non corrispondono ai suoi o meglio ai veri valori.
Ecco da dove scaturisce la sua sofferenza, sa che chi fa suoi quegli altri valori deve soffrire e lui soffre per loro, non soffre direttamente per i valori che lui segue.

Scendendo la scala, all'opposto troviamo la persona comune che desidera essere accettata. Accettata significa essere presa così com'è, perchè? In un certo senso la stabilità che manca individualmente la si può assaggiare in mezzo ad altro. Una persona ubriaca starebbe comunque in piedi in un autobus dove tutti sono stipati come sardine, non avrebbe proprio lo spazio materiale per cadere.
D'altro canto inserirsi in un ambiente che supplisce la nostra mancanza di stabilità ci chiede in pagamento lo spazio vitale.

Sono più chiari i due opposti?
Il santo che non ha bisogno di entrare "nell'ascensore" ma in un certo senso c'è più dentro di altri, osserva e vede quanto soffrono a stare stretti (e per altro) e soffre per loro, con loro.
Poi c'è quello che o sta fuori ma non sta in piedi da solo, oppure entra ma gli manca l'aria, in ogni caso soffre per se.

Santo o non santo... la chiave è la stabilità che è il vero opposto della precarietà, stabilità però non, non solo, rispetto a qualcosa/qualcuno, questa è una conseguenza, rispetto a se stessi.
Si può andare oltre alla persona comune e al santo, ma bisogna passare (che sia per una vita o per 10 minuti) per entrambi.
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Vecchio 18-01-2012, 12.07.47   #4
Uno
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"nell'ascensore"
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Vecchio 18-01-2012, 13.52.05   #5
Faltea
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Inteso come altro esempio di ambiente con persone compresse.
Uh, avevo capito invece leggendo che essendo Santo non aveva bisogno di prendere l'ascensore per ascendere, innalzarsi...

Però non ho colto cosa vuoi dire... forse ti colleghi a qualcosa che mi è sfuggito?
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Non ho bisogno di chi la pensa come me, ma di crescere aprendo la mente a diversi modi di vedere e di pensare.
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Vecchio 18-01-2012, 15.25.50   #6
Edera
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Poi c'è quello che o sta fuori ma non sta in piedi da solo, oppure entra ma gli manca l'aria, in ogni caso soffre per se.
.
Come si fa a mediare e trovare un qualche equilibrio? Forse accettando di pagare lo spazio vitale, rimanendo consapevoli che per il momento non abbiamo altra scelta, visto che da soli non stiamo in piedi..
Magari essendo consapevoli del perchè si deve pagare 'il dazio', la sofferenza cambia, si fa meno pesante
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Vecchio 18-01-2012, 15.32.37   #7
diamantea
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Ecco un punto fondamentale, non soffre perchè gli altri sono diversi o lui è diverso dagli altri, soffre perchè gli altri soffrono.
Riflettevo su questo punto e pensavo che se mio figlio soffre io soffro perchè lui soffre. In questo caso c'è l'amore che mi lega a lui e mi fa soffrire della sua sofferenza, se si trattasse di un estraneo non soffrirei come per mio figlio.

Può darsi che il Santo soffre in nome di quell'Amore universale che lo porta a soffrire per la sofferenza di chiunque?
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"Mi manca già la tua presenza, ma fai parte di me e per questo non sei mai andata via"
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Vecchio 18-01-2012, 18.09.22   #8
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Personalmente non riesco ancora a soffrire per le altre persone, per il "terzo" in sè, al limite soffro per il terzo in me , l'effetto che il comportamento del terzo provoca dentro di me reagendo in qualche modo con miei processi interiori, magari non ancora irrisolti.
Comincio, forse, ad essere più indulgente rendendomi conto della difficoltà nella lotta interna, anche se il non voler ammettere certe pecche , il fare di tutto per mascherar(se)le, proiettare e scaricare tutto sugli altri , rifuggendo da se stesso e dalle proprie responsabilità sempre e comunque, a prescindere, ancora mi fa irritare non poco, in quanto ritengo di aver cercato il più possibile di tenermi per me i danni derivanti dai miei errori e problemi non risolti, provando a limitare il più possibile ricadute esterne.
Per la sofferenza derivante dalla sofferenza degli altri, la loro comprensione nel senso vero del termine... ne riparleremo quando starò in modalità San Luke

Suggestivo e realistico l'esempio della stabilità, adeguarsi o trovarsi adeguati quasi di default agli altri, facilita nel mantenere una posizione, e nel fare un determinato percorso/movimento, come se il gruppone che si muove compatto o quasi creasse un risucchio d'aria che di agevola risparmiandoti alcuni sforzi, certo a prezzo andare dove sta andando il gruppo, nel modo in cui sta andando il gruppo ecc.

Posto che la modalità Santo può essere un faro , una meta che si deve quantomeno cominciare a cercare di raggiungere, personalmente "intruppato" non mi ci sono mai sentito, ma non perchè debba fare il ribelle o l'anticonformista, è stata una sensazione quasi istintiva con le cose che sotto molti punti di vista sono andate in modo consequenziale, tipo assenza del risucchio di cui parlavo prima, coi pro e contro che ciò comporta ed ha comportato.

Sulla mia stabilità cerco di fare qualcosa, di entrare nel gruppo tanto non se ne parla, credo ormai in modo definitivo, nel senso di plasmarsi e identificarsi totalmente, qundi c'è quantomai bisogno di stabilizzarmi e c/o creare le condizioni per poterlo fare nel modo più proficuo possibile e riuscire ad interagire poi in modo più sano e meno tubato per mancanza di appoggi esterni.
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