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Vecchio 06-07-2006, 17.12.52   #1
Kael
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L'Italia ha vinto la semifinale del mondiale contro la Germania, ed è iniziata la festa. E' durata tutta la notte e perfino il giorno seguente la gente continuava a stare nelle piazze a sventolare le bandiere e cantare in coro.

Con questo esempio volevo parlare (lo abbiamo già fatto in esoterismo, ricapitolazione ma qui volevo affrontarlo più in termini psicologici) di come alle volte in noi perdurino delle situazioni ormai passate, andate, che continuano però a scatenarci qualcosa...
Io mi sono emozionato durante la partita, lo ammetto. Ma poi, una volta finita la partita, è finita anche la mia emozione. Guardare il giorno dopo chi festeggiava ancora non poteva che farmi chiedere: "ma non hanno già esultato ieri? perchè continuano a farlo?"

Questo vale un po' per tutto, felicità e gioie sportive, sentimentali, ecc.. ma anche in negativo, per odi e rancori... se Peppino ad esempio mi ha fatto un torto ieri e io mi sono già incazzato ieri, cosa mi spinge ad incazzarmi anche oggi? Perchè una parte di me è come se fosse rimasta ancorata in quell'episodio?
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Vecchio 06-07-2006, 18.04.16   #2
Ray
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Perchè una parte di me è come se fosse rimasta ancorata in quell'episodio?
perchè quel "come se" è in realtà un "è proprio così".

Quando un evento provoca in noi un meccanismo che sfocia in una forte reazione (vissuto) emotivo, piacevole o spiacevole che sia, molta energia (sempre emotiva) viene "scaricata" in quella direzione. Solo che non c'è uno scarico e basta, ma si forma una specie di canale grazie al quale tendiamo a continuare a riversarci energia.
La "mente" fa il resto e torna spesso in quella situazione che, per un motivo o per l'altro, ci è rimasta "impressa". Così tendiamo a vivere nel passato, bello o brutto che sia, senza liberarci degli episodi che alla fin fine ci hanno fatto "sentire" più vivi del solito...
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Vecchio 06-07-2006, 18.05.19   #3
Sole
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L'impressione che mi ha dato è che ci sia un gran bisogno di ancorarsi (uso la tua parola) a delle emozioni forti che si percepiscono e impressionano in noi come grandi gioie.
Anche se queste grandi gioie sono indotte da qualcosa che nn è reale.

Una specie di sfogo, un convogliare delle energie 'represse', mantenute in uno stato restrittivo che finalmente hanno un motivo per manifestarsi.

Potrebbe essere ...

Se fosse, in questo caso nn si tratta di attaccamento al passato, ma di manifestazioni emozionali nn meglio identificate che trovano una via di sfogo e perdurano il tempo di far evadere 'l'euforia' (adrenalina forse.. ) scatenata.
Forse più le emozioni sono represse maggiori sono le reazioni in durata e maggiore è il 'passato'.




EDIT: Ray abbiamo postato insieme e quindi nn avevo letto il tuo post.
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Vecchio 06-07-2006, 18.48.27   #4
stella
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La penso anch'io così, emozioni represse che trovano sfogo attraverso un avvenimento che le giustifichi in qualche modo...
Però è anche vero, come nel caso dei mondiali, che la festa prolungata per una vittoria è come anticipare la prossima festa che si vorrebbe si verificasse... in altre parole, non un rimanere nel passato, ma un salto nel futuro, o almeno in quello che si spera...
o, visto che non si può fermare il tempo, prolungare il più possibile la gioia... esorcizzando così possibili delusioni...
Per quanto riguarda invece le emozioni negative, si tende a rimurginare un'arrabbiatura perchè dentro di sè non si è ancora risolta, cioè non si ha perdonato quindi si è ancora dentro l'emozione negativa...
Se ci ancoriamo a un certo episodio è perchè non l'abbiamo ancora digerito del tutto....

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Vecchio 06-07-2006, 18.49.07   #5
Kael
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Non posso non pensare che, per chi il passato non è passato, significa che quando era presente non era vero presente... Non è stato vissuto in pieno. Non è stato com-preso (preso dentro) come avrebbe dovuto... qualcosa è rimasto esterno, ed è questo che continua ad agire.

