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Vecchio 31-03-2011, 19.05.25   #1
dafne
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Predefinito I giri di c

Attenzione: post logorroico a contenuto fortemente emotivo. Tenere lontano da sintetici e cinici.

capitolo 1 (hihihi)

Oggi mi sono presa un'incazzatura come da tempo non capitava. Nel culmine della rabbia in un momento di indecisione invece di far fuori qualcosa (o qualcuno) ho messo le scarpe, preso le chiavi e sono uscita fuori.

Sono uscita decisa a non tornare mai più indietro, senza la minima idea di dove stavo andando o cosa avrei fatto capivo solo "andare" e "prati verdi o boschi". Ho seguito la strada che mi dava l'impressione portasse in mezzo a un pò di verde e mentre macinavo passi su passi mi sento dire che no, non sono una madre, non lo sarei mai dovuta diventare e che mai riuscirò a farlo, ho sbagliato tutto...pian piano però passo dalla rabbia cieca al pianto al singhiozzo al sospiro...mi calmo un pò, spengo il cellulare.

Avevo una feroce necessità di verde, di quiete, di silenzio. Naturalmente in mezzo a strade trafficate e svincoli di statali Ho iniziato ad avere anche un pò paura per tutto quel traffico che sfrecciava e per un paio di volte ho pensato di tornare indietro ma in un punto in cui ho attraversato un campo e non avevo idea di dove fossi mi son sentita immensamente libera. Fino al fischio del camion che mi ha fatto il pelo per entrare nella statale.. vabbeh, continuo a camminare, in un sottopasso trovo un sassetto piatto e tondo, molto tondo per esser così lontano dal lago e me lo prendo. Lo tengo in mano quasi fosse il talismano nero del mio sogno.

Cammina e cammina alla fine mi accorgo che no, la strada la conosco, addio viaggi di libertà verso luoghi sconosciuti (con un parziale rasserenamento di quella parte di me che ragionevolmente si preoccupa sempre del percorso inverso..). MI scappa da ridere ho proprio un senso comico della mia esistenza, mi sono portata sulla strada del canile, il che per una che ha paura dei cani è come un vaaquelpaese molto elegante.

Mentre proseguo verso il canile la strada diventa finalmente sterrata, ci sono alberi e alberelli e pensando ai cani mi procuro un grosso pezzo di ramo da usare come bastone.

Adesso mi sento meglio, c'è il sole e l'aria fresca a far vento leggero, mi piace. Mentre osservo le piante scopro di avere il desiderio di trovare una grande pianta come rifugio come facevo anni fà quando abitavo tra le risaie. Una quercia enorme lungo una stradina di campagna presso la quale mi fermavo sempre, ci parlavo, e questa pure mi rispondeva... forse un rovere più che una quercia ma bon, tant'è, ero all'inizio del mio scoprire il mondo misterico se mi avessero chiesto cosa diamine stavo facendo non avrei saputo dare risposta.
Non che adesso..

Comunque la fuga si trasforma in ricerca, arrivo al canile e scopro con immensa gioia che i cani si possono far passeggiare solo il fine settimana, volto i tacchi e mi avvio per la strada inversa scrutando qualsasi albero alla ricerca di un posto che possa diventare il mio punto zero.

Ulivi, faggi, betulle...pini e persino cipressi ma quercie..niet.

Mi infilo per una stradina e passo davanti a un'azienda agricola, bastone in mano e sasso nell'altra mentre cammino sull'erba mi sento come se non ci fosse che quello.

Ci sono due trattori in movimento e mi fermo a pensare ai contadini, ho spesso incontrato gente che li snobbava ma a me è sempre sembrato un lavoro difficile, ho sempre visto visi e mani segnate nonostante le macchine diano oggi un contributo non da poco.
Guardo quell'enorme casa e i campi che la circondano e mi vien voglia di scendere a chiedere se han bisogno di una bracciante, magari per gli animali (facendo rabbrividire la signorina che è in me..ahah)
Poi l'occhio amorevole mi si posa su due setter fulvi in arrivo a velocità accellerata e decido che per la fattoria ho tempo, passerò più avanti...

