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Vecchio 09-07-2008, 10.46.14   #1
Ray
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Predefinito Viviamo la non-vita?

"Ci importa solamente di ciò che non abbiamo realizzato, ciò che non potevamo realizzare, sicchè di una vita non resta altro che quello che non è stata."
(E.M. Cioran)

Molto vera a mio avviso. Tra l'altro, curiosamente, pare la descrizione di una posizione, di un atteggiamento, del tutto opposto a quello descritto da Uno nel topic aperto un minuto fa... "Esperienza, basta per un percorso Esoterico Spirituale?"

In realtà invece credo sia un altra modalità dello stesso essere morti, anche se questo forse è un tendere alla vita, all'esperienza nuova, che però sfugge inesorabilmente via, assieme all'attimo in cui si si estrinseca, esiste, perchè siamo già subito tesi a quello dopo.
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Vecchio 09-07-2008, 11.19.13   #2
stella
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"Ci importa solamente di ciò che non abbiamo realizzato, ciò che non potevamo realizzare, sicchè di una vita non resta altro che quello che non è stata."
(E.M. Cioran)
A me sembra che questo si colleghi anche alla discussione desiderio , ma dal punto di vista opposto, cioè di chi vede in negativo, quello che non si è fatto e che si sarebbe potuto fare, senza pensare che quello che abbiamo fatto, se non l'avessimo fatto, creerebbe lo stesso tipo di pensiero.

Concordo che anche questa sia una non vita, tipica di chi non è mai felice perchè si guarda sempre indietro, evitando così ciò che ha davanti.
E' come l'avaro che piuttosto di investire il suo denaro passa il tempo a pensare cosa avrebbe potuto fare coi soldi che ha speso, ma ogni nuova occasione che gli si presenta non gli sembra mai adeguata a quella che si è lasciato sfuggire, così è come se fosse povero perchè non gode il suo capitale...
Di questo passo, se oggi passo il tempo a pensare cosa potevo fare ieri, domani penserò che cosa avrei potuto fare oggi, ma se oggi penso che ciò che è passato è passato e ciò che faccio e ho oggi è quello che raccoglierò domani, la visuale si sposta dando più importanza all' oggi.


Ultima modifica di stella : 09-07-2008 alle ore 12.09.19. Motivo: il link alla discussione non funzionava
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Vecchio 09-07-2008, 11.27.20   #3
Astral
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Prima di parlare di avarizia, io vedrei bene i segnali di un desiderio o una nostalgia, rappresentano parti di noi lasciare indietro in ogni caso.

Se da adolescente non vivo i miei anni, questo si ripercuoterà indubbiamente nel futuro, stessa cosa vale per l'infanzia.
Tuttavia concordo che andrebbe considerato anche cosa si è fatto e magari per certi versi stiamo molto, molto avanti.
D'altro canto abbiamo detto anche in altre discussioni che chi si accontenta, rischia lo stagno ovvero la non progressione verso il sentiero spirituale.

Io mi soffermerei su quel "solamente": infatti non è sbagliato vedere ciò che manca ( in cui si pecca), ciò che va migliorata, ma vederlo appunto solamente, senza considerare i doni di Dio e tutto ciò che di positivo abbiamo fatto, significa prendere soltanto il lato negativo della cosa.
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Vecchio 09-07-2008, 13.02.40   #4
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Forse potrebbe anche essere che quello che abbiamo realizzato non è per nulla importante/interessante, o se lo è stato, allora non abbiamo dato l'importanza giusta.
Il fatto di ricavare soddisfazione da quello che facciamo, non ci fa mai capire che certe cose ci danno un beneficio nell'immediato, ma che in una visione più globale poi non sono nulla, l'aforisma poi ci fa capire che se queste cose che rimpiangiamo, le avessimo fatte realmente, ci staremmo comunque a lamentare di altro
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Vecchio 09-07-2008, 19.57.06   #5
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Concordo che anche questa sia una non vita, tipica di chi non è mai felice perchè si guarda sempre indietro, evitando così ciò che ha davanti.
Concordo con questa parte dello scritto di Stella, e non solo, secondo me spesso si vive nel rimpianto di qualcosa che poteva essere ma non è stato, ma se io avessi fatto....., ma se io avessi cambiato questo con quello etc... si vive nel mondo delle ipotesi al passato invece che darsi da fare nel presente , per migliorare l'oggi e il futuro.. l'eterno rimpianto è una non vita sì sono d'accordo.