Io ammetto che la partita me la sono goduta in pieno. Quando è finita, ero perfettamente cosciente di cosa era successo: l'Italia era in finale! La botta emotiva c'è stata, come era giusto, ma poi pensare che avevamo vinto non mi faceva più effetto. Non faceva effetto perchè era già dentro di me, viva e presente, come poteva "sconvolgermi" di nuovo?

Se l'Italia vincesse il campionato del mondo ogni giorno, nessuno esulterebbe più. Proprio perchè diventerebbe un fatto scontato, abituale, "parte di noi" e sempre presente...

Il solo modo che vedo per emozionarsi ora per un fatto passato, è quello di non essere stato presente a suo tempo e di non averlo vissuto.

Per la serie, non c'ero. E se c'ero, dormivo...
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Vecchio 06-07-2006, 18.59.42   #6
stella
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Per la serie, non c'ero. E se c'ero, dormivo...
Vero. Quando c'è una forte emozione è come se nel momento che questo accade noi non siamo presenti. Poi si realizza l'accaduto e si dà sfogo all'emozione.
Questo succede anche quando muore qualcuno di caro, si resta come immobili finchè la cosa non viene interiorizzata...
Sembra di assistere a qualcosa che accade a qualcun altro, non a noi stessi...
Poi ci si sveglia, e allora... via all'emozione....

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Vecchio 06-07-2006, 19.29.05   #7
Kael
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Come se non riuscisse ad "entrare"... come se ci rimbalzasse addosso, ogni volta, andando e tornando.

Una partita di calcio alla fine entra... magari mettendoci un paio di settimane. Ma un odio verso una persona può durare tutta la vita... e qua si che non siamo presenti... Non lo accettiamo, non lo facciamo entrare dentro di noi... perchè se ne fossimo capaci, il suo "potere" diventerebbe nostro potere, verrebbe svuotato e la sua forza diventerebbe nostra forza, smettendola di perseguitarci con rancori vari che a quel punto avremmo già vissuto.
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Vecchio 09-07-2006, 19.02.39   #8
jezebelius
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Credo che bisogna considerare anche la possibilità di rifiuto di una particolare emozione.
Prendo ad analisi il rancore.
Apunto se Peppino mi ha fatto una cosa che reputo " un torto" e questo continua a provocare effetto su di me, e come hai giustamente detto anche tutta la vita Kael, concordo sul fatto di non esssere presenti all'evento stesso ma anche non si può dimenticare a tutte quelle caratteristiche che accompagnano " la persona ", quali elementi del suo carattere.
Di norma un fatto che ha suscitato in Peppino il rancore, tocca anche quell'orgoglio di cui Peppino stesso è consapevole oppure no, ad esempio l'esclamare :" azz... l'ha fatto a me che sono il suo migliore amico..."
Dunque l'emozione in tal senso la si rifituta o quanto meno non la si analizza se non in univoca direzione ossia verso se stessi.
Potrebbe anche darsi che quell'azione dell'amico di Peppino sia stata operata per il bene di Peppino stesso, ma quest'ultimo preso dal proporio orgoglio non vede l'utilità dell'azione.
In sintesi si attiva un meccanismo per il quale si tende a diversificare se stessi dalla situazione oggetto ad esser compresa secondo me.
Il tutto perchè alla fine non si riesce a vedere la cosa se non in relazione alla propria soggettività che spesso si pone come limite alla comprensione...limite che si riflette nelle sovrastrutture che ognuno possiede ma che pochi hanno la facoltà di riconoscere come stabili inquilini dentro se stessi.
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“Non deve essere l’alba di luce che deve iniziare ad avvisare la tua anima di tali doveri giornalieri e dell’ora in cui gli incensi devono bruciare sui fornelli; è la tua voce, solo lei che deve chiamare l’alba di luce e farla brillare sulla tua opera, alfine che tu possa dall’alto di questo Oriente, riversarla sulle nazioni addormentate nella loro inattività e sradicarle dalle tenebre in cui versano.”
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Vecchio 30-01-2009, 19.44.11   #9
griselda
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Ho letto un articolo dove spiegavano che quando noi soffriamo il corpo secerne una certa sostanza che dopo fa stare meglio, quindi rivivere in qualche modo le emozioni del passato fa in modo che ancora si rimetta in circolo di nuovo quelle sostanze ecco che come un drogato andiamo a ritrovarle per doparci.
Non so se avvenga veramente in questi termini però se non altro spiegherebbe perchè l'uomo tende a non mollare la propria sofferenza. ( a me sinceramente ste piccole o grosse ghiandoline che mi usano mi stanno un po' sul put )
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Vecchio 30-01-2009, 22.26.07   #10
Kael
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Ho letto un articolo dove spiegavano che quando noi soffriamo il corpo secerne una certa sostanza che dopo fa stare meglio, quindi rivivere in qualche modo le emozioni del passato fa in modo che ancora si rimetta in circolo di nuovo quelle sostanze ecco che come un drogato andiamo a ritrovarle per doparci.
Non so se avvenga veramente in questi termini però se non altro spiegherebbe perchè l'uomo tende a non mollare la propria sofferenza. ( a me sinceramente ste piccole o grosse ghiandoline che mi usano mi stanno un po' sul put )
Sinceramente non mi convince molto questa spiegazione. Non ha molto senso che sto bene, poi decido di soffrire un po' così le mie ghiandoline cercano di riequilibrare il mio stato emotivo e sto di nuovo bene. Potevo stare bene da subito no?