Mentre cammino verso casa, ho rinunciato definitivamente alla fuga, mi sento come mia nonna con quel bastone in mano e il giubbino in vita.
Lei si che era una capretta, aveva 80 anni fatti e noi che ne avevamo 10 faticavamo a inerpicarci sui pezzi di bosco dove lei andava a cercare i suoi amatissimi porcini.
Una madre perforza, una donna che aveva delle ambizioni e che era finita si col farmacista del paese ma del paesetto e in più con 6 figli di cui, purtroppo, ben 5 femmine. Femmine in cambio delle quali avrebbe volentirei preferito dei conigli

Osservo mentalmente la catena familiare in linea femminile, mi sento molto maschiaccio con quel bastone in mano e quell'andatura da alta montagna.
Ma non lo sono, non sono un uomo.

Mentre ci penso passo davanti a un altro enorme campo fiorito e la tentazione di saltarci dentro e buttarmi per terra è fortissima. Mi piace questo posto silenzioso, verde, senza traffico. Mio malgrado scoppio a ridere perchè nella testa compare la figura di una piccola Heidi che ci posso fare...
Una piccola Heidi ero, adesso Heidi è cresciuta e reclama la sua parte di soddisfazione. Mi soffermo su questo pensiero. Mi piace il legno che ho in mano e mi piace toccare gli alberi e stare in mezzo al verde ma qualcosa in me oppone resistenza. Sarà la Signorina Rottermaier?
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Vecchio 31-03-2011, 19.39.30   #2
dafne
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Se vi state chiedendo che cosa significa il titolo sappiate che ha un significato simbolico anagrammatico descrittivo della mia esistenza in questo momento
.....
mi sono distratta....


capitolo2

Heidi si stà divertendo davvero un sacco per quelle strade di campagna ma qualcosa frizione.
Mi torna l'immagine della capretta, dei miei primi nove anni di vita in mezzo ai boschi sotto ai monti del Pasubio. Tra l'altro anche in contrada con fratelli molto più grandi, giocavo sempre sola...non posso fare a meno di chiedermi se quello che ho avuto in contatto naturale sia stato sufficiente a neutralizzare l'effetto di assoluto vuoto comunicativo umano...ma la Rottermaier strepita e mi concentro di nuovo sul fastidio e sul senso del legno in mano e del verde attorno.

Mi tornano alla mente i contadini e vecchie immagini che mi porto dentro da sempre di una grande casa bianca in mezzo a campi e colline ricche di boschi, di sere davanti al camino con sedie a dondolo e cuscini pieni di gente, di cucine tradizionali e tavoloni di legno, di giornate che iniziano col sole e proseguono al sole.

Questa parte di me si sente mortificata da mura e luci, vorrebbe i campi, le leggende dei boschi sacri, la terra da coltivare, gli amici da raccogliere intorno a grigliate e all'improvviso mi rendo conto di come in tutto questo ci sia la nuova immagine della vecchiaia.
Non riesco ancora a vedere bene ma nella quiete riesco anche a lasciar salire una vecchia foto, quella di ragazzi alla moda che vanno per locali e in giro in macchina a far mattina sbronzi di vita e magari di alcool.

Lo sò che è un pregiudizio ma la foto c'è e mi rendo conto che un certo tipo di vita in casa è sempre stato considerato sintomo di benessere e realizzazione. L'aperitivo della sera, le cene fuori, un certo tipo di vestiario e un certo tipo di carriera.

Non sono mai stata così, non ho davvero mai saputo che cosa volevo perchè troppo impegnata a dondolarmi tra quello che era figo e quello che non lo era, tra gli amici, e tra la gratificazione e la realizzazione in casa.

Se avessi detto che volevo metter su una serra o coltivare grano non mi avrebbero nemmeno preso in considerazione.
Maledetta considerazione.

