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Vecchio 04-03-2008, 00.34.03   #1
Grey Owl
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Predefinito Non credo in me stesso

Questa riflessione vuole essere uno spunto per tutti oltre che per me.

Eppure e' cosi' ovvio se ci penso, sarebbe normale credere in me stesso, ma di fatto non e' cosi'.
Se non credo in me stesso come potrei credere nel prossimo, negli altri? Allora "credere" rimane una fantasia, un raccontarmi una favola. Credere in me stesso vuol dire accettarmi, dare un senso a me, un posto in questo mondo.

Perche' non credo in me stesso?
Osservando la mia vita vissuta vedo momenti di paura nel mostrare le mie poche e fragili certezze, molto meglio credere di non essere in grado di superare le paure. Troppo facile dire a me stesso di camminare leggero sui problemi e con questa affermazione chiudere il capitolo. Troppo facile dire che il mio limite e' questo, che oltre non posso, non riesco, non ce la faccio. Cosi' sopravvivo con l'illusione di poter dare qualcosa di buono agli altri, mentre non riesco neppure ad avere fiducia in me stesso, a credere in me stesso, evitando le prove che mi pongo davanti. Molto piu' facile credere negli altri per poi incolparli delle mie sconfitte e sofferenze...
questo faccio.

Chi sono gli altri allora?
Sono il mio alibi. In passato mi dicevo che dando 60 ne ricevevo 20 e questo mi faceva soffrire, questo mi portava a chiudermi, a non credere nel prossimo, ad osservare gli altri per poterli giudicare dimenticando il mio dolore, le mie paure. La verita' e' che davo briciole per ottenere la mia parte di alibi, ancora oggi e' cosi', il mio modo per sentirmi appagato, per non fare nulla credendo di fare. Che potenziale ho da offrire agli altri se questo rimane chiuso nel mio cuore? Come in una gabbia lo tengo nascosto con la paura di mostrarlo.

Soffrire nel timore di soffrire, che assurdo modo di vivere il mio?
Rimanere distante per paura di soffrire, oppure immergermi totalmente ed incolpare il prossimo delle mie paure. Avere un potenziale e non usarlo e' uno spreco, un dono non ricevuto, un rimanere in attesa che si realizzino le illusioni. Non conosco il mio potenziale, come acqua che ristagna marcisce, non lo faccio fluire, egoisticamente lo tengo nascosto dentro. Il risultato e' non condividerlo, rimanendo frammentato in mille pezzettini sordi a me stesso. Altro che individuo, sono una miriade di esserini urlanti di paura, di non essere accettati e per questo non mostrati.

Che fare quindi?
Ho un talento nel lavoro manuale, mi trovo a mio agio. Mi piace dipingere, lavorare la creta, scolpire il legno. Nel fare questo ritrovo me stesso, mi realizzo. Impegnarmi nel realizzare una scultura mi e' facile come pure il dipingere un quadro. Realizzare un opera con le mie mani, col mio cuore mi e' naturale, non dico che sia facile (anzi richiede molto impegno) ma metto tutto me stesso. Ho sempre creduto nei riti, nel procedere per passi rituali, dalla pulizia dei pennelli, alla preparazione della creta, dallo studio di realizzazione dell'opera in legno, ai tempi di esecuzione. All'inizio di ogni opera faccio a me stesso una promessa, quella di realizzare al meglio l'opera che mi propongo. Estendere questo mio modo di lavorare su di me come fossi una tela bianca, un pezzo di creta, un legno.
Una promessa silenziosa e profonda per realizzare l'opera al meglio per arrivare a credere in me stesso.

Capita anche a voi di non credere in voi stessi?
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Vecchio 04-03-2008, 10.49.05   #2
dafne
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Capita anche a voi di non credere in voi stessi?

la storia della mia vita
anche se in fondo in fondo la stima e la sicurezza ci sono sai Grey? Il problema è proprio quel "fondo" che proprio perchè è fondo richiede la discesa, la ricerca.
Io ho sempre e continuamente cercato conferme negli altri, ho anche aperto un topic in dipendenze.....
Ieri ho incontrato una persona straordinaria e sai tra i vari consigli cosa mi ha detto? Mi ha detto, quando chiudi il gas pensa "stò chiudendo il gas" quando chiudi una finestra pensa "stò chiudendo la finestra" quando sposti un oggetto pensa "stò spostando questa cosa là" questo, mi ha detto, perchè così non tornerai indietro, non tornerai più su quella cosa,non dovendo continuamente controllarti per insicurezza comnicerai a fidarti di te stessa (ricorda niente? )
Ora, questo è quanto è stato detto a me non sò se può servirti ma in effetti ho notato che più ricontrollo le cose e più devo ricontrollarle. E questo mi fà dubitare di me in tutto, a catena, anche nelle cose più importanti.
oso dirti un'altra cosa, la persona di ieri, di cui racconterò in esperienza, ha dato voce a cose che in realtà nel profondo desideravo e sapevo, sei sicuro di non conoscere il tuo potenziale? O è solo una cosa tanto ardita che ti sembra impossibile tu possa realizzarla? I limiti sono solo nella nostra mente, io ne ho avuto una prova ieri, realizzarlo oppure no l'importante è avere accettato, aver lavorato e aver tentato.
Ho dovuto aspettare anni per incontrare qualcuno questa persona, ed è arrivata quando ho smesso di cercare, non è incredibile? Lui stesso mi ha detto "smetti di cercare la fortuna, la fortuna arriva quando non la si chiama" Dove per fortuna intendeva la chance francese, la possibiltà. una specie di grazie inaspettata.

Il fondo è scuro ma è incredibile quante piccole lucine si accendano appena dopo che hai cominciato a scendere ti sei arreso al buio e ti ci sei abituato...
vabbè adesso comincio a parlare come un libro stampato me fermo. Sei qui, già questo dovrebbe dirti molto.