Semmai questa secrezione è una conseguenza, non la causa. La scienza inverte spesso questi due fattori, così che ad esempio la febbre è considerata la malattia quando invece è già la cura che il corpo adotta per combattere la vera causa e portare equilibrio...
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Vecchio 31-01-2009, 01.42.58   #11
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passato non...passato! ho letto l'introduzione e le varie discussioni, è interessante la spiegazione dell'interiorizzare le nostre emozioni e dunque di farle nostre e non provare più emozione ...eppure i conti non mi tornano, quando penso al mio passato provo nostalgia, malinconia, tenerezza, dolore, evidente che non ho interiorizzato niente? il mio passato è parte di me e ogni volta che la mente torna a qualche espisodio lontano, piacevole o no, provo ancora delle forti emozioni, sono dunque un essere strano? non sarà che ci sono elaborazioni diverse a seconda che vediamo una partita di calcio o che vediamo nascere nostro figlio?
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Vecchio 31-01-2009, 15.56.14   #12
Ray
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passato non...passato! ho letto l'introduzione e le varie discussioni, è interessante la spiegazione dell'interiorizzare le nostre emozioni e dunque di farle nostre e non provare più emozione ...eppure i conti non mi tornano, quando penso al mio passato provo nostalgia, malinconia, tenerezza, dolore, evidente che non ho interiorizzato niente? il mio passato è parte di me e ogni volta che la mente torna a qualche espisodio lontano, piacevole o no, provo ancora delle forti emozioni, sono dunque un essere strano? non sarà che ci sono elaborazioni diverse a seconda che vediamo una partita di calcio o che vediamo nascere nostro figlio?
Certo che le elaborazioni sono diverse, una partita di calcio non è una nascita. Tuttavia, ciò che dobbiamo/possiamo elaborare è il nostro vissuto di quell'esperienza, più che l'esperienza in se. Con questo intendo che per tizio un evento può avere un valore diverso che per caio e viceversa, non è escluso, paradossalmente, che la partita di calcio per qualcuno possa corrispondere, per intensità, ad una nascita per qualcun altro.

Se eventi passati, a rievocarli, ti portano emozioni (soprattutto le negative sono in gioco) significa che quegli eventi non sono passati. Ovvero agiscono oggi come (o diverso) di allora, quindi non sono passati, andati via, oltrepassati, ma tutt'oggi attuali. Il che, perlomeno, vuol dire che da quegli eventi - e relativo vissuto - puoi ancora trarre qualcosa, imparare qualcosa. Detto in altro modo, forse per te meno immediatamente comprensibile, hai ancora cosa da recuperare da quegli eventi, cose che hai lasciato li, energia da riprenderti (e che agisce libera ed autonoma per conto suo). Insomma, in termini psicologici, complessi.