Ma la foto è li e la vecchiaia cosa c'entra?
Un attimo e Heidi mi mette tutte le cose in fila.
Da ragazza per non fare la sfigata completa ho represso determinati lati del mio carattere, complice l bisogno di trovare riconoscimento in casa.
Così probabilmente ho legato l'immagine della gioventù a una serie di cose che erano irreali, tipo il dover andare in discoteca come tutti, fumare, cercare un lavoro per fare carriera o avere fama, evtare la maternità...

Non essendo mai cresciuta quest'immagine è rimasta lì, a bloccare tutto, a farmi istintivamente rinunciare a cose che desideravo privilegiando cose per le quali non avevo un reale interesse.

Mentre lo pensavo ho provato un gran senso di sollievo, la pace che ritrovo nell'immagine della maturità non è quindi qualcosa che ha a che fare con la rassegnazione, la rinuncia ma è un modo dinamico per recuperare quella parte di me che non si sente autorizzata ad esistere finchè sono così giovane, finchè ancora mi dò la possibilità di realizzare dei desideri, delle aspettative, che non sono mie ma di famiglia e di un certo tipo di persone, che non sono discutibili..ma non sono le mie

Alla fine del giro avevo un sasso piatto e tondo, un bastone nodoso e mi sentivo mezzacapra e mezzo druida sono arrivata a casa con una tinta aragosta fluorescente (ero uscita col pile dal nervoso,senza calcolare la temperatura esterna) e una lumaca orfana che ho messo in giardino.
Nessuna traccia della quercia però
Mentre mi proponevo un posto alternativo dove cercare mi sono venuti in mente i figli la nonna la mamma e me e ho pensato che una madre non abbandona i suoi figli, abbandona quella sensazione terribile che in quel momento per qualche ragione associa ai suoi figli.

Al prossimo giro alla ricerca di querce (che doveva essere il titolo..sgrunt) vediamo se Heidi o la sua capretta mi allungano un'altra zampa.
Per ora ho un pensiero.

Devo metter su una fattoria
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Vecchio 04-04-2011, 19.47.39   #3
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capitolo 3

Assolti i miei doveri di studio, di casalinga e di mamma, Heidi è tornata prepotentemente a cantarmi il suo yollallà-hu-huuu...
Oggi però non potevo uscire a caccia (la mamma che sono non poteva assentarsi) e così l'ho portata in giardino, complice anche un affarone fatto al mattino al supermercato.
Un bottino di bulbi in offertissima (erano gli ultimi).
Ne avevo ancora a casa da piantare e così ho colto l'occasione per finire il giro cromatico.
Pensavo a quello che avevo letto e scritto in città e mi illudevo che Heidi mi avrebbe aiutato a mettere in fila le cose.
Scavo..
Macchè.
Scavo...
Niente.
Ero lì con la mia mini paletta zappettando convinta cercando di focalizzare i pensieri ma niente, non c'era verso, era entrata in scena la capra mentre Heidi si prendeva il tempo della pennichella.

Avevo una serie di informazioni e volevo, volevo fortemente trovarne il senso.

Niente..

I primi buchi sono andati via abbastanza lisci, quel micro pezzo di terra che circonda la parte del condomio dove abito è trascurato da decenni, negli ultimi due anni a riprese ho seminato trifoglio e fiori di campo. Le due piante di rose sono morte quest'inverno e a momenti cercano di farmi fuori anche l'acero rosso..

Poi nel girare verso il dietro dell'edificio la terra è diventata più dura ancora, mista a sassolini, a cemento sbriciolato, pezzi di mattoni e piastrelle

Per un momento ho pensato di cedere le armi..ma spiegarlo alla capra era impossibile e così ho continuato mentre ancora tentavo di direzionare i pensieri.
Inutile.

Mentre scavavo guardavo i sassetti, i pezzi di cemento e mi son chiesta come avrebbero fatto a sopravvivere i miei bulbi li in mezzo.
Era un buon motivo per smettere...ma la capra era in movimento, implacabile.

Assecondandola ho iniziato a trovare i primi lombrichi e così ho pensato che se ci riuscivano loro a vivere li in mezzo di sicuro avrebbero potuto anche i miei bulbetti.