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Vecchio 04-03-2008, 11.26.40   #3
stella
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Io mi chiedo se il non credere in se stessi vada di pari passo con la paura.
Paura di soffrire, paura di deludere.
E così il nostro potenziale lo nascondiamo dentro di noi.
Mi viene in mente la parabola dei talenti, se li tieni chiusi in cassaforte non danno frutto, nè a te, nè agli altri...
Credere in se stessi è non aver paura di spendersi...
In teoria è facile, in pratica anche a me succede di sentire tanto potenziale dentro di me ma di non riuscire ad esprimerlo, un po' perchè mi dico che non trovo il tempo, un po' perchè mi sembrerebbe una gratificazione personale che in realtà non porterebbe dei guadagni, ma senz'altro mi farebbe stare meglio con me stessa e di conseguenza meglio con gli altri.
E' il soffocare il nostro talento naturale che ci fa vivere insoddisfatti, forse perchè siamo stati abituati a coltivare solo le cose che danno vantaggi immediati, così che poco alla volta ci troviamo a vivere una vita diversa da quella a cui la nostra indole ci avrebbe portato, la realizzazione personale, senza nulla togliere a chi ci sta vicino ma aggiungendo in felicità di poter esprimerci come siamo...

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Vecchio 04-03-2008, 11.33.31   #4
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in pratica ti ha detto di uscire dalla tua mente... e di centrarti nel tuo Se avendo "consapevolezza" di esso
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Vecchio 04-03-2008, 22.04.42   #5
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in pratica ti ha detto di uscire dalla tua mente... e di centrarti nel tuo Se avendo "consapevolezza" di esso
Scusa Turaz, non resisto. In pratica le ha detto di centrarsi nel suo Se e in teoria di pensare sto chiudendo il gas?

Non puoi non vedere l'inversione...

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Vecchio 05-03-2008, 00.56.34   #6
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Io mi chiedo se il non credere in se stessi vada di pari passo con la paura.
Paura di soffrire, paura di deludere.
E così il nostro potenziale lo nascondiamo dentro di noi.
Mi viene in mente la parabola dei talenti, se li tieni chiusi in cassaforte non danno frutto, nè a te, nè agli altri...
Credere in se stessi è non aver paura di spendersi...
In teoria è facile, in pratica anche a me succede di sentire tanto potenziale dentro di me ma di non riuscire ad esprimerlo, un po' perchè mi dico che non trovo il tempo, un po' perchè mi sembrerebbe una gratificazione personale che in realtà non porterebbe dei guadagni, ma senz'altro mi farebbe stare meglio con me stessa e di conseguenza meglio con gli altri.
E' il soffocare il nostro talento naturale che ci fa vivere insoddisfatti, forse perchè siamo stati abituati a coltivare solo le cose che danno vantaggi immediati, così che poco alla volta ci troviamo a vivere una vita diversa da quella a cui la nostra indole ci avrebbe portato, la realizzazione personale, senza nulla togliere a chi ci sta vicino ma aggiungendo in felicità di poter esprimerci come siamo...

Penso sia proprio così, credere in se stessi è non aver paura di spendersi, di coltivare il proprio talento realizzandoci ed aprendoci senza timore. Quando si asseconda il proprio talento non vi sono dubbi sulla riuscita, si è totalmente nella realizzazione che manco si dubita della riuscita anzi si avverte un fluire di energie che soddisfa.

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Vecchio 05-03-2008, 01.13.22   #7
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Io mi chiedo se il non credere in se stessi vada di pari passo con la paura.
Paura di soffrire, paura di deludere.
Secondo me sì Stella, almeno alla base del mio non credere in me stessa ci vedo la paura, soprattutto di deludere, di deludermi… Preferisco nascondermi, il primo impulso è sempre quello, piuttosto di mettermi in gioco e affrontare l’ostacolo, e se poi scopro che non ce la faccio, che per me è troppo? Meglio non sapere. Eppure ogni volta che mi trovo spalle al muro prendo la rincorsa e l’ostacolo lo salto, ma perché caspita devo arrivarci in questo modo, fino a toccare il fondo a costo di soffrire, e dopo essermi martoriata inutilmente? Perché non credo in me stessa. E’ un qualcosa che molte volte mi rende diffidente verso il prossimo, compreso chi in me ci crede in questo caso forse perchè mi sento costretta a mettermi di fronte a me stessa per vedere se è davvero così e che cosa posso fare veramente, o per provare ad andare contro quel senso di vuoto e paura che da sempre mi blocca e mi perseguita, tutte cose che mi costano una gran fatica visto che nascondermi oramai è diventato un automatismo se non, penso con orrore, un modo di essere. E’ questa diffidenza che mi spinge a chiudermi e corazzarmi, a stare ai margini, ho questa visione di un essere sprangato e irraggiungibile in cima ad una torre altissima, controllata da tutte quelle parti di me che credono di proteggerlo dagli altri e invece lo imprigionano isolandolo. Quell’essere mi è sconosciuto, non so che cosa potrebbe fare, nemmeno io conosco le sue potenzialità… ma ne ho dei minuscoli barlumi… ogni volta che lo lascio esprimere, ogni volta che cado e poi mi rialzo e ricomincio tutto da capo quando non lo credevo possibile… ed è in quei momenti così brevi che mi domando come ho potuto pensare di non farcela… E’ lì che in me stessa ci credo fortemente, le barriere cadono, la torre appare per quello che è, illusoria, e la riconoscenza verso gli altri spazza via la diffidenza in un sol colpo.
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Vecchio 05-03-2008, 01.32.16   #8
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Il fondo è scuro ma è incredibile quante piccole lucine si accendano appena dopo che hai cominciato a scendere ti sei arreso al buio e ti ci sei abituato...
Sono molto d'accordo con questa frase di Dafne, molto spesso le aspettative, le paure, le concentrazioni sbagliate ci risucchiano tanta di quella energia da concretizzare poi i nostri fallimenti.
Lasciarsi andare invece, permettere cioè a queste paure di coesistere con noi senza cercare di resisterle, ci libera la mente... consentendoci cosi di rientrare in contatto con la nostra parte più profonda. Di sentirci.
Il Credere è strettamente connesso al sentire.
Quando non si crede più in se stessi è perchè si è perso il contatto con questa parte, non ci si sente più. E visto che questa è la condizione normale umana, non essere centrati, non "ricordarsi di sè", credo che chiunque nella propria vita si è perso migliaia di volte, salvo perdersi chissà quante altre volte ancora... Bisogna rimboccarsi le maniche, ristabilire un contatto con la propria parte più intima e profonda, e sforzarsi di tenerla il più a lungo possibile. Allora, se Grey Owl si ricorderà chi è realmente, se Kael, Dafne, Stella etc.. se tutti si ricorderanno sempre chi sono, se si sentiranno fin nel profondo, non potranno non credere in sè stessi...

