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Vecchio 01-03-2009, 16.59.45   #1
gibbi
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Predefinito Il perdono

Intendo provare a parlare del "vero perdono" perchè ho la sensazione che non in tutte le situazioni di conflitto che ritengo risolte io abbia perdonato , non veramente almeno.
A fronte di un torto reale o da me ritenuto tale , ho spesso , con il tempo , sostituito la rabbia e il rancore con l'indifferenza , con un non sentire , modi di essere che hanno però richiesto obbligatoriamente il mio allontanamento definitivo dall'autore dell'offesa.
Il non aver progettato vendetta , il non sentire più risentimento nei suoi confronti, non sentire più la sofferenza , tutto questo mi ha tratto in inganno , ho erronenamente dedotto di aver perdonato .
Quanto detto nel recente 3D sul vendicarsi , mi ha fatta riflettere .
A fronte di un torto e del conseguente danno si aprono in alternativa la vendetta o il perdono.
La vendetta risulta la risposta più immediata e di certo la più istintiva - primitiva, ma , ritengo, non facile comununque perchè come detto , è soprattutto una fuga strategica dal dolore , un'incapacità di tollerare la sofferenza conseguente il danno , è una necessità di fuga dalla stanza del dolore per entrare in quella dell'odio , del rancore che rendono quel dolore più tollerabile .
Scegliendo di perdonare si resta nella stanza del dolore .
Parlavo del perdono con un amico e ne elencavo le fasi perchè non ritengo si possa perdonare subito,non si perdona in un solo istante , il perdono ha bisogno di tempo , è una ferita dell'anima che deve rimarginarsi come una ferita inferta al corpo e necessita di un lavoro perchè, a mio modo di vedere, perdonare è un processo difficile e doloroso : il torto , l'offesa quindi il danno , sentire la sofferenza che questo provoca , la decisione di rinunciare alla vendetta , il provare risentimento (ritengo senza negarci questa diritto), superare poi il risentimento sostituendo pian piano le emozioni negative quali rabbia paura rancore con altre emozioni positive come tolleranza comprensione , compassione , permettendo così un affievolirsi del ricordo del male.
Mi è stato fatto notare che il mio elenco mancava di una fase molto importante che occupa un posto anticipato rispetto alle altre fasi della mia lista : quella del perdonarsi , perchè quando si subisce un torto ci si sente anche responsabili e per aver scelto quella persona come amico e per aver dato fiducia incondizionata e per non aver prestato attenzione a certi segnali....insomma per aver permesso che accadesse .
Forse che nelle situazioni che sento irrisolte , dove mi sono limitata a desistere dall'attuare la vendetta ,a sminuire e dimenticare il torto subito e a comportarmi come se nulla fosse successo , dove non sento più rancore per l'autore del torto ( anche se è e resta fuori dalle mie relazioni) , dove insomma manca la fase dell'inserimento delle emozioni positive, forse che non mi sono perdonata?
Mi chiedo poi .Ma a fronte di un torto esiste veramente e solamente il bivio vendetta-perdono? E quando si sta e si resta in quella specie di limbo , non vendetta , non perdono ...... " vero" ?