Scavavo e grattavo e la mano davvero cominciava a farmi male quando all'improvviso guardando quel buco che tardava ad allargarsi ho pensato che, cavolo, ero proprio come quella terra!
Proprio così, mannaggia, ricoperta di muschio invece che di erba e fiori perchè troppi sassi impedivano ai semi di penetrare in profondità e mettere radici...

Mi sono fermata davanti a un lombrico che usciva di un solo cm dalla terra,non riuscivo a toglierlo, mentre mi spostavo un pò più in là riprendendo a scavare e grattare attorno a nuovi pezzi di sassi ero un pò triste. Come farò a togliere tutti questi sassi, pensavo, se non ci riuscirò cosa potrà mai nascere?

La capra aveva assolto il suo compito, Heidi era tornata e giocherellando con i sassi che io cercavo di togliere mi ha fatto notare che quelli grossi erano un problema, di quelli piccoli se abbastanza smossi invece non avrei dovuto preoccuparmi le radici avrebbero trovato lo spazio per passare.
Allora mi è venuto un pensiero nuovo, dovevo allargare le buche e farle più profonde, così ci avrei potuto mettere della terra nuova e buona così i germogli appena nati avrebbero potuto trovare un attrito minore prima di arrivare alla terra del giardino.
Decisamente più faticoso ma probabilmente una speranza in più di vederli germogliare.

Sono andata avanti e alla fine del sacchetto di gladioli ho ripensato ai pensieri che volevo mettere in fila..volevo...pretendevo di mettere in fila, era stata forse la pretesa a bloccarli?

Non ho finito il lavoro, si è alzato un vento fortissimo, sembrava che volesse diluviare e così ho messo via tutto. Un nuovo giro domani e dovrei riuscire a finire questa specie di isola fiorita che stà diventando un pezzo di terra che era solo erba e terra.

Si. Sono proprio come questa terra, dura, mista a sassi e anche spoglia ... ma pur sempre terra.

Ultima modifica di dafne : 04-04-2011 alle ore 19.57.43.
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Vecchio 05-04-2011, 11.53.29   #4
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Dopo la sferzata di vento di ieri oggi la giornata si presenta bella fresca, leggermente ventilata con sole caldo e cielo blu cobalto.
Quanto amo questo cielo.
Da sempre i momenti particolarmente "in su" della mia vita sono compensati da momenti altrettanto in giù, è biologico, sapevo che sarebbe successo.
Stavolta neanche ho sperato che non capitasse ma ho atteso, semplicemente, che i demoni prendessero forma.
Li ho aspettati.

Si sono presentati sotto forma dei problemi soliti, dei guai quotidiani, di quelle richieste di saldo debiti puntuali come cambiali scadute.

Li conosco ormai, non ha fatto meno paura ma di certo meno male, sapevo che erano in attesa e che erano tutti roba mia.

Pensando a queste cose sono andata meccanicamente incontro al lago, volevo bearmi del colore e della pace ma la fiumana di gente del mercato ha rallentato i miei passi e mi sono resa conto che no, basta acqua non ne avevo davvero voglia, volevo tornarmene a casa, nella mia aiuola secca bucata come un pezzo di groviera..

Nel tragitto sono passata davanti alla mia chiesetta.
Una vocetta mi chiamava dentro, un'altra invece strepitava che, eccerto, con un problema e solo con quello si corre a chiedere ascolto...

Sono entrata lo stesso, ho seguito la voce che urlava meno e mi sono inginochiata di fronte a quel qualcosa di eterno e caro che sempre riesce a darmi ristoro.

La fede. Un gran bel problema, una delle cose che stò imparando è l'obbedienza e il mettersi nelle mani di Dio, affidarsi a Lui e al suo Volere, a una Provvidenza che non si può nè conoscere nè esperire in pieno.
Un bel problema, lasciare tutto e affidarsi cozza in modo mostruoso con quel bisogno di conoscersi, osservarsi, prendere parti di sè e imparare a dominarle.

Da una parte il fidarsi di qualcosa di esterno, dall'altra il bisogno di riportare tutto all'interno.