EDIT: Non avevo ancora letto Sha

Ultima modifica di Kael : 05-03-2008 alle ore 01.35.08.
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Vecchio 05-03-2008, 01.40.37   #9
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Perche' non credo in me stesso?
Osservando la mia vita vissuta vedo momenti di paura nel mostrare le mie poche e fragili certezze
Qua ti stavi identificando con la tua personalità, per carità, lo facciamo tutti di continuo... ma se tu sei colui che osserva, non puoi essere al tempo stesso anche l'oggetto osservato... Quindi queste paure e queste fragilità appartengono alla tua personalità, non al vero Grey... E hai smesso di credere in te stesso perchè ti sei identificato con esse, dimenticando chi sei.

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Vecchio 05-03-2008, 14.04.11   #10
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se può rincuorarvi io credo infinitamente in voi.
non ve lo dico per piaggeria ma dal cuore.
e credo che se sapessimo sostare in questo spazio non legandoci a pensieri negativi faremmo dei passi notevoli in avanti.
vi capisco, vi comprendo appieno perchè ci passo anch'io dietro a questi pensieri e comprendo come sia arduo e difficile in quei momenti sapersi "amare".
ma la chiave sta li per me
Perdono e Amore.
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Vecchio 06-03-2008, 02.26.53   #11
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Credo che chi afferma che non si è mai perso, che è stato sempre centrato su se stesso senza mai farsi trasportare da altro, sia uno o che se la racconta o qualcun altro glie l'ha raccontata.
Anche qua, credere in se stessi, secondo quel che ho visto, ci vuole sforzo. E' più semplice farsi trasportare da altro che distoglie; è più semplice perdersi perchè, in fondo, risolleva visto che pesi, paradossalmente, quei pesi che bisogna portare credendo in se stessi e che inevitabilmente "costano" fatica, si è più disposti a lasciarli a terra invece che tirarseli sulle spalle. E' più semplice insomma lamentarsi.
Con questo dico che anche io mi son trovato in questa situazione proprio per elogiare questo non fare che se da un lato mi metteva l'ostacolo, il limite, come punto oltre il quale non potevo andare, dall'altro questo non fare nulla alimentava un circolo vizioso.
cosa è credere in se stessi?
Secondo me è confidare nel mezzo...me stesso appunto, o almeno ci provo.
__________________
Dr. Marc Haven
“Non deve essere l’alba di luce che deve iniziare ad avvisare la tua anima di tali doveri giornalieri e dell’ora in cui gli incensi devono bruciare sui fornelli; è la tua voce, solo lei che deve chiamare l’alba di luce e farla brillare sulla tua opera, alfine che tu possa dall’alto di questo Oriente, riversarla sulle nazioni addormentate nella loro inattività e sradicarle dalle tenebre in cui versano.”
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Vecchio 10-08-2008, 14.43.03   #12
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Mi unisco al gruppo dei non credenti in se stessi,addirittura non riesco a vedere alcun talento in me,per cui la sensazione di frustrazione aumenta e probabilmente identificandomi con essa spreco e scendo,anzicchè salire..risolvere.

Come dice Jez bisognerebbe credere nel mezzo,ma penso che per farlo bisognerebbe aver idea di chi è me stessa,la parte più profonda,vera..ho l'impressione,per non dire altro di non averla ancora vista,forse perchè non voglio inconsciamente,o anche perchè la mente vuole allontanarmi da lei,perchè sa che perderebbe il controllo..il giocattolo telecomandato.

Ciò che ha scritto Gray mi ha toccato molto,mi sento come lui,mi barcameno nel tentativo di trovare la luce ed invece giro e rigiro in tondo,delegando ad altri il compito di farmi tirare dritto,credendo in me al posto mio..cercando fuori un appagamento apparente che però dura un attimo e dopo sono di nuovo di fronte a me ed a tutto ciò che manca per credere,aver fiducia,essere.

Non vedo in me potenzialità,ma ho tante belle maschere che sfoggio recitando, nell'illusione di credere di essere,mi nascondo,mi inganno,butto via la vita,mi perdo anzicchè trovarmi anche perchè alla fine mica sto bene così,anzi..
perchè succede? perchè non riesco a credere/comprendere che volendo si può essere tutto,sentire,sentirsi è il segreto dite giustamente,ma se quel che sento mi fa paura,se la sensazione di stare per vedere mi paralizza costringendomi a fermarmi sempre un attimo prima.. allora capisco che sto sbagliando qualcosa,ma purtroppo sempre dopo,quando ormai il dado è tratto..quando il momento giusto è passato,effettivamente ci vuole un bel coraggio e tanta forza per credere in se stessi,per mettersi in discussione totalmente,per affrontarsi e guardare nel profondo..a volte penso che mi racconto di non star bene così,eppure mi aggrappo alle mie certezze con tutta la potenza che ho,pur di non rischiare..un gioco al massacro eh

Forse se mi amassi,accettassi,lavorassi per creare da me quel che posso essere se lo volessi realmente,sforzandomi, troverei facilmente un equilibrio ed anche fiducia nella parte più nobile di me,che ognuno ha potenzialmente.
Ancora non ho capito come fare però e puntualmente mi contraggo..marò che biiiiip!