Ultima modifica di gibbi : 01-03-2009 alle ore 17.44.55. Motivo: correzione grafia
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Vecchio 01-03-2009, 18.29.11   #2
filoumenanike
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Intendo provare a parlare del "vero perdono" perchè ho la sensazione che non in tutte le situazioni di conflitto che ritengo risolte io abbia perdonato , non veramente almeno.
A fronte di un torto reale o da me ritenuto tale , ho spesso , con il tempo , sostituito la rabbia e il rancore con l'indifferenza , con un non sentire , modi di essere che hanno però richiesto obbligatoriamente il mio allontanamento definitivo dall'autore dell'offesa.
Il non aver progettato vendetta , il non sentire più risentimento nei suoi confronti, non sentire più la sofferenza , tutto questo mi ha tratto in inganno , ho erronenamente dedotto di aver perdonato .
Quanto detto nel recente 3D sul vendicarsi , mi ha fatta riflettere .
A fronte di un torto e del conseguente danno si aprono in alternativa la vendetta o il perdono.
La vendetta risulta la risposta più immediata e di certo la più istintiva - primitiva, ma , ritengo, non facile comununque perchè come detto , è soprattutto una fuga strategica dal dolore , un'incapacità di tollerare la sofferenza conseguente il danno , è una necessità di fuga dalla stanza del dolore per entrare in quella dell'odio , del rancore che rendono quel dolore più tollerabile .
Scegliendo di perdonare si resta nella stanza del dolore .
Parlavo del perdono con un amico e ne elencavo le fasi perchè non ritengo si possa perdonare subito,non si perdona in un solo istante , il perdono ha bisogno di tempo , è una ferita dell'anima che deve rimarginarsi come una ferita inferta al corpo e necessita di un lavoro perchè, a mio modo di vedere, perdonare è un processo difficile e doloroso : il torto , l'offesa quindi il danno , sentire la sofferenza che questo provoca , la decisione di rinunciare alla vendetta , il provare risentimento (ritengo senza negarci questa diritto), superare poi il risentimento sostituendo pian piano le emozioni negative quali rabbia paura rancore con altre emozioni positive come tolleranza comprensione , compassione , permettendo così un affievolirsi del ricordo del male.
Mi è stato fatto notare che il mio elenco mancava di una fase molto importante che occupa un posto anticipato rispetto alle altre fasi della mia lista : quella del perdonarsi , perchè quando si subisce un torto ci si sente anche responsabili e per aver scelto quella persona come amico e per aver dato fiducia incondizionata e per non aver prestato attenzione a certi segnali....insomma per aver permesso che accadesse .
Forse che nelle situazioni che sento irrisolte , dove mi sono limitata a desistere dall'attuare la vendetta ,a sminuire e dimenticare il torto subito e a comportarmi come se nulla fosse successo , dove non sento più rancore per l'autore del torto ( anche se è e resta fuori dalle mie relazioni) , dove insomma manca la fase dell'inserimento delle emozioni positive, forse che non mi sono perdonata?
Mi chiedo poi .Ma a fronte di un torto esiste veramente e solamente il bivio vendetta-perdono? E quando si sta e si resta in quella specie di limbo , non vendetta , non perdono ...... " vero" ?
provo a rispondere ma non sono più sicura di centrare i vostri ragionamenti tuttavia voglio dire la mia esperienza, quando subisco un'offesa diretta, se da un amico o da un estraneo, mi viene istintivo, e forse rappresenta il terzo modo di vedere il problema, reagire con l'affrontare subito la persona e chiedere i motivi dell'offesa, poi spiegare il mio risentimento. nella maggior parte dei casi il fatto si risolve con l'esposizione chiara delle proprie motivazioni, senza arrivare a pensare alla vendetta, che mi induce a covare risentimento e odio. un mio amico tempo fa, partecipe ad una festa avvenuta nella mia casa in compagnia di numerosi amici, nega il giorno dopo di essere stato mio ospite ad un vicino con cui avevo dei problemi mai superati, per paura di essere giudicato male mi sono sentita offesa dal suo vile comportamento e gliel'ho detto apertamente, dapprima ha condiviso il mio sentimento, poi si è risentito della mia franchezza e per un pò di tempo siamo stati lontani, ma per me l'episodio si era concluso, non sentivo l'esigenza nè della vendetta nè del perdono, mi è stato sufficiente capire le sue spinte e le sue giustificazioni. a volte chiarirsi, aprire il nostro animo con sincerità potrebbe evitarci inutili rancori, idee contorte della mente, che spesso elabora fantasie perverse troppo semplicistico?
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Vecchio 01-03-2009, 20.03.58   #3
gibbi
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provo a rispondere ma non sono più sicura di centrare i vostri ragionamenti tuttavia voglio dire la mia esperienza, quando subisco un'offesa diretta, se da un amico o da un estraneo, mi viene istintivo, e forse rappresenta il terzo modo di vedere il problema, reagire con l'affrontare subito la persona e chiedere i motivi dell'offesa, poi spiegare il mio risentimento. nella maggior parte dei casi il fatto si risolve con l'esposizione chiara delle proprie motivazioni, senza arrivare a pensare alla vendetta, che mi induce a covare risentimento e odio. un mio amico tempo fa, partecipe ad una festa avvenuta nella mia casa in compagnia di numerosi amici, nega il giorno dopo di essere stato mio ospite ad un vicino con cui avevo dei problemi mai superati, per paura di essere giudicato male mi sono sentita offesa dal suo vile comportamento e gliel'ho detto apertamente, dapprima ha condiviso il mio sentimento, poi si è risentito della mia franchezza e per un pò di tempo siamo stati lontani, ma per me l'episodio si era concluso, non sentivo l'esigenza nè della vendetta nè del perdono, mi è stato sufficiente capire le sue spinte e le sue giustificazioni. a volte chiarirsi, aprire il nostro animo con sincerità potrebbe evitarci inutili rancori, idee contorte della mente, che spesso elabora fantasie perverse troppo semplicistico?
Se analizzo il fatto che hai raccontato ritengo il tuo modo di agire correttissmo e logico, siamo in presenza, a mio modo di vedere , di una grave scorrettezza ,di un comportamento (vile) che provoca indubbio fastidio ,di un'avversità ....
Il torto cui mi riferivo e che introduce il tema del perdono( o della vendetta) è quel tipo di offesa che provoca uno stato di smarrimento generale , quella che ti coglie di sorpresa tanto da provocarti una perdita di equilibrio , quella che ti trova priva di difesa perchè solitamente posto in essere da una persona alla quale ti senti profondamente legata o quando si è vittima di un crimine, di un abuso , di un tradimento .
Perchè si possa parlare di perdono è necessario a mio avviso che l'atto offensivo abbia provocato una profonda sofferenza psicologica che provoca emozioni negative e distruttive tanto forti da risultare incontenibili .
Solo che la mia attenzione si era sempre focalizzata sul dolore la rabbia la delusione che il torto provoca , la mia visione era limitata a quell'insieme di sentimenti negativi di cui era responsabile solo l'autore del fatto , non vevo mai considerato l'altra faccia della medaglia e cioè quel senso di vergogna che ti porta a dire : ma come ho fatto a non vedere? come ho fatto ad essere così sciocca , credulona o quant'altro , come ho fatto a lasciarmi ingannare ? Questo colpisce l' autostima , risulta inaccettabile a volte e anche questa propria "inadeguatezza" , fragilità deve essere perdonata e rientra pertanto nel processo del perdono.
Nel mio caso forse la parte più difficile ...
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Vecchio 01-03-2009, 20.22.23   #4
Era
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Intendo provare a parlare del "vero perdono" perchè ho la sensazione che non in tutte le situazioni di conflitto che ritengo risolte io abbia perdonato , non veramente almeno.
A fronte di un torto reale o da me ritenuto tale , ho spesso , con il tempo , sostituito la rabbia e il rancore con l'indifferenza , con un non sentire , modi di essere che hanno però richiesto obbligatoriamente il mio allontanamento definitivo dall'autore dell'offesa.
Il non aver progettato vendetta , il non sentire più risentimento nei suoi confronti, non sentire più la sofferenza , tutto questo mi ha tratto in inganno , ho erronenamente dedotto di aver perdonato .