D'altra parte credo che converrai con me che se un determinato evento passato ti provoca ancora emozioni, esso ti influenzerà in modi che non sei in grado di determinare del tutto. Pensieri, emozioni, comportamenti scaturiranno dai complessi determinati da quegli eventi che tu lo voglia o no. E', in un certo senso, mancanza di libertà.
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Vecchio 31-01-2009, 17.23.28   #13
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Se eventi passati, a rievocarli, ti portano emozioni (soprattutto le negative sono in gioco) significa che quegli eventi non sono passati. Ovvero agiscono oggi come (o diverso) di allora, quindi non sono passati, andati via, oltrepassati, ma tutt'oggi attuali. Il che, perlomeno, vuol dire che da quegli eventi - e relativo vissuto - puoi ancora trarre qualcosa, imparare qualcosa. Detto in altro modo, forse per te meno immediatamente comprensibile, hai ancora cosa da recuperare da quegli eventi, cose che hai lasciato li, energia da riprenderti (e che agisce libera ed autonoma per conto suo). Insomma, in termini psicologici, complessi.

D'altra parte credo che converrai con me che se un determinato evento passato ti provoca ancora emozioni, esso ti influenzerà in modi che non sei in grado di determinare del tutto. Pensieri, emozioni, comportamenti scaturiranno dai complessi determinati da quegli eventi che tu lo voglia o no. E', in un certo senso, mancanza di libertà.
mi è tutto chiaro fino a quando dici che nel passato che ancora oggi mi emoziona c'è qualcosa d'irrisolto da cui ancora imparare! sono anche convinta che il mio presente è la conseguenza di quei fenomeni passati, accumulati e non risolti...non capisco quando dici che in un certo senso, è mancanza di libertà!
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Vecchio 31-01-2009, 21.34.09   #14
Ray
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mi è tutto chiaro fino a quando dici che nel passato che ancora oggi mi emoziona c'è qualcosa d'irrisolto da cui ancora imparare! sono anche convinta che il mio presente è la conseguenza di quei fenomeni passati, accumulati e non risolti...non capisco quando dici che in un certo senso, è mancanza di libertà!
Faccio un esempio scemo (anche se ci sono vari tread sull'argomento, ma va bene rifare i discorsi, soprattutto come questi, che esce sempre qualcosa di nuovo): da bambino cado dall'altalena, mi becco un grosso spavento e mi faccio male.

Se non risolvo la cosa, se non recupero quel che ho lasciato nell'episodio, andrà a finire magari che ogni qual volta vedo un'altalena proverò paura, forse ci salirò lo stesso, forse no, ma in ogni caso mi condiziona. Mi condizionerà anche quando ci salirà sopra mio figlio, la mia tensione emotiva non sarà quella dovuta all'effettiva situazione, ma dipenderà in grossissima parte dall'evento che è occorso a me.
Quindo non sono libero di vivere le successive esperienze come nuove e non sono libero di fare come vorrei, perchè l'energia contenuta nel complesso ancora attivo mi influenzerà, poco o molto a seconda della quantità di energia contenuta (che corrisponde al grado di autonomia del complesso) e mi impedirà di vivere la cosa naturalmente e/o di scegliere come viverla e come comportarmi.

Se applichi la questione a cose meno settorializzate, ma che si espandono in grossa parte delle nostre esistenze, riesci ad avere una vaga idea di quanto siamo automatici e di quanto il nostro passato, determinando le nostre azioni e reazioni, ci tolga possibilità, fino a costringerci a fare ed essere in un certo modo e solo in quello.
Considera ad esempio quanta forza può avere la prima storia d'amore per una persona... e quanto poi, se non risolta, influenza tutte le successive. Esempio scemo se vengo tradito sarò sospettoso, anche se con questa nuova storia non sarebbe il caso, e magari la rovino. Se ampli il discorso hai una visione della faccenda (se non ti spaventi prima, haha).

Se invece ricapitolo (vedere discussione relativa alla ricapitolazione) e recupero tutte le energie lasciate nel passato, rendendo per così dire inattivo il complesso (o integrandolo che dir si voglia) ecco che non ho alcun problema a rapportarmi con le altalene. Mi ricorderò di esserci caduto, di aver provato paura e di essermi fatto male. Ma non proverò nulla adesso di ciò che ho provato quella volta.