P.S.ho la tentazione di cancellare tutto,quindi mi sa che è meglio se lascio..
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Vecchio 11-08-2008, 12.12.46   #13
Astral
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Si parla tanto di autostima, di non credere o credere in se stessi, in realtà quando mi pongo questa domanda, subito un'altra mi viene alla coscienza: ma gli altri ci credono?

No perchè si può essere apparentemente sicuri, e magari si è schiavi di paure molte profonde. Magari c'è chi va spavaldo con la macchina, con le ricchezze per conquistare una ragazza, e non si rende conto che la sua più grande paura è perdere questa ricchezza ( poichè è la chiave per tutto il resto).

La mancanza di fiducia in se stessi, a mio avviso viene da atteggiamenti negativi, dalla non conoscenza di noi e da un eccessivo peso che si da alle proprie colpe e ai propri sbagli.

Io non mi unisco al gruppo di quelli che non crede in se stessi. Conosco quali sono i miei talenti ( non tutti ovviamente), e conosco sopratutto quali sono gli ostacoli alla realizzazione, per questo mi concentro soltanto su quello che di buono e positivo c'è, poichè mi aiuta a colmare quelle carenze e ostacoli, anche se a volte non è sempre tutto cosi semplice.
In ogni caso anche un po' di mancanza di fiducia può aiutare a sviluppare una certa umiltà che comunque serve.
In questo caso anche il polo negativo serve da protezione, poichè se tutti facilmente crediamo in noi, potremmo utilizzare i nostri talenti e poteri in modo prepotente e sconsiderato.

Ultima modifica di Astral : 11-08-2008 alle ore 12.17.05. Motivo: modifiche
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Vecchio 11-08-2008, 14.51.59   #14
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Facevamo in altri tread, abbastanza recentemente, dei discorsi relativi al rapporto tra sapere e credere ("provare per credere" forse era uno)... magari merita rileggerli, comunque emergeva grossomodo che entrambi sono in qualche modo necessari e coesistono. Ovvero qualcosa so e quel qualcosa mi permette di credere a quelle parti che ancora non so (c'èra un esempio relativo ai dolci di una pasticceria se non erro... se ce ne sono 20 e ne provo 4 e sono buoni ecco che posso credere che anche gli altri sono buoni).

In ogni caso ci sono vari gradi di rapporto tra conoscere e credere. Posso conoscere niente (forse proprio niente niente no) e mi devo quindi affidare alla fede in toto, posso conoscere in parte ed ecco che mi affido al credere per il resto, posso forse conoscere tutto di un dato ambito e non ho più bisogno di credere.

Se portiamo questo nell'ambito noi stessi ecco che credere in se stessi in qualche modo compensa il difetto di conoscenza. In effetti se mi conosco totalmente non mi serve credere proprop nulla: so. So di cosa sono capace e di cosa non lo sono... so come sono fatto.
D'altra parte, se di me non so nulla, se non mi vedo per niente, rischio di "credere" tutta una serie di cose non reali... di affidarmi ad un'idea illusoria di me (che però, se ce l'ho, vuol dire che almeno inconsciamente qualcosina so)... ovvero rischio di buttare tutto su un credere pericoloso.

Quando si inizia a lavorare su se si inizia pian piano a vedersi. Quel che vediamo è di volta in volta piacevole o spiacevole - questo finchè continuiamo a giudicare quel che vediamo, quindi un'osservazione a metà - ma in ogni caso veritiero o, comunque, più veritiero di prima. E' un allargare il sapere nell'ambito se stessi. E' esperienza. Un po' come i dolcetti della pasticceria. E questa esperienza permette di sviluppare anche il credere, sviluppare sia in quantità che in qualità, dato che crederò cose sempre più attinenti al vero. Per esempio se vedo una cosa non proprio edificante di me e riesco a reggerla e rieso ad iniziare ad adoperarmi per modificarla, sopportando la sofferenza che ne deriva, devo anche osservare la mia qualità in questo. E ciò non può che aumentare il credere in se stessi. Ma è solo un esempio, se ne possono esaminare altri, anche assai diversi.

Arrivare ad amarsi, per quanto parziale, è a mio avviso un obiettivo e non certamente un punto di partenza. Amarsi è difficilissimo, così come lo è amare in genere. Occorre molta energia (quindi tapapre molti buchi di dispersione)... su questo concordo con quel che diceva sopra Cassandra, se togliamo quel "facilmente".
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Vecchio 11-08-2008, 16.48.27   #15
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Sono daccordo sul fatto che credere in sè stessi, potrebbe anche essere un identificazione con la propria personalità che magari ammiriamo o detestiamo. Quindi magari se questa personalità è positiva e vincente abbiamo un alta credenza in noi, se questa personalità è sfigata e perdente ( senza offese ne elogi per nessuno) abbiamo una bassa fiducia.