Mi chiedo poi .Ma a fronte di un torto esiste veramente e solamente il bivio vendetta-perdono? E quando si sta e si resta in quella specie di limbo , non vendetta , non perdono ...... " vero" ?

"Vero perdono" trovo che la parola "Vero" dà una dimensione diversa al perdono che in effetti o è Vero oppure è una palla che ci raccontiamo..passa quindi attraverso la rabbia il rancore l' indifferenza e qualt' altro..questa secondo me è proprio finta ed è la copertina di Linus...Chi si sente offeso è sicuro che gli sia stato fatto un torto e non vedendoselo riconoscere alza barriere più o meno alte fino a disinteressarsi della persona dalla quale si è sentito ferito...e quel 'rododentro' si risveglia ogni volta che si incontra o si sente parlare della persona che ci ha ferito...è come dimenticare un calzino sporco nel cassetto invece che nel suo posto in bagno assieme all' altra biancheria da lavare..l' ho dimenticato si..ma ciò non impedisce al calzino di puzzare.. così l' indifferenza o il falso perdono continua a "puzzare" e ad avvelenare l' anima...e allora? mica è così facile perdonare...anche perchè trovo giusta l' osservazione del tuo amico sul perdonarsi...e credo che è tanto più difficile perdonare gli altri quando più non perdoniamo noi stessi e non contano tutte le convinzioni che abbiamo sul quanto mi ha offesa..ferita...e senza diritto...e senza sapere...e chi si crede di essere..e tutte ste tiritere che ci raccontiamo...conta quel tot di orgoglio ferito...e se permetto che mi feriscano non avrei motivo di risentirmi con l' altro ma cercare dentro me cosa stride...Una persona mi disse tempo fa:"se qualcuno ti dice che sei scema e non lo sei perchè te la prendi? e se sai di esserlo a maggior ragione perchè te la prendi? quindi il discorso è tutto mio..
Per quanto mi riguarda ho nutrito rabbia rancore astio per decenni...e la strada del perdono è davvero difficile almeno per certe situazioni della vita poi qualcosa si accende e ci provi..fai i primi passi e perdoni ma è vero perdono?

Sulle ultime domande non so risponderti..ma credo ci sia una soluzione in quel bivio..ma so che non è l' indifferenza

p.s. spero sia comprensibile visto il mio periodo confusionale
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Vecchio 01-03-2009, 20.46.05   #5
Kael
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A fronte di un torto reale o da me ritenuto tale , ho spesso , con il tempo , sostituito la rabbia e il rancore con l'indifferenza , con un non sentire , modi di essere che hanno però richiesto obbligatoriamente il mio allontanamento definitivo dall'autore dell'offesa.
Il non aver progettato vendetta , il non sentire più risentimento nei suoi confronti, non sentire più la sofferenza , tutto questo mi ha tratto in inganno , ho erronenamente dedotto di aver perdonato .
Già... In realtà è molto più semplice capire se abbiamo veramente perdonato o no. Il perdono è amore, se dunque non sento più rabbia e rancore, ma non sento nemmeno amore per quella persona, non ho perdonato... Mi sono chiuso, e così come non faccio entrare le cose brutte non faccio entrare nemmeno le cose belle...

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Scegliendo di perdonare si resta nella stanza del dolore .
Si resta nella stanza del dolore finchè ci si "sforza" di perdonare (ossia finchè siamo con i "lavori in corso"). Poi nel momento in cui si perdona realmente, si esce dalla stanza del dolore e si entra in quella dell'amore...

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Mi chiedo poi .Ma a fronte di un torto esiste veramente e solamente il bivio vendetta-perdono? E quando si sta e si resta in quella specie di limbo , non vendetta , non perdono ...... " vero" ?
C'è la strada dell'indifferenza che è quella più comune, ossia si cancella definitivamente quella persona dalla propria lista, la si ignora così come si ignora il fatto accaduto. A volte è necessaria questa strada perchè quello che "entra" è troppo e non riusciamo a reggerlo, però per il discorso che tutti i nodi vengono al pettine prima o poi bisogna avere la forza di affrontarlo e ri-solverlo. Non dico che se questa era una persona con la quale avevamo un rapporto poco importante dobbiamo di colpo amarla oltre maniera, basterebbe essere disposti a fare qualche piccolo sacrificio per lei se ne avesse il bisogno...
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Vecchio 01-03-2009, 20.54.02   #6
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Credo che quello che mi impedisce a volte di perdonare davvero, nel senso vero e proprio come una cancellazione del dolore e del danno ricevuto, è quando non ho chiarito, non ho potuto, non ho voluto, non ho avuto il coraggio, quando ho l'idea di aver subito passivamente, questa è la cosa peggiore perchè poi non riesco a perdonare perchè non perdono a me di non essere stata all'altezza di... e sono tante le cose, di non aver previsto, di non aver saputo cosa dire, di non aver gestito bene la cosa...(questa credo che sia qualcosa che proviene da lontano) sono le alte aspettative che ho su di me e che mi portano poi a stare male e a non perdonare, voler dominare, voler padroneggiare, volere il potere sulla mia vita, cosa impossibile e quindi a non perdonarmi impedendomi di chiudere la faccenda. Quindi per quanto mi riguarda per me è più difficile perdonare me che gli altri, se non passa da me non arriva agli altri.

Ma sull'indifferenza non saprei bene, perchè se mi è indifferente con il tempo scompare proprio dalla mia memoria, almeno quella che io ricordo.
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Vecchio 01-03-2009, 21.44.10   #7
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Secondo me Gibbi, mancano alcuni punti alla tua lista, per arrivare a perdonare davvero.