Se proverò emozioni saranno emozioni nuove, di adesso. Che non potrei vivere se ho ancora quelle del passato.
Con quest'ultima frase potrebbe risultar chiaro la faccenda della libertà.
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Vecchio 31-01-2009, 21.49.23   #15
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Faccio un esempio scemo (anche se ci sono vari tread sull'argomento, ma va bene rifare i discorsi, soprattutto come questi, che esce sempre qualcosa di nuovo): da bambino cado dall'altalena, mi becco un grosso spavento e mi faccio male.

Se non risolvo la cosa, se non recupero quel che ho lasciato nell'episodio, andrà a finire magari che ogni qual volta vedo un'altalena proverò paura, forse ci salirò lo stesso, forse no, ma in ogni caso mi condiziona. Mi condizionerà anche quando ci salirà sopra mio figlio, la mia tensione emotiva non sarà quella dovuta all'effettiva situazione, ma dipenderà in grossissima parte dall'evento che è occorso a me.
Quindo non sono libero di vivere le successive esperienze come nuove e non sono libero di fare come vorrei, perchè l'energia contenuta nel complesso ancora attivo mi influenzerà, poco o molto a seconda della quantità di energia contenuta (che corrisponde al grado di autonomia del complesso) e mi impedirà di vivere la cosa naturalmente e/o di scegliere come viverla e come comportarmi.

Se applichi la questione a cose meno settorializzate, ma che si espandono in grossa parte delle nostre esistenze, riesci ad avere una vaga idea di quanto siamo automatici e di quanto il nostro passato, determinando le nostre azioni e reazioni, ci tolga possibilità, fino a costringerci a fare ed essere in un certo modo e solo in quello.
Considera ad esempio quanta forza può avere la prima storia d'amore per una persona... e quanto poi, se non risolta, influenza tutte le successive. Esempio scemo se vengo tradito sarò sospettoso, anche se con questa nuova storia non sarebbe il caso, e magari la rovino. Se ampli il discorso hai una visione della faccenda (se non ti spaventi prima, haha).

Se invece ricapitolo (vedere discussione relativa alla ricapitolazione) e recupero tutte le energie lasciate nel passato, rendendo per così dire inattivo il complesso (o integrandolo che dir si voglia) ecco che non ho alcun problema a rapportarmi con le altalene. Mi ricorderò di esserci caduto, di aver provato paura e di essermi fatto male. Ma non proverò nulla adesso di ciò che ho provato quella volta.