Ma molto spesso non sappiamo che questa personalità non c'appartiene proprio.
E' il classico esempio ( senza invidie ) del ragazzo/a perfetto bravo a scuola forgiato dai genitori, che ha molti amici, ed un lavoro ( magari raccomandato) e che per una serie di questi eventi indubbiamente avrà più autostima.
Ma quando si tratterà di situazioni, problemi dove occorre la fiducia nelle proprie qualità interiore, allora potrà accorgersi che la sua autostima in realtà non è cosi alta ( a meno che non ha lavorato anche intimamente).La sua autostima infatti era come lo facevano sentire gli altri, ma al primo rimprovero o sbaglio che fa, si accorge di tante cose..


Poi ci sono altre persone che magari sono libere dal giudizio altrui, e nonostante possono essere considerate in qualsiasi modo, la loro conoscenza interiore gli permette di sapere qual'è il loro valore ( ovviamente è un discorso a sfumature).
Credo che è importante anche come ci hanno fatto sentire i genitori: se ci disprezzavano o deridevano sempre, ci sentiremo in un modo, etc. etc.
In genere i sintomi di bassa autostima si vedono dal fatto che si è suscettibili o feriti a morte alle critiche, e si è sensibili molto ai complimenti, mentre chi segue un percorso spirituale in genere è obbiettivo con le critiche, e prende i complimenti nel giusto contesto.

In ogni caso la fiducia in se stessi è minata anche da un eccessiva severità. Se sono un ragazzo/a magari carino, simpatico e che lavora, ma mi metto in testa che devo essere bellissimo e risolvere i problemi di tutti, altrimenti è colpa mia e ho fallito, allora la fiducia in se scende un po'.
In tutte le situazione che ci incolpiamo ( senza prenderci le responsabilità obbiettivamente) indubbiamente la fiducia scende. Allora qual'è la soluzione sentirsi sempre in ragione?E pensare di essere superbravi? Sicuramente no, in questo caso è una costruzione che tolto il velo di apparenza può nascondere tutto.

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Vecchio 11-08-2008, 22.47.23   #16
dafne
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Originalmente inviato da Kael Visualizza messaggio
Qua ti stavi identificando con la tua personalità, per carità, lo facciamo tutti di continuo... ma se tu sei colui che osserva, non puoi essere al tempo stesso anche l'oggetto osservato... Quindi queste paure e queste fragilità appartengono alla tua personalità, non al vero Grey... E hai smesso di credere in te stesso perchè ti sei identificato con esse, dimenticando chi sei.


Kael per favore puoi ampliare un pochino questo passaggio? non mi è molto chiaro.
Se osservo ciò che dico e faccio sono sia chi osserva, in quanto compie l'azione, sia quanto ho fatto, quindi la cosa osservata...no?

O intendi che non si può essere entrambe le cose nello stesso momento per cui nel momento in cui mi rendo conto che ho delle incertezze sono chi osserva ma non mentre le sperimento perchè in quel momento non mi stò osservando, non stò agendo ma mi stò facendo agire (miii come scrivo stasera...)

Identità, personalità, mi sembra di capire che sono due cose diverse, che l'identità in qualche modo sià ad uno stadio di maggior conoscenza rispetto alla personalità (eh qui parte il girotondo ) e poi, ciliegina sulla torta, salta fuori l'IP che è un'identità personale...un mix dei due?

Vabbè ma facciamo un passetto alla volta (con le stampelle pure)
grazie
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Vecchio 11-08-2008, 23.43.58   #17
Sole
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In attesa di Kael...


Quando ti arrabbi tantissimo e riesci per un istante ad osservarti nel mentre, guardando quella tipa arrabbiata che sbraita senti di essere tu? Immagino che tante volte ti sarai sentita a disagio per un comportamento che hai tenuto, io tantissime, perchè in te non ti riconoscevi. Mentre viviamo delle azioni ci identifichiamo con esse e sentiamo che siamo noi a farle mentre invece ci controllano e dominano loro. Se le osserviamo inevitabilmente ci accorgiamo che il nostro essere è colui che osserva (da dentro, da fuori, a destra o sinistra non ha importanza), in quel momento abbiamo un leggero barlume di ciò che siamo. E se ci svegliamo non siamo più identificati con quella personalità che si arrabbiava.

COme si dice sopra la fiducia in noi stessi non la si può cercare nelle conferme esterne perchè inevitabilmente prima o poi crollerà non essendo reale e non la si può ottenere se non con un lavoro di introspezione e conoscenza graduale di se. Maggiormente si è lontani da se stessi e più si dipende dall'esterno.

Poi è chiaro che le personalità che mettiamo in gioco ogni giorno fanno parte di noi e in qualche modo noi siamo anche quello, ci appartengono come vestiti ma maggiormente noi conosciamo noi stessi e più le possediamo invece che essere posseduti, ed essere posseduti vuol dire identificarsi con quelle. Identificarsi vuol dire credere di essere quei vestiti... mentre l'osservatore sa di non essere quelle personalità ma di essere uguale solo a se stesso. Barlumi di attenzione.

__________________
Se non sarò me stesso chi lo sarà per me? E se non ora, quando?
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Vecchio 12-08-2008, 11.35.56   #18
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Kael per favore puoi ampliare un pochino questo passaggio? non mi è molto chiaro.
Se osservo ciò che dico e faccio sono sia chi osserva, in quanto compie l'azione, sia quanto ho fatto, quindi la cosa osservata...no?

O intendi che non si può essere entrambe le cose nello stesso momento per cui nel momento in cui mi rendo conto che ho delle incertezze sono chi osserva ma non mentre le sperimento perchè in quel momento non mi stò osservando, non stò agendo ma mi stò facendo agire (miii come scrivo stasera...)

Identità, personalità, mi sembra di capire che sono due cose diverse, che l'identità in qualche modo sià ad uno stadio di maggior conoscenza rispetto alla personalità (eh qui parte il girotondo ) e poi, ciliegina sulla torta, salta fuori l'IP che è un'identità personale...un mix dei due?