Un'altra cosa che ho imparato però è che Dio non risolve i tuoi problemi, a Dio li affidi e Lui può mostrarti, in modi a volte decisamente curiosi, come arrivare nella strada che porta a risolverli.

Ero lì inginocchiata con una mezza preghiera, un problema, uno stato d'animo un pò confuso e senza una domanda precisa.
Volevo affidarmi ma non volevo perdermi, tutto quello che mi stà capitando esiste perchè l'ho creato io e anche perchè una forza superiore ha permesso che si svolgesse proprio in questo modo, in questi tempi.

L'unica cosa sensata che potevo chiedere era la forza, la forza di mantenermi nella posizione di dominare me stessa e iniziare davvero a riolvere i problemi, uno alla volta.

Sono uscita alla fine che la lacerazione era evidente. Affidarsi a Dio lascindo che mi guidasse o prendere in mano le cose e farle andare in qualche modo verso una soluzione?.

Aria, sole e terra, niente acqua per carità. Pensavo a questo e a come sentivo forte quel momento del corso in cui ci avevano messo una corona di carta in testa e ci avevano spiegato che ci allontaniamo da Dio ogni volta che ci crediamo padroni della nostra vita, re e regine del nostro regno, mentre non siamo che servi, alla meglio..ci era stato chiesto di inginocchiarci e deporre le corone ai piedi della croce lasciando il trono a chi poteva occuparlo di diritto.

Per me è stato un momento molto intenso, l'ho fatto davvero e non avevo mai davvero metabolizzato che cos'era successo.

In realtà non c'è alcuna frattura tra il lasciarsi guidare da Dio e il prendere il comando della propria vita, questo ho pensato oggi, la fregatura è quella convinzione errata che la parte che conosco di me stessa, quella che agisce e interagisce col mondo, sia la me stessa che deve prendere il controllo del branco.
Non è così, la riprova è proprio nella forza che ho lasciato che si riversasse nei demoni, chiamiamoli scheletri nell'armadio, irrisolti o problemi contingenti è uguale.

Sarà forse errato chiamare Dio quella forza a cui affidare i miei passi mentre cerco di smantellare la dittatura di questa daf che combina casini a iosa ma è il mio modo probabilmente per arrivare a quella Daf che invece si vuole davvero fare carico di tutti casini e risolverli per bene, la Daf che sà che può farlo perchè il giro perverso è cominciato dentro di me e li deve ritornare,lì c'è la cura, il vaccino di un veleno si ottiene spesso, se non erro, dal veleno stesso.

Insomma, non c'è stupido bisogno o solo comodo nel chinare il capo di fronte a un Dio che mi ha permesso di percepire l'amore come mai mi era stato possibile e sono convintissima che se riuscirò a mantenermi forte nella posizione in cui sono, anche con il suo aiuto, troverò un Credere che è puro, scevro di compromessi, bisogni e brame.

Ma c'è davvero molto da lavorare.
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Vecchio 05-04-2011, 12.03.55   #5
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Citazione:
Originalmente inviato da dafne Visualizza messaggio
In realtà non c'è alcuna frattura tra il lasciarsi guidare da Dio e il prendere il comando della propria vita, .
Eh Daf queste due cose non riesco proprio a conciliarle nella mia testona.. Mi sembrano due cose molto diverse la Ricerca e l'adesione a una religione.. Non riesco a farle collimare in nessun modo
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Vecchio 05-04-2011, 12.25.36   #6
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Si lo sò Edera è una cosa molto forte e molto difficile anche per me, non l'ho ancora rielaborata del tutto per questo ho deciso di portarla qui, nero su bianco.

Ho appena incrociato una vicina con cui è venuto fuori il problema pratico di cui accennavo sopra e mi sono resa conto molto chiaramente che avendo un'idea un pò più lucida sul come affrontarlo sono riuscita a contenere molto meglio il suo bisogno di dirmi come cosa e perchè fare

Questo si sta propagando a macchia d'olio, prendere coscienza di una certa, seppur minima sicurezza, non mi stà caricando a molla, come invece capita con l'entusiasmo ma mi permette di raccogliere, letteralmente, le forze e affrontare le cose.