Se proverò emozioni saranno emozioni nuove, di adesso. Che non potrei vivere se ho ancora quelle del passato.
Con quest'ultima frase potrebbe risultar chiaro la faccenda della libertà.
adesso ho capito, i condizionamenti sono frutto di esperienze non risolte nel passato e questo concetto va bene, ok
tuttavia se guardo indietro e mi vedo giovane felice, o alle prese con esperienze negative, risolte e elaborate, provo ugualmente nostalgia, malinconia e qualche volta rimpianto, non è umano tutto questo? elaborare un lutto, interiorizzaarlo non mi impedisce di pensare alla persona con tanta nostalgia, gli occhi si riempiono di lacrime, il cuore sanguina...forse vuol dire che non ho ancora interiorizzato o vuoll dire che sono una persona e soffro perchè così cruda è la vita?
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Vecchio 31-01-2009, 23.01.05   #16
dafne
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adesso ho capito, i condizionamenti sono frutto di esperienze non risolte nel passato e questo concetto va bene, ok
tuttavia se guardo indietro e mi vedo giovane felice, o alle prese con esperienze negative, risolte e elaborate, provo ugualmente nostalgia, malinconia e qualche volta rimpianto, non è umano tutto questo? elaborare un lutto, interiorizzaarlo non mi impedisce di pensare alla persona con tanta nostalgia, gli occhi si riempiono di lacrime, il cuore sanguina...forse vuol dire che non ho ancora interiorizzato o vuoll dire che sono una persona e soffro perchè così cruda è la vita?
Credo significhi proprio che non hai elaborato il lutto, non che una volta elaborato si diventi freddi e indifferenti al ricordo ma in un certo senso si rafforza la parte positiva, quella che ti fà lacrimare ricordando il bello, quella presenza che scalda il cuore perchè è li e essendo dentro, nel profondo, non la proietti al di fuori, trovandola nella mancanza...non credo sia molto chiaro, perdona, ma finchè il dolore di avere perso qualcuno che si è molto amato non viene rielaborato sarà difficile, se non impossibile, lasciarsi andare a nuve emozioni, proprio perchè quel passato non è passato ma ritorna nel presente come una sorta di elastico, che rimane indietro e poi scatta in avanti e ci fà male...
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Vecchio 31-01-2009, 23.45.10   #17
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Credo significhi proprio che non hai elaborato il lutto, non che una volta elaborato si diventi freddi e indifferenti al ricordo ma in un certo senso si rafforza la parte positiva, quella che ti fà lacrimare ricordando il bello, quella presenza che scalda il cuore perchè è li e essendo dentro, nel profondo, non la proietti al di fuori, trovandola nella mancanza...non credo sia molto chiaro, perdona, ma finchè il dolore di avere perso qualcuno che si è molto amato non viene rielaborato sarà difficile, se non impossibile, lasciarsi andare a nuve emozioni, proprio perchè quel passato non è passato ma ritorna nel presente come una sorta di elastico, che rimane indietro e poi scatta in avanti e ci fà male...
mi capita di vivere e mi sembra di aver accettato l'evento ma poi, quando ne parlo, come ora, sto male, allora mi chiedo come si possa elaborare un lutto, non solo quando mi sembra di aver sopito il dolore mi dispiace perchè penso che non è possibile nè giustificabile la mia indifferenza e torno a tormentarmi...è un pò come cullare il dolore per non dimenticare la persona amata, è un voler soffrire coscientemente, non so spiegare, comunque alla fine ci sto ancora dentro, in pieno, il passato...non passato
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Vecchio 01-02-2009, 01.11.12   #18
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Spetta, c'è una certa differenza tra elaborare e ricapitolare, anche se per molti versi coincidono.
Per elaborare un lutto ci vuole del tempo. Quanto? Dipende dal lutto e da chi lo elabora, o meglio da chi è quel chi nel momento in cui elabora, se si capisce. Allo stesso modo, per fare un esempio, di come ci vuole del tempo per guarire se mi taglio un braccio.

Poi posso andare a ricapitolare tutta la faccenda... certo, qui sembra la stessa cosa, se vivo il tutto con la massima coscienza non servirebbe che ricapitolo, faccio tutto durante l'elaborazione, ma se dopo un certo tempo le emozioni persistono, e sono le stesse emozioni di prima che emergono se ricordo, allora sono ancora fermo li e sarebbe necessaria una ricapitolazione. A dirla tutta è sempre necessaria perchè (o finchè) non riunciamo a vivere nulla in modo completamente cosciente.

A dirla è molto più difficile che a provarla... se stai cercando di capire sta cosa in te stessa ti consiglio di usare un ricordo vecchiotto come parametro. Poi potrai applicare la cosa a quelli recenti.
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Vecchio 01-02-2009, 01.49.01   #19
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Spetta, c'è una certa differenza tra elaborare e ricapitolare, anche se per molti versi coincidono.
Per elaborare un lutto ci vuole del tempo. Quanto? Dipende dal lutto e da chi lo elabora, o meglio da chi è quel chi nel momento in cui elabora, se si capisce. Allo stesso modo, per fare un esempio, di come ci vuole del tempo per guarire se mi taglio un braccio.

Poi posso andare a ricapitolare tutta la faccenda... certo, qui sembra la stessa cosa, se vivo il tutto con la massima coscienza non servirebbe che ricapitolo, faccio tutto durante l'elaborazione, ma se dopo un certo tempo le emozioni persistono, e sono le stesse emozioni di prima che emergono se ricordo, allora sono ancora fermo li e sarebbe necessaria una ricapitolazione. A dirla tutta è sempre necessaria perchè (o finchè) non riunciamo a vivere nulla in modo completamente cosciente.