Restare nella stanza del dolore si, è necessario. Se non lo si vive tutto non lo si finisce.
Ma quel che serve è l'accettazione. E non parlo solo del dolore, quello lo devi accettare per forza se resti in quella stanza, parlo dell'accettazione di quel che di buono quell'offesa ti ha portato.

Si, perchè c'è sempre qualcosa di buono in quel che ci accade, soprattutto in ciò che viviamo peggio. Chiaro che prima di accettarlo occorre trovarlo... e per trovarlo si deve restare nella stanza del dolore, e vedere come esso ci ha trasformati.
Se qualcuno mi offende - sto facendo un esempio - c'è un qualcosa in me che posso aggiustare e lui me lo ha segnalato.
Gibbi, tu parli di un senso di smarrimento e di precipitazione delle sovrastrutture che, una volta passata la buriana, è una manna... perchè ci permette di ristrutturarci, dopo averci mostrato le nostre rigidità.

Il guaio è che è molto difficile accettare quel che di buono la sventura ci porta, anzi è difficile fin accettare che la sventura abbia un che di buono.
Ma è solo dopo ciò, dopo essersi appropriati di questo bene, che iniziamo a provare sentmenti positivi verso il nostro non più avversario. E' li che inizia il perdono.
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Vecchio 01-03-2009, 21.52.46   #8
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p.s. spero sia comprensibile visto il mio periodo confusionale
Più che altro comprendo che è meglio non impicciarsi dei tuoi cassetti e del tuo armadio, per te l'antitarme è un optional


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Già... In realtà è molto più semplice capire se abbiamo veramente perdonato o no. Il perdono è amore, se dunque non sento più rabbia e rancore, ma non sento nemmeno amore per quella persona, non ho perdonato... Mi sono chiuso, e così come non faccio entrare le cose brutte non faccio entrare nemmeno le cose belle...

Si resta nella stanza del dolore finchè ci si "sforza" di perdonare (ossia finchè siamo con i "lavori in corso"). Poi nel momento in cui si perdona realmente, si esce dalla stanza del dolore e si entra in quella dell'amore...

C'è la strada dell'indifferenza che è quella più comune, ossia si cancella definitivamente quella persona dalla propria lista, la si ignora così come si ignora il fatto accaduto. A volte è necessaria questa strada perchè quello che "entra" è troppo e non riusciamo a reggerlo, però per il discorso che tutti i nodi vengono al pettine prima o poi bisogna avere la forza di affrontarlo e ri-solverlo. Non dico che se questa era una persona con la quale avevamo un rapporto poco importante dobbiamo di colpo amarla oltre maniera, basterebbe essere disposti a fare qualche piccolo sacrificio per lei se ne avesse il bisogno...
La vera indifferenza può arrivare solo dopo il perdono, prima è una finta.
Vorrei anche chiarire che il fatto di voler del bene ad una persona che si è veramente perdonata non significa che non si possa starne alla larga se ci sono problemi di relazione che dipendono da essa.
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Vecchio 01-03-2009, 23.55.44   #9
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La vera indifferenza può arrivare solo dopo il perdono, prima è una finta.
Vorrei anche chiarire che il fatto di voler del bene ad una persona che si è veramente perdonata non significa che non si possa starne alla larga se ci sono problemi di relazione che dipendono da essa.
Mi puoi chiarire cosa intendi per indifferenza vera ? La metti dopo il perdono e parli di voler veramente bene ad una persona che si è perdonata .....
Riesco a vedere l'indifferenza come assenza di emozioni particolari , nè l'una nell'altra , come se mi trovassi in una posizione di stallo , di silenzio, equidistante dal fatto accaduto e dal presente . La persona per la quale provo indifferenza può esserci e anche no , non mi cambia nulla .
Ho realizzato che mantengo un ricordo molto vivo dell'accaduto ma con il perdono lo scopo è fare in modo che l'offesa o il torto ricevuti non siano più dolorosi non quello di dimenticarli.
Ho più incertezze sul riconciliarsi ......tendo a non avere più rapporti con la persona che mi ha ferita profondamente , ma non sono certa che questo comportamento sia direttamente riferibile solo a difficoltà di relazione....non ho mai approfondito.
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Vecchio 02-03-2009, 00.05.04   #10
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Secondo me Gibbi, mancano alcuni punti alla tua lista, per arrivare a perdonare davvero.

...
Gibbi, tu parli di un senso di smarrimento e di precipitazione delle sovrastrutture che, una volta passata la buriana, è una manna... perchè ci permette di ristrutturarci, dopo averci mostrato le nostre rigidità.