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Vecchio 10-07-2008, 01.37.48   #6
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"Ci importa solamente di ciò che non abbiamo realizzato, ciò che non potevamo realizzare, sicchè di una vita non resta altro che quello che non è stata."
(E.M. Cioran)
Lo trovo verissimo infatti gli uomini vivono di rimpianti o di rimorsi, questo secondo me perchè non sanno fare scelte consapevoli, non scelgono mai e non portano avanti le loro scelte sino a farne esperienza completa.
Il non saper fare scelte e il voler avere sempre tutto non permetterà mai loro di vedere dove sono realmente e di godersi quello che hanno.
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Vecchio 10-07-2008, 13.36.02   #7
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Lo trovo verissimo infatti gli uomini vivono di rimpianti o di rimorsi, questo secondo me perchè non sanno fare scelte consapevoli, non scelgono mai e non portano avanti le loro scelte sino a farne esperienza completa.
Il non saper fare scelte e il voler avere sempre tutto non permetterà mai loro di vedere dove sono realmente e di godersi quello che hanno.
Si, sono d'accordo. Ma l'aforisma va oltre e getta uno sguardo sull'intrinseca miseria dell'umana condizione. E' anche carico del peso del vissuto di questa miseria, della sua percezione.

Anche ove sappiamo scegliere, per aver imparato a farlo, anche ove sappiamo volere, per essersi allenati allo sviluppo di questa capacità, anche ove riusciamo addirittura a realizzare qualcosa, mettiamo pure molto, lo sguardo umano, anche e soprattutto dell'umano che avanza e vuole avanzare, sarà perdutamente teso a quel che non è ancora e, per impossibilità a valutare perfettamente il non noto, a quel che mai sarà.
Almeno questa è la percezione di Cioran... che ne deriva una disperazione, una condanna insindacabile al "non" dovuta alla stessa umana natura.

E' vero che la capacità, da svilupparsi forse non sappiamo ancora bene come, di valutare eppoi di vivere il presente, con tutte le sue manchevolezze si, ma anche con tutte le sue realizzazioni, è un sollievo a ciò Ma, in quanto sollievo e proprio per l'umana natura, è destinato ad essere temporaneo perchè, appena percepito il presente, al momento in cui sorge la spinta ad avanzare ancora, ecco di nuovo ricomparire il "non", la mancanza, la tensione verso, la miseria.

Scavarsi bolle di paradiso in mezzo all'inferno... scoppiata la bolla, l'inferno resta.
Visione lucida quella di Cioran, quasi insostenibile. Forse è superabile... a lui pare di no, anche se io ci credo invece.
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Vecchio 10-07-2008, 14.36.18   #8
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Si, sono d'accordo. Ma l'aforisma va oltre e getta uno sguardo sull'intrinseca miseria dell'umana condizione. E' anche carico del peso del vissuto di questa miseria, della sua percezione.

Anche ove sappiamo scegliere, per aver imparato a farlo, anche ove sappiamo volere, per essersi allenati allo sviluppo di questa capacità, anche ove riusciamo addirittura a realizzare qualcosa, mettiamo pure molto, lo sguardo umano, anche e soprattutto dell'umano che avanza e vuole avanzare, sarà perdutamente teso a quel che non è ancora e, per impossibilità a valutare perfettamente il non noto, a quel che mai sarà.
Almeno questa è la percezione di Cioran... che ne deriva una disperazione, una condanna insindacabile al "non" dovuta alla stessa umana natura.

E' vero che la capacità, da svilupparsi forse non sappiamo ancora bene come, di valutare eppoi di vivere il presente, con tutte le sue manchevolezze si, ma anche con tutte le sue realizzazioni, è un sollievo a ciò Ma, in quanto sollievo e proprio per l'umana natura, è destinato ad essere temporaneo perchè, appena percepito il presente, al momento in cui sorge la spinta ad avanzare ancora, ecco di nuovo ricomparire il "non", la mancanza, la tensione verso, la miseria.

Scavarsi bolle di paradiso in mezzo all'inferno... scoppiata la bolla, l'inferno resta.
Visione lucida quella di Cioran, quasi insostenibile. Forse è superabile... a lui pare di no, anche se io ci credo invece.
Si lo è , credo perchè il desiderio è la forza della vita ma allo stesso tempo questa se si trasforma in brama diviene morte.
Vedere questo in se può portare a rimanere immobiili che assomiglia già alla morte.
Quindi si può solo fare con distacco, perchè se il desiderio è vita e la brama è morte si può solo tendere a... ma senza morboso attaccamento e consolarsi con bilanci che fanno si che si possa tenere presente nel presente il passato senza per questo volersi catapulare in un futuro pieno di risultati.