Vabbè ma facciamo un passetto alla volta (con le stampelle pure)
grazie
IP sta per importanza personale (sigla adottata qui nel forum). Identità e personalità son due cose parimenti necessarie per esistere qui. La personalità (o le personalità) sono le interfacce che l'identità usa per rapportarsi all'esterno. Un po' come corpo e vestiti (dal che si deduce che a rapportarsi sono le personalità delle persone e non le identità, le quali si rapportano con l'identità), come dice Sole.
Sempre come dice Sole è una questione di identificazione... se mi identifico con l'identità uso la personalità, se mi identifico con la personalità (o una di esse, o una parte di essa, a seconda di come si preferisce vedere la cosa) ne vengo usato (e cresce l'IP... persona e personalità, come mostrano le parole, sono connesse a doppio filo).
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Vecchio 12-08-2008, 13.11.39   #19
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Kael per favore puoi ampliare un pochino questo passaggio? non mi è molto chiaro.
Se osservo ciò che dico e faccio sono sia chi osserva, in quanto compie l'azione, sia quanto ho fatto, quindi la cosa osservata...no?
Ti hanno già risposto gli altri, ma proviamo con un esempio: gino e pino sono due persone che conosco, molto diverse fra loro. Gino è arrogante e presuntuoso, pino invece è un pezzo di pane, delicato e sensibile. Con gino adotterò quindi una personalità che in qualche modo mi difenderà da lui, mi mostrerò almeno tanto arrogante quanto lui per fargli capire che non sono da meno e che non può aprofittarsi di me (terra terra come fanno gli animali insomma..) Con pino invece adotterò una personalità diversa, dai toni caldi e dolci, per rispettare la sua sensibilità.

Entrambe queste personalità saranno le migliori per ciascun caso, potrò interagire con entrambi pur essendo due persone così differenti fra loro. Ma che succede se, subito dopo aver visto pino, mi dimentico di cambiare "maschera" e incontro gino? Sarà una disfatta perchè la personalità che andava bene per pino non andrà più bene per gino, lui mi umilierà magari, mi farà soffrire.... e inizierò a non credere più in me stesso e nelle mie capacità.

Se mi identifico troppo con una data personalità, dimenticando che di fondo noi siamo "attori" e dovremmo saper cambiare personalità a piacimento per poter interagire sempre al meglio con gli altri e il mondo esterno, questa mi farà soffrire e mi renderò conto che non sono capace di vivere tutte le cose che la vita mi offre.
In questo caso le soluzioni sono due: o mi chiudo in casa e mi consento di vivere solo le cose che vanno bene per quella personalità con cui mi sono identificato (come fanno molti..), o smetto di indentificarmi e imparo a cambiarle a piacimento, proprio come un attore cambia i vestiti di scena a seconda della rappresentazione che deve fare.

Quando non crediamo in noi stessi è perchè ci rendiamo conto di non andare bene, che sia per relazionarsi con qualcuno, per svolgere un lavoro, o per fare qualunque cosa. Un po' come una tigre che trovandosi in mezzo all'acqua non può che apparire goffa e ridicola. Dovrebbe sapersi trasformare in un pesce o in una foca per sentirsi elegante e pienamente a proprio agio..

Dovremmo dunque imparare quest'arte di trasformarci continuamente, di recitare, senza pensare che questo sia in qualche modo un imbrogliare, un prendere in giro la gente perchè non siamo noi stessi... Come ti hanno già detto noi recitiamo continuamente, con la differenza che spesso non ne siamo consapevoli e siamo talmente identificati con una data personalità (o più di una) da crederla "noi stessi". Per interfacciarci col mondo abbiamo bisogno delle personalità, immagina qualcosa di invisibile che può manifestarsi agli altri solo indossando un lenzuolo o una maschera sopra...
Imparare dunque a saper indossare sempre la personalità migliore a seconda del caso non solo non è un imbroglio verso gli altri, ma anzi, oltre ad essere un bene per noi è anche un bene per gli altri...
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Vecchio 12-08-2008, 13.50.35   #20
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Però cosi mi sembra essere un po' falsi, ce ne sono molti che cambiano la personalità e prima o poi tutti i nodi vengono al pettine, e voglio vedere poi quando sto a cena sia con Gino che con Pino quale personalità deve utilizzare, col rischio alla fine che ne Gino e ne Pino mi riconosceranno più, cosi l'uno si approfitterà di me e l'altro mi dirà del falso.
Una persona unitaria invece avrà il medesimo comportamento con tutti, proprio come il Sole, con i buoni con i cattivi, e con tutti.
Per questo mi dissocio un po' dalle personalità trasformanti, perchè appunto sono attori, e se hanno il vantaggio di non farci soffrire e risolvere le situazioni con versatilità, dall'altro, ben lungi è il discorso dell'essere se stessi.

Se sono sicuro di me stesso me ne frego sia se Gino si approfitta di me, sia che Pino sia disponibile e cerchi scaldarmi troppo con la sua bontà.
Ovviamente questo discorso lo posso fare quando ho sviluppato tutte le parti di me armonicamente, essendo assertivo non ho bisogno ne di aggredire ne di subire.

Ma trasformare le personalità no, è quello che fanno tutti per sopravvivere: a lavoro sono in un modo, a casa in un modo, con un amico in un modo con l'altro in un altro...senza sapere realmente chi si è, soltanto una personalità che cambia in base all'ambiente circostante.
Di persone cosi il mondo ne è pieno.. e mi sembra sbagliato tanto quanto identificarsi in una personalità: sono dolce, sono pigro, sono generoso etc. etc.
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Vecchio 12-08-2008, 18.04.54   #21
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grazie per la pazienza ragazzi adesso è più chiaro, molto più chiaro.