Il guaio è che è molto difficile accettare quel che di buono la sventura ci porta, anzi è difficile fin accettare che la sventura abbia un che di buono.
Ma è solo dopo ciò, dopo essersi appropriati di questo bene, che iniziamo a provare sentmenti positivi verso il nostro non più avversario. E' li che inizia il perdono.
Si è detto che etimologicamente perdonare significa dare, concedere in dono , a gratis . Da quanto hai detto è come se fosse l'offensore ad avermi fatto un regalo ......questa visione della cosa mi è ancora molto lontana purtroppo .
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Vecchio 02-03-2009, 00.43.16   #11
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La vera indifferenza può arrivare solo dopo il perdono, prima è una finta.
Vorrei anche chiarire che il fatto di voler del bene ad una persona che si è veramente perdonata non significa che non si possa starne alla larga se ci sono problemi di relazione che dipendono da essa.
sto pensando che il tradimento è un'offesa tra le più gravi, si soffre visceralmente con tutto l'essere, eppure si è capaci di continuare ad amare, non è indifferenza nè odio ciò che si sente, amarezza, forse senso di colpa per non essere riusciti a capire le esigenze dell'altro, giustificazione per la sua manchevolezza, comprensione di un gesto irrazionale, comprensione per il suo recupero, sofferenza che scema nel perdono che avviene lentamente, e poi subentra quell'indifferenza che è simile all'oblio, al cancellare del tutto l'episodio.
ma se il tradimento comportasse l'abbandono? quale sarebbe il sentimento che proviamo? odio? rancore? desiderio di vendetta? di questo si tratta? come se ne viene fuori, oltre che distrutti, a pezzi, a stracci...proverei invidia per la sua vita migliore, proverei rabbia verso di me incapace di gestire un rapporto d'amore? come si può non amare più chi abbiamo amato fino ad un momento prima? è l'amore che si trasforma in odio per poi tornare di nuovo amore, dopo il perdono?
oppure è l'amore che si trasforma in odio per poi passare all'indifferenza, quando niente ci fa più soffrire dentro? e se anche non torna l'amore di prima si potrebbe provare un sentimento d'affetto...?
penso anche che l'orgoglio ferito, il nostro io oltraggiato, ci fanno soffrire più della perdita dell'amore, sto esaminando i risvolti più bassi e realistici che di certo costituiscono il torbido substrato di chi subisce un'offesa tanto grave e non so darmi risposte
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Vecchio 02-03-2009, 01.16.38   #12
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Restare nella stanza del dolore si, è necessario. Se non lo si vive tutto non lo si finisce.
Ma quel che serve è l'accettazione. E non parlo solo del dolore, quello lo devi accettare per forza se resti in quella stanza, parlo dell'accettazione di quel che di buono quell'offesa ti ha portato.

Si, perchè c'è sempre qualcosa di buono in quel che ci accade, soprattutto in ciò che viviamo peggio. Chiaro che prima di accettarlo occorre trovarlo... e per trovarlo si deve restare nella stanza del dolore, e vedere come esso ci ha trasformati.
Se qualcuno mi offende - sto facendo un esempio - c'è un qualcosa in me che posso aggiustare e lui me lo ha segnalato.
Gibbi, tu parli di un senso di smarrimento e di precipitazione delle sovrastrutture che, una volta passata la buriana, è una manna... perchè ci permette di ristrutturarci, dopo averci mostrato le nostre rigidità.

Il guaio è che è molto difficile accettare quel che di buono la sventura ci porta, anzi è difficile fin accettare che la sventura abbia un che di buono.
Ma è solo dopo ciò, dopo essersi appropriati di questo bene, che iniziamo a provare sentmenti positivi verso il nostro non più avversario. E' li che inizia il perdono.
straostrega se è vero e quant'è dura accettarlo...un cammino lungo e arduo.

Anni fà una carissima amica mi disse proprio questo, che perdonare è la cosa più difficile, che non basta dirlo, che per prima cosa avrei dovuto, in ogni caso, trovare quello che di buon quel male mi aveva portato.
Una bestemmia come ti capisco Gibbi, per certe cose oggi è ancora così, non ci riesco, vedo la mia rabbia il mio dolore e evito con cura di guardare ai possibili perchè della cosa.

Soprattutto ammettere che me la sono cercata perchè magari la persona che mi ha ferito è sempre stata così, da quando l'ho conosciuta, solo non ho voluto che vedere ciò che più mi faceva comodo.

Una cosa che stavo pensando sul perdono giorni fà è anche che a lungo andare le "dosi" di cose da perdonare aumentano.
Spesso le camuffiamo con l'indifferenza o non ci pensiamo più finchè non ci capita di nuovo e poi perdonare quell'ultimo sgarbo, a volte, diventa anche dover perdonare tutto il precedente per cui ci pare sempre che un semplice scusa, per esempio, non sia sufficiente.
Razionalmente magari lo accettiamo (evvabbene parlo per me ) ma in realtà non siamo soddisfatti e se dobbiamo fare buon viso a cattivo gioco aspetteremo il prossimo giro per trovare la nostra rivincita...credo

Anni fà in un altro forum un ragazzo sosteneva che per colmare le cattive azioni (non quelle criminali però, specificò) basterebbe comprenderle, accettarle e perdonarsi....eh bon a me vien voglia di grattuggiargli un pò il mento se ci penso ma è una questione che mi sono posta spesso, se tu mi fai del male e io non ti perdono ma tu capisci di aver sbagliato e chiedi perdono la tua colpa si esaurisce con il tuo pentimento o è assolta davvero quand'anche io, vittima, ti perdono?

Insomma essere feriti può far bene a me e anche a chi me ne ha fatto?
eh si è durissima da mandar giù.....
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Vecchio 02-03-2009, 01.26.17   #13
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sto pensando che il tradimento è un'offesa tra le più gravi, si soffre visceralmente con tutto l'essere, eppure si è capaci di continuare ad amare, non è indifferenza nè odio ciò che si sente, amarezza, forse senso di colpa per non essere riusciti a capire le esigenze dell'altro, giustificazione per la sua manchevolezza, comprensione di un gesto irrazionale, comprensione per il suo recupero, sofferenza che scema nel perdono che avviene lentamente, e poi subentra quell'indifferenza che è simile all'oblio, al cancellare del tutto l'episodio.
ma se il tradimento comportasse l'abbandono? quale sarebbe il sentimento che proviamo? odio? rancore? desiderio di vendetta? di questo si tratta? come se ne viene fuori, oltre che distrutti, a pezzi, a stracci...proverei invidia per la sua vita migliore, proverei rabbia verso di me incapace di gestire un rapporto d'amore? come si può non amare più chi abbiamo amato fino ad un momento prima? è l'amore che si trasforma in odio per poi tornare di nuovo amore, dopo il perdono?
oppure è l'amore che si trasforma in odio per poi passare all'indifferenza, quando niente ci fa più soffrire dentro? e se anche non torna l'amore di prima si potrebbe provare un sentimento d'affetto...?
penso anche che l'orgoglio ferito, il nostro io oltraggiato, ci fanno soffrire più della perdita dell'amore, sto esaminando i risvolti più bassi e realistici che di certo costituiscono il torbido substrato di chi subisce un'offesa tanto grave e non so darmi risposte
Penso che tu stia confondendo l'apatia con l'indifferenza.