Tieni presente una cosa, per il discorso della frattura di cui sopra, il mio rapporto con Dio passa certamente per i suoi sacerdoti e per la comunità ma è la mia relazione con Lui ad essere fonte di rielaborazioni e scoperte.

Credo, e qui apro a qualcosa che appunto non ho ancora visto bene, che ci sia stato in questi giorni una certa rivalutazione di quella parte di me che ho sempre castigato. Quella parte non è solo creativa ma è particolarmente collegata con quella che ha lavorato, ha cercato di capire, ha cercato di conoscere.
Una parte però che tenevo in ombra, nella notte.

E' come se all'improvviso quello che avevo diciamo conquistato in questi anni di osservazione (seppur blanda) per uno sblocco emotivo fortissimo, lo ammetto, mi sià venuto più facilmente alla mano, più alla luce, in superficie.

Stò attingendo da quel pozzo adesso e disorienta parecchio delle volte. Affidarsi a Dio, a una religione, alla Provvidenza o quel che vuoi non è andare a buttarsi alla cieca, è lasciare che qualcosa di cui non hai alcun controllo prenda in mano pala e piccone e frantumi tutto quello che ti stà imprigionando.
Ma..
Lasceresti a qualcuno distruggere la pietra su cui poggi i piedi se pensassi che cadrai giù, nel vuoto?
Proprio no.
Per questo ci vuole la presenza, il volere, la determinazione, l'esserci, per saltare al momento giusto via dal quella roccia che frana per andare dove non ne hai idea....

Meglio di così non mi viene per ora, ci tornerò sicuramente su.

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Vecchio 14-05-2011, 23.00.09   #7
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Capitolo 3

In questi giorni ho fatto brevi passeggiate e alcune lunghe riflessioni con il mio sacerdote.
Mentre svisceravo qui con voi il rapporto cattolico col peccato mi sono ritrovata tra i banchi della chiesa e nel confessionale a portare ancora in superficie quel vissuto così problematico.

Ho portato al Signore, cioè verso l'alto, quello che mi tormenta. Queste cotte estemponaree, questo bisogno di incasinarmi sempre con uomini già impegnati, un tormento per la mia anima. Soprattutto perchè percepisco sempre più nettamente l'assenza di controllo da parte mia su questo.

Ho esposto in poche parole le origini del problema e ho ascoltato il Don che mi sollecitava a non cercare una visione idilliaca. Ci sono comandamenti più difficili di altri, su alcuni siamo più deboli ma è proprio in questa nostra debolezza in cui Dio ci è maggiormente vicino.

Sono uscita con la percezione di un passaggio, un passaggio che razionalmente avevo già fatto ma che non avevo sentito in pieno, e ancora è in elaborazione lo sò.

Ho vissuto l'abbandono. Questo mi ha portato a cercare sempre l'approvazione e l'attenzione altrui. E l'amore.
Incasinando la sfera affettiva con quella sessuale col patrigno ho dato un altro colpo alle mie certezze, voler bene a un uomo, a un certo tipo di uomo, mi conduce direttamente dall'affetto al sesso. Come se il primo si esprimesse in pieno nel secondo.

Piano piano ho distaccato sesso da intimità e pian piano l'amicizia intensa dall'innamoramento.

Ma nelle cottarelle i confini sono decisamente meno netti. Le persone che mi coinvolgono emotivamente sono belle persone, ma impegnate,e il conflitto interiore tra il voler bene e il provare attrazione era lacerante.
Come poteva un affetto essere considerato male? Certo, se uno è impegnato è impegnato ma avrei comunque potuto sentire quello che sentivo senza sensi di colpa se fossi stata attenta a come mi comportavo, a non provocare (tel chi..ma è un altro discorso..)