M'imbroglio subito?
Se mi identifico con le personalità non ho un'identità, nel senso che se sono Pino, poi Gino, poi Marietto ecc sarò sempre una parte del tutto.
Questo potrebbe anche essere il fulcro del "non so chi sono, cosa voglio ecc" che getta molti ( ) nello sconforto e nella confusione, ed è anche causa della continua ricerca di riferimenti esterni (se non so chi sono non mi fido di me ecc ecc)

Se invece ho imparato a riconoscere Pino Gino & C. come parti di me non negative in quanto necessarie a manifestarmi allora comincio ad avere una mia identità? Più probabile che sia solo un primo passo.
Ci può essere una personalità che ci è funzionale più di altre? E quando arriviamo a conoscerci per bene assumiamo una sorta di tono medio costante per poi modulare gli atteggiamenti a seconda delle necessità?
Io credo sia così, e credo che sia quella calma profonda, il lago interiore placido e sereno.

Mi vien da fare un'altra domanda delle mie, mamma chioccia, ad esempio, è una personalità?

E quello che proiettiamo sugli altri è uno dei vestiti che non vogliamo indossare mai?

Sai Astral sono ancora confusa in merito alle tue osservazioni. (nel senso che non sò cosa pensare non che non sei stato chiaro )
Anche a me infastidisce molto il cambio di atteggiamento di qualcuno, specie se scorretto ma credo che Kael non intendesse che bisogna cambiare atteggiamento nel senso di cambiare ciò che si pensa o si crede. Una cosa sbagliata rimane sbagliata solo che magari a Pino dovrò urlarglielo in 4 secondi e mezzo mentre a Gino dovrò dirlo con calma e in 40 minuti
La sostanza non cambia ma ho cambiato contenitore.
Certo il rischio di sconfinare nel cambio di idea e pensiero può essere grande ma credo che anche li dipenda molto da quanto ci conosciamo.





Ehm...posso un'ultima domanda?
Ma quando mi è capitato di frequentare una persona da sola e di "sentirla" in un certo modo, molto profonda, molto attenta ecc ecc e poi l'ho ritrovata nel suo quotidiano totalmente diversa, molto più materiale, fredda, quasi grezza..ehm..può essere che in quei momenti diciamo idilliaci io abbia interagito con la sua personalità mentre poi nel quotidiano mi sia ritrovata a fare i conti con la/le personalità?
grazie

Ultima modifica di dafne : 12-08-2008 alle ore 18.10.58. Motivo: aggiunta
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Vecchio 12-08-2008, 19.51.04   #22
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Se invece ho imparato a riconoscere Pino Gino & C. come parti di me non negative in quanto necessarie a manifestarmi allora comincio ad avere una mia identità? Più probabile che sia solo un primo passo.
Ci può essere una personalità che ci è funzionale più di altre? E quando arriviamo a conoscerci per bene assumiamo una sorta di tono medio costante per poi modulare gli atteggiamenti a seconda delle necessità?
Io credo sia così, e credo che sia quella calma profonda, il lago interiore placido e sereno.

Mi vien da fare un'altra domanda delle mie, mamma chioccia, ad esempio, è una personalità?

E quello che proiettiamo sugli altri è uno dei vestiti che non vogliamo indossare mai?
Di solito c'è una personalità più funzionale delle altre, così come c'è una personalità dominante. Non sempre coincidono, ma in questo caso iniziano i guai (nevrosi et similia). In ogni caso la personalità è tanto più funzionale quanto più è elastica, ovvero sa modularsi (sappiamo modularla) a seconda delle situazioni... che poi è la definizione di intelligenza di Uno, grossomodo.
Non è necessario parlare di più personalità, si può parlare di vari aspetti della stessa... la personalità è ben formata quando è sfacettata, quando non ha spigoli, quando è equilibrata o come preferiamo immaginarla. Insomma quando si adatta facilmente e ha integrate in se le varie personalità, o sottopersonalità, o aspetti specifici. Come dire un guardaroba buono per tutte le occasioni, oppure un vestito che cambia.

Mamma chioccia può esser vista anche come una personalità, ma vogliamo complicare un po'? Jung parlerebbe di complessi... mamma chioccia è un complesso, ovvero una specie di agglomerato di energia psichica che funziona in un certo modo e che, per grandezza, è in grado di rivaleggiare con l'io (personalità principale. Queste corrispondenze non sono precise, bisogna fare un po' la tara a ste cose... è solo per dare un'idea.

Le cose che proiettiamo negli altri, se vogliamo vederle come personalità o parti di essa, dobbiamo ricordarci che sono inconsce (se me ne rendo conto non proietto) e quindi o diamo per buone parti della personalità non note a noi stessi (ne abbiamo molte) o li chiamiamo complessi che funzionano per conto loro (discorso circa... espandibile).




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Ehm...posso un'ultima domanda?
Ma quando mi è capitato di frequentare una persona da sola e di "sentirla" in un certo modo, molto profonda, molto attenta ecc ecc e poi l'ho ritrovata nel suo quotidiano totalmente diversa, molto più materiale, fredda, quasi grezza..ehm..può essere che in quei momenti diciamo idilliaci io abbia interagito con la sua personalità mentre poi nel quotidiano mi sia ritrovata a fare i conti con la/le personalità?
grazie
Può anche essere che hai conosciuto prima una e poi un'altra delle sue personalità e magari ce ne sono altre. O che hai visto prima un suo aspetto e poi un altro. Le persone non sono in un solo modo, sono in tanti modi... anzi tutti noi possiamo essere in tutti i modi, anche se quasi mai la gente decide realmente come essere in un dato momento ma di solito reagisce automaticamente. In ogni caso il fatto di vedere un aspetto di una persona non esclude che ci sia anche l'altro che avevamo visto prima... c'è da ricordarsi di aggiungere e non di togliere, se vogliamo farci anche una minima idea di come gli altri sono.