Sinceramente Filo ho riletto diverse volte quello che hai scritto e non riesco a capire esattamente cosa volevi dire, al di là del fatto che non ha risposte

Essere traditi è un gran brutto momento ma per tradire non serve un compagno che sceglie qualcun altro, ci basta anche un'amica che non fà quello che ci aspettiamo da lei, un figlio che decide con la sua testa invece che con la nostra, un genitore che si dimentica di noi il capoufficio che premia chi merita di meno...noi stessi ci tradiamo ogni giorno un sacco di volte e forse quello che diceva Gibbi più su sul fatto che bisogna imparare a perdonarsi non è tanto un darsi un colpetto sulle spalle e passare oltre ma analizzare i nostri passi, i nostri perchè e riuscire a metterli in discussione prima di farlo con gli altri.

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Vecchio 02-03-2009, 01.41.27   #14
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Penso che tu stia confondendo l'apatia con l'indifferenza.

Sinceramente Filo ho riletto diverse volte quello che hai scritto e non riesco a capire esattamente cosa volevi dire, al di là del fatto che non ha risposte

Essere traditi è un gran brutto momento ma per tradire non serve un compagno che sceglie qualcun altro, ci basta anche un'amica che non fà quello che ci aspettiamo da lei, un figlio che decide con la sua testa invece che con la nostra, un genitore che si dimentica di noi il capoufficio che premia chi merita di meno...noi stessi ci tradiamo ogni giorno un sacco di volte e forse quello che diceva Gibbi più su sul fatto che bisogna imparare a perdonarsi non è tanto un darsi un colpetto sulle spalle e passare oltre ma analizzare i nostri passi, i nostri perchè e riuscire a metterli in discussione prima di farlo con gli altri.

sì, certo, un tradimento lo si può subire in mille modi, ho portato l'esempio di un tradimento di coppia ma avrei potuto portarne altri, meno quello di un figlio che decide con la sua testa, non riesco proprio a vederlo come un tradimento
mi pare di non confondere l'apatia, che è un sentimento assimilabile alla depressione, alla mancanza di entusiamo di voglia di fare, con l'indifferenza che è invece un non pensarci più, un qualcosa che non tocca più le corde interiori sì da farle vibrare
quello che non hai capito e che volevo dire è la mia perplessità sulla comprensione dei sentimenti anche attraverso un percorso di autoanalisi
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Vecchio 02-03-2009, 11.00.10   #15
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Mi puoi chiarire cosa intendi per indifferenza vera ? La metti dopo il perdono e parli di voler veramente bene ad una persona che si è perdonata .....
Riesco a vedere l'indifferenza come assenza di emozioni particolari , nè l'una nell'altra , come se mi trovassi in una posizione di stallo , di silenzio, equidistante dal fatto accaduto e dal presente . La persona per la quale provo indifferenza può esserci e anche no , non mi cambia nulla .
Ho realizzato che mantengo un ricordo molto vivo dell'accaduto ma con il perdono lo scopo è fare in modo che l'offesa o il torto ricevuti non siano più dolorosi non quello di dimenticarli.
Ho più incertezze sul riconciliarsi ......tendo a non avere più rapporti con la persona che mi ha ferita profondamente , ma non sono certa che questo comportamento sia direttamente riferibile solo a difficoltà di relazione....non ho mai approfondito.
Mentre aspettiamo Uno, provo a dirti qual'è la differenza secondo la mia esperienza. Indifferenza finta è quella che facciamo in modo di provare.. quando una persona mi ha fatto del male (o che io l'abbia vissuto come tale), tendo a seppellire la rabbia, e quello che ne deriva sotto l'indifferenza. Sostituendo la rabbia o per essere più chiara l'odio sottile che ho provato verso determinate persone mi sono anestetizata con l'indifferenza (che poi è una forma di buonismo verso me stessa: "io non odio nessuno, sono buona so perdonare..): in questo modo non sento nulla ma sotto sotto quello che è rimasto perchè non digerito, continua a lavorare (con conseguenze sulla psiche e anche a livello energertico, come tutte le cose non risolte consuma...). La persona in questione magari non la vedo da anni, ma ogni tanto senza un motivo ben preciso o per associazione mi salta in mente, magari sale anche un po' di rabbia, ma prontamente la riseppellisco sotto "l'indifferenza" finta.
L'indifferenza vera invece mi permette di non pensare più automaticamente a quella persona, ma di farlo solo se lo voglio (come andare a ripescare una vecchia cartelletta da un archivio), ed esiste solo dopo aver perdonato la persona dalle cose per cui la odio, anche se l'odio era inconscio.. per me perdonare (sul serio, non mentalmente e basta) significa lasciare libera quella persona e liberare me stessa da un legame malsano. Per fare questo l'unico metodo che conosco è quello che diceva sopra Ray, ovvero vivere fino in fondo (ricapitolare) quel dolore, quella rabbia, fino a scoprire quale sia effettivamente quello che si prova per l'altro, quello che c'è sotto la montagna di indifferenza finta..
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Vecchio 02-03-2009, 12.36.24   #16
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Anni fà in un altro forum un ragazzo sosteneva che per colmare le cattive azioni (non quelle criminali però, specificò) basterebbe comprenderle, accettarle e perdonarsi....eh bon a me vien voglia di grattuggiargli un pò il mento se ci penso ma è una questione che mi sono posta spesso, se tu mi fai del male e io non ti perdono ma tu capisci di aver sbagliato e chiedi perdono la tua colpa si esaurisce con il tuo pentimento o è assolta davvero quand'anche io, vittima, ti perdono?
In questo caso mi sa che i ruoli si invertono...
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Vecchio 02-03-2009, 13.16.20   #17
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Il guaio è che è molto difficile accettare quel che di buono la sventura ci porta, anzi è difficile fin accettare che la sventura abbia un che di buono.
Ma è solo dopo ciò, dopo essersi appropriati di questo bene, che iniziamo a provare sentimenti positivi verso il nostro non più avversario. E' li che inizia il perdono.
Ecco queste parole secondo me rendono bene.
Perchè ho provato a perdonare senza un senso vero, (e per senso vero intendo cercare di razionalizzare un dolore, spostare il sentimento alla ragione, ma non è così semplice almeno per me, il "cuore" ferito nonostante la mente sappia che non è così lui è testardo) per cui è solo spostando il bene e se stessi da una parte all'altra che si arriva al perdono?
Cambio il senso negativo in positivo, ma solo quando sono riuscita a dargli un senso?
Allora il perdono nasce dal senso di... dal perchè delle cose, e quindi il lavoro va fatto su questo.
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Vecchio 02-03-2009, 14.12.20   #18
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Mi puoi chiarire cosa intendi per indifferenza vera ?
Red lo ha spiegato bene