E oggi ho percepito.
Cercare affetto e cercare attenzione non sono la stessa cosa.
Io non cerco affetto/amore, certo, lo desidero moltissimo, ma quello che mi muove verso certe storielle è il desiderio di attenzione.
Ma l'attenzione sessale non m'interessa più, non come strumento.
Ho scoperto la gabola quando pensando a una possibile reale relazione con il tizio in questione mi sono ritrovata a pensare che non mi avrebbe sopportata due ore fuori dal letto..cioè io non ci sarei riuscita...

Ho provato un senso di leggerezza.
Certo il problema non è risolto ma questo mi permette di difendermi meglio, Mi permette di iniziare a sanare il conflitto interiore tra la parte che vuole l'amore e quella che vuole attenzione. Non permettere che la seconda strumentalizzi il mio senso di abbandono per ottenere attenzioni provocando situazioni che mi feriscono solo, alla fine, privamdomi oltretutto anche dell'amore per me, è decisamente meraviglioso.

Sono certa di esserci già passata per certe elaborazioni ma evidentemente non si erano fissate a sufficienza.

Quando mi dicevo che l'Amore di Dio non poteva che essere il cemento migliore per certi buchi avvertivo una resistenza. Ma non era il lato cinico del dubbio sull'esistenza di Dio ma piuttosto quella parte di me che dell'amore se ne frega e vuole solo pappa pronta a rapido consumo come la gratificazione el'attenzione, a qualsiasi costo.

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Ultima modifica di dafne : 14-05-2011 alle ore 23.19.48. Motivo: correzioni
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Vecchio 29-05-2011, 17.44.12   #8
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Oggi voglio uscire. Ma non fuori in giardino o per le strade di campagna ma fuori da me, da questo guscio duro, da quest'immagine fissa.

Voglio uscire allo scoperto come se fossi una tartaruga alla ricerca della lattuga.

Sono stanca di guardarmi attraverso gli occhi degli altri, attraverso i loro sprazzi di comprensione o incomprensione.

E' colpa mia, io vivo a tratti, come le luci a corrente alternata delle decorazioni di Natale. Gli altri mi percepiscono a fotogrammi, come un digitale di prima era che si muove a scatti, lasciando i buchi da riempire all'interpretazione personale.

Voglio uscire. Sono una donna non più giovane, una cameriera che sta recuperando la sua serenità personale e la sua linea, una mamma con due ragazzi un pò problematici ma splendidi, una donna con una potenzialità artistica, una curiosità innata una cocciutaggine assurda e un disordine mentale cronico, uno spiccato senso degli humor e una volubilità assurda.

Voglia di aria, di uscire, di mangiare un gelato, di lasciarsi guardare e guardare, di prendersi uno spazio nella strada senza invadere o farsi invadere, uno sguardo divertito al mondo e la certezza di esserci per la percezione che ho io di me e non per quella che recupero di riflesso dagli altri.

Voglio uscire, voglio farmi vedere, mammamia come mi sento scema a dirlo, chissà se è il prosecco a parlare al posto mio ma ho toccato con mano un desiderio in questi giorni, desiderio che è fuori, completamente fuori, da tutti i miei schemi. Perchè non provare? Perchè non osare? Cosa potrebbe capitare di così orribile? Scoprire che la famiglia non è depositaria di tutte le mie verità? Di essere così diversa dsalla foto scattata da bambina da essere irriconoscibile?

Assolutamente diversa, nessuna piccola bambolina di porcellana, nessuna fragile verità da proteggere, nessuna delicata tendenza d'animo rara e prezionsa da custodire.
Per forza che odio tantissimo. Ho effemminato quello che doveva essere virile e reso misogino quello che doveva essere femminile.

Sono una teppista io era quella che metteva i piedi nella fontana d'estata in epoche non sospette quando neanche ti ci sedevi sulla fontana perchè era un monumento e andava rispettato...ho saltato il passaggio della figlia dei fiori e anche neanche e ora devo affrontare le rughe e la forza vitale inespressa che reclama la sua parte.

Niente colpi di tresta, sono troppo vecchia ma voglio prendere questo desiderio di farmi vedere e lasciare che mi guidi daqualchepartechissàdove.

Chissà se ci riuscirò.
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