PS: ritengo che Astral non abbia letto bene Kael...
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Vecchio 12-08-2008, 20.07.22   #23
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Dovremmo dunque imparare quest'arte di trasformarci continuamente, di recitare, senza pensare che questo sia in qualche modo un imbrogliare, un prendere in giro la gente perchè non siamo noi stessi... Come ti hanno già detto noi recitiamo continuamente, con la differenza che spesso non ne siamo consapevoli e siamo talmente identificati con una data personalità (o più di una) da crederla "noi stessi". Per interfacciarci col mondo abbiamo bisogno delle personalità, immagina qualcosa di invisibile che può manifestarsi agli altri solo indossando un lenzuolo o una maschera sopra...
Imparare dunque a saper indossare sempre la personalità migliore a seconda del caso non solo non è un imbroglio verso gli altri, ma anzi, oltre ad essere un bene per noi è anche un bene per gli altri...
L'attore è l'ipocrita, ovvero nella terminologia significa simulatore di atteggiamenti, e simulare è ben lungi lontano dall'essere.
Un conto è parlare di una personalità con vari aspetti equilibrati ( lo stesso vestito che cambia), un conto è parlare di diverse personalità.

Mi pare che qui si parla di diverse personalità ( ovvero diversi abiti), e non di personalità elastica.
In ogni caso occore spiegarsi meglio, perchè questo discorso può far intendere che con il cambio di personalità cambia anche il pensiero e la mentalità: ovvero con quello di destra sono di destra e con quello di sinistra sono di sinistra tanto per citare un esempio.

Kael ha fatto anche l'esempio di tigre che diventa pesce, secondo me l'esempio è fraintendibile ed appunto sembra che uno da un modo deve diventare in un altro modo, e si potrebbe cadere ( non è riferito a nessuno) nella trappola di celare la propria ipocrisia o atteggiamenti loschi e poco cristallino dietro appunto la versatità della personalità.

P.S: Un po' OT ma andava chiarito.

Ultima modifica di Astral : 12-08-2008 alle ore 20.12.20. Motivo: modifiche
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Vecchio 12-08-2008, 20.21.51   #24
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Però cosi mi sembra essere un po' falsi

...............

ben lungi è il discorso dell'essere se stessi.
Quel "noi stessi" che crediamo di essere altro non è che la nostra personalità "dominante". Dominante nel senso che ci domina, siamo talmente identificati con essa che non riusciamo più a togliercela di dosso, perdendo così il potere di usare TUTTE le personalità che potenzialmente abbiamo in dotazione.
Quindi non siamo mai falsi, o meglio, lo siamo sempre. La personalità lo è di sua natura essendo una maschera.

Personalità e comportamento comunque sono due cose diverse. Prova a considerarlo con un altro esempio: per andare a sciare mi devo mettere la tuta da sci, per andare al mare devo mettermi in costume, per andare a teatro devo mettermi un bel vestito elegante, etc etc.. Per interagire con ogni ambiente insomma indosso sempre l'abito più consono, quello che mi permette di esprimermi al meglio. Non c'è falsità in questo, anche perchè come detto sopra sono costretto a indossare qualcosa per esprimermi, fosse anche un semplice lenzuolo bianco. Senza niente è come se fossi invisibile, esisterei in potenza ma non potrei manifestarmi...

Poi certo, chi vuole può anche andare al mare con la tuta da sci eh, nessuno glielo vieta... Solo che poi col caldo che patirà andrà a finire che al mare non ci andrà più, perdendo così chissà quante cose...

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Anche a me infastidisce molto il cambio di atteggiamento di qualcuno, specie se scorretto ma credo che Kael non intendesse che bisogna cambiare atteggiamento nel senso di cambiare ciò che si pensa o si crede.
Infatti quella si chiama parac...
La personalità dominante, che ci domina e con la quale siamo identificati, è lei che ci costringe a cambiare quello che pensiamo e crediamo in funzione di se stessa. Và a finire che è lei che pensa e crede, che vive di vita propria insomma, e noi le andiamo al seguito.

Se invece impariamo a cambiarci continuamente l'abito di scena, usandolo quando ci serve e poi gettandolo senza rimpianti, questo perde di importanza (la famosa IP...) e ne acquista il nostro vero Io. A quel punto, quando cioè saremo noi a dominare le nostre personalità e non il contrario, solo allora smetteremo di essere falsi e inizieremo ad essere veramente onesti e sinceri. Non ci faremo più influenzare e condizionare dai nostri abiti di scena, dovunque andremo non ci scorderemo più che il vero attore è SOTTO la maschera, e saremo dunque in grado di pensare e credere in maniera armonica e completa.
Ecco la personalità unitaria di cui parlava Astral, solo che quella non è una personalità ma il nostro vero Io... Per arrivarci bisogna prima spogliarsi delle proprie personalità, bisogna guardarsi sotto, non restare aggrappati coi denti ad una....

PS: Ho postato insieme a Ray e Astral, non li avevo letti
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Vecchio 12-08-2008, 20.29.38   #25
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Ah ecco! Cosi è piu chiaro, ci tengo a specificare, perchè magari chi legge da esterno potrebbe fraintenderci.
Se presempio ho una personalità coraggiosa e spavalda e un altra diplomatica, e sono catturato da un pazzo, forse è il caso di utilizzare la seconda sfaccettatura, magari utilizzo anche poco della prima ma cosi mi smusso.
Quindi ritornando al discorso che non credo in me stesso, magari è probabile che me ne frego troppo di quanto l'altro pensa di me, mentre dovrei essere un po' più menefreghista.
In questo caso allora sono daccordo con Kael, non ci si può cristallizzare.

Era l'esempio di attore che è un po' fraintendibile e che appunto come si diceva a Dafne si rischia di essere solo dei gran parac...
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