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Mentre aspettiamo Uno, provo a dirti qual'è la differenza secondo la mia esperienza. Indifferenza finta è quella che facciamo in modo di provare.. quando una persona mi ha fatto del male (o che io l'abbia vissuto come tale), tendo a seppellire la rabbia, e quello che ne deriva sotto l'indifferenza. Sostituendo la rabbia o per essere più chiara l'odio sottile che ho provato verso determinate persone mi sono anestetizata con l'indifferenza (che poi è una forma di buonismo verso me stessa: "io non odio nessuno, sono buona so perdonare..): in questo modo non sento nulla ma sotto sotto quello che è rimasto perchè non digerito, continua a lavorare (con conseguenze sulla psiche e anche a livello energertico, come tutte le cose non risolte consuma...). La persona in questione magari non la vedo da anni, ma ogni tanto senza un motivo ben preciso o per associazione mi salta in mente, magari sale anche un po' di rabbia, ma prontamente la riseppellisco sotto "l'indifferenza" finta.
L'indifferenza vera invece mi permette di non pensare più automaticamente a quella persona, ma di farlo solo se lo voglio (come andare a ripescare una vecchia cartelletta da un archivio), ed esiste solo dopo aver perdonato la persona dalle cose per cui la odio, anche se l'odio era inconscio.. per me perdonare (sul serio, non mentalmente e basta) significa lasciare libera quella persona e liberare me stessa da un legame malsano. Per fare questo l'unico metodo che conosco è quello che diceva sopra Ray, ovvero vivere fino in fondo (ricapitolare) quel dolore, quella rabbia, fino a scoprire quale sia effettivamente quello che si prova per l'altro, quello che c'è sotto la montagna di indifferenza finta..
Voglio aggiungere che con la vera* indifferenza non siamo poi impediti dall'amare (non nuovamente come si dice, questa la vediamo a parte) la persona perdonata anche se ce ne stiamo alla larga per diversi motivi, anzi direi che è la condizione necessaria per vero amore puro, torto e perdono a prescindere. Idem per l'odio....
In ogni caso siamo noi che consapevolmente possiamo amare o odiare senza legami


*=quella falsa è quella che permette di dire che l'indifferenza è il peggior disprezzo, ma come? Se c'è disprezzo, vuol dire che c'è odio, quindi mica poi tanto indifferenza, per questo affermo che è quella falsa
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Vecchio 02-03-2009, 14.17.13   #19
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Anni fà in un altro forum un ragazzo sosteneva che per colmare le cattive azioni (non quelle criminali però, specificò) basterebbe comprenderle, accettarle e perdonarsi....
Questa è una balla buonista, o meglio un tentativo di scimmiottamento (senza voler offendere il ragazzo dell'altro forum).

Le cattive azioni pesano sulla bilancia della giustizia e vanno bilanciate in qualche modo, farlo solo con tanto amore è roba da Santi in su... non dico che non ci si possa/debba provare, anzi bisognerebbe farlo, ma se aspettiamo di riuscire in questo addio prodotti....
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Vecchio 02-03-2009, 23.32.08   #20
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Mentre aspettiamo Uno, provo a dirti qual'è la differenza secondo la mia esperienza. Indifferenza finta è quella che facciamo in modo di provare..
......
L'indifferenza vera invece mi permette di non pensare più automaticamente a quella persona, ma di farlo solo se lo voglio (come andare a ripescare una vecchia cartelletta da un archivio), ed esiste solo dopo aver perdonato la persona dalle cose per cui la odio, anche se l'odio era inconscio.. per me perdonare (sul serio, non mentalmente e basta) significa lasciare libera quella persona e liberare me stessa da un legame malsano. Per fare questo l'unico metodo che conosco è quello che diceva sopra Ray, ovvero vivere fino in fondo (ricapitolare) quel dolore, quella rabbia, fino a scoprire quale sia effettivamente quello che si prova per l'altro, quello che c'è sotto la montagna di indifferenza finta..
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Red lo ha spiegato bene
Voglio aggiungere che con la vera* indifferenza non siamo poi impediti dall'amare (non nuovamente come si dice, questa la vediamo a parte) la persona perdonata anche se ce ne stiamo alla larga per diversi motivi, anzi direi che è la condizione necessaria per vero amore puro, torto e perdono a prescindere. Idem per l'odio....
In ogni caso siamo noi che consapevolmente possiamo amare o odiare senza legami
*=quella falsa è quella che permette di dire che l'indifferenza è il peggior disprezzo, ma come? Se c'è disprezzo, vuol dire che c'è odio, quindi mica poi tanto indifferenza, per questo affermo che è quella falsa
Grazie ad entrambi
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Vecchio 03-03-2009, 00.04.14   #21
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Perdonare , perdonarsi ....chiedere perdono.
L'accenno fatto più su da Dafne mi ha portato a riflettere sul fatto che anche riuscire a scusarsi , il chiedere perdono (veramente), non è per nulla facile.
Di fronte ad un torto si prendono quasi automaticamente le parti di chi ha subito l' offesa e ci si sofferma davvero poco sullo stato d'animo di chi ha provocato dolore nell'altro.