Oggi pulivo un oggetto in casa e lo guardavo e mi dicevo: quando non lo avevo lo desideravo, quando l'ho avuto ho esultato, ora non lo degno neppure di uno sguardo se non quando mi serve e mi da noia pulirlo, questo non è aver scelto questa è brama di possesso che poi porta a dimenticare l'oggetto e il nostro desiderio che ci ha portato a possederlo, in pratica mi sono scordata il "non" e per questo non riesco più a gioirne, se noi guardassimo solo il desiderio e tenessimo presente solo quello, forse potremmo distaccarci sia dai rimpianti e dai rimorsi, insomma dalle non realizzazioni.
L'esempio non è dei migliori ma mi veniva solo questo. Che ne pensi?
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Vecchio 10-07-2008, 16.53.15   #9
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Anche ove sappiamo scegliere, per aver imparato a farlo, anche ove sappiamo volere, per essersi allenati allo sviluppo di questa capacità, anche ove riusciamo addirittura a realizzare qualcosa, mettiamo pure molto, lo sguardo umano, anche e soprattutto dell'umano che avanza e vuole avanzare, sarà perdutamente teso a quel che non è ancora e, per impossibilità a valutare perfettamente il non noto, a quel che mai sarà.
Almeno questa è la percezione di Cioran... che ne deriva una disperazione, una condanna insindacabile al "non" dovuta alla stessa umana natura.

E' vero che la capacità, da svilupparsi forse non sappiamo ancora bene come, di valutare eppoi di vivere il presente, con tutte le sue manchevolezze si, ma anche con tutte le sue realizzazioni, è un sollievo a ciò Ma, in quanto sollievo e proprio per l'umana natura, è destinato ad essere temporaneo perchè, appena percepito il presente, al momento in cui sorge la spinta ad avanzare ancora, ecco di nuovo ricomparire il "non", la mancanza, la tensione verso, la miseria.

Scavarsi bolle di paradiso in mezzo all'inferno... scoppiata la bolla, l'inferno resta.
Visione lucida quella di Cioran, quasi insostenibile. Forse è superabile... a lui pare di no, anche se io ci credo invece.
Anche io ci credo!
La visione del passato e del futuro il non saper stare fermi nel fare presente e nell'essere presente è una mancanza di oggettività secondo me, oggettività riconducibile alla sincronicità.
Provo a spiegarmi, sappiamo che in ogni singola unica azione mettiamo in moto flussi e possibilità infiniti ed è quindi naturale questa tensione umana, sottilmente è probabile che si avverte il vacillare umano, strappati da diverse parti e flussi, maggiore però è la visione oggettiva e maggiore sarà la capacità di ancorarsi al presente, perchè tale visione permette diavere una visuale del presente più ampia, più vasta, più reale.
Ciò che distrae l'uomo dal presente è il non sapere, quello che lo ancora è la visione completa del tutto.

Per cui dico che si può, si deve e si vuole uscire dalla condizione che descrive malinconicamente Cioran.
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Se non sarò me stesso chi lo sarà per me? E se non ora, quando?
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Vecchio 11-07-2008, 00.13.16   #10
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Oggi pulivo un oggetto in casa e lo guardavo e mi dicevo: quando non lo avevo lo desideravo, quando l'ho avuto ho esultato, ora non lo degno neppure di uno sguardo se non quando mi serve e mi da noia pulirlo, questo non è aver scelto questa è brama di possesso che poi porta a dimenticare l'oggetto e il nostro desiderio che ci ha portato a possederlo, in pratica mi sono scordata il "non" e per questo non riesco più a gioirne, se noi guardassimo solo il desiderio e tenessimo presente solo quello, forse potremmo distaccarci sia dai rimpianti e dai rimorsi, insomma dalle non realizzazioni.
L'esempio non è dei migliori ma mi veniva solo questo. Che ne pensi?
Penso che l'esempio che hai portato è ottimo e dipinge, in chiave materiale, quel che Cioran dichiara avvenire a tutti i livelli, a proposito di qualunque realizzazione.
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Vecchio 11-07-2008, 00.15.10   #11
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Anche io ci credo!
La visione del passato e del futuro il non saper stare fermi nel fare presente e nell'essere presente è una mancanza di oggettività secondo me, oggettività riconducibile alla sincronicità.
Provo a spiegarmi, sappiamo che in ogni singola unica azione mettiamo in moto flussi e possibilità infiniti ed è quindi naturale questa tensione umana, sottilmente è probabile che si avverte il vacillare umano, strappati da diverse parti e flussi, maggiore però è la visione oggettiva e maggiore sarà la capacità di ancorarsi al presente, perchè tale visione permette diavere una visuale del presente più ampia, più vasta, più reale.
Ciò che distrae l'uomo dal presente è il non sapere, quello che lo ancora è la visione completa del tutto.

Per cui dico che si può, si deve e si vuole uscire dalla condizione che descrive malinconicamente Cioran.
Si dai, pensiamo positivo.

Però quel che dice Cioran è vero mizzega, e le tue parole lo confermano. Puoi vivere il presente, ma finchè siamo ancorati qui, prima o poi dobbiamo tornare... e torniamo sempre verso un non...

vabbeh, già saperlo modifica qualcosa.
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