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Pitagora (seconda parte): l'insegnamento e il metodo pitagorico
 Pitagora (seconda parte): l'insegnamento e il metodo pitagorico


Inviato da  Sole
  25-08-2008
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Rientro a casa


Quando Pitagora tornò in patria si accorse presto del degrado e della perdita di Virtù che avvolgevano le città e gli stati. Decise così di riattivare la Luce recandosi nel Tempio di Delfo dove trovò i Sacerdoti persi in superstizioni e credenze ormai prive di fondamento e gli Oracoli poco portati per il compito a loro affidato, privi di ogni guida.
Qui il racconto si mischia alla leggenda.
Pitagora incontrò una giovanissima donna che per ereditarietà familiare era stata educata a diventare una Pitonessa (la pitonessa era il massimo esponente tra gli oracoli del Tempio), la sua anima era leggera e candida, non aveva macchia di desiderio materiale ma il suo spirito era insoddisfatto perché non trovava in nessun sacerdote la spinta e la soluzione che le aprisse le porte del Cielo. Quando Pitagora incontrò Teoclea finalmente ella riconobbe il suo maestro che avrebbe potuto innalzarla e far rivivere il Tempio dell'antico Fuoco.
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Il Maestro iniziò a parlare ai Sacerdoti risvegliando in loro la Luce e Forza da tempo sopiti e fece partecipare anche Teoclea alle lezioni. Mentre i Sacerdoti risvegliavano gli antichi doveri e prendevano coscienza del ruolo che avevano, Teoclea apriva le Porte conoscendo l'unione con l'Universo, si fondeva ed espandeva oltre i confini del suo corpo fino a cadere in estasi e profetizzare. Alla fine di un anno di insegnamenti Teoclea era pronta a ciò per cui era nata e i Sacerdoti avevano riscoperto il loro ruolo, cioè quello di tenere accese le Luci degli uomini affinché ognuno potesse trovare la via.
Fatto questo, riaccesa la Fiamma del Tempio, Pitagora si diresse verso Crotone, nella punta sud dell'Italia per cominciare la sua opera di divulgazione di ciò che aveva tanto dato a lui e che era certo avrebbe concesso all'umanità la liberazione.
Scelse Crotone perché le città greche erano troppo orgogliose e piene di dogmi per poter accettare la rivoluzione che Pitagora intendeva portare a tutto il sistema. Egli infatti riteneva che un insegnamento non dovesse limitarsi nelle scuole ma doveva essere espanso al governo stesso dello Stato, doveva essere vissuto dentro e fuori dell'individuo. L'educazione che egli intendeva dare doveva essere generalizzata a tutti gli affari della vita e quindi non escludeva anche il sociale. Educando i giovani la società stessa si sarebbe trasformata, pensiero ripreso anche da Platone, ma fare questo nelle città greche sarebbe risultato sovversivo dell'ordine pubblico per cui scelse Crotone.
Iniziò “arruolando” i giovani del Tempio di Apollo per strapparli al vizio e le giovani dal Tempio di Giunone insegnando loro che le vesti di cui erano adornate dovevano essere l'esempio della loro virtù, dell'abbandono delle vanità.
Cominciò a parlare nelle piazze affascinando la gente, convincendola della perdita delle virtù e della possibilità di recuperarla. Si racconta che il suo fascino e il suo carisma fossero così potenti da avvolgere chi lo ascoltava come rapito. La sua eloquenza, la bellezza dei suoi lineamenti, la delicatezza dei suoi movimenti ne facevano una specie di divinità. La sua fama arrivò fino al Senato che lo convocò preoccupato che potesse incoraggiare le folle a qualche atto sovversivo. Invece quando si presentò al Senato espose tutti i suoi piani con una tale nobiltà e chiarezza d'animo che gli fu concesso di aprire una Scuola che permettesse l'educazione dei giovani affinché lo stesso Stato ne traesse vantaggio futuro.


Ha inizio così la Scuola Pitagorica e durò molti anni prima che cadesse sotto il fuoco della menzogna.
Pitagora riuscì in breve tempo a costituire un consiglio al di sopra del consiglio stesso di Crotone e ancora di più si allargò nelle vicinanze, conquistando con saggezza ed eloquenza gran parte del territorio. All'epoca esisteva un sistema oligarchico a capo del quale c'era il così detto “consiglio dei mille”, Egli istituì il “consiglio dei trecento” che vegliava e consigliava su quello dei mille. Era formato da persone che Pitagora stesso sceglieva per doti e virtù proprie e a capo del consiglio di poneva egli stesso. Per anni regnò l'ordine e i Pitagorici iniziavano a diffondersi anche nel consiglio del mille.
Un solo Uomo riuscì a creare una società ideale (Se qualcuno leggendo avesse la tentazione di dire che è solo utopico e che un uomo del genere esiste solo nelle fiabe, possiamo pensare a un altro uomo che con il suo carisma usato in maniera nefasta e distruttiva ha trascinato con se verso il suo ideale un popolo intero verso la guerra e la distruzione. Di esempi in negativo di questi grandi carismi ne abbiamo ma ci colpisce il senso della leggenda quando è in positivo.). Ma come sempre l'uomo comune vive di potere e di brama per cui la storia volle che dopo l'invasione persiana e la loro sconfitta i greci, forti della vittoria, cominciassero a pensare di potersi ribellare al sistema pitagorico. Dopo aver dato libero sfogo al guerriero, nella difesa della loro terra, si era risvegliata la brama di conquista e di potere. Fu su questo che un altro uomo che in precedenza aveva tentato di entrare nella scuola e rifiutato ne divenne il più ostinato nemico, premette per porre fine ad un governo giusto e ritornare al vecchio rischiando di distruggere anche la memoria di ciò che fu.
Trafugò uno scritto di Pitagora e lo lesse reinterpretandolo a proprio piacimento al Senato, facendo passare Pitagora come un despota, un celato tiranno al quale ognuno obbediva, aizzando gli animi contro il Maestro. Fu così che in una notte in cui Pitagora e i suoi più vicini discepoli si erano riuniti insieme, fu dato fuoco alla casa e solo due si salvarono. Pitagora, vuole la storia, morì li. Morto lui iniziarono le persecuzioni ai pitagorici che furono costretti a disperdersi ma non si lasciarono mai nella memoria, uniti dal senso di fratellanza e amicizia.
Uno di loro salvatosi dall'incendio e dalle persecuzioni, affinché il messaggio del Maestro non andasse perduto per sempre raccolse per iscritto le massime che ogni giorno ascoltava e così sono giunti a noi i Versi Aurei.
Qualcuno ha scritto che l'uomo non tollera la felicità, io aggiungo che se così non fosse altri uomini non potrebbero evolvere.


  #1  
By Uno on 26-08-2008, 09.36.44
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la prima parte http://ermopoli.it/portale/showthread.php?p=57907


per commenti, domande etc apri un post nel forum di tradizioni Spirituali http://www.ermopoli.it/portale/forumdisplay.php?f=83
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