C'era la canzone della Caselli qualche decennio fa....
" perdono perdono perdono io soffro più ancora di te. perdono perdono perdono il male l'ho fatto più a me " (circa). E talvolta è proprio così , il dolore e la sofferenza di chi ha causato il male possono essere altrettanto intensi , siccome però è stato "lui" a provocarli .... (quasi un ) ben gli sta!
Domandare perdono presuppone riconoscimento ed ammissione delle proprie responsabilità e la formulazione di una vera e propria richiesta di perdono , non bastano le semplici scuse sufficienti in caso di piccole mancanze .
In presenza di un torto grave che ha ferito l'altro , credo si presentino molte resistenze e paure difficili da superare .
Come nel perdonare , anche chiedere perdono richiedere un lavoro e anche in questo caso mi pare non si possa prescindere dal perdonare se stessi ...
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Vecchio 03-03-2009, 00.13.42   #22
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Perdonare , perdonarsi ....chiedere perdono.
L'accenno fatto più su da Dafne mi ha portato a riflettere sul fatto che anche riuscire a scusarsi , il chiedere perdono (veramente), non è per nulla facile.
Di fronte ad un torto si prendono quasi automaticamente le parti di chi ha subito l' offesa e ci si sofferma davvero poco sullo stato d'animo di chi ha provocato dolore nell'altro.

C'era la canzone della Caselli qualche decennio fa....
" perdono perdono perdono io soffro più ancora di te. perdono perdono perdono il male l'ho fatto più a me " (circa). E talvolta è proprio così , il dolore e la sofferenza di chi ha causato il male possono essere altrettanto intensi , siccome però è stato "lui" a provocarli .... (quasi un ) ben gli sta!
Domandare perdono presuppone riconoscimento ed ammissione delle proprie responsabilità e la formulazione di una vera e propria richiesta di perdono , non bastano le semplici scuse sufficienti in caso di piccole mancanze .
In presenza di un torto grave che ha ferito l'altro , credo si presentino molte resistenze e paure difficili da superare .
Come nel perdonare , anche chiedere perdono richiedere un lavoro e anche in questo caso mi pare non si possa prescindere dal perdonare se stessi ...
...e rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori...

per la seconda parte direi: magari!

Per la prima è appunto, come dici tu, una preghiera.
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Vecchio 07-03-2012, 17.59.29   #23
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Stavo riflettendo sul perdono e su quelle volte che pur non portando rancore "per quella volta che" non si assolve il colpevole.
Pensavo che il perdono in fondo è uno scambio. Anche Dio perdona solo i penitenti... allora diventa normale per noi umani non assolvere chi non ci permette di credere che sia pentito.Probabilmente c'è un gran bel miscuglio tra perdonare e ridare fiducia, quando invece sono due cose separate. Posso perdonare il passato ma non assolverti per questo..

Non so.. che ne pensate?
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Vecchio 07-03-2012, 18.12.17   #24
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Per me il vero perdono è solo il perdono verso se stessi.

Se subisco un torto perdono davvero chi me lo ha fatto solo se riesco a immedesimarmi in lui a tal punto da capire le circostanze dell'errore, accettare i miei limiti, e perdonarmi per questo.

Nel momento in cui lo faccio smetto di avere rancore, perche' mi riconosco in lui. Riconosco in lui la mia stessa facilità all'errore. E cosi' come mi sono perdonato quando mi sentivo lui, lo perdono quando lo rivedo di fronte a me.

Ora rileggo 16 volte e vediamo se ci capisco qualcosa.
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It may not be the truth of your dimension, but it is mine."
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Vecchio 07-03-2012, 18.12.43   #25
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Stavo riflettendo sul perdono e su quelle volte che pur non portando rancore "per quella volta che" non si assolve il colpevole.
Pensavo che il perdono in fondo è uno scambio. Anche Dio perdona solo i penitenti... allora diventa normale per noi umani non assolvere chi non ci permette di credere che sia pentito.Probabilmente c'è un gran bel miscuglio tra perdonare e ridare fiducia, quando invece sono due cose separate. Posso perdonare il passato ma non assolverti per questo..

Non so.. che ne pensate?
Penso che il problema nasce da noi dal non perdonare noi stessi. L'altro è chi ce lo mostra e quindi ci rimanda a noi al mancato nostro perdono.

Seconda cosa c'è il perdono di noi ma il miglioramento o l'impegno che ci si mette ma verso il peccato e non ill peccatore.

La mancanza secondo me è da far risalire alla fonte se da li l'acqua non è stata potabilizzata poi è chiaro che nascono le infezioni e poi ci vuole qualcuno che ci dia l'Antibiotico se no non ne usciamo
(per l'ultima parte divertita mi sono capita solo io forse)
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