A dirla è molto più difficile che a provarla... se stai cercando di capire sta cosa in te stessa ti consiglio di usare un ricordo vecchiotto come parametro. Poi potrai applicare la cosa a quelli recenti.
sono tornata indietro nel tempo, ero al liceo, alle prime prove del ginnasio, l'insegnante era letteralmente pazza, vivevo come in un incubo che mi sono portata dentro per anni, ogni volta che parlavo di quel periodo mi ribolliva la stessa rabbia di quando avevo 14 anni, anche durante l'università avevo incubi ricorrenti legati al periodo in questione, solo dopo aver chiuso con la scuola e dopo varie crisi interiori ho definitivamente sepolto quelle angosce ed oggi le vedo lontane, oggi tutto mi appare lontano, tranne il dolore di dover accettare la morte...non pensare che la rifiuto in sè, la rifiuto perchè mi nega la possibilità di avere vicino la persona cara, poi ragiono, razionalizzo, ho elaborato una mia teoria ma mentre scrivo calde e imbarazzanti lacrime scendono e non le domino, non domino me stessa, i miei impulsi primordiali, mi sento stupida e irriconoscente con la vita, non ne accetto le regole fondamentali
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Vecchio 01-02-2009, 02.03.54   #20
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Spetta, c'è una certa differenza tra elaborare e ricapitolare, anche se per molti versi coincidono.
Per elaborare un lutto ci vuole del tempo. Quanto? Dipende dal lutto e da chi lo elabora, o meglio da chi è quel chi nel momento in cui elabora, se si capisce. Allo stesso modo, per fare un esempio, di come ci vuole del tempo per guarire se mi taglio un braccio.

Poi posso andare a ricapitolare tutta la faccenda... certo, qui sembra la stessa cosa, se vivo il tutto con la massima coscienza non servirebbe che ricapitolo, faccio tutto durante l'elaborazione, ma se dopo un certo tempo le emozioni persistono, e sono le stesse emozioni di prima che emergono se ricordo, allora sono ancora fermo li e sarebbe necessaria una ricapitolazione. A dirla tutta è sempre necessaria perchè (o finchè) non riunciamo a vivere nulla in modo completamente cosciente.

A dirla è molto più difficile che a provarla... se stai cercando di capire sta cosa in te stessa ti consiglio di usare un ricordo vecchiotto come parametro. Poi potrai applicare la cosa a quelli recenti.

ma se persistono le stesse emozioni non ho ri-elaborato il tutto ma l'ho forse rivisitato, vestito d'altro. Come se la ferita del braccio si fosse chiusa...col pus dentro, che continuerà a farmi sentire il dolore.
Ricapitolare è tornare a un fatto e riviverlo con la stessa chiarezza di quando è avvenuto ma mantenendosi nel presente, più o meno, è un recuperare dei dati e pur rvivendoli ri(appunto)elaborarli.

Può essere che non ho capito la ricapitolazione ma continuo a pensare che se ho rilavorato un impasto, per capirsi, è sempre la stessa materia che mi gira per le mani ma diventa una cosa diversa...come il pane, dopo un tot di tempo va "spezzata" la prima lievitazione impastando e lasciando il tutto a riposo.
Sempre farina e lievito e acqua sono ma l'impasto trattato in questo modo diventa più digeribile per il lavoro, doppio, fatto fare al lievito.

Per un fatto spiacevole che mi è capitato ho affrontato il ricordo in diversi tentativi, ogni volta con un microgrammo in meno di dolore, so di non averlo ancora rielaborato del tutto, alcune sensazioni, alcuni schemi ritornano ma ci stò lavorando su e questo signifia per me rielaborare e ricapitolare.
Non credo sia sempre possibile ricapitolare in una sola botta...

può essere naturalmente che associo alle parole di nuovo signifiicati che effettivamente non hanno....

(per inciso Filo non sono del tutto sicura che per certi fatti il dolore, che si sia ricapitolato o rielaborato, svanisca si sviluppa solo, forse, una maggiore resistenza a quel dolore....)
dafne non è connesso  
Vecchio 01-02-2009, 02.45.14   #21
Ray
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(per inciso Filo non sono del tutto sicura che per certi fatti il dolore, che si sia ricapitolato o rielaborato, svanisca si sviluppa solo, forse, una maggiore resistenza a quel dolore....)
Che però è come dire che non fa più male...

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Originalmente inviato da dafne Visualizza messaggio
Non credo sia sempre possibile ricapitolare in una sola botta....
Infatti. Da una parte perchè non ce la facciamo a volte, dall'altra perchè non vediamo tutto. Ci sono a volte delle connessioni che emergono solo dopo.
Ray non è connesso  
 


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